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venerdì 31 ottobre 2008
triangoli
C'è una storia, assai poco nota, che racconta di una parte di quei cinquecentomila spagnoli che, fra il gennaio ed il febbraio 1939, avevano attraversato la frontiera che separava la Catalogna dalla Francia per sfuggire alla "limpieza" del franchismo trionfante. Dodicimila circa, di quei cinquecentomila, attraverso varie vicissitudini, finiranno internati nei campi di sterminio nazisti. Erano ingombranti, i rifugiati spagnoli in Francia, e il governo non sapeva davvero che farsene. Dapprima, trattenuti sui Pirenei, poi trasferiti sulle spiagge del sud-est, rinchiusi fra mare e filo spinato, nella sabbia umida. Poi, con l'aggravarsi della minaccia di guerra, le autorità francesi costruirono le C.T.E (Compagnies de Travaillieurs Etrangers): ciascuna comopagnia consisteva di duecentocinquanta internati messi agli ordini di un ufficiale della riserva. Lavoravano alla costruzione di infrastrutture pubblice e al completamento della famosa, quanto risibile, "linea Maginot". Altri cinquemila rifugiati, ansiosi di battersi contro i nazisti, si arruolarono nei "Battalions de Marche" della Legione Straniera.
La disfatta cui andò incontro l'esercito francese, nel giugno del 1940, fece sì che molti di loro cadessero prigioneri dei tedeschi. Il ministro degli esteri spagnolo, nonché cognato di Francisco Franco, Ramon Serrano Suner, si spese in sollecitazioni nei confronti del Reich, affinché non fosse loro riconosciuto lo status di prigioneri di guerra.
Furono così rinchiusi nel campo di Mathausen, in Austria, allora riservato ai detenuti sia politici che comuni.
Anche la qualifica di "politici" venne loro negata, quella che dava diritto al triangolo rosso con al centro l'iniziale della nazionalità. "Rotspainer", oppure "Spanicher Bolschewik", così vennero chiamati e venne loro cucito addosso il triangolo blu che marchiava gli apolidi. Alcuni vennero destinati alla costruzione delle ville delle SS. e delle recinzioni del campo. La maggior parte andò a lavorare nella "Cantera", la cava di pietra.
Riuscirono in parte ad adattarsi, e a soprravvivere. L'età media era sui ventisette anni. Impararono un po' di tedesco dai volontari austriaci e tedeschi che avevano combattuto in Spagna nelle Brigate Internazionali. Organizzarono dei corsi di lingua: era importante capire cosa urlassero i Kapò. Nel giugno del 1941 costituirono il Comitato Spagnolo di Resistenza che fu la prima cellula dell'A.m.i (Apparato militare internazionale): un organizzazione di resistenza formatosi grazie all'apporto degli ex-miliziani delle Brigate Internazionali. Fu questo comitato che gestì il campo nel periodo intercorso fra la fuga delle SS e l'arrivo degli Alleati. Questi ultimi, quando arrivarono, furono accolti da un grande striscione:
" Los Espanoles Antifascistas Saludan A Las Forzas De Liberacion".
Nel frattempo era morto più dell'ottanta per cento di loro.
Fu l'unico gruppo nazionale che, immediatamente dopo la liberazione, costituì un tribunale straordinario che condannò a morte, e fece giustiziare, i connazionali che erano diventati Kapò agli ordini delle SS.
Nel campo di Mathausen c'è una stele, fatta erigere dal Governo della Repubblica Spagnola in esilio. Sopra una semplice scritta:
" Homenaje a los 7.000 Repubblicanos Espanoles muertos por la Libertad".
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