lunedì 23 maggio 2016

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Dalla Teoria Critica alla Teoria Critica del Valore-Lavoro

Il nostro intervento parte dall'impiego di un insieme di concetti del Capitale, le "categorie di base" (merce, lavoro, valore, denaro) secondo una vasta serie di autori, il cui uso procede da un tentativo di superare o affrontare, da un lato, lo stato di prostrazione della teoria marxista classica, e, dall'altro, le insufficienze di una comprensione tradizionale del pensiero marxista, presente in tanto movimenti auto-denominatisi socialisti, ivi incluse le politiche dei cosiddetti "paesi del socialismo reale". In questa occasione vogliamo offrire esclusivamente una breve introduzione al pensiero ed alla conoscenza di quella che chiamiamo Teoria Critica del Valore-Lavoro, la quale, come indica il suo nome, non pretende di essere altro che una variante di quello che Marx definisce Critica dell'Economia Politica, con cui sottotitola la sua opera principale, Il Capitale.
Cominceremo col tornare agli anni sessanta del secolo passato, quando nella Repubblica Federale Tedesca appare quella che oggi conosciamo come "La nuova lettura di Marx", in cui possiamo includere autori come Hans-Georg Backhaus, nato nel 1929, e Helmut Reichelt, del 1939, allievo questi di Theodor W. Adorno, stimolato da Sohn-Rethel, entrambi inoltre allievi anche di Horkheimer e che continuano il lavoro fatto in precedenza in Russia da autori come Evgeny Bronislavovich Pashukanis e Isaak Illich Rubin. A tale linea vanno aggiunte negli anni 1970 le opere di Roman Rosdolsky e, soprattutto, negli anni 1990, quelle di Michael Heinrich. Questi autori, nell'ambito della contestazione creata dai movimenti studenteschi degli anni sessanta, della crisi sociale del fordismo e dell'opposizione diffusa alla guerra del Vietnam, affrontano la possibilità di un nuovo marxismo al di là dello stalinismo e della socialdemocrazia, hanno un bagaglio teorico importante fondato sia negli autori sunnominati che nell'attiva Scuola di Francoforte. Tale bagaglio, presupposto ad una "nuova lettura di Marx", comprende una reinterpretazione della critica di Marx al capitalismo, ma da una prospettiva metodologica e teorico-sociale differente, una reinterpretazione che si interroga in primo luogo sull'obiettivo originale del Capitale di Marx e allo stesso tempo sulla singolarità dell'esposizione scientifica marxiana. Questo, per qualcuno degli autori, come nel caso di Michael Heinrich, significherà ripensare anche la relazione fra i tre libri del Capitale. Sebbene il lavoro che deriva da questa nuova lettura di Marx sia ampio e molto complesso, possiamo provare ad evidenziare alcune caratteristiche presenti in qualche modo in questi autori. Ci riferiamo a:

- il rifiuto del "sostanzialismo" nella teoria del valore, cioè, la considerazione che il valore è portatore della sostanza lavoro immessa da ciascun lavoratore nella produzione di ciascuna merce individuale.
- il rifiuto delle concezioni strumentali dello Stato; e in ultimo
- il rifiuto delle interpretazioni "operaiste" della lotta di classe, a partire fondamentalmente da ciò che alcuni autori denominarono come "ontologia del lavoro" che funge da base necessaria per la rivoluzione.

Negli anni 1970, questa lettura si evolve nel senso di un approfondimento nella comprensione dell'opera di Marx, per cui si tratta di spogliarsi da certe letture che si ritiene siano state confuse da Engels. Inoltre, e nello stesso momento in cui lo fa Althusser, si promuove una nuova comprensione meta-teorica, nella quale si interroga la stessa auto-comprensione da parte di Marx della sua propria opera. In tal senso, si capisce che a prescindere dallo sviluppo delle distinte opere di Marx si assiste ad un movimento di progresso e di regresso da parte dello stesso Marx, nel quale movimento si mescolano le considerazioni politiche e le conoscenze economiche che Marx trae dalla teoria economica classica per mezzo di una coscienza radicale, dello stesso Marx, della condizione storica a partire dalle categorie di valore, lavoro, denaro e merce, che non ammettono nessun uso trascendente o trans-storico delle stesse.
Abbiamo, da parte dello stesso Marx, uno sviluppo rigoroso della teoria del valore, dai Grundrisse alla seconda edizione del Capitale.
D'altra parte, la tesi che sta alla base dell'interpretazione di Heinrich è quella per cui nella critica marxiana dell'economia politica si incrociano due discorsi distinti, cosa che genera tutta una serie di ambivalenze fondamentali nei suoi sviluppi teorici; secondo Heinrich, "a causa dell'enorme complessità della rottura marxiana, il discorso degli economisti classici continua ad occupare un posto centrale in molti momenti della sua esposizione, cosicché Marx torna a situarsi nel campo teorico che ha appena superato". Backhaus trasferisce su Marx una distinzione che era stata applicata ad Adam Smith, secondo la quale Marx si sdoppierebbe in un autore con una parte "logica, esoterica", ed un'altra parte "storicista, essoterica" (1997; analogamente, Kurz, 2000).
La seconda parte, quella essoterica, appare essere correlata al Marx compromesso con il movimento operaio, e sarebbe il cosiddetto "marxismo del movimento operaio". In ogni caso, nelle parole di Wolfgang Fritz Haug, dopo il crollo in Europa del socialismo di Stato di provenienza sovietica, questi approcci sono stati associati, con aggressività crescente, con il rifiuto di ogni tipo di marxismo.
In tale contesto, nel corso degli anni 80 (1986) viene fondata a Norimberga la rivista Krisis: Contributo alla critica della società della merce, con la partecipazione di Robert Kurz, Roswitha Scholz, Ernst Lohoff, Christian Rehm, Norbert Trenkle e Claus-Peter Ortlieb. Questo gruppo, il gruppo Krisis, pubblica anche per qualche tempo la rivista Critica Marxista, nel mentre che organizza seminari e dibattiti, e pubblica diversi articoli su riviste europee e sudamericane. Con la rivista Krisis, che esiste tuttora, si persegue una critica della società capitalista contemporanea basata su una reinterpretazione dei concetti categoriali di Marx nel Capitale a proposito della merce, del valore, del lavoro astratto e del denaro.
Nel 1989, con il suo Manifesto contro il Lavoro, il gruppo diventa noto in tutto il mondo, ma gli avvenimenti che si verificano in quell'anno in tutto il mondo, con la caduta del muro di Berlino e la successiva decomposizione dell'URSS, eclissano la sua importanza a fronte della furibonda "fine della storia" con cui il capitalismo che si sente trionfante risponde alla fine delle ideologie.
Ciò nonostante, nel 1991 viene pubblicato il libro di Robert Kurz, "Il collasso della modernizzazione", nella prestigiosa collana "L'altra biblioteca", curata dal poeta e saggista Hans Magnus Enzensberger. Il libro è frutto di una lunga elaborazione teorica e militanza politica, e nasce sotto la diretta influenza della caduta del muro di Berlino, che viene analizzata in dettaglio da Kurz nel capitolo "La vendetta di Honecker".
Il Collasso della Modernizzazione , con il carattere audace di Kurz, è un'analisi originare della caduta dei paesi socialisti, e interpreta questa fase finale come parre della crisi del capitalismo stesso. Come dice il suo maestro di cerimonie brasiliano, ed ammiratore entusiasta di Kurz, Roberto Schwarz, il libro presenta le economie cosiddette socialiste come "parte del sistema mondiale di produzione di merci, di modo che il fallimento di quelle spiega le tendenze e la strada senza uscita di queste". Kurz suggerisce che con i cambiamenti avvenuti sullo scenario internazionale - con in primo luogo il fallimento, avvenuto negli anni 1970, dei cosiddetti "Stati del benessere", cioè, le proposte socialdemocratiche, e poi all'inizio degli anni 1990, quello degli Stati del cosiddetto "socialismo reale" o "capitalismo di Stato" - il capitalismo è raggiunto un punto senza ritorno della sua propria crisi.

Secondo questa visione, "nel suo essere reale (la crisi intrinseca al capitale), l'aspetto impraticabile assunto dallo sviluppo delle forze produttive, che ha portato il capitalismo in un vicolo senza uscita, conferma quella che è la previsione centrale di Marx". D'altra parte - aggiunge il brasiliano - "a differenza dell'epopea di Marx, che salutava l'apertura di un ciclo, quella di Kurz è stata ispirata dalla presunta chiusura di tale ciclo. Se in Marx assistiamo all'approfondirsi della lotta di classe, dove le successive sconfitte del giovane proletariato sono altrettanti annunci della sua rinascita più cosciente e più potente, in Kurz, 150 anni dopo, l'antagonismo di classe ha perso la virtualità della soluzione, e insieme ad essa la sostanza eroica.
La dinamica è l'unità sono dettate dalla merce feticizzata - anti-eroe assoluto - il cui infernale processo sfugge alla comprensione della borghesia e del proletariato, che in quanto tali non affrontano questo processo. Il gruppo Krisis promuoverà, a partire dalla sua posizione marginale, e attraverso la sua rivista, dei seminari e dei dibattiti, lo sviluppo della "Critica del Valore", in primo luogo con la critica alla società feticista del valore-lavoro e alla conseguente centralità del lavoro astratto,  con l'analisi della crisi strutturale che porta alla drammatica riduzione della quantità di lavoro necessaria alla riproduzione sociale, a partire dalla cosiddetta terza rivoluzione industriale, o rivoluzione microinformatica, e che ha come conseguenza che una percentuale crescente della popolazione diventi superflua per il sistema e venga esclusa e resa comunque sacrificabile.
Tutto questo, nell'ambito di una società obnubilata dal feticismo della merce, che fa sì che si rivolga a quello che è totalmente presente che le viene presentato nelle forme fenomeniche del prezzo, del salario, del reddito, dell'interesse, ecc., senza la possibilità di osservare o scoprire quella che lo stesso Marx chiamava "la legge economica che regola il movimento della società".
Purtroppo, nel 2004, una controversia fra i membri del collettivo portava all'esclusione di Robert Kurz e di Roswitha Scholz dalla redazione della rivista, a causa, fra le altre cose, di un rifiuto, o negazione, dell'esistenza della condizione scissa del valore - come sostenevano sia Kurz che Scholz - che suppone che la parte dell'uomo non sfruttabile attraverso il lavoro salariato, ossia, tutta la parte sensuale ed emotiva, viene separata da questi e viene relazionata al femminile, che viene assegnata alla donna, mentre il modello del soggetto del valore rimane maschile, bianco e occidentale.
In questo Scholz spiega la marginalizzazione delle persone che non soddisfano ad una di queste condizioni nella società basata sul lavoro.

Entrambi, insieme ad altri membri della redazione e con l'appoggio entusiasta di diversi gruppi di altri paesi, fondano la rivista Exit!, che sviluppa, com'è logico, il teorema della scissione del valore. Appare anche importante - afferma Kurz - il rifiuto da parte di alcuni membri rispetto alla critica costante dell'Illuminismo, sviluppato dalla rivista simultaneamente alla critica del capitalismo.
Robert Kurz, probabilmente la figura più centrale di entrambi i gruppi e le riviste, muore nella sua città natale, Norimberga, nel 2012, a 69 anni, nel corso di un'operazione, ma la sua opera e il suo pensiero continua ad essere sviluppato in maniera sempre più ampia in diversi luoghi del mondo.
Nel 1998, Robert Kurz aveva scritto un articolo dal titolo "Il doppio Marx", in cui espone un dettagliato sviluppo di quel che possiamo chiamare i due Marx: esposizione di grande interesse al fine di differenziare la teoria critica del valore-lavoro del "marxismo tradizionale" - come ama definirlo Moishe Postone, un altro importante autore di cui dobbiamo parlare.
Nello stesso senso in cui era stata utilizzata da Marx, per caratterizzare l'opera di Adam Smith, Kurz fa uso della distinzione di due livelli nell'opera di Marx, un livello essoterico ed un altro esoterico. Kurz si pone il problema dell'attualità - inquietante fino a cinquant'anni fa ed attualmente sparita - de "Il Manifesto Comunista" e si interroga sulle cause di questo sviluppo. Distingue poi, un primo Marx, il Marx essoterico, discendente e dissidente del liberalismo politico della sua epoca, politico socialista e mentore del movimento operaio, che promuove, anche nel Manifesto, la rivendicazione di diritti civili e di "un giusto salario per una giusta giornata di lavoro". Questo Marx, quello della "lotta di classe", adotta una "prospettiva ontologica" del lavoro, che cerca in ogni caso di sostituire la proprietà privata dei mezzi di produzione con la proprietà statale, ma non cerca di abolire il lavoro [astratto, o sotto il capitalismo].
Sebbene i suoi protagonisti siano coscienti della presenza delle cosiddette "condizioni materiali", ciò che muove e definisce la storia che cerca la rivoluzione è la soggettività integra della volontà cosciente degli interessi sociali antagonistici, una classe (quella operai e proletaria) contro un'altra classe (quella capitalista). Si ascoltano ancora ingenuamente le pretese illuministe di ridurre la società ad atti di volontà cosciente. Il suo obiettivo è quello di invertire le relazioni di dominio, di modo che il il proletariato "possa spogliare gradualmente la borghesia di tutto il suo capitale".
Ovviamente, con questo capitale ci si riferisce alla ricchezza materiale, e non al "soggetto automatico" - il capitale- che dà forma e direzione a questa forma sociale. Denaro e Stato - riflette Kurz - in questo racconto appaiono come oggetti neutri, in maniera tale che possono semplicemente essere appropriati da un'altra classe, nel nostro caso dal proletariato.

Il secondo Marx, quello finora oscuro e ancora poco noto, il Marx del feticismo della merce, il Marx esoterico - secondo questa peculiare denominazione - e negativo, critico radicale del "lavoro astratto" e dell'etica repressiva che caratterizzano il sistema moderno della merce, orienta la sua analisi sulla "forma sociale del valore" stessa, così come sul carattere storico del sistema stesso e delle categorie che appaiono in tale analisi: i concetti di merce, di valore, di lavoro e di capitale, tutti contestuali e non trans-storici e neppure trascendenti. Il suo obiettivo non è più il "plusvalore non pagato" o lo sfruttamento, senza negarne né sottovalutarne l'esistenza, e non è neppure il feticcio giuridico della proprietà privata, ma è "la forma sociale" del capitale e del valore, comune a tutte le classi, "soggetto automatico" della nostra società e causa prima di tutti gli antagonismi. Il suo carattere feticista è essenziale in questa struttura sociale senza soggetti, costituita alle spalle di coloro che si trovano in essa, quelli che vivono sottomessi al fine assurdo della trasformazione continua dell'energia umana in denaro. Una società che ha come unico motore la "autovalorizzazione del valore", in una forma oggettiva senza fine e senza limiti, eccetto la distruzione "impersonale" di tutto quello di cui il capitale può appropriarsi sotto la forma della merce.
Nella lettura di questo secondo Marx, alcune affermazioni del Manifesto non hanno senso: il capitale non è una cosa che si puó togliere al capitalista, non si tratta di prolungare la "lotta di classe" fino alla vittoria finale. Il capitale non è altro che una relazione sociale totale di denaro totalizzato, indipendente in un movimento "fantasmatico" di riproduzione di sé stesso, "soggetto automatico" della sua autovalorizzazione.
È necessaria, quindi, « una rottura cosciente con questa "forma" per passare dal movimento assurdo del valore e dei suoi elementi categoriali (merce, lavoro, denaro, mercato, Stato) ad una "amministrazione delle cose" fra tutti, emancipatrice, che usi le forze produttive secondo i criteri della "ragione sensibile" invece di abbandonarle al processo cieco di una macchina feticista ».

Se ci interroghiamo nuovamente sull'attualità del Manifesto, dobbiamo rispondere che il suo testo è diventato irreale in quanto "la lotta di classe è giunta al suo termine, e pertanto il suo linguaggio stimolante si è pietrificato in reperto storico", ora sono la crisi del capitale ed il lavoro astratto ad impregnare le nostre esistenze, e seppure questo appaia come un problema "invisibile", ne soffriamo quotidianamente le conseguenze, e adesso è arrivata l'ora del secondo Marx.
Forse è l'ora di un altro Manifesto, magari quella del "Manifesto contro il lavoro".

- Capital Y Crisis - 12 Maggio 2016 -

fonte: Capital Y Crisis - Teoria critica del valor-trabajo

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