giovedì 19 novembre 2015

Libertà, uguaglianza e Bentham

gaza

Gli assassini dei bambini di Gaza (15 di 15)
- Un'operazione "piombo fuso" per cuori sensibili -
di Robert Kurz

SINTESI
 Nella sua analisi critica dell'ideologia, "Gli assassini dei bambini di Gaza", Robert Kurz affronta i modelli di percezione della sinistra riguardo al conflitto in Medio Oriente. Dopo che negli ultimi anni, le guerre capitaliste di ordinamento mondiale, e la loro affermazione da parte dell'ideologia "anti-tedesca", sono state fondamentalmente criticate dalla "Critica della dissociazione-valore", adesso è tempo di considerare anche il rovescio di tale interpretazione ideologica, i cui portatori sono inoltre schierati positivamente con la socializzazione globale del valore e dei suoi prodotti in decomposizione. Queste interpretazioni della situazione mondiale sono impregnate di un "anti-israelismo" affettivo, alimentato anche da un "odio inconscio per gli ebrei" (Micha Brumlik), in quanto lo Stato ebraico e la sua azione militare contro Hamas e Hezbollah  vengono di per sé sussunti al capitale mondiale ed al suo imperialismo securitario. Di conseguenza, la barbarie islamica contro Israele non viene vista come l'altra faccia della medesima medaglia dell'imperialismo di crisi, ma come "resistenza", in maniera quasi romantica. In questo contesto, la base del raffronto col vecchio "anti-imperialismo" impallidisce, ed il conflitto in Medio Oriente diventa un conflitto per procura, al servizio di una "critica del capitalismo" della nuova piccola borghesia, che digerisce regressivamente la crisi mondiale del capitalismo.
(Presentazione del testo nell'Editoriale di EXIT! n° 6 dell'agosto del 2009)

SOMMARIO

 * Asimmetria morale ed analisi storica * La violenta emozione dell'inconscio collettivo antiebraico * Il duplice carattere dello Stato d'Israele * L'identificazione positiva e negativa di Israele con il capitale mondiale * Le impossibili richieste di un paradosso reale * La ragion di Stato di Israele nelle guerre contro Hamas e Hezbollah * L'opinione pubblica mondiale anti-israelita e la decomposizione ideologica della sinistra * Una "terza posizione" che non è una posizione * Delitto e castigo o critica radicale mediata storicamente? * Un cuore dalla parte del regime della Sharia * Il determinismo della coscienza e il ruolo degli eroi * Il conflitto per procura e la demoralizzazione della critica del capitalismo * Anti-israelismo - la matrice di un nuovo antisemitismo * La sinistra come Dr. Jeckill e Mr. Hyde *

* La sinistra come Dr. Jeckill e Mr. Hyde *
Dal momento che vi sono delle tendenze contraddittorie anche nelle dichiarazioni relative al conflitto di Gaza, la sinistra non costituisce una massa omogenea che è stata assorbita senza rotture nelle forme della manifestazione del nuovo antisemitismo e nelle sue forme di rappresentazione del conflitto per procura in Medio Oriente. Anche se un tale assorbimento viene presunto dalla sinistra diventata filo-occidentale, e dai neofiti liberisti da essa provenienti, anche se non ha avuto luogo un'identificazione assoluta con una critica dell'ideologia conseguente, i cui presupposti il più delle volte sono stati gettati a mare. E' vero che la critica originaria degli "anti-tedeschi" nei confronti dell'anti-israelismo di sinistra, e dei passaggi ad esso associati per quel che atteneva alle interpretazioni della crisi strutturale manifestatamente antisemite, era pienamente legittima. Ma quella critica si rivelò essere una glorificazione razionalista-illuminista della "civiltà" capitalista, vista come presunto baluardo contro l'imbarbarimento della società mondiale, di cui essa stessa era causa. Smentendo così il momento corretto della critica stessa, e smarrendo il suo contesto basilare.
La solidarietà della pseudo-Realpolitik con gli amministratori della crisi del capitale mondiale, in nome della solidarietà con Israele, ha avuto un effetto devastante; ha portato non solo a denunciare come antisemita ogni e qualsiasi critica del capitalismo, ma ha anche finito, inversamente, per legittimare le tendenze regressive che criticava. Anziché aprire una polarizzazione necessaria all'interno della sinistra, questa è stata dichiarata essere un blocco anti-civilizzatore ermetico, mentre si andavano a cercare i più assurdi "partner di alleanza". I falchi convertiti a questa svolta si sono rivelati, come tutti i convertiti, una truppa particolarmente fanatica, che si sentiva obbligata a dimostrare la sua fede nella libertà, nell'uguaglianza ed in Bentham, tutti i giorni in ogni momento.
Dal punto di vista della difesa del capitalismo in quanto "potere civilizzatore", è impossibile criticare il fatto che gran parte della sinistra residuale - nel contesto di un anti-israelismo emozionale, di proiezioni fantasmatiche e di politiche di minimizzazione degli elementi di antisemitismo globale - si trasformi, in maniera francamente spaventosa, nel suo stesso contrario e si sbarazzi del suo saldo storico di pretese emancipatrici insoddisfatte. Al contrario, è possibile fare fronte a questo soltanto se si caratterizzano tali posizioni, o modi di digestione ideologici ed incoscienti, come conseguenza della mancanza di critica radicale nei confronti della costituzione del feticcio capitalista.
Tuttavia, la stessa mancanza, o l'abbandono, della critica radicale può essere vista, anche da parte degli "anti-tedeschi" filo-occidentali, soltanto in senso inverso. La sinistra anti-israelita ed i convertiti "anti-tedeschi" filo-occidentali costituiscono le due facce della stessa medaglia, allo stesso modo in cui sono due facce della stessa medaglia i guerrieri dell'ordinamento mondiale dell'imperialismo occidentale di crisi e la barbarie islamista. Hanno in comune non solo la demoralizzazione della critica del capitalismo, che nel primo caso decade a livello della nuova piccola borghesia e nel secondo caso regredisce, "provvisoriamente" o definitivamente, ma hanno in comune anche il fatto che soffocano sotto il fardello della "eredità borghese" della ragione illuminista. Il marxismo del movimento operaio si era preso cura di questa "eredità", fino a traboccarne, proprio perché non è mai arrivato ad una critica della costituzione moderna del feticcio. Quando, ora, la polarità interna di tutto questo va all'aria, e l'opposizione ostile fra particolarismo (nazione, etnia, "cultura") ed universalismo (lavoro, forma del valore) non può essere più mantenuta in equilibrio, ecco che una sinistra prigioniera dell'orizzonte di questo pensiero deve fare l'ultima battaglia contro sé stessa.
Trascendere quest'opposizione incompresa può consistere solamente nel far saltare l'orizzonte chiuso della costituzione del feticcio e della ragione illuminista nella sinistra, e fondamentalmente aprire un nuovo punto di vista che vada oltre la critica tronca del capitalismo e della sofferenza della civiltà borghese, così come nel modo di riferirsi al conflitto per procura in Medio Oriente; e quindi anche al di là dell'anti-israelismo e del filo-israelismo meramente astratto, in quanto identificazione con il capitale mondiale; una falsa solidarietà ad Israele che non riesce nemmeno a resistere alle attuali forme di sviluppo nelle quali la ragion di Stato israeliana e gli interessi dell'amministrazione di crisi globale cominciano ad entrare in conflitto. Questo significa anche, nell'attuale dibattito con la sinistra residuale, sviluppare un altro modo di procedere, in cui la critica dell'anti-israelismo riformuli, simultaneamente, la pretesa emancipatrice insoddisfatta, contro la relazione capitalista globale del feticcio.
Relativamente al conflitto per procura in Medio Oriente, si può riconoscere il profilo di questa polarizzazione nella misura in cui, nella sinistra, le opposizioni e le rotture in occasione della guerra di Gaza si sono lasciate alle spalle la costellazione degli anni successivi al 2001, e si sono espresse indipendentemente dall'atteggiamento nei confronti dei convertiti al filo-occidentalismo. Se le distanze relative ai "critici di Israele" possono estendersi, per mezzo di uno spettro maggiore o minore di gruppi, anche a correnti o partiti, pur schierati in maniera diversa ed anche se minoritari nel loro insieme, allora si avrà un punto di rottura predeterminato in cui dev'essere inserito un cuneo. Tuttavia, è tanto notevole quanto problematico il fatto che la polarizzazione qui avvenga quasi esclusivamente sul piano della percezione immediata del conflitto, e che proprio per questo venga emozionalmente caricata; soprattutto da parte degli eccitati anti-israeliti. La falsa immediatezza di questa polarizzazione si evidenzia nel fatto che avviene all'interno delle differenti posizioni, e non fra di esse.
Ancora una volta si potrebbero illustrare i fatti per mezzo di un gioco intellettuale, quello di tornare indietro nel tempo fino alla vecchia pretesa di sinistra della "solidarietà internazionale", il cui classico promotore nel frattempo è sparito. L'espressione più forte di tale pretesa era l'appoggio alla lotta armata negli altri paesi; basta pensare alla "Brigate Internazionali" nella Guerra Civile Spagnola. Se, come esperienza intellettuale, trasportassimo queste manifestazioni alla situazione attuale della sinistra, quindi a membri di uno stesso gruppo, corrente, ecc., allora ci sarebbero degli amici che si affronterebbero con le armi, come "Brigate Internazionali", in nome, da un lato, della "solidarietà ad Israele" e, dall'altro lato, della "solidarietà con la Palestina". Qui non è più possibile un atteggiamento agnostico o relativistico; chi cercherebbe di assumerlo finirebbe sotto il fuoco di entrambe le parti - ed a ragione - in quanto la contraddizione qui non è in alcun modo accidentale o passeggera.
Non è la prima volta che avviene qualcosa del genere; ma mai il confronto emerso è stato così immediato. Se i precedenti conflitti si sviluppavano sulla base della storia dell'evento, sempre più o meno chiaramente lungo il corso delle contraddizioni maturate nell'analisi sociale generale e nel frazionamento ad essa associato, la valutazione del conflitto del Medio Oriente si mantiene sorprendentemente esterna alle posizioni teoriche o politiche. L'oggetto del conflitto e le sue forme di manifestazione, come la guerra di Gaza, non superano, nella coscienza, lo stato di particolarità astratta, come ha già dimostrato il carico emozionale, nella sua sproporzione con l'analisi storica.
Ma non è possibile, senza che si incroci una riflessione sul tutto sociale, consumare la rottura di un contesto immediato dell'evento solo per la valutazione di contrari non identificati, rottura che viene suggerita in maniera meramente emotiva-affettiva e che si lascia dietro un sapore insipido. In quanto "fragilità assoluta della particolarità" (Hegel) questo oggetto immediato non può, di per sé, fondare alcuna posizione di critica sociale esauriente né, quindi, portare ad una vera polarizzazione. Da questo deriva che la sinistra, nel suo riferirsi al conflitto per procura, appare come il “Dr. Jekyll e Mr. Hide” di Stevenson; le differenti posizioni, nel loro atteggiamento pro o contro Israele, si contrappongono a sé stesse, come il proprio altro immediato, senza essere in grado di trascendersi, al di là di questa particolarità contraddittoria.
Il conflitto in Medio Oriente ha sostituito anche, in qualità di rappresentante, un'auto-contraddizione non maturata nella sinistra, che non vuole andare al fondo della sua insicurezza, e che nel suo insieme è sopraffatta dalla dinamica di crisi sempre negata. Questo equivale, fino ad un certo punto, anche alla posizione qui espressa di una trasformazione ancora non sufficientemente svolta da parte del pensiero della sinistra tradizionale, che si presenti come critica del valore; soprattutto a causa di una ricezione superficiale. Se vengono afferrate solamente la tematizzazione dell'astrazione della forma sociale e la teoria di un barriera oggettiva della crisi e, al contrario, lo sviluppo dell'analisi della critica dell'ideologia viene nascosto, o rimane facoltativo, allora ecco che abbiamo una critica del valore meramente astratta che può essere amalgamata con tutti i cliché ideologici possibili, ereditati dall'ascendenza storica dei ricettori; ed ecco che il punto di rottura potrebbe essere allora costituito, senza alcuna mediazione, dal conflitto per procura del Medio Oriente, proprio come è avvenuto per altre correnti.
Però - nel senso di una trasformazione che vada oltre il vecchio sistema di riferimento della sinistra, divenuto obsoleto - è proprio la critica del feticcio del capitale e della "ragione" borghese che riesce ad opporsi minimamente alla particolarità astratta di un tale oggetto di conflitto per procura. Quest'oggetto, al contrario, dev'essere sviluppato a partire dalla "totalità concreta" della storia e della crisi del capitale, e non come forma di contraddizione immediata, nella misura in cui questo è possibile, concettualmente ed analiticamente. Qui non si tratta perciò di concludere falsi compromessi secondo quel modo di dire relativistico che ama poter far valere "opinione vuota" (Hegel) contro "opinione vuota". Al contrario, si tratta di arrivare ad un chiarimento dove la questione venga trattata non affettivamente, ma per mezzo della rappresentazione del contenuto; sia relativamente alla situazione modificata del Medio Oriente in sé, sia relativamente alla sua funzione ideologica di rappresentanza, nelle nuove condizioni della crisi.

- Robert Kurz - Pubblicato su EXIT!. n° 6 del 2009 – 15 di 15 – fine.

fonte: EXIT

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