venerdì 6 febbraio 2015

Fame

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L'inflazione della fame
di Robert Kurz

E' risaputo che gli enormi pacchetti di salvataggio ed i programmi di stimolo economico, dopo il collasso conseguente alla crisi del 2009, hanno in sé un potenziale inflazionistico che, dopo un periodo di transizione, dovrebbe esaurirsi. In realtà, l'inflazione è in aumento in tutto il mondo - soprattutto nei paesi che fanno da pilastro alla crescita globale, come Cina, India e Brasile, ma anche, in una qualche misura, nella zona euro.
Vi sono, tuttavia, delle differenze fra i diversi settori di produzione. Dappertutto, quelli che sono i prezzi degli alimenti crescono ben oltre i prezzi degli altri beni. Il tasso ufficiale di inflazione in Cina, si aggira attualmente intorno al 5%; nel settore alimentare arriva fino al 10%, ma in termini reali viene stimato intorno al 19%. Ancora peggiore appare la situazione dei prezzi degli alimenti di base in India ed in altre parti dell'Asia, come anche in Africa ed in America Latina. Ma anche negli Stati Uniti ed in Europa, gli aumenti dei prezzi degli alimenti, negli ultimi mesi, sono molto al di sopra del tasso generale di inflazione. Secondo i dati della FAO, l'organizzazione mondiale per l'alimentazione, riso, mais, grano, carne, vegetali e altri generi alimentari sono rincarati, secondo la media generale, del 30%, rispetto all'inizio dell'anno.
Perché quest'esplosione dei prezzi dei generi alimentari? A quanto pare, qui si sovrappongono più cause a partire dalla logica economica capitalistica. I programmi pubblici di stimolo economico e l'inondazione di denaro da parte delle banche centrali portano ad una vera e propria svalutazione della moneta, che colpisce tutti i settori. Nel caso dei beni alimentari, si aggiungono fattori speciali. Quello che è particolarmente grave, è l'impatto causato dall'aumento della produzione di biocarburanti: i semi oleosi vengono trasformati in combustibili e la cosa ha come effetto la perdita di terreni coltivabili. Simultaneamente aumentano i prezzi dell'energia fossile, che fanno così aumentare il costo del gasolio e dei fertilizzanti usati nella produzione agricola. Questo sviluppo è stato intensificato a partire dal fatto che i prezzi elevati del petrolio hanno reso più conveniente la conversione in combustibile dei prodotti agricoli. Alla fine, tale situazione dei prodotti agricoli ha attratto il capitale monetario mobile speculativo, che ha scommesso sull'aumento dei prezzi, rendendo questo processo auto-alimentato.
L'impatto sociale del primato dei prezzi dei beni alimentari dipende interamente dalla porzione di reddito che viene spesa per mangiare e bere. La maggioranza delle persone in Asia, in Africa ed in America Latina spende in alimentazione fra il 60 ed il 90% del proprio reddito. In Cina, nonostante il risultato della crescita, si arriva ancora al 30, 40%. In Europa, la proporzione è fra il 5 ed il 10%. Ma queste cifre si stanno drammaticamente deteriorando dappertutto nel mondo.
In seguito alla crisi economica globale non superata, la povertà globale si sta diffondendo come un incendio nella prateria, seppure in modo non uniforme. In molte regioni del mondo, i redditi delle grandi masse della popolazione sono caduti ad un livello molto basso. Inoltre, aumenta proprio il prezzo degli alimenti di base. Già nel 2010, la Banca Mondiale aveva messo in guardia per quel che riguarda lo scoppiare di nuove sommosse dovute a problemi legati all'alimentazione. L'aumento insopportabile del costo degli alimenti ha giocato un ruolo importante nelle rivolte avvenute nel mondo arabo. La Spagna dimostra come qualcosa di simile si prepara anche nei paesi in crisi della zona dell'euro. E' vero che qui ancora nessuno muore di fame, ma, a causa della disoccupazione giovanile crescente, potrebbe esaurirsi la pazienza in una generazione capace di lottare, quando molti di loro già non riescono più a pagare le merci e le tecnologie culturali che sono ormai diventate naturali, perché il budget diminuisce e la semplice alimentazione diventa sempre più cara.

Robert Kurz - (pubblicato su “Neues Deutschland”, il 30.05.2011) -

fonte: EXIT!

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