lunedì 23 febbraio 2015

Economia morale della folla

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"Sostenere ai nostri giorni, davanti ad una persona di sinistra, che i contadini di Doubs, ai tempi di Courbet, probabilmente disponevano di basi concrete assai migliori delle nostre per costruire una società giusta ed umana, significa esporsi immancabilmente ad essere tacciato di idealismo irresponsabile, perfino di oscurantismo retrogrado. E rischiare, in ogni caso, di essere respinto senza tanti complimenti nel campo dei Nemici del Progresso."
- Matthieu Amiech et Julien Mattern, "L'incubo di Don Chisciotte. Sull'impotenza della gioventù d'oggi" -

La storia del luddismo, Edward P. Thompson e "l'economia morale della folla"
di Clément Homs

Il grande storico britannico Edward P. Thompson viene generalmente citato più in riferimento alla sua magnifica storia del movimento luddista che per il suo concetto di "economia morale della folla", che rimane comunque di un notevole pertinenza al fine di comprendere le prime forme d'opposizione alla "invenzione dell'economia" nei secoli XVII e XVIII (1). In effetti, lo storico - in opposizione alle correnti storiografiche (soprattutto marxiste) che hanno diffuso una visione spasmodica della storia popolare - per tutta la sua vita ha cercato di dimostrare che le azioni popolari designate per mezzo della parola "sommosse", "tumulti", "rivolte" o "disordini" nelle fonti giudiziarie, non potevano affatto essere ridotte a delle reazioni istintive provocate dalla fame. Per E.P. Thompson la sommossa rurale è anche il vettore di una politica latente, di una cultura e di una morale ordinaria frutto del buon senso delle persone poco abbienti. In un certo senso, l'obiettivo di Thompson, attraverso il suo concetto di "economia morale della folla", è in qualche modo simile a quello di salvare i luddisti dalla "enorme condiscendenza della posterità" che si ritrova di più in una storia economica ossessionata dalla costruzione di indicatori scientifici della crescita, che in una storia operaia ansiosa di mostrare l'ascesa e la gloria dei "veri" (piuttosto che dei falsi) rappresentanti della classe operaia. In effetti, la storiografia marxista non vedeva nelle rivolte frammentarie, altro che forme arcaiche di protesta e di rivendicazione, anni luce lontane dalla strutture rivoluzionarie validate dai partiti comunisti mondiali agli ordini del Sovietismo totalitario e del suo progetto di "modernizzazione di recupero" (Robert Kurz), cioè a dire di costituzione della forma di vita sociale mediata dal lavoro astratto, dal valore e dal denaro, mediazioni quindi intrinsecamente capitaliste come ha dimostrato Moishe Postone. Le tesi coraggiose ed iconoclaste di Thompson, improntate alla diffidenza nei confronti dei pesanti presupposti che gravavano sul dibattito storico durante la guerra fredda, sono quindi inseparabili dalla sua riflessione militante, marxiana ed eterodossa nata dalle polemiche in seno alla sinistra inglese alla fine degli anni 1950.

1. La "economia morale della folla" contro l'invenzione dell'economia.
Per di più. E.P. Thompson intende dimostrare che la vecchia economia morale della sussistenza e l'economia morale della folla non sono scomparse alla fine del XVII secolo, ma sono perdurate, in parte almeno, fino agli ultimi anni del XVIII secolo, fino alla vittoria del progetto metafisico della nuova economia politica del libero mercato: l'Economia.
L'autore comincia con lo spiegare, nell'invenzione dell'economia durante il XVIII secolo, la sostituzione progressiva, ed ineguale nelle diverse regioni, della vecchia economia, ancora largamente radicata nella società, per mezzo delle nuove tendenze all'autonomizzazione del settore economico. In effetti, Adam Smith, ne "La ricchezza delle nazioni" (1776), aveva sviluppato la matrice delle nuove leggi della sfera economica, da allora in poi autonomizzate da questa normativa dominante dall'alto delle sue leggi con una potenza auto-realizzatrice. Ma il progetto metafisico di Smith costituiva più un anti-modello che un modello. Infatti, la sua opera è attraversata da una tensione interna, opposta alla politica paternalista della "sussistenza" della dinastia inglese dei Tudor, la quale dispensava al popolo, quando ce n'era bisogno, delle scorte di grano (2). La tesi della "mano invisibile" di Smith è quindi diretta contro l'interventismo paternalista dello Stato (3). Quando, alla fine del XVIII secolo, i metodi paternalisti tradizionali del governo declinano, sotto l'influenza delle tesi di Smith, la "economia morale della folla" prende il posto del vuoto lasciato dal riflusso del sovrano. In una sfera economica che ha le sue proprie leggi, l'astrazione del mercato non è mai meglio regolata rispetto a quando si lascia che si regoli da sola, afferma Smith. Così per E.P. Thompson, il progetto di Smith è perciò quello di una "de-moralizzazione" della sfera delle attività che soddisfano i bisogni, attraverso l'estrazione, dall'economico, della moralità della socialità ordinaria, ma anche della socialità determinata dalle relazioni di dominio. Ormai la nuova economia politica si è sbarazzata dell'imperativo morale, inopportuno per il suo auto-accrescimento. Ormai, "c'è un settore degli affari umani, isolabile dagli altri, dove la morale ed i modi di socializzazione tradizionale sono inutili, addirittura dannosi", perché "in questo settore, perseguendo i loro interessi egoistici, gli uomini lavorano senza conoscere il bene comune" (4). Adam Smith realizza l'obiettivo di sbloccare il decollo di una produzione di rappresentazioni irreali. L'economia si emancipa dalla morale e di scorpora dalla socialità intersoggettiva (5).
Liberato dalla moralità ordinaria, vera condizione della possibilità di generalizzazione della scambiabilità, il mercato astratto degli scambi oggettivi appare nel suo auto-accrescimento sempre più illimitato nella misura in cui distrugge i legami sociali. Dopo aver guadagnato abbastanza inerzia e forza, diventa Mega-macchina tecno-economica che al suo passaggio devasta a perdita d'occhio la natura e l'umano.

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2. La storia popolare della resistenza alla società economica.
E.P. Thompson descrive le prime lotte popolari nel momento della nascita del Leviatano tecno-economico smithiano. Fin dall'inizio, il popolo sente che non ha da aspettarsi niente dall'invenzione dell'economia (semplice sinonimo di "libero scambio"). Reagisce sentendosi leso e scippato del legittimo modello paternalista dei Tudor. In Francia, l'economia morale della folla, che si esprime nelle "guerre della farina" del 1775, si oppone alla politica fisiocratica del governo di Turgot, vero e proprio clone francese di Adam Smith (6). Il primo elemento di attuazione del libero scambio è, in effetti, quello di separare il re dal suo tradizionale paternalismo evergetico (7): ormai egli accetta che i proprietari del grano abbiano un controllo assoluto (8) sulla vendita del loro bene.
Sono numerosi coloro che vedono l'intermediario commerciale come un intruso. I commercianti si mobilitano sempre più, cercando il prezzo migliore, si rifiutano di vendere ai poveri i quali comprano solamente delle piccole quantità. I vecchi mercati locali che sono sempre più nient'altro che degli scambi oggettivi per la loro merce, sono in declino (vedi Latouche). Avviene anche l'invenzione del mestiere di fornaio (9). Cresce l'ostilità contro i commercianti. Ogni esportazione extra-locale o regionale, soprattutto nei periodi di scarsità, provoca una levata di scudi. La sensibilità morale dei rivoltosi non si limita affatto alle regioni di esportazione oltre mare, anche le regioni secondarie vengono toccate da queste rivolte anti-economiche. Questi scontri partecipano della "mentalità rivoluzionaria" così come viene descritta da G. Lefebvre: Una miscela esplosiva di inquietudine e di speranze alimentate dalla circolazione di voci. La composizione professionale di queste folle è quella delle "classi inferiori": spiantati, locandieri, tessitori, domestici, minatori, braccianti, perfino i proprietari fondiari medi (durante le "guerre della farina"), e assai spesso le donne. Queste sommosse popolari consistono nel bloccare la circolazione del grano (sulle vie fluviali e terrestri) affinché non lascino la regione, nel bucare i sacchi di grano, nei saccheggi dei magazzini, nella tassazione popolare del grano. Questi "disordini", di cui gli archivi inglesi riferiscono a migliaia, e che possono arrivare a diventare una vera e propria "guerra della farina" come avviene in Francia nel 1775, non sono affatto delle forme arcaiche di sollevazione come ha preteso la dogmatica storiografica marxista. Queste sommosse anti-economiche in effetti sviluppano dei modelli di comportamento che hanno la loro origine nel secolo precedente. Così la forma dominante di tali sommosse è la "tassazione del prezzo": la folla prende d'assalto il convoglio di un negoziante o di un fornitore (la nuova classe degli intermediari dello scambio di merci) e compra la sua merce, ma facendo il suo proprio prezzo, qualificato come "giusto prezzo", essendo stimato "ingiusto" quello del venditore, in quanto "amorale" (10). Il processo classico di questo genere di sommossa, è quello di un primo avvio della folla dal mercato verso il mulino, poi si dirama verso le aziende agricole, che vengono visitate una per una, comprando il grano al "giusto prezzo". I rivoltosi possono travestirsi o celare il viso. Tuttavia, questi rivoltosi mettono in atto un codice di condotta nei confronti delle vittime: non vogliono rubare il grano, ma comprarlo al prezzo deciso dalla folla. Questa "onestà" dei rivoltosi si spiega col fatto che essi devono continuare a vivere fianco a fianco con le loro vittime, i quali sono spesso dei ricchi vicini. Allo stesso tempo, si viene a creare anche un codice di condotta verso gli altri rivoltosi: si sparge il grano per terra, permettendo un "diritto universale di accesso alla sussistenza" (C.A. Bouton). Quando il "monopolista" (questo termine trova particolarmente eco nelle tesi di Ivan Illich sul "monopolio radicale" che distrugge ogni possibilità di autonomia) nasconde troppo bene la sua riserva di grano agli occhi della folla, questa attacca i mulini e le fattorie, distrugge le attrezzature e sparge la farina nei fiumi. La folla non è mai stupida, essa è molto ben informata poiché i suoi membri lavorano sulle banchine, nei mercati, nei campi, nei mulini, essa perciò è molto più al corrente della polizia e scova, senza errori, le riserve di grano. Sai assai bene che il solo modo perché il ricco ceda, è quello di torcergli le braccia.
Queste rivolta conoscono, alla fine del XVIII secolo, una trasformazione della natura della protesta (11): vengono attaccati i simboli del potere (l'Ancien Régime e l'élite agricola) insieme ai simboli della distinzione sociale (posti riservati in chiesa, stendardi, blasoni, ecc.). Jean Nicolas contabilizza per quanto riguarda la Francia, circa 512 rivolte anti-signorili fra il 1661 ed il 1789, e quasi 1.526 rivolte legate al grano che rivelano direttamente delle forme di economia morale della folla così come viene descritta da Thompson (12). E' cosi che la "guerra della farina" - che avviene essenzialmente nei "paesi di grande cultura" (la corona del bacino parigino, futuro granaio d'Europa...) dove l'invenzione dell'economia è più avanti - è un vero e proprio punto di svolta che vede comparire un vasto "movimento agrario" contro la società smithiana, che oltrepassa largamente la semplice questione della tassazione popolare del grano. La questione del potere e la messa in discussione delle relazioni socio-economiche ormai sono state poste. Come scrive J. Nicolas, "la dimensione politica di questi movimenti si ritrova piuttosto nella volontà da parte di una frazione di stabilire delle nuove regole nel nome della comunità e dei suoi diritti. (...) Le crisi ribellistiche sono politiche nella misura in cui toccano usi e costumi" (13). La dimensione politica quindi non si è autonomizzata, cioè a dire "disincastrata" dalla vita sociale, come nelle forme moderne della sfera politica (14). Vale a dire che questa "infra-politica" ha le sue radici nel corso spontaneo dell'esperienza umana. Essa prende prima la forma di un lavoro o di un'opera in comune, in seno a questa dimensione sociale dell'essenza dell'individuo, così come la spiega Michel Henry:
"Quando nello svolgimento di questo lavoro sorge una difficoltà, gli attori interessati si riuniscono e si consultano. Dal confronto dei loro punti di vista consegue la decisione che sembra loro migliore. In questo esser presa in comune, essa assume una sorta di legittimità ed è così che tutti vi si sottomettono. E' in questa situazione che si forma l'Idea democratica, l'idea di una comunità che decide essa stessa la sua organizzazione ed i suoi scopi. Come l'idea democratica nasce sul piano dell'attività sociale, si produce una scissione decisiva: questa attività si duplica, essa non è più solamente sociale, ma politica. Invece di avvenire spontaneamente, essa si interrompe per divenire oggetto di riflessione. Ciò è motivato dalla necessità di integrare un'azione particolare in un insieme molto più vasto e infine alla totalità delle azioni di un gruppo. Questa presa in considerazione del sistema globale di azione segna l'apertura di un terreno nuovo ed assolutamente originale, quello della politica - il quale poggia sulla conoscenza e non più sull'agire. Una tale mutazione è decisiva dal momento che essa riguarda la fenomenalità stessa dei fenomeni in gioco. Dall'azione reale che si immerge nella vita e che si rivela nel suo pathos, il dispiegamento di una dimensione propriamente politica di rappresentazioni, idee, un'ideologia - ma innanzitutto la luce  in cui si mostrano queste rappresentazioni e queste idee" (16).
Per dare un esempio di queste sommosse veramente anti-economiche ed infra-politiche, nel 1775, nella regione inglese vicina ad Haverfordwest circolavano delle voci su delle esportazioni segrete di grano verso la Francia. Le strade vengono immediatamente bloccate dalla popolazione, per prevenire l'esportazione fuori dalle pievi. I carri vengono intercettati e scaricati nelle città che attraversano. I movimenti del grano per mezzo di convogli notturni, assumono allora proporzioni da operazione militare. Le minacce di distruzione dei canali si succedono, mentre i battelli vengono assaltati nei porti. I minatori di Nook Colliery minacciano di sbarrare l'estuario nel suo punto più stretto. Un esempio fra mille altri dell'indignazione morale contro i commercianti il cui interesse per un mercato esterno interrompe l'approvvigionamento della comunità locale.
L'economia morale della folla è così la prima forma di resistenza al progetto metafisico del libero scambio della valorizzazione capitalistica (sinonimo dei termini "economia" o "capitalismo") (17). Queste sommosse erano già delle lotte anti-economiche che spingevano alla rivolta "tutti quelli che non avevano alcun potere sulle loro vite, e che lo sapevano" (18). Per quel che riguarda (ancora oggi) le lotte spettacolari dei partiti politici d'estrema sinistra, degli alter-mondialisti e le processioni carnascialesche dei sindacalisti extra-urbani, quelli che sono accecati dai benefici del capitalismo che pretendono (contro ogni previsione) di superare, non sanno affatto tener conto, come diceva Lafargue, de "la demoralizzazione che la borghesia si è imposta come un dovere sociale, i proletari si sono messi [allora] in testa di infliggere il lavoro ai capitalisti. Gli ingenui, hanno preso sul serio le teorie sul lavoro degli economisti e dei moralisti e si fanno sanguinare i reni pur di infliggerne la pratica ai capitalisti" (19).

- Clément Homs -

NOTE:

(1)  Circa la data della "autonomizzazione dell'economia", nella sua opera "L'invenzione dell'economia", S. Latouche fornisce una varietà che che ne dà solamente idea, compresa quella fra il 1671-1871. Come abbiamo notato sul n°4 del 2012 della rivista "Sortir de l'économie", sarebbe meglio parlare di 'emergere', piuttosto che di invenzione dell'economia. Latouche, parlando solamente di invenzione, rimanda il disincastramento dell'economico, dalle fome sociali precedenti, ad un semplice movimento dell'intelletto dei primi economisti, dei mercantilisti, di Locke, dei fisiocratici, ecc.. Ma ci sono anche i rapporti sociali che emergono in quel "lungo Medioevo" (Le Goff), come rapporti sociali-economici. Bisogna qui tornare alle tesi di Robert Kurz sugli effetti sociali destrutturanti i vecchi rapporti feudali, e a quello che lo storico americano Geoffrey Parker chiama la "Rivoluzione militare".

(2) Questa pratica reale dell'evergetismo del frumento, appare nell'antico Egitto, per poi diventare un vero e proprio strumento politico nei regni ellenistici degli eredi dei Diadochi.

(3) Per quel che concerne i cereali, Smith pensa l'azione della mano invisibile del mercato nei seguenti termini: Globalmente, i piccoli agricoltori vendono il loro grano tra il raccolto (estate) e Natale ad un prezzo basso; poi vendono gli agricoltori medi, i quali possono mantenere la loro produzione per un po' più di tempo; infine, i grandi agricoltori si possono permettere di aspettare il mese di maggio per vendere a prezzi elevati. Se tutto va bene (e in effetti, sulla carta funziona molto bene), questo dovrebbe permettere di ripartire il grano su tutto l'anno e, ciliegina sulla torta, costituire un sistema di razionamento "autogestito" in caso di carestia. Beninteso, questo bel sistema tutt'affatto teorico può incepparsi, ma solamente se interviene l'ingerenza inopportuna dello Stato e la sensibilità morale popolare (abbassata al rango di "pregiudizio popolare"). In un tale sistema, l'intermediario gioca un ruolo essenziale per distribuire il grano dalle zone di eccedenza verso quelle di penuria. Nella misura in cui il XVIII secolo avanza, si passa attraverso una rete sempre più complessa di intermediari, per finire in quest'inizio di XXI secolo, in una società economica che è un sistema integrato di soddisfazione di bisogni (reali ed irreali) nei quali ciascuno è interdipendente da tutti gli altri. Dove ciascuno non ha più alcun controllo sulla situazione della sua propria vita. La teoria economica scritta sulla carta, si è fatta società: una società dello spettacolo, nella quale l'insieme dei rapporti sociali non sono più vissuti, ma sono astratti. Non sono più altro che mediati per mezzo di immagini, per mezzo di settori e di funzioni. L'economia smithiana ha ormai sequestrato la società per farne un mezzo della sua realizzazione, ed un'organizzazione sociale totale, quindi totalitaria.

(4) - Jean-Pierre Dupuy, "Il sacrificio e l'invidia. Liberalismo e giustizia sociale", ECIG editore, 1997.

(5) - Guy Debord scrive nella sua 51.ma tesi sulla "Società dello Spettacolo": "l’economia autonoma si separa per sempre dal bisogno profondo nella stessa misura in cui esce dall’inconscio sociale da cui dipendeva da essa senza saperlo. «Tutto ciò che è conscio si logora. Ciò che è inconscio rimane inalterabile. Ma una volta liberato, non cade in rovina a sua volta?» (Freud)."

(6)  - In Francia, i primi due tentativi d'introduzione del libero scambio risale al 1763/1764 e al 1771- Il terzo tentativo sarà quello di Turgot nel 1774, che darà immediatamente luogo alla "guerra delle farine".

(7) - Per lo storico Steven Kaplan, ne "Le Pain, le peuple et le roi: La bataille du libéralisme sous Louis XV", è la messa in discussione del mito reale costruito intorno all'immagine del sovrano dispensatore ed arbitro, che causa nel popolo un disincantamento verso il potere, fino ad arrivare alla disaffezione nei confronti della monarchia francese. Quest'analisi di Kaplan è anche un avvicinamento al quadro concettuale proposto da E.P. Thompson che spiega l'emergere della "economia morale della folla" con il riflusso della politica paternalistica reale, sotto l'ingiunzione del liberoscambismo. Tuttavia Jean Nicolas, ne "La Rébellion française. Mouvements populaires et conscience sociale. 1661-1789", risponde a Kaplan con un "no globale" ed un "sì parziale"...

(8) - Prefigurazione della "proprietà esclusiva" del Codice Civile del 1801.

(9) - In effetti, prima, ciascun agricoltore portava a macinare il suo proprio grano al mulino del mugnaio. La figura del mugnaio era allora centrale, nell'immaginario popolare. Ma quando l'economia si rende autonoma per mezzo dell'estensione della sfera delle derrate scambiate dagli intermediari, i mugnai si trasformano sempre più in mercanti: fanno direttamente l'impasto per i panettieri ed hanno perciò sempre meno tempo per i piccoli clienti che vivono dell'agricoltura della sussistenza. Entro la fine del XVIII secolo, in Inghilterra, hanno oramai preso l'abitudine (per forza di cose, direbbe Charbonneau) di comprare il loro pane direttamente dal fornaio.

(10) - Questo metodo d'azione venne codificato in Inghilterra nel "Book of Orders", tra il 1580 ed il 1630, come misura d'urgenza nei periodi di scarsità. Questo libro rimarrà per molto tempo nella memoria popolare, anche se ora è ormai troppo lontano. Circolano regolarmente diversi opuscoli o manifesti inchiodati sulle insegne che ricordano le buone maniere ai "monopolisti" e agli "accaparratori" potenziali - sotto pena di sollevazione popolare. Questo riguarda in particolare le vecchie regioni manifatturiere dell'Est e dell'Ovest, dove la folla, dal momento che le autorità si rifiutavano di applicare le "leggi", pretendeva di farlo essa stessa.

(11) - Notiamo, tuttavia, che Jean Nicolas si oppone alla tesi di Cynthia Bouton che sostiene una proletarizzazione dei movimenti alla fine del XVIII secolo. Per lui, la continuità supera le nuove linee di divisione. Lo storico Colin Lucas, in quanto a lui, interpreta gli avvenimenti rivoluzionari del luglio 1789 per mezzo della tesi della "economia morale della folla" di Thompson. Minimizza quindi la portata rivoluzionaria di tali avvenimenti, mostrandone la continuità con l'economia morale della folla. Sottolinea, piuttosto, l'importanza del ribaltamento operato nell'ottobre del 1789: la folla urbana (soprattutto le donne andate a Versailles per prendere d'assalto i forni e i piccoli panettieri) supera i gesti della "economia morale", ed invade i luoghi del potere e sequestra il re a Parigi, alle Tuileries.

(12) - Più esattamente, Jena Nicolas contabilizza, fra il 1661 ed il 1789, circa 564 sommosse contro il carovita; 119 sommosse contro l'accaparramento del grano, e circa 707 sommosse contro la partenza del grano.

(13) - Jean Nicolas conclude il suo libro con l'idea che lo schema di Toqueville della nascita della Rivoluzione francese sia falso. Accanto alle idee dell'Illuminismo, che naturalmente si ritrovano nei redattori delle liste dei desideri, "c'è l'enorme campo delle citazioni del reale".

(14) - Jacques Ellul, L’illusion politique, La Table ronde, 2004 (1965).

(15) - Sull'invenzione della politica, vale a dire l'autonomizzazione di questa sfera vedi l'opera della medievalista Elisabeth Crouzet-Pavan, ad esempio il V capitolo, "l'invenzione della politica" in "Inferni e paradisi. L'Italia di Dante e Giotto (Fazi, 2007).

(16) - Michel Henry, « Difficile démocratie », dans M. Henry, Phénoménologie de la vie. Tome III, De l’art et du politique, Puf, 2004.

(17) - Le pseudo lotte anti-liberali condotte dal capitalismo altermondialista, sono quelle che si attaccano al libero scambio per poter meglio difendere la valorizzazione capitalista. L'anti-liberalismo è una delle sue mascalzonate abituali che si trovano in abbondanza nel sotto-pensiero di sinistra. Per ampliare la riflessione sulle lotte contro il capitalismo, e in particolare a proposito della storia americana della lotta popolare contro il lavoro salariato, ci si può riferire, ad esempio, ai capitoli "Una prima opposizione al lavoro salariato" e "L'accettazione del lavoro salariato e le sue conseguenze", in Cristopher Lasch, "Il paradiso in terra. Il progresso e la sua critica. (Feltrinelli, 1992).

(18) - Unione Nazionale degli Studenti di Francia, Associazione Federativa Generale degli Studenti di Strasburgo, "Della Miseria nell'ambiente studentesco. Considerato sotto i suoi aspetti economici, politici, psicologici, sessuali e soprattutto intellettuali e circa qualche rimedio per porvi rimedio". 1966.

(19) - Paul Lafargue - Il diritto all'ozio - Feltrinelli.

fonte: Critique Radicale de la Valeur

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