giovedì 14 ottobre 2010

fiammate, umide come i sogni …

manchette

Cinque note su come mi guadagno da vivere - di Jean Patrick Manchette


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Nel romanzo poliziesco classico, la criminalità disturba l'ordine della legge, che è fondamentale venga ripristinato per mezzo della scoperta del colpevole e la sua eliminazione dal campo sociale.
L'inchiesta può anche svelare i desideri maligni di quasi tutti i personaggi, ma questi desideri sono inerenti alla natura umana, considerata con rassegnazione da parte dell'autore e del suo investigatore. Nella misura in cui questi desideri non comportano un passaggio all'azione (criminosa), la miglior soluzione consiste nello stendere un velo su di essi. E così l'investigatore privato è un eroe più appropriato di di un poliziotto ufficiale. Allo stesso modo il suicidio del colpevole è la forma più elegante della sua eliminazione, una forma che permette di evitare la pubblicità di un processo e di un'esecuzione, e che in ogni caso non aggiunge alcun supplemento di colpa alle tristi, varie e necessarie incarnazioni del male. L'investigatore, da solo, porterà la responsabilità per il male fatto al colpevole, il peso del senso di colpa legato alla sua azione necessaria - e lo porterà anche a consumare occasionalmente cocaina o a giocare a scacchi o forse a suonare il violino, in modo da poter a sopportare meglio il male eterno e (dimostrando la propria umanità) e a sacrificarsi ad esso.
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Nel romanzo criminale violento e realista di tipo americano (il noir) l'ordine della legge non è buono, ma è transitorio ed in contraddizione con se stesso. Formulato in modo diverso, il male domina storicamente. Il dominio del male è sociale e politico. Il potere sociale e politico è esercitato da bastardi. Più precisamente, da capitalisti senza scrupoli, alleati o identici ai gangster riuniti nelle organizzazioni, che hanno sul libro paga politici, giornalisti ed altri ideologhi, così come la giustizia, la polizia, ed altri seguaci. E questo in tutto il territorio dove queste persone, divise in clan, combattono tra di loro con tutti i mezzi possibili per ottenere il controllo dei mercati e profitti. Possiamo riconoscere qui una immagine della società capitalistica in generale più o meno analoga a quella che troviamo nella critica rivoluzionaria. Questo è ovvio.
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Meno ovvio, ma sicuro, è il fatto che il noir si caratterizza per l'assenza o per la debolezza della lotta di classe e per la sua sostituzione con l'azione individuale (che è, per inciso, senza speranza). Mentre i bastardi e gli sfruttatori di fatto detengono il potere sociale e politico, gli altri - gli sfruttati, la massa delle persone - non sono più il soggetto della storia, ed in ogni caso appaiono nel romanzo noir solo in ruoli minori, più o meno socialmente emarginati - i tassisti, le minoranze razziali (i neri, i chicanos), i vagabondi, i disoccupati, gli intellettuali declassati, il personale di servizio (ma anche, in numero sorprendente, nelle figure dei lavoratori, da sempre particolarmente maltrattati, prima o durante l'azione del romanzo, da parte dei boss, dai pezzi grossi e dai loro scagnozzi).
Qui la lotta di classe non è assente nello stesso modo in cui lo è nel romanzo poliziesco. Gli è semplicemente che qui gli sfruttati sono stati sconfitti e sono costretti a soffrire sotto il regno del male. Questo regno è il campo del romanzo noir, un campo in cui e contro il quale si danno luogo le azioni del protagonista. Quando questo eroe non è di per sé un bastardo che lotta per la sua piccola porzione di potere e di denaro (come nel caso dei primi romanzi di James Hadley Chase), quando (come nel caso di Hammett e Chandler) sa cosa sono bene e male, egli non è altro che la virtù in un mondo senza virtù. Egli può riparare qualche torto, ma non riparerà mai il torto generale di questo mondo, lui lo sa, e questa è la fonte della sua amarezza.
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Possiamo vedere che la grande stagione del romanzo noir si colloca nel periodo finale della contro-rivoluzione trionfante (approssimativamente fra il 1920 e il 1950), e soprattutto raggiunge il suo culmine sotto i vari fascismi e durante la guerra. La definizione del romanzo noir come principalmente antifascista, seppur stranamente, non sembra possa essere confutata. (Questo si spiega asserendo che il romanzo noir può facilmente essere accusato di fascismo, o può dare luogo a derivazioni od imitazioni fasciste. Fascismo e antifascismo sono naturalmente le forme complementari per mezzo delle quali la contro-rivoluzione inchioda il proletariato alla sua condizione.)
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La fine della controrivoluzione ed il ritorno all'offensiva proletaria decretano, nel lungo periodo, la fine di tutto per le professioni intellettuali. Tra le altre cose, il romanzo noir sparirà presto, un fenomeno che rappresenta una quantità notevole di cose prive d'importanza. Ancora per un po' potrà accendere le sue ultime fiammate (umide, come i sogni), amalgamandosi con il cinema, la musica pop, e tutta la rimanente merce culturale, nella pietosa messinscena della rivolta individuale finale, cioè nella pietosa messinscena dell'arretratezza e anche dell'impazienza del giovane ladro, del pazzo, del terrorista (le definizioni non si limitano a quelle riportate in questa lista). Ma ben presto il movimento verso il comunismo dissolverà ogni arretratezza e soddisferà ogni impazienza.

(tradotto da)
Jean-Patrick Manchette – Les Nouvelles littéraires, no. 2565, December 30, 1976

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