venerdì 12 febbraio 2010

Angeli Perduti ...




Il 18 luglio del 1610 sulla spiaggia della Feniglia, presso Orbetello, un colpo di sole finiva di uccidere Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio. Ma i colpi che gli accorciarono il tempo se li era buscati a Napoli nell’ottobre dell’anno prima, in un agguato fuori d’osteria. Così il pittore del buio squarciato a coltellate di luce, morì da cittadino del Mediterraneo, spezzato a Napoli e cotto al sole del Tirreno. Conobbe la malaria e le risse, cercò il sud in fuga dalle conseguenze di un delitto: aveva ucciso in un parapiglia tal Ranuccio Tommasoni da Terni, consegnando all’eternità il nome di uno sconosciuto attaccabrighe.
Visse a Napoli, a Malta e non capì mai il mare e non volle dipingerlo. A volte dipinse su tela di vela. Il panorama gli era indifferente. Amava solo le figure umane e le fissò al varco del loro dramma: Pietro appena crocifisso, Paolo precipitato di sella, Giovanni sotto il pugno del boia, Abramo sulla gola di Isacco. L’opera che amo di più è perduta, distrutta col nazismo nella Berlino del 1945. Anche i quadri subiscono agguati. È un Matteo massiccio che scrive in ebraico le prime parole del suo vangelo, mentre un angelo femmineo gli sfiora e gli corregge la mano. L’angelo arriva a suggerire a fior di labbra e in punta di dita le generazioni che calano lungo le scritture sacre fino a Gesù, e nell’Antico Testamento innestano il ceppo di un’altra rivelazione. Come si sa, tutto il Nuovo Testamento fu scritto direttamente in greco, saltando la lingua madre degli apostoli e di Gesù. Caravaggio immaginò il vangelo di Matteo in lingua originale.

- Erri De Luca -

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