giovedì 28 giugno 2007

Piazza Santa Croce,1974, 1975, 1976, 1977, 1978 e oltre



E avevamo anche una casa! Da qualche parte, nella nostra testa più che altro.
Una casa dove tornare, per alcuni. Una casa mai vista, dove si sperava di arrivare, prima o poi, a posare il culo, per molti. Spesso solo un desiderio ben celato, da qualche parte.
Cresciuti a pane e Kerouac, ci guardavamo bene (anche da noi stessi) dal farci sorprendere a sognare di case; fossero state anche "case/comuni".
I centri sociali erano ancora di là da venire.
E se qualcuno, dopo un bicchiere mai di troppo, cercava di proporli, storcevamo la bocca. Ubriachi, com'eravamo, del desiderio di strada, vogliosi di nuotare come "pesci nell'acqua".
E i pesci, per essere liberi (lo si sa), hanno da nuotare nel mare, nell'oceano; non già in un acquario.
E così avevamo le strade, le piazze. I bar, dove chiamavamo i baristi coi nomi di battesimo.
E le stanze, più che le case. Stanze fumose di riunioni e di parole.
Stanze odorose di inchiostri e di vernici.
Stanze dai pavimenti duri, dove costringersi a chiudere gli occhi su giacigli improvvisati.
Del resto ce l'eravamo cercata: eravamo andati via di "casa".

La memoria. Adesso.
Spesso la memoria è compagna alla rinuncia. O alla perdita, comunque.
E la memoria la usiamo per dare una forma durevole a quel che si è perduto.
Al tempo che abbiamo perduto (con tutta l'ironia che promana dal doppio senso di perdere)!
Nelle nostre piazze, con le nostre canzoni.
Ne avevamo poche di canzoni.
Ma, cazzo, se erano belle!

dammi solo il tempo ...



"Ricordo di aver scritto 'Older Chests' nell'appartamento di un mio amico dietro una chiesa cattolica mentre le campane stavano suonando. Un giorno ho registrato un demo seduto in ginocchio sul pavimento con due microfoni puntati nella mia direzione. Cantai la canzone: mesi dopo, quando entrai in studio, usai il demo per l'album. I bambini in strada descritti nella canzone sono quelli di Brigids Street a Celbridge; stavo lì proprio mentre loro uscivano da scuola fissando in modo strano me e il microfono che tenevo in mano..."
Così ha scritto Damien Rice a proposito della canzone è "Older Chests". La canzone, che conoscevo, l'ho risentita l'altra sera come traccia della colonna sonora di un episodio del telefilm Jericho. E' una ballata delicata e struggente, sospesa fra il dolore ed il sogno . Credo che possa valerne la pena un ascolto, seguendo il link...

I cuori più vecchi
di Damien Rice

I cuori più vecchi si rivelano
Come una crepa sul muro
Che comincia quasi invisibile e cresce
E tutti noi abbiamo bisogno dell'aiuto
di qualcun altro
Per guarire quello scaffale
che soffre del peso di troppi libri
Leggimi la tua citazione preferita

Papà partì per terre lontane
E riuscì a trovare qualcuno che capisse
la semplicità, ed il bisogno di piangere
E' ritornato l'altro giorno. Sì lo sai
Ci sono cose nella vita che possono cambiare
Ed altre che rimangono sempre le stesse

Come il tempo, c'è sempre tempo
Nella mia mente
Perciò lasciami stare, starò bene
Dammi solo il tempo

Gli anziani seduti sulla staccionata
col loro cappello in mano
Sembrano imponenti
Mentre guardano la loro città che cambia
I ragazzini urlano, o così sembra loro,
Più forte di come facevano prima
per strada, dentro a negozi con nomi sempre più grandi
La madre ha provato a lavar loro la faccia
Ma quei bambini non stanno mai fermi
E il padre ha perduto troppe volte alle corse

Lei è rimasta senza un soldo, l'altro giorno
Ci sono cose nella vita che possono cambiare
Ed altre che rimangono sempre le stesse

Come il tempo, c'è sempre tempo
Nella mia mente
Perciò lasciami stare, starò bene
Dammi solo il tempo
Tempo, c'è sempre tempo
Nella mia mente
Perciò lasciami stare, starò bene
Dammi solo il tempo

mercoledì 27 giugno 2007

Corri Coniglio, Corri



We3. Noi3. Lo leggo in ritardo questo piccolo capolavoro. Lo leggo quando oramai la Magic Press ha ceduto i diritti della Vertigo alla più attenta al mercato De Agostini. Un ritardo colpevole, senza dubbio, per poterne parlare con quella tempestività che Grant Morrison merita, laddove le sue opere a fumetti non hanno niente da invidiare né alla letteratura scritta né a quella in movimento. Anzi!

Recita la quarta di copertina:
"All’interno di un centro di un segretissimo centro di ricerca dell’U.S. Air Force sta avendo luogo la rivoluzione cibernetica. Tramite l’utilizzo di animali domestici come cavie, gli scienziati hanno creato una nuova classe di cyborg, creature in parte organiche, in parte tecnologia avanzata che combatteranno le guerre del domani.
Punta di diamante del progetto è un trio di prototipi, denominati NOI3 (WE3), un cane, un gatto e un coniglio che formano una vera e propria squadra d’assalto al cui interno ogni Organismo svolge mansioni specifiche. Con un sistema nervoso artificialmente sviluppato e dotati dello stato dell’arte della tecnologia militare, NOI3 è l’evoluzione dell’arma intelligente, programmabile ma inarrestabile, autonoma ma leale.
Essendo prototipi, però, questi organismi sono solo dei test, da smantellare al termine delle prove. Il problema è che tra gli istinti che gli scienziati hanno loro potenziato c’è anche l’istinto di sopravvivenza, un istinto primario che nessuno aveva preso in considerazione. E gli animali di NOI3 scappano, in un mondo che li spaventa, ma che non è in grado di fermarli, in un mondo che non riconoscono come sicuro, come «casa»."

Lo schema narrativo, assai semplice, della "caccia all'evaso", per non dire "disneyano" degli animali in fuga, si arricchisce di una forma inconsueta di realismo psicologico dove la fanno da padrone le pulsioni elementari dei "NOI3" (dove "noi" sta per "nuovo organismo ibrido" - traduzione efficace del "WE3" originale dove sicuramente la "We" sta per weapon, oltre che per "noi") e la caratterizzazione grafica procede attraverso le espressioni delle tre creature, attraverso le loro emozioni.
Bandit, Tinker e Pirata sono tre animali, non sono tre caricature umane!
I colpi allo stomaco e al cuore si susseguono, anche attraverso la pregevole opera di inquadrature svolta dal disegnatore Frank Quitely. Laddove anche l'opposizione animale-uomo si gioca a partire dalla diversità degli occhi e dall'intensità degli sguardi. La caratterizzazione elementare dei tre animali, e dei loro rudimenti di linguaggio, basata sulla diversità delle tre specie (cane, gatto, coniglio) che riescono a formare una "gestalt", pur mantenendo le loro individualità e il ricordo di quel che erano prima della violenza subita da parte dell'uomo.
Si arriva in fondo, e poi si torna a rileggerlo, sempre più convinti che quel gatto ha ragione, che gli umani "PUTSANO"!

WE3 - Nuovo Organismo Ibrido, di Grant Morrison e Frank Quitely - Magic Press,
Otto euri e cinquanta. Nelle Fumetterie

martedì 26 giugno 2007

There Is Power In The Blues



Ad Ottobre saranno passati due anni da quando l'uragano chiamato Katrina si è abbattuto su New Orleans, distruggendola. Non fu un caso allora, e non è certo un caso adesso se escono ben tre dischi, in questo giugno rovente, che raccontano la storia della morte di New Orleans. Tre dischi che hanno tutta l'aria di essere dei "concept": un solo filo li attraversa, e lega tutte le canzoni che compongono le tre opere. Il primo, e finora l'unico, su cui ho potuto mettere le mani e porgergli orecchio e cuore, è di Zachary Richard e i testi sono cantati in francese.
"Lumière dans le noir" (Una luce nell'oscurità), il titolo. Questa la scaletta delle 14 canzoni:

1. Dans mon rêve
2. La Ballade de DL-8-153
3. Ekuen Ishpesh
4. La Ballade de François Paradis
5. Île Dernière
6. Ô, Jésus
7. La Ballade de Jackie Vautour
8. J’voudrais aimer
9. La liberté
10. La promesse cassée
11. Le souvenir
12. Lumière dans le noir
13. Ma maison étrangère
14. Mama Luna

I testi, come tutti gli altri della discografia di Richard, si trovano sul suo sito. In francese ed inglese. Questa la canzone che dà il titolo al disco:

Luce nell'oscurità
di Zachary Richard


Ho camminato tutta la notte per riuscire ad attraversare
La frontiera tormentata
I cani dei nostri nemici abbaiavano
Io ho cantato questa canzone per tutto il tempo
Adagiando la melodia del tuo nome
sul ritmo dei battiti del tuo cuore.

Come un ruscello in mezzo ad un deserto
Come un chiarore nel buio della notte
Come una preghiera che riesce a fermare una guerra
Come una luce nell'oscurità e come la speranza di poterti amare ancora

Non poterti rivedere ancora una volta è la cosa più dura da sopportare
La follia e il dolore
Ed il bisogno di amarti ancora una volta
Questo ciottolo levigato dal nostro fiume
lo tengo, come un ricordo
Il calore della tua mano sulla mia guancia.

Come un ruscello in mezzo ad un deserto
Come un chiarore nel buio della notte
Come una preghiera che riesce a fermare una guerra
Come una luce nell'oscurità e come la speranza di poterti amare ancora

"Queste canzoni sono un carnet da viaggio attraverso sogni e tempeste. Sono ispirate da uragani e sparizioni.(…) Sono un amuleto che portano amore e coraggio, e luce nel buio." Con tali parole, sulle note di copertina, Zachary Richard presenta il suo nuovo disco, il primo dopo otto anni! E per farlo si serve di soci di tutto rispetto. La chitarra di Sonny Landreth ed i cori di Ani Di Franco.La viola di Freddie Koella dei Subdudes e la tromba di Wynton Marsalis. Il disco parte in modo fulminante, fra blues e zydeco, ma si sofferma a guardare anche la bellezza sulle note della splendida "Ballade de François Paradis", dove Leonard Cohen incontra la musica Cajun, ispirato ad un romanzo dei primi del novecento di Louis Hémon intitolato Marie Chapdeleine,che nel 1934 è stato interpretato davJean Gabin in un film di Julien Duvivier). Un modo, quello di Richard, di andare in giro per il mondo e riportare storie da mettere in sintonia con la tragedia di New Orleans. Dalla ribellione allo sfratto coatto di "La Ballade De Jackie Vautour" e i delfini in pericolo de "La Ballade De DL-8-153". Un modo per poter continuare a dire che "Questa terra è la mia terra"! E, così facendo, ci regala un disco splendido come non ne faceva più dai tempi del sublime "Migration". Di trent'anni fa!

Seguiranno gli altri due dischi, e sono sicuro che saranno, che sono, due dischi bellissimi. Non può essere diversamente! Eccone le scalette:

Bad Blood in the City: The Piety Street Sessions
di James Blood Ulmer

1. Survivors of the Hurricane
2. Sad Days, Lonely Nights
3. Katrina
4. Let's Talk About Jesus
5. This Land Is Nobody's Land
6. Dead Presidents
7. Commit A Crime
8. Grinnin' In Your Face
9. There Is Power In The Blues
10. Backwater Blues
11. Old Slave Master

Katrina Was Her Name
di Bryan Lee

1. 29 Ways
2. Don't Bite the Hand That Feeds You
3. Barefootin'
4. My Baby Done Quit Me
5. Blues Singer
6. Katrina Was Her Name
7. Take It Like A Man
8. Lowdown & Dirty
9. Ain't Nobody's Business
10. Why Did You Lie To Me
11. Flat Foot Sam
12. Bethany Jane
13. Don't Joke With the Stroke

lunedì 25 giugno 2007

pericoli


"(...) E un uomo, se non trova le capacità di tirarsene via, di costruirsi delle alternative, diventa quel che "fa". Il suo "fare" diventa la sua identità. Il suo modo d'essere. Difficile rinunciarci, difficile tornare indietro. Dei semplici e idioti strumenti, roba senza vita - un tornio per un operaio, uno stetoscopio per un medico, un regolo per un architetto, e una pistola per un guerrigliero - possono diventare un prolungamento del cervello. Peggio. Il motore del cervello. Il motore che scandisce la tua vita."

(- Valerio Morucci - La peggio gioventù )

venerdì 22 giugno 2007

giochi ...



- "potrei farti strisciare se ne avessi voglia"
- disse mangiucchiando un tramezzino tra una mossa di scacchi e l'altra.
- "ma perchè vorresti farmi strisciare?"
- "volevo solo dire che potrei"
- "potresti farmi strisciare!"
- "già, farti strisciare"
- "humm, sei un buffo tipo"
- "no, gioco solo per vincere, tutto qui"
- "beh se non riesci a vincere com me, allora sei il giocatore peggiore con cui abbia giocato"
- "cosa vuoi dire?"
- "voglio dire che perdo sempre" - la mascella si serrò e lui respirò profondamente.
- "humm, adesso sono obbligato a batterti".

(BOB DYLAN - Some other kinds of songs - 1964)

giovedì 21 giugno 2007

Stelle Cadenti e Cuori Infranti



E' originario del Canada, Fred Eaglesmith. Viene dal Sud dell'Ontario, con un passato di contadino povero, ed è stato strappato dalla musica alla sua condizione. Ma non ha dimenticato. Canta la vita e le sue asprezze, le difficoltà. E canta con una voce ruvida, come le mani di chi lavora ... con le mani! Il suono è un folk che si muove sulla linea di confine fra il rock e il country. Fra il boom-chicka-boom di Johnny Cash e il cantato di Bruce Springsteen. Senza scordare le lezioni di Bob Dylan, e quelle di Steve Earle. Un cantautore di tutto rispetto che ha al suo attivo, in quasi trent'anni di carriera, una dozzina di album in cui non ha mai smesso di raccontare il suo vissuto. L'insoddisfazione, la rabbia, i bar, l'alcohol, il dolore, i tradimenti. Le sue storie sono popolate di treni (come quello che campeggia nella "home page" del suo sito). Il desiderio di andare, di cambiare. In qualche modo. Le sue canzoni, arrangiate per una grande varietà di strumenti a corda, si avvalgono di personaggi come Willie P. Bennett, nella band di Eaglesmith al mandolino, voce ed armonica. Un cantautore d'altri tempi che continua la tradizione del cantautorato canadese dei primordi. Quello dei David Wiffen, dei Dave Essig, dei Willie P. Bennett, per l'appunto.
Ascoltate Alcohol And Pills, su myspace!


Carmelita
di Fred Eaglesmith

Mi imbattei nel mio vecchio amico Jack
Lungo i binari della ferrovia
Indossava i migliori abiti della domenica
Ma aveva il viso arrossato e gli occhi spenti
Mi disse - "Ho perduto Marina.
L'ultima volta che l'ho vista
Stava scappando col mio migliore amico."
Lo portai a bere.
Spesi cinquanta dollari
Per qualcosa che avrei voluto potesse portarlo sulla luna.
Ora credo sia in paradiso
Dal momento che prima di andarmene
Provai a svegliarlo
Ma non si muoveva.
Perciò andiamo Carmelita
Hai bevuto troppo
E io posso vedere che
Presto avrai bisogno di una boccata d'aria.
Attraverseremo danzando i campi di grano
Conosco un posto ad est
Non ci vorrà molto ad arrivarci
Dormiremo all'aperto, per terra
E la mattina quando ci sveglieremo
Lasceremo la città
Oggi ho raccolto la mia ultima foglia di tabacco
Immerso nel fango fino alle ginocchia
Fuori ancora prima del sorgere del sole
Puoi avere un sorso d'acqua se vuoi
Ma non guardare mia figlia
O verrò da te e ti farò a fettine con questo coltello
Perciò andiamo Carmelita
Hai bevuto troppo
E io posso vedere che
Presto avrai bisogno di una boccata d'aria.
Attraverseremo danzando i campi di grano
Conosco un posto ad est
Non ci vorrà molto ad arrivarci
Dormiremo all'aperto, sotto le stelle
E la mattina quando ci sveglieremo
Lasceremo la città
E' una cosa che non dicono
Ma se hai la pelle nera
Ti mettono su un areoplano
E ri spediscono là da dove sei venuto
Dormiremo all'aperto, per terra
E la mattina quando ci sveglieremo
Lasceremo la città

mercoledì 20 giugno 2007

Buoni Auspici



Il mondo sta per finire. E credo che mai, in tutta la sua esistenza, il mondo sia stato per finire in un modo più pirotecnico di quello che ci viene proposto, a quattro mani, da Neil Gaiman e Terry Pratchett in questo libro uscito nel 1990, e che solo ora mondadori ci propone, tradotto col brutto titolo di "Buon Apocalisse a Tutti"!
Il libro comincia appena dopo l'epulsione di Adamo ed Eva dal paradiso, per spostarsi di colpo nel ventesimo secolo, al momento in cui l'anticristo è appena nato ed una componente della setta satanica delle "suore dell'ordine delle chiacchierone di St,Beryl" si prepara a sosituirlo al figlio di un diplomatico americano in Inghilterra.
Azraphel, l'angelo con la spada fiammeggiante che cacciò i due sfortunati coniugi dall'eden, e Crowley, il serpente che tentò con successo Eva, nemici talmente da tanto tempo da essere diventati amici, oltre che essersi affezionati a certi comportamenti umani, hanno deciso, di concerto, di vanificare l'Armageddon prossimo venturo. Sarebbe uno spreco! Per cui decidono di far sì che l'anticristo non segua il proprio destino. Di contorno, tutti gli altri personaggi. I quattro motociclisti dell'Apocalisse (Inquinamento ha sostituito Pestilenza che è andato in pensione nel 1936, con l'invenzione della penicellina). Anhatema Device, la discendente diretta di Agnes Nutter, strega e autrice dell'unico libro di profezie "bello e accurato", ci cui rimane un'unica copia. Metraton (la voce di Dio), oltre al suo principale. Il Sergente Shadwell, l'ultimo cacciatore di streghe e, forse, anche Elvis! Si muovono su questa Terra, nata sotto il segno della Bilancia. Una terra dove qualsiasi audiocassetta, lasciata per più di due settimane nel cassetto di una Bentley, si trasforma in un "best" dei Queen. Ma le canzoni, si sa, provengono tutte dall'inferno; e le coreografie dal paradiso! Intanto, l'angelo Azraphel continua nella sua collezione di "bibbie infedeli". Dalla bibbia ingiusta alla bibbia della rottura di palle, la più rara in assoluto! E intanto Adam e la sua banda di delinquenti undicenni imperversa, spalleggiata dal cane infernale che è diventato un bastardino scodinzolante per volontà dell'anticristo.
L'attesa è finita. Finalmente è arrivata l'apocalisse!

(Terry Pratchett, Nei Gaiman - Buona Apocalisse a tutti! - Mondadori Strade Blu - 16 euri)

martedì 19 giugno 2007

Le magnifiche sorti e progressive!



Non mi sta troppo simpatico Alessandro Robecchi. L'ho visto una volta, o due, da qualche parte in televisione e mi ha dato l'impressione più del giornalista, alla Travaglio per intenderci, che quella del "compagno".
Eppure, domenica scorsa, il suo articolo sul manifesto dal titolo "la ronda sinistra" ha avuto il merito di mettere a fuoco un bel problema. Magari lo mette a fuoco a modo suo, ma lo mette a fuoco!
Parla dell'epidemia in corso, Robecchi. Si è accorto che i "casi" si stanno moltiplicando. Dopo il povero Claudio Poverini che, sull'onda della sua lettera a Repubblica in cui, da sinistra, esprimeva il suo orrore per essersi scoperto razzista (orrore mitigato senz'altro dal pacco di soldi che ha percepito per tutte le apparizioni televisive che ha collezionato); dopo il povero Poverini, ecco sortir fuori il sindacalista ex-dirigente della fiom che si lamenta con Mussi, sempre per lettera, della "deriva" presunta verso gli interessi di "carcerati, finocchi e negri" (non gli basta lo sceriffo Cofferati come sponda, a difesa della "legalità"!); ecco la "democratica cattolica con passato femminista e comunista"; fino all'elettore ds che, inseguendo i suoi impulsi primari, ha deciso di partecipare alle ronde notturne di "azione giovani". Un bel campionario, non c'è che dire! E tutti gli altri, invece di sputare loro in faccia e inchiodarli a quello che sono, tutti a darsi da fare per cercare di spiegarli, di comprenderli.
Magari, però, viene un sospetto a chi pensa male. Viene il sospetto che il razzismo, la xenofobia, la paura del diverso sia insita nel dna della cosiddetta "sinistra di lotta e di governo", da Togliatti in poi. Certo, allora non c'erano gli extracomunitari. Ma c'erano gli omosessuali, gli zingari, ecc. Ha fatto un bel progresso questa sinistra, non c'è che dire!
E' passata dal "non sono razzista, ma..." a "sono razzista, però ..."!

lunedì 18 giugno 2007

Desueti ed Ostinati!



"Chiamasi solitone un'onda che, a differenza delle consorelle, non si
infrange né si spezza né si interrompe, continuando a riprodursi a
lungo, quasi inesauribilmente, pur modificandosi.
Il fenomeno fu rilevato per la prima volta da un gentiluomo inglese
dell'800 che, cavalcando lungo un canale, si accorse di quest'onda
curiosa, desueta ed ostinata.
Oggi, per la miseria utilitaristica della scienza, le leggi del
"solitone" vengono studiate da molti matematici e fisici, e trovano
implicazioni nelle onde elettromagnetiche nonché applicazioni nel
campo delle fibre ottiche e del laser."

venerdì 15 giugno 2007

Destin/azioni



Mi è capitato di leggere "Un destino ridicolo", libro scritto a 4 mani da Fabrizio De André e Alessandro Gennari. In ritardo l'ho letto, grazie ad un'amica che me lo ha gentilmente prestato. Avevo delle perplessità e dei pregiudizi che mi avevano impedito, all'uscita del libro, di comprarlo e di leggerlo. Sbagliavo. Il libro merita la lettura, e, come tutti i libri che valgono la pena di essere letti, riesce a far crescere delle domande e ad instillare dei dubbi.
C'è molto di Fabrizio De André, in questo libro. O perlomeno, mi piace pensarlo.
Stuzzica la curiosità. Spinge a cercare di ripartire le "responsabilità" fra lui e Alessandro Gennari. Chi ha scritto che cosa, in quel libro? Verrebbe facile assegnare a ciascuno le fotografie delle rispettive città di appartenenza. Ma forse anche in questo non è difficile vedere un gioco di rimando, come se il mantovano descrivesse Genova e il genovese Mantova. Chissà, forse.
Ma più che i luoghi, sono i personaggi che affascinano. Ci parlano di De André, più che di Gennari. Almeno credo.
Chi sono Bernard e Carlo? Due facce della medesima persona? Il rivoluzionario divenuto malavitoso, intorno cui fioriscono leggende. Bernard che vuole fare un colpo per realizzare il suo sogno. Un sogno rimasto intatto, passato indenne attraverso splendori e miserie.
Chi è Bernard? Forse l'unico personaggio del mazzo su cui vale la pena scrivere un libro?
Carlo, il protettore, innamorato di un'idea di donna per cui sarebbe capace di tutto. Carlo che in vita sua ha letto solo i fumetti di Tex Willer! Violento e dispotico con Veretta, gentile e celestiale con Maritza. Le due donne del libro, Veretta e Maritza. Non esauriscono certo il discorso sulla donna, in De André. Ma servono a mettere a nudo gli uomini del libro. Sono le uniche donne, salvo una fugace apparizione di Edith Piaf.
E Salvatore. Salvatore, la concretezza e la semplicità. Salvatore, la Gallura. Qualcosa che Carlo e Bernard non saranno mai. Salvatore che vince perchè, come nel film "I magnifici 7", i Salvatore
vincono sempre. Perchè sono la "terra".
Che sia un western, "Un Destino Ridicolo"?
E poi ci sono Fabrizio ed Alessandro. Ma forse non sono i "veri" Fabrizio ed Alessandro. Anche se Fabrizio canta "bocca di rosa" ed Alessandro ha scritto un libro su Bernard.
Si c'è tanto di Fabrizio De André in questo libro.
La conoscenza della violenza, quella a viso aperto, della rissa col "Vikingo". La violenza di Carlo e la violenza di Salvatore. E altre violenze.
Ci sono i "processi al cantautore". Quelli degli anni settanta. Quelli che fecero scrivere "l'Avvelenata" a Guccini e fecero scendere De André dal palco!
C'è perfino la critica del "capitalismo"! Realizzata attraverso un discorso sulle donne. Le donne, l'anello debole, quelle che di solito "sposano dei pezzi di merda"; le donne, sempre fra bracciantato e prostituzione.
C'è tutto questo. Quello che io ci ho visto, e tante altre cose che, presumibilmente, non ho visto.
A me piacerebbe sapere da dove, e da chi soprattutto, nasce la scena della rissa. Capire chi ha partorito il periodo....

"..........sentì dietro di sè una voce familiare rispondere con durezza
consonantica: 'Perchè? Cosa gli fai altrimenti?' "

Non credo che fosse un "romanzo" quello che, almeno io, cercavo in quelle pagine. Non mi sono disposto a leggere "Un Destino Ridicolo" come sono solito fare quando prendo in mano un libro.
Non l'ho chiuso come faccio con altri libri, soppesando se il tutto avesse funzionato a dovere. Diciamo pure che l'ho sfogliato, "i miei occhi come due cani", alla ricerca di un qualcosa che non sapevo nemmeno io cosa. Conferme? Intuizioni? Tracce? Questo, certo. Ed anche tutto il resto.
E penso che il libro mi ha dato quello che chiedevo. Niente di più. Niente di meno.
"Un destino ridicolo", io non l'ho letto.
L'ho fatto suonare, come una canzone.

giovedì 14 giugno 2007

fascisti "in disguise"



Di Massimo Novelli ho letto un paio di libri. Uno, a partire da Bruno Neri calciatore e partigiano, tirava fuori dall'armadio della storia alcune storie misconosciute che intrecciavano sport e politica; l'altro raccontava storia e domande a proposito della vita e della morte di Silvio Corbari. Devo dire che ho letto entrambi con piacere. Poi, adesso, leggo su Repubblica di martedì 12 giugno il suo nome sotto un'affermazione: "Chi uccise l'anarchico Berneri". Già, Camillo Berneri, prelevato ed ucciso, insieme ad un altro anarchico, Francesco Barbieri, dalla ceka russo-italiana a Barcellona, nel maggio 1937. Subito dopo aver pronunciato alla radio la sua commemorazione di Antonio Gramsci, e subito prima che le strade si infiammassero degli scontri fra anarchici e stalinisti. Berneri, come Andres Nin e come molti, troppi, altri.
Mi soffermo a leggere le "rivelazioni" dell'articolo!
Lo scoop, benché storico, è da prima pagina. Si afferma che dallo studio delle carte provenienti dall'archivio dell'Ovra (la polizia politica di Mussolini) si sarebbe fatta strada l'ipotesi per cui, ad assassinare Berneri, sarebbero stati dei killer al soldo del ministro socialista degli interni, Angel Galarza Gago. Il motivo dovrebbe essere stato che lo stesso Gago, resosi conto che i fascisti stavano per prendere Madrid (nota: due anni prima!!??!!), aveva pensato bene di "prelevare" un'ingente somma di denaro dai depositi della Banca di Spagna. Somma di denaro che, poi, pare gli fosse stata sottratta da parte di alcuni anarchici. La tesi sarebbe che Berneri e Barbieri erano degli scomodi testimoni. Ragion per cui vennero elimninati. Una sorta di "delitto fra amici", si conclude con un certo macabro umorismo, sostenendo che tale circostanza sarebbe stata ammessa più volte dalla stessa vedova di Berneri!
Rileggendo meglio, però ... c'è un però. Su questa storia, lo storico che ha esaminato le carte e che ha partorito la teoria di cui sopra, sta per pubblicare un libro. Il libro uscirà per le edizioni "Storia Ribelle", e lo storico ha un nome. Roberto Gremmo.
Chi è Roberto Gremmo? Niente di più facile che saperlo! Basta andare a leggere una nota del settimanale anarchico "Umanità Nova" in data 7 febbraio 1999, intitolata "Attenti a costui!", che rammenta "ai compagni che Roberto Gremmo, che si presenta come storico dell'anarchismo, ritenendolo fenomeno padano, è il leader della Lega Alpina, formazione politica a destra della Lega Nord che si caratterizza per la sua politica razzista, xenofoba e forcaiola". E Gremmo, del resto, è stracitato su tutti i siti dell'estrema destra per una sua "scoperta" a proposito di una falsa lapide di un partigiano , in un cimitero dalle parti di Ascoli, che proverebbe come l'iconografia della resistenza è tutta un falso costruito ad arte!
Adesso tenta il "colpo grosso", il nostro ex-leghista espulso dalla lega di Bossi perché troppo a destra (perfino di Borghezio). Cerca di accreditare un'immagine della guerra civile spagnola un po' gangsteristica, dove ciascuno tendeva a coprirsi le spalle in vista dell'inevitabile sconfitta. E quale anello più debole, dove insinuarsi, se non quello delle tragiche giornate di Barcellona? Cosa di meglio da insinuare se non che i rivoluzionari se non sono stalinisti sono ladri!
Tutto il mio rammarico per Massimo Novelli. Mi ricorda quando il manifesto pubblicizzò in prima pagina un disco di Morsello ...

mercoledì 13 giugno 2007

maledizioni



La nave italiana Ortigia, della Compagnia Florio, era stata varata a Livorno nel 1873, e da subito era apparsa una nave piuttosto pericolosa. Spesso capitava che nelle manovre in porto travolgesse piccole imbarcazioni o finisse per urtare contro la banchina. Il 24 novembre 1880 alle tre di notte si scontrò con la nave passeggeri francese Oncle Joseph affondandola in otto minuti e provocando più di duecento morti. Nel 1885 si scontrò con un’altra nave francese, la Martignan (12 morti). Dopo ogni incidente veniva cambiato l’intero equipaggio, compreso il comandante, ma gli incidenti continuavano a verificarsi. Nel 1890 un altro scontro questa volta con una nave norvegese e i morti furono cinque. Il 21 luglio 1895, la Maria P., piccola nave passeggeri, all’entrata al golfo di Spezia, a largo dell’Isola del Tino, si scontrò con l’Ortigia. La Maria P. affondò in tre minuti provocando la morte di 144 persone. Lo scontro si verificò all’1 e 30 in una notte particolarmente buia e l’Ortigia dovette aspettare l’arrivo della luce del giorno per riuscire a portare in salvo 14 membri dell’equipaggio e 28 passeggeri naufraghi. Da quest’ultimo incidente nessuno volle mai più salire a bordo dell’Ortigia, creduta, forse non a torto, un nave davvero maledetta.

lunedì 11 giugno 2007

... e il senso non dev'essere rischiare ...



Sabato, a Roma, ci sto anch'io in mezzo quando i due schieramenti, assolutamente impari, si fronteggiano.
Per qualche motivo non voglio andarmene.
Non servo a molto, ma non voglio andarmene.
Rimango. A guardare. Guardo i ragazzi che cominciano a disselciare, come possono e dove possono.
Guardo la rabbia e il coraggio. Guardo i ragazzi che non vogliono scappare. Guardo la speranza.
Un'altra fila di ostinati. Un'altra generazione.
E non so andarmene. Guardo e rimango.
Guardo anche le facce contratte di chi urla e inveisce contro i "quattro stronzi".
E torno a guardare quelli che si mettono di traverso per strada, quelli pronti a tutto.
Un'altra gioventù con cui è impossibile trattare. Strafottente, anch'essa, di autorità di partiti e voti.
Non riesco ad andarmene da quella piazza!
Li seguo, ne osservo le mosse e sorveglio il potere di chi sta loro contro.
So che sono ormai "scaduto", con le mie piazze bruciate e le mie linee di scontro; io, e quelli della mia specie ed età.
Non so che ci faccio e cosa ci sto a fare. Poco e niente ci faccio. Niente che possa servire loro.
Però rimango, lo stesso.
Che altro non so fare!

venerdì 8 giugno 2007

E' solo rock'n'roll!



"Pensavo al falso potere della musica, a quella specie di insano romanticismo a vicolo cieco che propone. Se ascoltavi gli Stones ad alto volume abbastanza a lungo, invariabilmente finivi per provare una certa simpatia per il diavolo. E se sentivi il duetto di Bob Dylan e Johnny Cash volevi andare al Nord, per cercarti una ragazza ad una fiera di paese. Milioni di persone ascoltano queste canzoni e, a meno che siano totalmente insensibili, non possono non sentirne l'effetto."

Jim Harrison - da "Un buon giorno per morire" -

giovedì 7 giugno 2007

Macinare il cinema, tanto è a prova di morte!



Grindhouse. Ce n'era uno in Ortigia, in Piazza Corpaci, una piazzetta incastonata in un angolo di via della Maestranza. Non ricordo il nome del cinema, ma ricordo che potevi andarci a vedere due film, al prezzo di un biglietto dal costo irrisorio. E dovevano essere due i film che componevano il dittico "Grindhouse" - almeno così è uscito nelle sale americane. Uno a firma di Rodriguez, "Planet Terror"; l'altro, "Death Proof", a dirma di Quentin Tarantino. Il flop statunitense ha decretato che in Europa, al cinema, venga proiettato solo quest'ultimo, in una versione che lo stesso Tarantino ha un po' rimaneggiato. "A prova di morte"! Ed è il trionfo del "genere": è il "genere" stesso ad essere a prova di morte!
In un'orgia di citazioni (il grandissimo "Punto Zero" di Sarafian, su tutti) e di dialoghi (quello fra lo sceriffo padre e il figlio, nella corsia dell'ospedale, è da "standing ovation"!). In un gioco infinito a mettere a fuoco manifesti e foto e cartelli appesi al muro dell'honky tonk bar, e delle case. Soldato e blu e Johnny Cash che manda a fanculo col dito medio alzato. Immagini e dettagli. Una Dodge Challenger e i piedi fuori dal finestrino. La lap dance e stuntman Mike con le sue cicatrici fatto fuori da una vera stuntman! E il Libano, anche se si trova solo nel Tennessee sarà fatale a Kurt Russell. Spostamenti di prospettiva, e di schieramento. Non se ne può più di Jungle Julia e delle sue amiche. E dei loro dialoghi e del loro modo di trattare gli uomini. Ed ecco che interviene la vendetta virile. Ma ci sono ancora...."miglia e miglia da percorrere prima di poter dormire". E c'è anche tempo per mandare a dire a Bellocchio che il cinema italiano è deprimente, e non solo ..."Cafone", ha risposto Bellocchio che non ce lo vedo a bere un margarita. Lui non usa stuntmen nei suoi film. Ma un cinema senza stuntmen non riesce a far male.

mercoledì 6 giugno 2007

angeli caduti sul confine



John Platania ha passato la vita a suonare la chitarra dentro i dischi di altri. Con Van Morrison fin dall'inizio, e fino al recente "Live in Austin"; ma anche con Randy Newman e con Chip Taylor. Ci aveva già provato, in passato, a fare un disco suo. Nel 2002, con "Lucky Dog". E non ho idea che razza di disco sia. Adesso, invece, sono riuscito ad avere fra le mani, e ad ascoltare, questo "Blues, Waltzes and Badland Borders". Con un titolo così, non potevo che cercarlo. E l'ho trovato! Un disco per lo più strumentale che, fra l'altro, si avvale anche di qualche collaborazione vocale. E non solo per cantare. C'è dentro anche l'attore John Voight, come voce narrante, fra chitarre "desertiche" e odore di frontiera. Carrie Rodriguez al violino e il tocco, oltre che la voce cantante, di Chip Taylor in qualità di arrangiatore di tutto il disco. Ma il meglio arriva alla fine, all'undicesima traccia. Quando alla voce narrante di Alejandro Escovedo subentra la voce da angelo ferito di Lucinda Williams, a far tremare le vene dei polsi. "In Memory of Zapata", la canzone (si può ascoltare qui). Lenta e avvolgente. Come un blues, come un valzer, da danzare sulla linea di confine delle badlands.

martedì 5 giugno 2007

Le nuvole ... del Capitale



"Che cosa sono le nuvole". Era una canzone che Domenico Modugno cantava sui titoli di coda dell'episodio omonimo che Pasolini aveva girato mettendo in scena un Otello rappresentato da marionette. "Capriccio all'italiana", credo fosse il titolo del film. E la domanda, la poneva un Ninetto Davoli/Otello ad uno Jago/Totò, fuori dal palcoscenico. Già, cosa sono le nuvole? La domanda rimane, anche se riferita a quello che, dalla critica, viene considerato uno dei migliori, se non il miglior disco di De André.
Si può tentare, volendo, di dare qualche risposta, col senno di poi, forzando quanto basta.
Un concept album, a mio avviso, diviso in due parti, dove la prima parte (quella in lingua) parla di "investimento affettivo"; mentre la seconda (quella che si sviluppa in vari dialetti) parla di amore. Il tutto, ovviamente, sotto un cielo denso di "nuvole" che si sono addensate minacciose per tutto quel decennio precedente all'uscita del disco. Quegli anni ottanta che, nella canzone omonima, vengono chiamati "Ottocento": dieci anni lunghi come un secolo!
Cominciando dal testo (recitato) che apre il disco, e dal richiamo ad Aristofane.
E qui arriva la forzatura: propongo un Fabrizio De André visionario, attento alla trasformazione dei processi produttivi!
Aristofane e i sofisti. Già! La merce del nuovo capitalismo è il sapere, la conoscenza, l'informazione.
Maledetti sofisti! Fanno commercio della conoscenza; la trasportano e la vendono. Per divertire e per guadagnare.
E anche l'amore - quel che ne rimane - può essere solo "investimento affettivo", dove alla "moglie dalle larghe maglie e dalle molte voglie" si regalano scatole d'argento. E se il figlio è "annegato come un coniglio" nel naviglio di quella stessa Milano che galleggia in una bottiglia di
orzata, magari al solo scopo di pugnalare nell'orgoglio un padre preoccupato per il malcontento che continua a serpeggiare contro il motore che fa girare il mondo; non importa. "Domani andrà meglio"!
"Ottocento"; impietosa fotografia, virata al comico, del decennio appena trascorso. Anche qui, come in "Al ballo mascherato" (in "Storia di un Impiegato"), c'è un padre che pretende aspirina (alka seltzer) ed affetto. Solo che questa volta (questo "adesso") il padre evita di inciampare nella sua autorità. Si perde, estasiato, nella contemplazione di tutte le "meraviglie" con cui il capitalismo ci riempie la vita, grazie al miracolo del "libero mercato". E, per dormire tranquillo, basta un alka-seltzer, prima di andare a letto.
Nessun pericolo di saltare in aria. Il figlio è morto. La figlia è solo un valore di scambio ("già matura e ancora pura") sul mercato ("quante belle figlie da sposar"). Da condurre all'altare, camminando "su un tappeto di contanti".
Non c'è che dire! E' proprio una brutta nuvolaglia, quella di "Ottocento", quasi peggio delle brutte nubi scure della "Domenica delle Salme"; ed è un niente, a confronto, la nuvoletta, quasi bianco-rosa, che si chiama "Don Raffaé".
Le altre non sono nuvole. Sono "solo passaggi di tempo" che si preparano a compltetare il loro "processo di individualizzazione" e diventare così,anche loro, "anime salve".
Così tutta la facciata A del disco (in vinile!) parlai dello stesso genere di investimento. Non importa che sia quello affettivo del padre collezionista, o quello "deferente e mafioso" di PasqualeCcafiero, o quello "artistico" dei cantautori che hanno cantato per la pecunia e per i palastilisti.
Il problema della lingua (anzi, delle lingue) è una delle chiavi di "Le Nuvole". Si comincia con l'italiano lievemente "sgrammaticato" del parlato, all'inizio:

"...e la terra si tremae gli animali si stanno zitti...."

Poi la lingua di "Ottocento" passa, improvvisamente, dalla filastrocca in italiano a quella svolta in un tedesco inesistente. Si potrebbe azzardare che le parole, come suono e basta, stiano proprio ad indicare l'assenza delle parole fatte di sangue e carne!
Dopodiché si passa al napoletano italianizzato di "Don Raffaé", dove la perdità dell'identità sull'altare dell'investimento si consuma nell'incapacità di riuscire a parlare "alla pari" con il potere. Solo i cantautori de "La domenica delle salme" sarebbero in grado di riuscire a parlare, facendosi comprendere da tutti, con il "vaffanculo"; ma la canzone, nell'ultima strofa, vira al linguaggio incolore e sciatto dei telegiornali.

E allora che parlino coloro che hanno ancora qualcosa da dire!
Anche se, per farlo, devono fare uso del napoletano de "La nova gelosia", del genovese di "A cimma" e del gallurese dei "Monti di Mola".
Si precludono la comprensione di molti, così esprimendosi. Certo. Ma chissà che così facendo non si riesca, alla fine, a vivere in una "babele" dove riusciamo a comprenderci! Almeno fra di noi.

lunedì 4 giugno 2007

Amicizia



Amici
di Sergio Endrigo

Dove vai? vado con gli amici
e poi via ad aprirsi il cuore
a parole fare mattina
insicuri più di prima
ma una cosa era già decisa
con gli amici quelli veri
si divide il pane e il vino
per gli amici qualsiasi cosa
anche a costo della vita

ma se tornasse la paura
quella antica quella nera
giocheresti la tua pace
per nascondermi in cantina
rischieresti giù in prigione
una lima dentro il pane
meglio non pensarci più
famiglia figli sì lo so

dove sei? a cena con gli amici
siamo qui ad aprirci il cuore
e si parla di avventure
di automobili e di affari
sempre uguale tu non sei cambiato
ti ricordi di quella bionda?
tutti insieme come allora
per gli amici qualsiasi cosa
pago io no tocca a me

ma se arrivasse la sfortuna
senza sole e senza luna
rischieresti la tua mano
per tirarmi su dal fondo
o diresti quello è un fesso
io l'avevo sempre detto

meglio non pensarci più
problemi e figli sì lo so

come stai? tutto bene amici miei
non è niente sarà stanchezza
e tra poco è già mattina
ricomincia la settimana
forse è solo un pò di nostalgia
un momento di debolezza
per gli amici qualsiasi cosa
un bicchiere e poi si va
e poi si va.

venerdì 1 giugno 2007

"Ciascuno diventa ... quel che è" (Walter Benjamin)



Adriano Sofri ci manda a dire che nel 1975, Federico Umberto D'Amato, a capo dell'Ufficio Affari riservati del ministero dell'Interno, gli propose di uccidere i militanti di Lotta continua che erano usciti per costituire i NAP, Nuclei armati proletari.
Con dovizia di particolari, e con prosa aulica, ci viene a raccontare come "lo stato di quegli anni Sessanta e Settanta aveva uomini e organi capaci di ogni illegalità e di veri crimini" (no, tranquilli, quello di oggi no!). Qui si può leggere tutto l'articolo.
Non manca nemmeno di rievocare quella che definisce "una circostanza tragicomica", in cui un paio di persone (nappisti!) "gli tesero una specie di agguato alle porte di casa, che si tramutò in un parapiglia e poi si accontentò di uno scambio di insulti e di accenni di rimpianto". Lo volevano a capo della loro organizzazione armata! Ma lui sapeva. Già sapeva come sarebbe andata a finire. E lo disse loro. Quello che non disse, all'epoca, invece, fu proprio questo "affare riservato". No, non rese pubblico un fatto - quello di un pacchetto di omicidi - che poi si verificò puntualmente ( e di cui il sisde, in un suo documento in rete , parla dettagliatamente).
Piccole dimenticanze, come tutte quelle che attengono alla Commissione Carceri di Lotta Continua e a "Liberare tutti i dannati della terra".
Ma a chi importa, oramai? Suvvia, asciughiamoci la lacrimuccia per "quelle persone specialmente generose, trascinate oltre e contro le proprie convinzioni da una solidarietà invincibile di compagni di galera e di lotta". Ché adesso c'è il partito democratico, e c'è da sistemare tutta la dinastia Sofri!