lunedì 15 agosto 2016

Isola

siracusa-panoamica

« (...) Un’isola abitata dal contrasto, sia nella natura che negli uomini: lussureggiante o secca, nera di vulcano e bianca di sale, taciturna e loquace, sanguinaria ed eroica, miscredente e devota… Un’isola dove si sono pregate tante religioni diverse e parlate decine di lingue: il greco, il latino, l’arabo, il normanno, il francese, lo spagnolo, l’arbresch, e ora tutti i dialetti dei nuovi migranti e dei nuovi profughi che risalgono dall’Africa. Un’isola lacerata dalla criminalità e dal coraggio, dal culto della morte e dalla follia del vivere, dal riserbo e dall’ostentazione, dal desiderio di fuga e dalla vocazione alla più assoluta solitudine.

In una terra così, l’identità è un’esuberanza barocca, un gioco di specchi. Il sangue è misto e impuro, le maschere si moltiplicano, i soprannomi si sostituiscono ai nomi. La realtà si trasforma in un teatro, è una recita continua, morte compresa, e il teatro diventa all’opposto uno dei pochi luoghi dove si possono togliere gli abiti di scena. La ragione si nasconde nella follia, la verità nella menzogna e nella contraffazione. Ogni alfabeto è ribaltato e sottosopra e indica il contrario.

Perché tutto nasce da un pessimismo radicale della Storia. La Storia non esiste. È un imbroglio e un’impostura.

La Storia, in una terra percorsa da sempre da eserciti invasori, non è che una solenne bugia, una frode, una scrittura privilegiata, un racconto manomesso che solo attraverso un’altra  manomissione, quella letteraria, può essere svelato. L’intera letteratura siciliana da Verga a Pirandello a Sciascia non è che questa inesauribile riflessione sulla doppiezza e sull’irrimediabile ambiguità del mondo.

Eppure proprio in quest’isola dove è impossibile definire sé stessi (tanti e diversi sono i caratteri genetici e i temperamenti dei suoi abitanti) e dove, di conseguenza, è altrettanto impossibile definire l’altro da sé, si è sviluppata la coscienza, e quasi l’orgoglio e la superbia ma anche il pudore, di una diversità. Un sentimento che rende i siciliani simili agli ebrei, sosteneva Sciascia, per un comune destino di diaspora, per essere andati fuggiaschi ed espatriati per tutti i mari della terra.

Chi da un’isola proviene, per quanto vada lontano, disegnerà tutto a forma di isola: sarà un’isola la stanza dove lavora, un’isola la famiglia in cui vive. »

- Fabio Stassi - da "I muli della vergogna"-

fonte: Cinisi OnLine

1 commento:

Anonimo ha detto...

Franco, bisogna evadere per sopravvivere, purchè non sia l'elogio dell'Individualismo ;)