La merce spiegata ai miei figli
- di Emile Kirschey -
Oggi, vendere e comprare sono atti estremamente banali, eseguiti quotidianamente dappertutto, da parte di tutti ed in tutti i paesi. Tuttavia, ci sono esempi riferiti ad altre civiltà che ci mostrano come questo modo di agire poteva essere poco frequente, e riservato solo ad alcuni casi. Di fatto, scambiare, comprare o vendere ci appare naturale in quanto si tratto di un atto talmente diffuso che non ci poniamo più alcuna domanda a riguardo. Ma guardandolo più da vicino, ci sono molte cose da scoprire al di là dell'apparenza.
Ciò che viene scambiato nel corso di un acquisto o di una vendita, è una merce. Una merce è una cosa, un oggetto o un servizio. L'acquirente vuole acquisirla in quanto non sa o non può farla egli stesso. Il venditore non ne ha direttamente bisogno, ma l'ha prodotta al solo fine di venderla. Quindi, colui che la compra vede la merce da un punto di vista differente rispetto a colui che la vende: chi compra la merce è interessato all'uso che ne farà, mentre chi vende è interessato al prezzo che ne otterrà.
Tuttavia l'acquirente ed il venditore si trovano d'accordo su un punto: la merce ha un valore.
È su questa base che cercano di risolvere la loro transazione. Sono anche d'accordo nel dire che tutte le merci hanno un valore e che, malgrado la loro varietà e diversità, possiamo metterle a confronto su tale punto.
Dove può essere trovato il punto comune che permetta di confrontare tutte queste merci così tanto diverse?
Nel fatto che queste merci vengono prodotte da un lavoro cui bisogna dedicare una certà quantità di tempo.
Nella stessa maniera in cui il venditore e l'acquirente vedono due aspetti differenti nella medesima merce, vi sono due aspetti differenti, e tuttavia inseparabili, anche nel lavoro del produttore di merci: l'aspetto del prodotto in quanto oggetto o servizio, e l'aspetto del valore che se ne può ottenere.
Perciò, il lavoratore mette in ciò che produce qualcosa che non esiste e a cui tuttavia assegna una grande importanza, molto più grande di quella che viene attribuita al prodotto in sé. Lo fa perché anche tutti gli altri fanno lo stesso e quindi questo diventa indispensabile per mettersi d'accordo con loro, anche se non se ne rende conto. Questo genere di funzionamento, in cui - a forza di agire "come se" - qualcosa che non esiste affatto finisce per avere degli effetti molto reali - e perfino apparentemente naturali come se esistessero fin dalle origini - assomiglia parecchio alle credenze che hanno i "selvaggi" sul potere dei feticci.
- Emile Kirschey - Pubblicato su " SORTIR DE L'ECONOMIE" n°4, Primavera 2012 -
Nessun commento:
Posta un commento