Scrive Maurice Dommanget, nella sua "Storia del Primo Maggio", che il Primo Maggio del 1938 « a Madrid, si lavora in conformità con gli ordini del governo repubblicano ». Il ritaglio, sopra pubblicato, tratto da "l'Humanité" del 29 aprile 1938, mostra come la CNT, dopo la repressione delle giornate di Barcellona, andava a cofirmare, insieme agli stalinisti, un appello che cercava di giustificare la rinuncia al Primo Maggio, finché fosse durata la guerra, invitando addirittura ad aumentare la produzione per la giornata del Primo Maggio!
Pierre Souyri segnala negli Annali del 1970 che « Nel maggio del 1938, la CNT sottoscrive un accordo, secondo il quale vengono garantite "le proprietà legittimamente acquisite", e nell'agosto del 1938 entra, insieme ai rappresentanti dell'UGT, del padronato e del governo, in un Consiglio del Lavoro che ha il compito di fare da arbitro nei conflitti tra imprenditori e operai ...». A seguire il testo del vergognoso appello:
PRIMO MAGGIO, GIORNATA DI LAVORO E DI LOTTA IN TUTTA LA SPAGNA REPUBBLICANA
Barcellona, 28 aprile - In vista del Primo Maggio, i partiti operai e le organizzazioni sindacali hanno redatto un manifesto nel quale, fra l'altro, viene detto:
« In passato, la commemorazione del Primo Maggio ha avuto alla base delle rivendicazioni, ma oggi finché durerà la guerra, questa data è diventata espressione degli obblighi che devono essere soddisfatti. Per i soldati venuti dal popolo, noi non abbiamo che una consegna: combattere. Per gli operai delle retrovie, una consegna equivalente: lavorare. Esse si completano l'una con l'altra.
Il modo migliore per onorare il Primo Maggio sarà, per i combattenti delle trincee, di raddoppiare la loro capacità d'eroismo; per i combattenti delle retrovie di aumentare la loro produzione.»
Firmano questo manifesto: Lamoneda, per il partito socialista; Amaro del Rosal, per l'UGT; José Diaz, per il partito comunista; Prieto, per la CNT.
1 commento:
Commentare... Sono troppoarrabbiata per farlo: quei tizi sono i nonni di questi, che non accettano la globalità della crisi, la crisi del modello di sviluppo. Dovrebbero chiacchierare un po' con Lidia Menapace, senatrice attivissima, classe 1925.
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