venerdì 18 aprile 2008

figli di ...



Stavolta arrivo almeno secondo, a parlare del nuovo disco di Massimiliano, "La breve estate". Buon segno per lui, è segno che la "profezia" che avevo tentato, circa il fatto che "non venderà un cazzo", rischia di essere inverata. Ottimo. Ne ha fatta di strada, Massimiliano, dal disco precedente. Strada, in tutti i sensi. Ha volato in America più volte, e ha chiamato a raccolta le persone che hanno saputo aiutarlo nel dare al disco il suono giusto. Ha pagato il suo debito, diceva Andrea Parodi, in un passaggio del filmato realizzato da Adamo. Il debito, pagato nel primo disco ("Il ritorno delle passioni"), era quello nei confronti di Fabrizio De André, cui quelle sonorità spesso rimandavano. Un po' più leggero di debiti, adesso ha potuto dedicarsi a percorrere strade più "americane", fra il Texas e il Rio Grande. Andrew Hardin (già chitarrista di Tom Russell) e Joel Guzman (che in molti definiscono il miglior fisarmonicista del mondo) fanno da testimoni autorevoli, rendendo inestimabili almeno due canzoni, due ballate struggenti e senza tempo come "Maria delle montagne", dove si racconta una storia del secolo scorso fra miseria e speranza, e "Tristessa", ispirato al romanzo omonimo di Jack Kerouac. Ma cominciamo dall'inizio. Ed è sempre la fisarmonica di Guzman che, in modo sorprendente, dà una soluzione di continuità a "I ragazzi del vicolo", fra l'intro stradaiolo e sporco cantato da Luca Mirti dei Del Sangre e il duetto folk fra Massimiliano e Andrea Parodi: due canzoni in una, avvolte e legate dal valzer puntuale della fisa. "La breve estate", la canzone che dà il titolo al disco, ci riporta indietro, al primo lavoro, fra amarezze pasoliniane e nostalgie da cantautorato italiano. Allo stesso modo, "Anima Mundi", arricchita delle voci di Lino Straulino e Carlo Muratori, sa mischiare le carte e regalare una canzone nuova che sa di antico. Tocca poi a "La petite promenade du Poete", una riproposizione dal disco numero zero di Massimiliano, quel "canta Dino Campana" che si ostina a tenere nascosto e introvabile, ma cercando ... chissà...
Quasi jazz, i versi di Dino Campana messi in musica e un clarinetto che se la gioca. "Un uomo in rivolta", elettrica come già "L'uomo qualunque", quasi due facce della stessa medaglia. Poi ancora, "Dimmi tu fiore", una filastrocca che Massimiliano ha sempre scherzosamente definito "da Zecchino d'oro", qui trova una veste inedita fra folk e bluegrass, sempre grazie al lavoro di Guzman e Hardin, sorretti anche dal banjo di Max De Bernardi e dai fiati di Francesco Masi. Una canzone da cantare in coro, insieme a Claudia, Andrea, Gianfilippo e Luca. Poi, ancora, "Le ceneri di Pasolini", con Riccardo Tesi all'organetto e il finale elettrico e tirato de "Il nome delle cose", con tanto di Hammond e una base d'archi e la chitarra impagabile di Marco "Python" Fecchio.
La musica per amore, e dentro tutto il cuore e tutta la passione di una "banda di fratelli". Questo è il disco di Massimiliano. Non so se, questa genìa di cantautori che regala l'anima, sia figlia di Bubola, come ha scritto il Buscadero, oppure figli di De André, come sono più portato a sostenere io. So solo che la loro musica rende inutile tutte le parole scritte per girarci intorno. Sia quelle dei tromboni paludati, sia le mie. Ed è un bene.

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