Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
mercoledì 17 gennaio 2007
A casa ... a Houston
Steve Earle, da giovane country-rocker americano poteva essere definito una promessa. Siamo nell’86 e se ne esce, a soli 21 anni, con un Guitar Town immaturo, ma pieno di grinta e calore. Chitarre in evidenza e ritmiche vivaci, ma una solida base da story-teller. Nato in Virginia ma cresciuto in Texas e da sempre identificato come texano. Le canzoni sono tutte sue e i Dukes, che lo accompagnano, mettono in mostra anche pedal steel e mandolino, oltre alla normale strumentazione rock. In precedenza, il suo vero debutto su vinile è comunque in un disco storico: il mitico Old n.1 di Guy Clark, registrato a Nashville, dove suona la chitarra e fa da seconda voce. Vista la sua permanenza in Tennessee in quel periodo, rientra anche nel film Nashville di Altman, dove però è solo uno tra la folla. Exit O e Copperhead Road (1987 e 1988) confermano il buono che si dice di lui, anche se Copperhead road segna una decisa svolta verso il rock per il ragazzo che, a quel punto, ha venduto oltre un milione di copie dei suoi dischi, ha avuto 4 nomination ai Grammy’s ed è stato scelto come artista country dell’anno da Rolling Stones per il 1986. La svolta rock di Steve fa meno rumore di quella di Bob Dylan. Anche l’album successivo, Hard Way del 1990, già dal titolo tradisce la sua deriva rock. Poi iniziano i problemi con la droga che lo portano alla rottura del contratto discografico con la MCA che l’ha prodotto fin lì. La lunga crisi creativa, durata quattro anni, gli farà varcare anche la soglia della prigione, per detenzione di stupefacenti. Verrà rilasciato nel ’94, sulla parola, dopo aver partecipato a un programma di riabilitazione. Dobbiamo aspettare fino al 1995 per celebrarne la resurrezione artistica, ma, a questo punto, il rocker non c’è più. O meglio, c’è, ma in fondo. Train A comin’ è un album di soffici ballate avvolgenti, acustiche, più vicino al folk contemporaneo, più all’americana che al country. Il disco è edito da una piccola etichetta. È cambiata anche la voce, più calda, più scura. I brani sono sempre suoi tranne un tributo a Lennon-McCartney (I’m looking through you), uno a Townes Van Zandt (Tecumseh Valley) e la vecchia River of Babylon. Da lì in poi una serie di dischi capolavoro, uno dopo l’altro, con pochissime sbandate, tutti editi per la propria neonata casa discografica, la E-squared: I feel alright, El corazón, The Mountain (un disco di bluegrass con la Del McCoury Band), Trascendental blues (questo non è tra i miei preferiti), Jerusalem e The revolution starts... now, questi ultimi due sono invece due pietre miliari.E nell'ultimo c'è questo “Home To Houston”. E' un folk rock di quelli che ti prendono fin dal primo ascolto, grande melodia ritornello killer e tanto, tanto ritmo.Da camionista!
A casa a Houston
di Steve Earle
Quando mi tirai fuori da Basfra, loro mi augurarono buona fortuna
Proprio come avevano sempre fatto prima quando giravo
Con una rete antiproiettile sul cofano del mio camion
E un Bradley** a farmi da scorta
Ed io lo caricavo e lo scaricavo
e offrivo questa preghiera al mio signore
Dicevo "Dio riportami vivo a casa
e non guiderò mai più un camion"
Di mattina presto, correndo come un matto
trasportavo novemila galloni di gas letale
Il sergente alla radio mi urlava
Stai all'erta che loro sono davanti a te
Se mai tornerò vivo ad Houston
non guiderò mai più un camion
Ho guidato veicoli pesanti per tutta la vita
ed il mio nome in codice è "Treno"
Giù per le ripide strade di montagna dentro la più scura delle notti
Scorreva acqua gelata dentro le mie vene
E riuscivo ad arrivare fin lì perchè me ne fregavo
Ora sono più vecchio e di gran lunga più saggio
E se mai dovessi tornare vivo ad Houston
Allora non guiderò mai più un camion
Dio grande e potente cosa hai fatto di sbagliato con me?
So che i soldi vanno bene ma, amico, non vedi?
Non puoi portarteli dietro, e questa non è una bugia
Non voglio che mi prendano, sono troppo giovane per morire
Se mai dovessi tornare vivo ad Houston
Non guiderò mai più un camion.
** Bradley : Mezzo cingolato americano
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Home To Houston
by Steve Earle
When I pulled out of Basra they all wished me luck
Just like they always did before
With a bulletproof screen on the hood of my truck
And a Bradley on my back door
And I wound her up and shifted her down
And I offered this prayer to my lord
I said “God get me back home to Houston alive
and I won’t drive a truck anymore”
Early in the mornin’ and I’m rollin’ fast
Haulin’ nine thousand gallons of high test gas
Sergeant on the radio hollerin’ at me
Look out up ahead here come a R.P.G.
If I ever get home to Houston alive
Then I won’t drive a truck anymore
I’ve driven the big rigs for all of my life
And my radio handle’s “Train”
Down steep mountain roads on the darkest of nights
I had ice water in my veins
And I come over here ‘cause I just didn’t care
Now I’m older and wiser by far
If I ever get home to Houston alive
Then I won’t drive a truck anymore
Great God A’mighty what was wrong with me
I know the money’s good but buddy can’t you see
You can’t take it with you and that ain’t no lie
I don’t wanna let ‘em get me I’m too young to die
If I ever get home to Houston alive
Then I won’t drive a truck anymore
Posta un commento