lunedì 8 agosto 2016

Lavoro, morto!

postone

Il proletariato non è il soggetto della storia
- di Moishe Postone -
(Estratto dal libro di Moishe Postone, « Temps, travail et domination sociale. Une réinterprétation de la théorie critique de Marx », pp. 519-524, Mille et une nuits, 2009)

Ora, possiamo tornare alla questione del ruolo storico della classe operaia e della contraddizione fondamentale del capitalismo, così come viene trattata implicitamente da Marx nella sua critica della maturità. Nel concentrarmi sulle forme strutturanti la mediazione sociale, costitutive del capitalismo, ho mostrato che la lotta di classe non genere, in sé e per sé, la dinamica storica del capitalismo; in realtà, essa è un elemento motore di questo sviluppo solo perché è strutturata da delle forme sociali intrinsecamente dinamiche. Come si è già detto, l'analisi di Marx respinge l'idea che la lotta fra la classe capitalista ed il proletariato sia una lotta fra la classe dominante nella società capitalista e la classe che reca in sé il socialismo e che, di conseguenza, il socialismo rappresenti l'auto-realizzazione del proletariato. Quest'ultima idea è strettamente legata alla comprensione tradizionale della contraddizione fondamentale del capitalismo in quanto contraddizione fra la produzione industriale ed il mercato e la proprietà privata. Ciascuna delle due grandi classi del capitalismo viene identificata come uno dei termini di questa "contraddizione"; l'antagonismo fra lavoratori e capitalisti viene perciò visto come l'espressione sociale della contraddizione strutturale fra le forze produttive ed i rapporti di produzione. Tutta questa concezione si basa sul concetto di "lavoro" visto come fonte trans-storica della ricchezza sociale e come elemento costitutivo della vita sociale.

Ho criticato i postulati che stanno alla base di questa concezione, spiegando nel dettaglio le distinzioni operate da Marx fra il lavoro astratto ed il lavoro concreto, fra il valore e la ricchezza materiale, e mostrando la centralità che tali distinzioni hanno nella sua teoria critica. A partire da queste distinzioni, ho sviluppato la dialettica del lavoro e del tempo che si trova al cuore dell'analisi marxiana del modello di crescita e della traiettoria di produzione che caratterizzano il capitalismo. Secondo Marx, lungi dall'essere la materializzazione delle sole forze produttive, che sono strutturalmente in contraddizione con il capitale, la produzione industriale fondata sul proletariato è completamente modellata dal capitale; essa è la materializzazione delle forze produttive e dei rapporti di produzione. Non può quindi essere assunto come un modo di produzione che, immutato, potrebbe servire da base al socialismo. In Marx, la negazione storica del capitalismo non può essere intesa come una trasformazione che renderebbe adeguato il modo di distribuzione al modo di produzione industriale sviluppato sotto il capitalismo.

Analogamente, è ormai chiaro che, nell'analisi di Marx, il proletariato non è il rappresentante sociale di un possibile futuro non capitalista. L'idea logica del dispiegarsi della categoria di capitale, descritta da Marx, la sua analisi della produzione industriale, respingono i postulati tradizionali che fanno del proletariato il soggetto rivoluzionario. Per Marx, la produzione capitalista si caratterizza attraverso un'immensa espansione delle forze produttive e per mezzo delle conoscenze che si sono costituite in un quadro determinato dal valore e che, pertanto, esistono sotto la forma alienata del capitale. Nel momento in cui la produzione industriale si è pienamente sviluppata, le forze produttive della totalità sociale sono divenute più grandi di quanto fosse l'abilità, il lavoro e l'esperienza del lavoratore collettivo. Sono diventate socialmente generali, e le conoscenze e le competenze accumulate dall'umanità si sono costituite, in quanto tali, sotto una forma alienata; non possono essere assunte in maniera adeguata come forze oggettivate del proletariato. Il "lavoro morto", per usare le parole di Marx, non è più l'oggettivazione del solo "lavoro vivo"; è diventato l'oggettivazione del tempo storico.

Secondo Marx, con lo svilupparsi della produzione industriale capitalista, la creazione di ricchezza materiale diventa sempre meno dipendente dall'impiego di lavoro umano immediato nella produzione. Questo tipo di lavoro, tuttavia, continua necessariamente a giocare un ruolo, nel senso che la produzione del (plus)valore dipende da esso; la ricostituzione strutturalmente fondata del valore si rivela essere allo stesso tempo la ricostituzione della necessità del lavoro proletario. Da qui: mentre la produzione industriale capitalista continua a svilupparsi, il lavoro proletario è sempre più superfluo dal punto di vista della ricchezza materiale, quindi anacronistico; tuttavia, rimane necessario in quanto fonte del valore. Allo stesso tempo in cui si manifesta questa dualità, più il capitale si sviluppa e più rende vuoto e frammentato il lavoro di cui ha bisogno per costituirsi.

L'«ironia» storica di questa situazione, così come Marx l'analizza, consiste nel fatto di essere il capitale costituito esso stesso dal lavoro proletario. Va notato a riguardo quanto sia rivelatore che Marx, nel momento in cui considera la categoria economico-politica del "lavoro produttivo", non la tratta come un'attività sociale che costituisce la società e la ricchezza in generale - detto in altri termini, non la tratta come "lavoro". Piuttosto, definisce il lavoro produttivo sotto il capitalismo come lavoro che produce il plusvalore, cioè a dire che contribuisce all'auto-valorizzazione del capitale [*1]. In questo modo, Marx trasforma ciò che, nell'economi politica classica, è una categoria trans-storica e positiva, in una categoria storicamente specifica e critica, e cattura quello che si trova al cuore del capitalismo. Lungi dal glorificare il lavoro produttivo, Marx scrive: «Il concetto di lavoratore produttivo, quindi non include affatto la sola relazione fra attività e risultato raggiunto, fra lavoratore e prodotto del lavoro, ma è allo stesso tempo un rapporto sociale specifico, nato dalla storia, che appone sul lavoratore il marchio di strumento di valorizzazione immediata del capitale. Perciò, essere un lavoratore produttivo non può essere considerata una fortuna ma, al contrario, una disgrazia» [*2]. In altri termini, il lavoro produttivo è la fonte strutturale del suo auto-dominio.

Nell'analisi di Marx, il proletariato rimane quindi strutturalmente importante per il capitalismo, in quanto fonte del valore, ma non della ricchezza materiale. Questo si trova agli antipodi delle interpretazioni tradizionali riguardo il proletariato: lungi dal costituire le forze produttive socializzate che entrano in contraddizione con i rapporti sociali capitalisti e che allo stesso tempo portano ad un possibile futuro post-capitalista, la classe operaia è per Marx l'elemento costitutivo essenziale di questi rapporti stessi. Tanto il proletariato quanto la classe capitalista sono legate al capitale, ma il proletariato lo è di più: si può immaginare il capitale senza capitalisti, ma non senza il lavoro creatore del valore. Secondo la logica dell'analisi di Marx, la classe operaia, anziché portare in sé un possibile società futura, è la base necessaria del presente in cui soffre; è legata all'ordine esistente in maniera tale da farne l'oggetto della storia.

In breve, l'analisi che Marx ha fatto della traiettoria del capitale non ci mostra in alcun modo la possibile auto-realizzazione, in una società socialista, del proletariato in quanto vero soggetto della storia [*3]. Al contrario, ci presenta la possibile abolizione del proletariato, e del lavoro che il proletariato svolge, come condizione dell'emancipazione. Quest'interpretazione implica necessariamente il ripensare il rapporto fra la lotta di classe nella società capitalista e il possibile superamento del capitalismo - problema al quale qui si può solo accennare. Ciò indica che non si può comprendere la possibile negazione storica del capitalismo, suggerita dalla critica di Marx in termini di riappropriazione da parte del proletariato di ciò che esso ha costituito, e pertanto in termini di abolizione della sola proprietà privata. In realtà, la logica dell'esposizione di Marx implica chiaramente che la negazione storica del capitalismo dev'essere concepita come la riappropriazione da parte degli uomini delle capacità socialmente generali che in definitiva non si basano sulla classe operaia e che si sono storicamente costituite sotto la forma alienata del capitale [*4]. Una tale riappropriazione è possibile soltanto se la base strutturale di questo processo di alienazione - il valore, quindi il lavoro proletario - viene abolita. A fronte di ciò, l'apparizione storica di una simile possibilità è funzione della contraddizione soggiacente al capitalismo.

- Moishe Postone -

NOTE:

[*1] - Il Capitale, Libro I

[*2] - Ivi. Ciò conferma ancora una volta che la centralità del lavoro proletario nell'analisi marxiana del capitalismo non va presa come una valutazione positiva del primato ontologico del lavoro nella vita sociale, né come parte di un'argomentazione secondo la quale gli operai costituirebbero il gruppo più oppresso nella società. In realtà, il lavoro si trova al cuore dell'analisi marxiana in quanto elemento costitutivo fondamentale della forma dinamica ed astratta del dominio sociale proprio al capitalismo - cioè a dire, in quanto centro della critica. L'analisi marxiana del lavoro determinata dalla merce e la relazione di quest'analisi con il concetto di soggetto, suggerisce così un approccio storico-culturale al problema di sapere quali sono le attività diventate socialmente riconosciute come lavoro, e quali sono gli individui socialmente considerati come soggetti. Quest'interpretazione potrebbe contribuire alla discussione sulla costituzione socio-storica dei generi e cambiare i termini di numerosi recenti dibattiti sulla relazione fra la critica marxiana ed i problemi relativi alla posizione socio-storica delle donne, delle minoranze etniche ed altri tipi di gruppi. Da tali dibattiti, si è tentato di partire da posizioni marxiste tradizionali, o di opporvisi (Questa tendenza si è espressa, ad esempio, nel sapere se il lavoro domestico sia altrettanto importante, per la società, del lavoro in fabbrica, o se la classe - come opposta al genere, all'etnia o ad altre categorie sociali - sia necessariamente la categoria più pertinente quando si parla di oppressione sociale).

[*3] - Jean Louise Cohen, anche lei si oppone all'idea del proletariato come soggetto rivoluzionario, ma identifica questa posizione marxista tradizionale nell'analisi fatta da Marx del processo di produzione capitalista. Vedi: Jean Cohen, Class and Civil Society : The Limits of Marxian Critical Theory, 1982, pp. 163-228.

[*4] - Quest'analisi respinge le interpretazioni che attribuiscono a Marx l'idea quasi romantica secondo cui il superamento del capitalismo porterà alla vittoria del "lavoro vivo" sul "lavoro morto" (Vedi Jürgen Habermas, "Teoria dell'agire comunicativo"). Come lo svilupperò nella sezione seguente, l'analisi di Marx suggerisce infatti che la possibilità di una società futura qualitativamente differente si radica nel potenziale contenuto nel "lavoro morto".

fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme

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