sabato 22 novembre 2014

L'estetica del totalitarismo

malraux

Il caso di Malraux è la verifica di una visione critica delle tentazioni che il totalitarismo rappresenta per il genio poetico. Sebbene Malraux abbia lottato, alleato prima con la sinistra poi con la destra, passando dalle Brigate Internazionali al governo di De Gaulle, non ha mai adottato un programma politico consistente. Quale che fosse il campo cui aveva aderito, ha sempre seguito ciò che consiste nella politica dell'eroismo, della violenza e della lealtà dei congiurati. In breve, le sue convinzioni politiche sono estetiche; è la struttura formale dell'azione politica ad attrarre Malraux, non il contenuto. La chiave di tutta la carriera di Malraux può essere trovata nell'osservazione fatta da Walter Benjamin per cui coloro che fanno della politica un'arte raffinata finiscono sempre su posizioni elitarie o totalitarie - a sinistra o a destra.
Prendiamo invece il caso di Orwell. 1984 non è una parabola sul regime totalitario di Stalin, Hitler e Mao Tse-Tung. La polemica della favola non è unilineare. La critica di Orwell ha a che vedere, allo stesso tempo, sia con lo Stato autoritario sia con la società capitalistica del consumo, con il suo ignorare i valori e con i suoi conformismi. La "neolingua", il linguaggio da incubo di Orwell, è tanto il gergo del materialismo dialettico quanto la verbosità della propaganda commerciale e dei mass media. La forza tragica di 1984 proviene proprio dal rifiuto di Orwell di vedere le cose in bianco e nero. Era atterrito dalla nostra società dei consumi. Aveva visto in essa i germi della disumanità, quasi paragonabile a quelli endemici dello stalinismo. Orwell era tornato dalla Catalogna con una sorta di stoica e desolata fede in un socialismo umano che né l'Oriente né l'Occidente erano pronti ad adottare, se non su scala assai limitata. Trasformare 1984 in un pamphlet sulla guerra fredda intellettuale significa male interpretare e ridurre il libro. La vera allegoria della società sovietica, nell'opera di Orwell, è La Fattoria degli Animali.

- George Steiner - "Lo scrittore ed il comunismo", in "Linguaggio e silenzio" - 1961 -

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