venerdì 6 aprile 2012

Motor City *

detroit 67


Detroit 1967

Otto giorni dopo la fine della rivolta di Newark, la polizia fece una retata in un bar di Detroit arrestando ottanta persone. Fu l’inizio di una nuova insurrezione in una città che, pur essendo il motore industriale del paese, era dominata da continue tensioni razziali. Molti afro americani avevano lasciato le terre delle zone rurali nella speranza di fuggire dalla povertà, ma a Detroit avevano trovato solo disoccupazione ed emarginazione. Le maestranze preferivano non assumere neri e, quando proprio non potevano fare a meno, assegnavano loro le mansioni più umili e pericolose. La città cresceva finanziariamente, gli abitanti aumentavano ma la segregazione assumeva forme sempre più subdole e raffinate. Con la “ristrutturazione” che prevedeva l’abbattimento di Black Bottom e Paradise Valley, molti afro americani furono costretti con la forza ad abbandonare le proprie case e a vivere un’esistenza sospesa tra rabbia e disperazione in alloggi di fortuna. Ma le nuove generazioni non tolleravano più di doversi inchinare ai valori dei bianchi e di rimanere intrappolati nella miseria. Frustrate dall’oppressione, furiose contro il sistema che le tagliava fuori dal benessere comune avevano iniziato ad organizzare la resistenza. E il fuoco che bruciava sotto la paglia alla fine dilagò…..
Fino al 1967, le rivolte nelle città americane erano sempre avvenute in zone circoscritte, ma quella che scoppiò a Detroit s’allargò a macchia d’olio fino a trasformarla in un teatro di guerra. Le cronache ufficiali parlarono di 43 morti, ma il figlio di Mark Roper, il medico che era di guardia al pronto soccorso nella notte tra il 23 ed il 24 luglio del 1967 ha raccontato di aver appreso dal padre che i corpi privi di vita erano almeno ottanta e altre persone morirono in seguito a causa dei colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia. Uno di quei corpi era quanto restava di Tonya Blending, quattro anni, uccisa mentre stava rientrando a casa insieme al padre. L’arrivo della Guardia Nazionale, il terzo giorno dopo l’inizio della rivolta, spinse la gente di colore a resistere con maggior determinazione e le strade di Detroit si trasformarono in un girone infernale dove anime dannate si agitavano nel buio del coprifuoco imposto dal governatore. Tra i rivoltosi e i militari si verificarono vari scontri a fuoco. Nel 1967 il presidente Johnson aveva appena creato un fondo destinato appositamente a creare squadre specializzate nel sedare i tumulti che prevedeva l’addestramento di settantamila uomini e i primi novemila furono inviati proprio a Detroit con l’ordine di “fermare i neri con ogni mezzo possibile”. In città arrivarono i carri armati che riuscirono a spegnere la rivolta ma, al tempo stesso, divennero il simbolo della doppia guerra combattuta dagli afro americani, costretti a partire per il Vietnam per via della leva obbligatoria in nome di una patria che attaccava le loro comunità.
Le insurrezioni di Newark e Detroit non riuscirono a sradicare del tutto il razzismo ma servirono ad eliminare se non altro i suoi aspetti peggiori. Anche il proletariato bianco aveva infine compreso che spezzare le catene razziali era indispensabile per aprire la strada alla giustizia. Il 4 aprile del 1968, giorno dell’assassinio di Martin Luther King, anche i quartieri operai dove vivevano i bianchi insorsero per protesta contro le divisioni razziali che, a 13 anni dalla sentenza della Corte Suprema che vietata la segregazione, costringeva ancora la gente di colore a scendere dal marciapiede incontrando un bianco o a cedergli il posto sull’autobus. Contemporaneamente, riprese vita anche l’antica lotta dei nativi d’America e proprio nel 1968 nacque infatti l’AIM, American Indian Movement. Da allora sono passati 40 anni ed è triste constatare che l’imperialismo americano si annida ormai anche nei posti più impensabili, grazie anche alle nuove classi clientelari disposte a smantellare anche le leggi del proprio paese pur di compiacere gli interessi degli Stati Uniti. Attività che però comportano un grande rischio: quello di incentivare un popolo privato de jure dell’indipendenza a riprendersi l’indipendenza de facto. Come accadde quaranta anni fa nelle vie e nelle piazze di Newark e Detroit. Il 23 luglio del 1967 a Detroit (USA) scoppiò una rivolta – passata alla storia come "Detroit Race Riots"- che durò cinque giorni.
La causa fu una retata della polizia presso un bar illegale.  43 persone morirono e moltissimi furono i feriti e gli arrestati.
Gordon Lightfoot, un famoso cantautore canadese, scrisse nel 1968 una canzone  che raccontava la rivolta di Detroit: "Black Day in July".

Black day in July
Motor city madness has touched the countryside
And through the smoke and cinders
You can hear it far and wide
The doors are quickly bolted
And the children locked inside
Black day in July
Black day in July
And the soul of Motor City is bared across the land
As the book of law and order is taken in the hands
Of the sons of the fathers who were carried to this land

Black day in July
Black day in July
In the streets of Motor City is a deadly silent sound
And the body of a dead youth lies stretched upon the ground
Upon the filthy pavement
No reason can be found

Black day in July
Black day in July
Motor City madness has touched the countryside
And the people rise in anger
And the streets begin to fill
And there's gunfire from the rooftops
And the blood begins to spill

Black day in July

In the mansion of the governor
There's nothing that is known for sure
The telephone is ringing
And the pendulum is swinging
And they wonder how it happened
And they really know the reason
And it wasn't just the temperature
And it wasn't just the season

Black day in July
Black day in July
Motor City's burning and the flames are running wild
They reflect upon the waters of the river and the lake
And everyone is listening
And everyone's awake

Black day in July
Black day in July
The printing press is turning
And the news is quickly flashed
And you read your morning paper
And you sip your cup of tea
And you wonder just in passing
Is it him or is it me

Black day in July

In the office of the President
The deed is done the troops are sent
There's really not much choice you see
It looks to us like anarchy
And then the tanks go rolling in
To patch things up as best they can
There is no time to hesitate
The speech is made the dues can wait

Black day in July
Black day in July
The streets of Motor City now are quiet and serene
But the shapes of gutted buildings
Strike terror to the heart
And you say how did it happen
And you say how did it start
Why can't we all be brothers
Why can't we live in peace
But the hands of the have-nots
Keep falling out of reach

Black day in July
Black day in July
Motor city madness has touched the countryside
And through the smoke and cinders
You can hear it far and wide
The doors are quickly bolted
And the children locked inside

* Nota: "Motor City" è il nomignolo con cui è conosciuta Detroit

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