giovedì 20 agosto 2009

Piombo!




J.G.G. (1395 - 1468)

Quanto uguale questa pagina a mille altre pagine,
e quanto arduo è stupirsene!
Un libro solo, e tuttavia molteplice. L'arte
dello scrivere artificiale: qualcosa di metallico,

un logoro pensiero d'oro, d'argento,
di rame, di piombo. La prima riproduzione
dovette essere una moneta, la prima merce
il denaro, il principio dell'indusria. Messaggi

e ancora messaggi; punzoni, matrici e caratteri,
Il Quattrocento, roba per storici dell'arte
e per teologi. Anatemi, roghi,
guerre di cent'anni, varietà gotiche.

Sì, anche questo. Eppure innanzi tutto: progressi
nelle miniere e nei mulini, nella metallurgia
e nelle armi. Non la Madonna
nel roseto, besì la gru e la ruota dentata.

Nella buia sua officina, clandestino
e anonimo, costui persegue, perseguitato
da tratte, ingiunzioni, ammanchi,

il suo fine imponente come il calcolo combinatorio:

venticinque volte per due i segni metallici
(cifre e legature non comprese),
tutto ciò che fu, è o potrebbe essere,
da combinare a suo talento e da moltiplicare

non con l'ausilio del calamo, del lapis o della penna,
ma tramite la congiunzione delle forme,
intagliate nell'acciaio, martellate nel rame,
fuse in piombo, stagno, bismuto e antimonio.

Ciò che necessitava: arti idriche d'Arabia,
coltivazioni di canapa e lino, torchi tessili e vinicoli,
macine per stracci, imprese di import-export; un arsenale
di utensili obliati: ramaioli, bulini,

branchie, vantaggi, rulli e serraforme;
un esercito di operai, sfruttatori e complici
da Cracovia a Salamanca: trafilatori,
cenciaioli, banchieri; e infine

Gensfleisch, l'anziano specchiaio di Magonza,
pressato dai creditori, mezzo accecato, non
odoroso d'incenso ma di vernice
e fuliggine. In una foschia di metallo rovente

scomparve. Questo, il nero
sulla carta bianca, rimase:
L'arte dello scrivere artificiale,
un sapore plumbeo del Quattrocento.

- H. M. Enzensberger - Mausoleum -

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