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martedì 18 agosto 2009
L'estate più pericolosa di Ernest Hemingway
Al ritorno dal suo penultimo viaggio in Spagna, si dice che Ernest Hemingway sembrasse molto più vecchio e più acciaccato rispetto a quell'atleta che solo cinque anni prima aveva vinto il Nobel. È stato uno di quei cosiddetti eroi per cui il gioco della vita ha senso solo quando si gioca la carta più preziosa: la vita stessa. Per questo ha dovuto affrontare i leoni, gli elefanti, i tori. Per questo, si propose di vivere la sua vita esplorando i molti modi di essere un uomo. Una vita, come la sua, si gioca sulle donne, la guerra, la boxe, l'alcool, e l'infamia.
La Spagna fu, per Hemingway, una terra di affinità, fin da quando, nel 1921, nella sua prima intervista come corrispondente in Europa per il Toronto Star, si occupò della pesca del tonno a Vigo. La Spagna era il luogo dell'avventura, un'Africa oltre i Pirenei. Fu Gertrude Stein ad ncoraggiarlo ad andare a vedere la corrida.
Quando scoppiò la guerra in Spagna - incoraggiato dalla sua terza moglie, corrispondente di guerra, Martha Gellhorn - si arruolò frettolosamente come corrispondente per l'agenzia NANA. Anni più tardi, confesserà che "è stata la fase più felice della nostra vita. Eravamo felici perché quando la gente moriva sembrava che la loro morte avesse importanza e giustificazione."
Nel novembre 1938, insieme al giornalista Herbert Matthews e al fotografo ungherese Robert Capa, attraversò il confine francese. Gli ci vorranno 15 anni per tornare in Spagna. Visse quei tre lustri nella convinzione che non ci fosse nessun altro paese in cui era stato così felice.
Da Biarritz, accompagnato dalla sua ultima moglie, Mary Welsh, attraversò la frontiera per Irún senza alcun contrattempo, con sua grande sorpresa: "Era strano tornare. Non avevo mai sperato che mi permettessero di entrare nel paese che amavo più di ogni altro, dopo il mio."
In quell'estate del 1953, conobbe il giovane torero Antonio Ordoñez, 21 anni.
Era il figlio di El Niño de la Palma, che lo aveva stregato a Pamplona nel 1924, e che è stato immortalato nel personaggio di Pedro Romero in Fiesta.
Sulla Spagna, oltre a questo romanzo, aveva già scritto "Morte nel pomeriggio" (1932), la sceneggiatura per il documentario di Joris Ivens "Terra di Spagna" (1937), il dramma teatrale "La quinta colonna" (1938) e "Per chi suona la campana" (1940). Per completare il suo "Retablo" di passione, violenza e ritmo mancava un libro: "L'estate pericolosa". Per scriverlo, ritornò di nuovo nel 1959.
Don Ernesto, come lo chiamavano in Spagna, era già premio Nobel, quando, a bordo del Constitución, sbarcò il 1° maggio del 1959 ad Algeciras. Era venuto a scrivere una cronaca giornalistica di 10.000 parole, commissionata dalla rivista Life, sulla rivalità tra i toreri Luis Miguel Dominguín e Antonio Ordóñez. Si stabilì a La Cónsula, un vecchio palazzo dell'ottocento di
proprietà dell'americano Bill Davis. Erano giorni di caldo intenso, e Mary Welsh comprò un paio di tonnellate di ghiaccio, che arrivarono su un camion e vennero rovesciati nella piscina. Lì, il 21 luglio del 1959, venne celebrato il 60° compleanno dello scrittore. Nel bar dell'hotel Miramar, gli dissero che Florence, la figlia del suo vecchio amico André Malraux, desiderava conoscerlo. Si recò alla reception e tornò con tre persone: Florence, Monique Lange, che lavorava alla Gallimard, l'editore francese di Hemingway, e un giovane scrittore spagnolo Juan Goytisolo, che era l'amante di Monique. Sulla vecchia Ford del suo amico Davis, Hemingway viaggiò fino a Madrid e soggiornò presso l'Hotel Svezia, vicino alla Calle Alcalá. Lì conobbe l'irlandese Valerie Danby-Smith, che prima divenne la sua segretaria e poi sua nuora. Le offrì uno stipendio di 250 dollari al mese e lei ben presto si integrò nella "banda". Si sposò con Gigi, il giovane figlio di Hemingway, ne ebbe tre figli e una montagna di avversione per il marito che si sottomise ad un'operazione di cambiamento di sesso, e morì in un carcere femminile.
Alla Feria de San Isidro, don Ernesto era entusiasta di assistere al duello del pomeriggio fra Ordóñez e Dominguín. Il 14 agosto, a Malaga ci fu il secondo appuntamento, il giorno successivo, a Bayonne (Francia), i due cognati (Carmina, moglie di Antonio, era la sorella di Luis Miguel) completarono la loro terza sfida. Due giorni dopo, un'altra sfida a Ciudad Real, la quinta ed ultima a Bilbao. Uno di loro, Dominguín, rimase gravemente ferito. "Il problema è stato risolto", sentenziò Hemingway. Gli spagnoli gli rimproverarono la sua glorificazione di Ordoñez e l'ostilità contro Dominguín, ma soprattutto contro Manolete: "Un buon torero, ma con trucchi a basso costo". Il fatto è che Hemingway non vide mai una corrida di Manolete.
Al ritorno, ad Aranda de Duero, la Ford color rosa guidata dal suo anfitrione Bill Davis, forà una gomma, si rovesciò e rimase distrutta. Gli occupanti ne uscirono illesi, ma ad Hemingway cominciò a pesare il viaggio. Si sentiva molto stanco a causa del sovradosaggio di chilometri, di feste, del baccalà ajoarriero e del whiskey. Aveva male ad un rene, perciò scriveva in piedi.
Tornò a casa con la sua testa "come un sacco di gatti", piena di emozioni, dei dati e dei postumi della sbornia. Life gli aveva chiesto le 10.000 parole, ma ne aveva scritto 63.562, e dovette passare la notte a limare per poter rispettare la data di consegna. Alla fine, aveva scritto 108.746 parole che sono state pubblicate, in Spahna, 24 anni dopo la sua morte con il titolo "L'estate pericolosa" (Ed. Debolsillo).
Ai primi di agosto 1960, tornò in Spagna. Perché? Egli ha affermato che voleva completare il testo, ma Life era già in possesso di una versione in tre parti. Questa volta, stranamente per lui, aveva viaggiato da solo in aereo. Ai primi di ottobre, il suo vecchio amico Aaron Hotchner lo aveva trovato in pessime condizioni di salute. Lo convinse a lasciare la stanza dell'Hotel Svezia in cui si era rinchiuso.
"Non voglio morire qui. La Spagna è un paese per vivere, non per morire".
A Ketchum (Idaho), aveva un appuntamento con la morte. "Levarsi di mezzo" era una tradizione della sua famiglia. Suo nonno, suo fratello Jack e suo padre l'avevano fatto prima di lui. Venne sepolto il 7 luglio, il giorno di San Firmino.
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