Le storie finiscono, certo. Ma lasciano sempre qualcosa, i ricordi, belli e brutti, e le colpe ed il loro senso. Così Francesco "Bifo" Berardi - ma non solo lui - non si sottrae a questa legge. E ci scrive sopra!
Mi sono sempre chiesto come possa avvenire che, a partire da premesse ed analisi del tutto simili e condivise, si possa finire per arrivare a conclusioni del tutto divergenti. Ma, con ogni probabilità, è proprio dalla "identità meschina" che tutto procede! Il salto lo si spicca solo in un certo momento della vita, mai prima e mai dopo, e la spinta la si trae da una sorta di "carburante" ben preciso che produce energia solo se acquisito in un momento determinato. C'è quel libro che va letto in quel preciso periodo, c'è quel film che va visto solo in quel mese di quell'anno. Non sarà servito a niente se è stato troppo presto e non servirà a niente se sarà troppo tardi! Il mondo cambia, e ci cambia, certo. Le persone cambiano molto meno, assai spesso non cambiano punto. La storia degli anni settanta ha fatto entrare in scena una generazione che, con cuore e generosità, non ha saputo sottrarsi alla speranza della "politica"( e della democrazia rappresentativa ), una generazione il cui "love affair" con il partito comunista ha prodotto perversioni che, ogni qualvolta si doveva consumare l'amplesso elettorale, sono state chiamate col nome di "scheda rossa", ed in mille altri modi ameni che adesso non riesco quasi più nemmeno a ricordare.
Oggi, nella nuova analisi, il "grande partito del proletariato" nonostante abbia finito per essere assunto - finalmente - per quello che è, continua a far scattare la solita vecchia trappola che vuole e richiede il "confronto". Oggi non ci sarebbero più le masse proletarie ed operaie, bensì un esercito di depressi da ... non lasciare soli. La politica diventa terapia! Ieri con i metalmeccanici, domani con i piddini loro malgrado. L'intelligenza si auto-umilia e le montagne partoriscono topolini. Combattere la "spaventosa barbarie totalitaria" con le armi spuntate della democrazia rappresentativa, agitando lo spettro di una "lista comunale" che diventi maggioranza, ha tutto il sapore di un esperimento che rispetterà la regola marxiana della storia che si ripete: la prima volta in tragedia, la seconda in farsa.
Il luogo delle urne elettorali è luogo ipotecato da sempre, come il luogo del partito e del sindacato.
Semplicemente, la cosiddetta "identità gloriosa", cui Bifo fa riferimento nel suo scritto, non è mai esistita. Gli "interessi operai" erano stati venduti quasi da subito, e non solo "in cambio di una miserabile partecipazione al potere dominante". Ma anche solo per denaro, banalmente!
Forse oggi, davvero, il sogno della rivoluzione (politica in senso comunista o anarchica in senso sociale) è svanito. Ed anche il soggetto si allontana e si confonde in mille colori e in mille territori. Forse non è dato ipotizzare insurrezioni che riescano, anche nella limitatezza di una sola giornata, a ridarci il senso del tempo, umano e sospeso, della rivolta. Ma riprendersi il tempo, provare a riprenderselo, significa anche sottrarlo alla costrizione e all'infelicità del vecchio mondo. Anche a quella delle urne!
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