Accade che non siano stati solo poliziotti, magistrati e padroni di varia fatta ad aver messo al mondo dei figli nei fatidici anni settanta. Così è successo allora a Piero Morlacchi e, per alcuni, la cosa peggiore è stata che il figlio, Manolo, abbia scritto un libro sul suo "essere figlio" che, per di più, è stato pubblicato. Il libro parte da assai lontano, dagli anni del fascismo, quasi volesse raccontare una sorta di saga familiare, un'epopea, quella della famiglia Morlacchi. Così nella prima parte si addensano testimonianze a cercare di tracciare un quadro delle epoche e dei tanti componenti la famiglia. Riesce spesso ad essere toccante, la vicenda, e le storie sono belle storie. Parlano di proletariato e di lotte, articoli che non è che abbiano poi oggi tutto questo mercato. Poi si arriva ad anni più recenti, gli anni cinquanta e la morte di Stalin e si racconta come lo "stalinismo" fosse di casa nel mondo operaio e proletario italiano in generale, e milanese nella fattispecie. E così, si viene anche a "scoprire" il dna stalinista del nucleo storico delle brigate rosse. Non ha problemi ad ammetterlo, Manolo, anche a colpi di "aneddoti", come quello del padre che per rincuorare un compagno di cella (Sirianni, di Lotta comunista), ferito da secondini mascherati, e in crollo di nervi, lo apostrofa definendolo "trotzkista di merda"!
Sorvolando sul fatto che "lotta comunista" era - ed è - organizzazione tutt'al più "bordighista", e mai trotzkista; la scoperta dello "stalinismo" delle brigate rosse è un po' la scoperta dell'acqua calda, rapportabile solo alla scoperta dello "stalinismo", appunto, di una quota di certo proletariato che, c'è da dire, però che lo viveva come l'affermazione di un'identità di classe, in contrapposizione a chi tale identità aveva svenduto. Il problema sarebbe stato, semmai, rendersi conto che la svendita era avvenuta molti anni prima, ed era stata orchestrata proprio dalla russia sovietica. Ma non voglio fare digressioni.
Fatto sta - ed è questo il senso del mio scrivere, oggi - che questo libro di Manolo Morlacchi ha dato fastidio. Ed ha dato fastidio - non agli eredi dei Calabresi e dei Moro - ma a Wu Ming 1 (uno dei componenti il celebre collettivo editoriale) che ha ravvisato nell'operazione un difetto, sotto forma di debito non assolto, nella sua recenzione su "Nandropausa". Ovvero ha lamentato, nella "ricostruzione" l'assenza totale di qualunque "pentimento" o "dissociazione". Ha ritenuto - come dire - eccessiva l'assunzione di eredità da parte del figlio! E, per farlo, ha denunciato come la deriva non è stata, appunto, una deriva ma era già insita nel culto dell'avanguardia. E, fin qui, se ne potrebbe anche discutere, della cosa. E su tale lettura, anche lo stesso Manolo Morlacchi ha avuto modo di ribattere dalle pagine del sito di Carmilla.
Ma quello che non mi ha convinto, nelle argomentazioni del Wu Ming, sono due cose. La prima è quasi banale ed è il suo avventarsi contro il titolo del libro ("la fuga in avanti"), coniugandolo artatamente con la frase virgolettata sul retro di copertina ("... e non ci vengano a parlare di fughe in avanti, gli specialisti delle fughe all'indietro", per poter affermare, a sua volta che "Riconoscere l'orrore anche dentro l'amore non è "fuga all'indietro", né significa abiurare il conflitto. Al contrario, è il solo modo per tornare a pensarlo fecondo." E questo, a mio avviso, il Wu Ming lo fa senza rendersi conto che la frase sul retro - nel libro - si trova dentro un documento citato risalente al febbraio 1965, stilato dai militanti del gruppo "Luglio 1960" di Milano, rivolta ai dirigenti del pci di allora, certo non meno stalinisti dei brigatisti a venire, e in cui il Wu Ming - per deduzione, se ha letto il libro - sembra riconoscersi!
La seconda cosa, a mio avviso, è assai peggiore ed ha a che fare con l'auto-convinzione che porta a cambiare la realtà passata, fino ad assumerla come verità assoluta. Così - nel caso - si usa il peggior stalinismo per combattere ...lo stalinismo. Arrivare a dire che " Roberto Peci venne dichiarato traditore su base biologica - per consanguineità con un pentito - dopo un "processo" senza difesa" è un falso assoluto, in quanto Roberto Peci non venne assassinato, dopo un processo - questo sì stalinista - volto ad ottenere che la vittima riconoscesse le ragioni degli assassini, per motivi "di sangue", solo in quanto fratello di Patrizio. Ma sembra che, addirittura, fosse passato al libro paga come confidente ben prima del fratello. Almeno così dicono le famose "inchieste giornalistiche", tipo quelle di Zavoli e Minoli, che tanta ammirazione suscitano nei sinceri democratici.
La lotta contro lo stalinismo, che è ancora ben vivo ed egemone, nella gestione della politica e, soprattutto, della memoria, non credo possa autorizzare nessuno a sparare cazzate come quelle sparate dal Wu Ming in questione. La verità va sempre onorata, per intelligenza!
Manolo Morlacchi, La fuga in avanti. La rivoluzione è un fiore che non muore, ed. Agenzia X, pp. 216, € 15,00.
24 commenti:
concordo con la rabbia e oserei dire lo sdegno nel vedere il libro di un "figlio" trattato freddamente come un saggio qualsiasi; quello che nessuno chiede ai "figli delle vittime" (ossia imparzialita' e storicita') non si capisce perche' debba essere chiesto a Morlacchi, anch'egli figlio di vittime (del sistema giudiziario italiano). Ma forse il problema e' proprio nel giudizio che si formula sui suoi genitori.
Pero' pero' pero' e' anche giusto dire che Wu Ming 1 non chiede ne' pentitismi ne' dissociazioni, quello che imputa (ripeto, anche a mio avviso ingiustamente) e' una scarsa criticita' verso la deriva piu' militarista e stalinista del secondo periodo delle BR, una mancata presa di distanza dalle idee di "avanguardia separata dalle masse".
Non ho ancora letto il libro (conto di farlo presto) e puo' darsi che quanto detto sia vero, il punto e' che l'approccio ad un libro del genere non puo' essere lo stesso di un libro, mettiamo, di Bocca sulle BR; questo libro non si presenta come un saggio, non pretende di essere obiettivo. Mi sembra di capire, inoltre, che il libro non pretenda neanche di dire "avevano ragione", bensi', al piu', di dire "queste erano le loro ragioni, che poi sono anche le mie", senza essere un inno al brigatismo.
E' il ricordo, da parte di un figlio, dei genitori che per troppo tempo gli sono stati negati e come tale deve essere trattato.
Non so che dirti, enrica, ma mi sa che oltre a non leggere il libro di manolo, non hai letto nemmeno quello che ho scritto io! :-)
Dal momento che. ad un certo punto, c'è scritto che "fin qui se ne potrebbe anche discutere"...riferendomi nei pericoli insiti nella forma avanguardia, ecc.
Quello che non riesco a mandar giù sono le operazini di demonizzazione che per essere attuate necessitano di uno stravolgimento della "verità storica". E' chiaro che, da un punto di vista politico, le "colpe" rimangono, con o senza roberto peci. Ma, e allora, perché raccontare balle? E se le balle raccontate sono raccontate in buona fede, ovvero ritenendole assolutamente vere.... allora peggio mi suona!
salud
Io non ti conosco, ma è evidente che nemmeno tu conosci me se mi accusi di aver invitato chicchessìa a "pentimenti" o "dissociazioni".
Questa è un'infamia nei miei confronti, più che una critica.
Chissà come ti stupirà sapere che sono stato io a chiedere a Manolo un intervento abbastanza lungo da pubblicare su Carmilla (sito che co-gestisco insieme ad altri compagni)!
E' evidente che ti sei fatto una balzana idea del Sottoscritto, e in base a tale idea hai letto la mia recensione in un modo totalmente pregiudiziale, sei saltato a conclusioni che nella mia riflessione erano totalmente assenti, e anche certi ragionamenti che fai su quello che probabilmente avevo in mente io mentre scrivevo etc. etc. sono abbastanza illogici, oltreché psicologismi da quattro soldi:
che c'entra il mio uso dell'espressione "fuga all'indietro" con un mio presunto non conoscere la provenienza di quella frase, provenienza che peraltro nel libro è spiegata in modo esplicito? Tra l'altro, non è che l'espressione "fuga in avanti" e il suo rovesciamento ironico "fuga all'indietro" siano farina di un sacco preciso, mi sembrano espressioni di uso comune, anche da prima che li usassero Mao e i maoisti.
Cosa c'entra un mio presunto riconoscermi coi dirigenti del PCI milanesi dell'epoca? Boh.
Non ti è venuto in mente che quella mia frase volesse dire proprio il contrario di quel che hai pensato tu, e cioè che la mia critica delle BR non implica alcuna accettazione dello stato di cose presente?
Ripeto, una lettura del genere è un'infamia bella e buona per chi come me ha alle spalle un lavoro di documentazione e controinformazione sull'emergenza durato anni, e campagne di solidarietà contro vittime della repressione. Io provengo dal Luther Blissett Project, che se non lo sai produsse un testo collettivo intitolato "Nemici dello Stato. Criminali, mostri e leggi speciali nella società di controllo" (Derive Approdi, 1998) che ricostruiva tutta la genesi dell'emergenza, la sequenza di leggi speciali 1975-82 e tutte le storture che ne derivarono (pentitismo, carceri speciali coi "braccetti della morte"). Non è obbligatorio conoscere queste cose, ma sarebbe d'uopo informarsi un minimo prima di insultare e crocifiggere la gente.
Dove mai stiano nella mia recensione le richieste di "pentimento" (!) rimarrà un mistero per chiunque l'abbia letta davvero.
Insomma, posso criticare - da un punto di vista antagonista e non pacificato - la scelta della lotta armata clandestina nel contesto dell'Italia di inizio anni '70? O devo per forza dirmi d'accordo anche se non è vero?
Posso criticare - da convinto "non non-violento" - la deriva militarista, gli omicidi a sangue freddo anche di carneadi e, in buona sostanza, poveracci? O devo dire che erano azioni eroiche del proletariato rivoluzionario?
Posso criticare processi ed esecuzioni sommarie, che mi fanno schifo SEMPRE? Posso criticare la tendenza a immaginarsi come nuovi giudici, nuova polizia e nuovi boia? O devo censurarmi perché simili considerazioni sono "poco rivoluzionarie"?
Devo per forza dire che le BR erano stra-fiche, belle e brave altrimenti sono da considerare alla stregua di uno sbirro?
Mah. Recensisco un libro; l'autore (con cui c'è stima reciproca) mi ringrazia e prende spunto dalla recensione per chiarire alcune questioni dal suo punto di vista; un lettore "più realista del re" mi accusa di questa e quella turpitudine... nei confronti dell'autore. Robe da matti.
Caro Wu ming 1 (ti conosco per quello che scrivi, ovviamente, così come tu conosci me per quello che ho scritto), puoi fare tutto quello che vuoi e puoi dire tutto quello che vuoi. Poi, di qui a usare parole come "infamia" ce ne corre, anche perché, a quanto pare, al mio puntare sulla falsità che hai scritto a proposito dell'uccisione di Peci (ed era quella l'unica critica su cui non c'era niente da discutere) non hai risposto. Sarà un caso!??
salud
Franco: mentre tu non mi rispondi su niente di quello che ho scritto (ad es. sul fatto che ho sollecitato io l'intervento di Manolo, che non ha assolutamente letto la recensione come un attacco) e pretendi di cavartela con poche righe, io invece non ti ho risposto - e per un preciso motivo - su una cosa sola, perché non ritenevo quello il perno del discorso.
Non ti ho risposto nel dettaglio su quell'episodio perché il succo del tuo post è un altro.
Tu non ti limiti a imputarmi un possibile errore fattuale sul movente di un crimine (o un processo sommario segreto, senza difesa né ulteriori gradi di giudizio, con applicazione della pena capitale non è comunque un crimine?).
Il motivo per cui ho fatto quell'esempio mi pare tuttora chiaro: la condanna in video. Ho parlato di "reality show" e "pornografia della violenza degradante". O forse è stato un fatto nobile e degno? Continuo a essere convinto di no.
C'è un errore? Ok, non pensi che sarebbe bastato segnalare la cosa e ne avremmo potuto discutere tranquillamente? Sull'interpretazione di quella storiaccia ci sono ancora dubbi e cose da chiarire (se non fosse stato fratello di chi sappiamo, avrebbero davvero fatto tutto quel can can? Mah, secondo me è lecito dubitarne), però a te non interessa questo.
Tu non segnali un errore: tu dai un giudizio sulla mia persona sulla base di una lettura di quello che ho scritto che io giudico bislacca, presentando la mia recensione come un attacco a un libro che invece ho segnalato per il suo valore soggettivo e oggettivo (rileggi tutta la prima parte).
E il giudizio sulla mia persona contiene, implicitamente ma nemmeno troppo, l'accusa di essere uno sbirro e un infame. Rileggi il tuo post e dimmi se non è vero. E' questo a essere inaccettabile, soprattutto nel momento in cui la stampa reazionaria mi attacca invece perché ho difeso Cesare Battisti. Mettiti nei miei panni e dimmi se non ti girerebbero un poco i maroni!
Mi dispiace, ma su queste basi il confronto non parte affatto bene. Puoi dare tutti i giudizi sommari che vuoi su di me e su quel che ho scritto, puoi appigliarti a quello che vuoi, ma ciò non toglie che il tuo giudizio contrasti in toto con la realtà dei fatti e l'esistenza di posizioni espresse nero su bianco e verificabili da chiunque.
Ora, siccome il libro meriterebbe ben altri dibattiti (nonché letture con meno sangue alla testa), io sono qui, disponibile a discuterne, quando vuoi. Hai anche la mia mail.
P.S. Giuro che non ricordo di conoscerti. Se mi sono dimenticato qualcosa, un episodio, uno scambio epistolare, sorry. Rinfrescami la memoria in privato.
P.S. Cmq, anche se non è la vera questione in oggetto, a quanto ne so io la teoria sull'essere Roberto Peci a sua volta un delatore non ha mai trovato veri riscontri. Lo dice Guidelli nella sua inchiesta del 2006 (ideologicamente rozza ma unica opera monotematica sulla vicenda), lo dicono i "certosini" di brigaterosse.org, e in tutta la rete non si trova nessun riferimento a R. Peci come pentito/spia se non l'accusa mossagli dai suoi carcerieri. Con tutto quello che continua a emergere di quegli anni, mi sono perso la riemersione di questo non trascurabile dettaglio. Può darsi sia un limite mio, ma se ho fatto un errore di ricostruzione, beh, è un errore molto frequente e di per sé non credo possa caratterizzare la mia recensione.
Ok, procediamo con metodo.
C'è da premettere, però, una cosa. Se leggi i commenti al post, ti accorgerai che scrive enrica è sposa la tua tesi, secondo cui non avresti chiesto né pentimenti né dissociazioni. E io, in effetti, le rispondo argomentando che sì che probabilmente è vero, però scrivo anche che hai attuato un'operazione di demonizzazione, scrivendo che quello di peci è una "esecuzione biologica". E il ché è manifestatamente falso!
Quanto a "cavarmela con poche righe", forse dimentichi che, tutto sommato, sei tu a commentare un mio post più o meno lungo e in quel post c'è scritto tutto quello che avevo da dire in proposito, compreso quel che delle tue critiche ritengo possano essere discusse.
Poi dopo essere stato tu a darmi di infame (io ho solo detto che hai scritto una cazzata), dici che io do giudizi sulla tua persona! Credo che la cosa sia assolutamente risibile, e - confermo - leggendo e rileggendo la tua critica su nandropausa, continuo a vederla come, non un attacco ma una critica eccessivamente negativa e che ha bisogno di fondarsi suun assunto falso (repetita iuvant!).
Ora, se mi dici che questo significhi darti di sbirro e di infame, beh allora devo dire che hai dei grossi problemi.
Al massimo, ti ho detto che hai assunto le posizioni del pci degli anni sessanta (e senza rendertene conto, ho aggiunto).
Altro non so dirti. Tu hai scritto che "L'autore rimane sostanzialmente acritico nei confronti delle Brigate Rosse, o quantomeno del loro "nucleo storico"" (su nandropausa), ed io ho scambiato tale affermazione per una richiesta di dissociazione. Mi sbaglio? Non mi sbaglio? Può essere sia l'una che l'altra cosa. Tu hai parlato di omicidio biologico e hai detto una cazzata. Poi che le b.r. passino oramai, nell'immaginario collettivo, anche per gli autori della strage di piazza fontana...beh la dice lunga!
Dici che il confronto non è partito bene? Certo, ma non mi pare che tu sia stato troppo parco nell'attribuirmi delle posizioni sulle b.r. in cui non mi riconosco.
Possiamo continuare, se vuoi, ma non vedo dove la cosa possa portarci. Non ti ritengo né uno sbirro né un infame.
Ah, scusa ma non ho la tua mail, per il semplice motivo che hai usato un profilo di blogger che non porta da nessuna parte.
Disponibilissimo a parlare del libro, soprattutto dell'ultima parte che ritengo molto più decisiva nel rimettere sui piedi una storia oramai troppo disprezzata e dimenticata di tanti uomini e donne che vorrebbero rimossi, e dalla storia e dalla memoria. Perfino dalla nostra!
Finisco, dicendo che no, non ci siamo mai incontrati, almeno credo.
salud
Sulla questione della mail colpa mia, pensavo che quando uno posta commenti su blogger mentre è loggato su gmail comparisse l'indirizzo. Io non ho un profilo blogger. La mia mail comunque è wuming1, su gmail.com
Io non ti ho dato dell'infame, ho detto che accusarmi di volere "pentimenti" è un'infamia, nel senso di calunnia. Perché per me è una calunnia: dire che chiedo "pentimenti" non equivale a dire che sto coi "pentiti" e/o che sono uno sbirro delle coscienze? Mi fa piacere sapere che non mi ritieni un infame, ma allora cerchiamo tutti e due di scegliere le parole con maggior cura.
Sulla questione Peci, come ho scritto nel mio secondo commento, a mio dire l'essere Peci piccolo fratello di Peci grande fu un fattore determinante. Di persone accusate di essere delatori ce ne furono tante, ma Peci ebbe un "trattamento speciale", in pompa magna mediatica, come giustiziato di serie A.
Nel P.S. che ancora non vedo "sbloccato", ho anche scritto che non mi risultano riscontri sull'essere Peci piccolo a sua volta un delatore, ma non è nemmeno quello il punto. Continuo a pensare che le accuse rivolte a lui fossero in subordine rispetto al suo essere fratello di chi sappiamo, ma non è il punto nemmeno questo. Io di quell'episodio prendo a simbolo lo stalinismo di cui era impregnato, e l'uso bestiale (pornografico) dei media. Almeno su questo saremo d'accordo, spero. Possiamo darlo per assodato?
Io vorrei farti notare che su "Nandropausa" non facciamo stroncature. Scegliamo esclusivamente i libri che ci sembrano di maggior valore tra quelli letti nei 6-8 mesi precedenti. Aver segnalato il libro di Manolo è per noi già una presa di posizione a favore della sua importanza, e i pregi li ho fatti notare eccome.
Ripartiamo da qui?
Parole! Hanno importanza, e a volte anche i segni di interpunzione, tipo le virgolette che erano messe là a racchiudere "pentimento" e "dissociazione", per farle sembrare cose diverse da sé stesse. Va bene! E poi di cosa avrebbe dovuto pentirsi o dissociarsi manolo morlacchi? Sì, cerchiamo di scegliere le parole.
Tu hai scritto che l'autore è rimasto acritico ..ecc. ecc, ed io ritengo che rispetto al libro di cui si sta parlando, ci se ne possa allegramente fottere se rimane acritico. Anzi, è meglio!
Sulla questione Peci, avevo già scritto sull'infamia di un processo stalinista e sull'infamia dello stalinismo, solo che per inchiodare lo stalinismo alle proprie responsabilità non c'è bisogno di rincarare la dose dicendo che erano stalinisti e sono arrivati ad ammazzare in base ad accuse di "sangue". Non serve.
Detto ciò, so benissimo che su nandropausa finiscono i libri che valgono la pena di esser letti, secondo il giudizio dei recensori, ma sai (cazzo mi riesce male chiamarti wu ming!!!!), questo voler a tutti i costi precisare, prendere le distanze, sottolineare che certe cose possono portare ad altre..... sempre e comunque. Non dico che puzzi di "cattiva coscienza" (guarda che ho messo le virgolette e ho costruito la frase di modo che costituisca una negazione, non è un'accusa di cattiva coscienza).... Ma mi sembra una sorta di "prudenza" eccessiva e fuori luogo. Vedi, non ho visto nessuno di quegli "altri" dire mai qualcosa a proposito di - chessoio - via fracchia a genova, o di san pietro in vincoli ecc. ecc. Sai mi hai ricordato me da giovane che, dopo le bombe di piazza fontana, mi ero proibito di cantare "nel fosco fin del secolo morente...."
salud
Sul fatto che gli "altri" (lo Stato, il potere, gli stalinisti) non manifestino alcuna autocritica suquel che fecero durante la "guerra al terrorismo", hai ragione. Del resto, non mi attendo da loro alcuno scrupolo, alcun dubbio, alcuna disponibilità a riconoscere nemmeno il minimo, nemmeno quel che dissero all'epoca noti "estremisti" e "fiancheggiatori" come Amnesty International o la Lega internazionale dei diritti dell'uomo. La storia l'hanno riscritta da vincitori, e la storia dei vincitori è sempre scritta con il martello pneumatico (pensa a quanto poco sappiamo di Cartagine).
Però noi, noi che ci aggiriamo tra le rovine, noi siamo diversi da "loro", o almeno cerchiamo di essere diversi, vogliamo essere diversi. Noi ci sforziamo di non mettere tra parentesi la nostra umanità, e poi siamo quelli che invitano a esercitare il pensiero critico.
E allora non credo si debba aver timore della critica, anche aspra. E' giusto dire quel che si pensa.
Io ho pensato di potermi permettere di far notare alcune cose che non mi hanno convinto del libro anche e soprattutto perché ero sicuro, nel farlo, di non confondermi coi questurini della memoria imposta.
E del resto l'ho pure preannunciato, ho preso le distanze (come se ce ne fosse bisogno!) dal "pour parler di un'epoca dominata da falsi pacificatori" e ho detto che il libro non c'entra nulla con le solite "narrazioni fatte su misura per la stagione del rimorso senza ripensamento, parenti strette di quei saggi su sangue dei vinti e cuori neri in cui l'antifascismo militante è ridotto a nihilismo e Grand Guignol".
[Nota tecnica: ti dev'essere sfuggito il post scriptum al mio primo commento, ma a questo punto non ha senso sbloccarlo, poi ho già ripetuto quel che dicevo, sui mancati riscontri, ancora oggi, all'accusa a Roberto Peci di essere un delatore. Almeno, a me non risultano. C'è l'inchiesta di Guidelli del 2006, che è ideologicamente rozza ma è l'unica opera monotematica su quell'evento, e anche lì parla di mancanza di riscontri. Ma appunto, non era questo il punto.]
Secondo me questa chiacchierata è stata utile. A me senz'altro. Rafforza la mia convinzione che devo essere ancora più preciso, sempre più preciso, nell'uso delle parole. Devo farle risuonare nel modo giusto. Devo mettere nei testi puntelli, tiranti e zeppe in modo che tutto sia equilibrato e siano meno possibili incomprensioni.
Sono Marco Philopat e faccio parte del collettivo redazionale che ha editato "La fuga in avanti" di Manolo Morlacchi. Intervengo in questo dibattito per dire che il libro in questione ha sviscerato alcuni temi storici che nessuno aveva mai avuto il coraggio nemmeno di toccare. E' un libro difficile soprattutto perché è stato scritto da chi all'epoca era appena nato... Il suo punto di vista si colloca in una pericolosa zona grigia dell'intera memoria del movimento operaio. Mi capita spesso di sentirmi dire: "ma sei matto ad aver pubblicato un libro del genere?". C'è una strana autocensura che avvolge questo libro, presente anche in certi luoghi in cui lo abbiamo presentato e che mai mi sarei aspettato di trovare. In più, nonostante le promesse, giornalisti, blogger e amici scrittori non ne hanno volutamente parlato a partire dal "Il Manifesto" che tra l'altro ha già l'articolo scritto da un amico nel cassetto ormai da tre mesi! Quindi direi che al di là delle opinioni di Wu Ming, sulle quali mi piacerebbe discuterne a voce, credo che bisogna riconoscergli il fatto di averlo recensito con coraggio un libro del genere.
Sì, certo, pretendiamo di essere diversi.Infatti non scriviamo "la storia". Ma credo che proprio per questo, nelle nostre storie, loro semplicimente non ci sono. Ed è bene che non ci siano. Questo ho letto nel libro di morlacchi. Ed è proprio questo che mi è piaciuto. Le ragioni che metteva in gioco erano le "nostre" ragioni. E anche le nostre contraddizioni. E m'è parso come un vizio il volerlo richiamare alla "Storia".
Quanto alla "nota tecnica", a me non è arrivato nessun post-scriptum, né libero né bloccato. Ma non credo che importi.
Riguardo alla faccenda peci, avevo scritto :
"Ma sembra che, addirittura, fosse passato al libro paga come confidente ben prima del fratello. Almeno così dicono le famose "inchieste giornalistiche", tipo quelle di Zavoli e Minoli, che tanta ammirazione suscitano nei sinceri democratici."
E non conta troppo nemmeno questo, né conta il fatto che per me le peggiori nefandezze le b.r. le hanno perpetrate nelle carceri. Non sto a dirtene il motivo.
Poi, il pericolo di incomprensione esiste sempre, fra il "non hai capito" e il "non mi sono spiegato". E l'unico rimedio è parlare.
salud
"Il Manifesto" tiene bloccato da tre mesi un pezzo sul libro? Beh, se non giunge voce che lo pubblichino in tempi ragionevoli, fattelo spedire e mettiamolo su Carmilla con una breve premessa spiegando quale doveva essere la collocazione originale. Comunque me l'aspettavo: nessuno vuole "bruciarsi le mani" con un libro così, è troppo stridente con le narrazioni accettate ed egemoni sugli anni Settanta. E' troppo stridente anche per la stampa "de sinistra" :-/
Marco, non pensavo di suscitare un simile "vespaio" (sarà colpa del mio uso smodato delle virgolette?!?).
Il libro, il libro andava pubblicato solo per dimostrare che anche "dalla parte del torto"...si ha il torto di riprodursi! E che anche da quelle parti esistono figli in grado di far loro le ragioni dei loro padri. Semplicemente. Quanto alle auto-censure e alle censure del manifesto....beh sono cosa nota.
Sì credo che gli articoli vadano tirati fuori e pubblicati, in qualsiasi modo. Pensa che io ho sul pc la prefazione di de luca al libro di scalzone che chissà quando uscirà. E ho una tentazione di metterla sul blog!!!!!!
salud
Se succede qualcosa e il libro non esce, tieni presente Carmilla per pubblicare la prefazione di De Luca. E' una tribuna molto visibile.
Il brivido di questo libro, che ti percorre tutta la schiena ed arriva fino al cervello, è la verità, l'onesta, il candore, la giustizia di chi lo racconta e di chi lo ha vissuto; la verità vera di chi non ha bisogno di stare a disquisire di posizioni ideologiche o biologiche.
La Fuga In Avanti racconta di chi, proletario e sfruttato, ha fatto la scelta della rivoluzione, quando questo significava mettere a repentaglio non solo la propria "libertà" ('ste virgolette!) borghese, ma anche semplicemente la possibilità di vedere le facce dei figli.
Quando le contraddizioni che il capitale impone sono costanti, sono quotidiane, allora la scelta di ribellarsi, la scelta della violenza è necessaria; altrimenti ci si lascia schiacciare al suono della colonna sonora del Grande Fratello.
Così è stato per Pierino.
Ed ora, a proposito della sua vicenda e della luce che il racconto di Manolo getta su di un'esperienza di vita che è per forza anche politica, sentir parlare di stalinismo suona pretestuoso come Mastella che parla di "democrazia"(è il destino delle virgolette).
Eppure, Silvia, qualcosa mi dice che "democrazia" sia affare più di mastella che "nostro"!....sempre virgolettando....
salud
"Quando le contraddizioni che il capitale impone sono costanti, sono quotidiane, allora la scelta di ribellarsi, la scelta della violenza è necessaria"
Indipendentemente dal contesto, dal modo e dal risultato?
Al di sopra di ogni critica?
Facendo saltare ogni differenza tra *diversi* modi di ricorrere alla forza?
Accettando senza batter ciglio qualunque deriva?
Stiamo parlando di politica e lotta di classe, o di semplice rivolta esistenziale?
Se stiamo parlando di politica, allora non si può liquidare in questo modo qualunque critica politica.
Se stiamo parlando di lotta di classe, allora dobbiamo chiederci: quale contributo positivo e concreto alla lotta di classe ha portato l'opzione brigatista, quale sedimentazione di esperienza *positiva* è rimasta sotto i piedi a noi che veniamo dopo?
Secondo me l'unico contributo che ci rimane è *al negativo*:
- una specifica modalità di uso della forza da NON riproporre;
- strategie politiche e di comunicazione da NON utilizzare più;
- culto dell'avanguardia separata da NON tornare a incoraggiare;
(scimmiottamento della giustizia statale - nelle aberranti forme di "carceri", "tribunali" e "plotoni di esecuzione"... "del popolo") da NON giustificare mai più, in nessun modo.
Tutti questi punti insieme, mi dispiace se la parola dà fastidio, compongono la degenerazione della teoria e della prassi comunista nota come "stalinismo", vera e propria ideologia controrivoluzionaria. La pulsione di morte a cui le BR si abbandonarono sempre più nel corso degli anni è già magnificamente descritta da un rivoluzionario semi-dimenticato, un certo Victor Serge, di cui consiglio la lettura a chi già non lo conosca.
E ora, come dice Franco: salud.
Solo un paio di cose, a margine di quanto hai scritto, roberto (giusto?), senza tentare una "risposta". Credo che l'utilizzo della categoria "stalinismo", riferita alle b.r., per liquidarne il fenomento, sia improprio oltre che non completamento vero. Perlomeno, a livello complessivo, nel senso che esistevano delle realtà brigatiste che sfuggivano ad una simile catalogazione.
Di politica me ne intendo poco ;-) e quindi evito di dire che le b.r. hanno praticamente attuato l'unica riforma carceraria in italia, quanto alla lotta di classe, che dire? Potrebbe essere sufficiente affermare che il numero di vite salvate, in termini di incidenti sul lavoro evitati, ha in qualche modo contribuito alla lotta di classe? Non so, ma credo che farsi una partita a carte invece di lasciare una mano in un tornio sia lotta di classe anch'essa.
Quanto allo stalinismo e a Kibalchich, non so ... sono molto legato ad un libro come "memorie di un rivoluzionario" che ho letto e riletto innumerevoli volte, però mi viene anche da pensare che lo stesso Serge diede un'adesione "sofferta" alla linea politica di trotzkji sterminatore di rivoltosi non troppo dissimile da stalin e, alla fine, incorse nello "errore" dei tanti "randolfo pacciardi", capaci di allearsi con la destra estrema nel tentativo di fermare quello stalinismo che per loro era una vera e propria ossessione. Però, volglio sottolineare come a mio avviso lo stalinismo, in quanto categoria politica, attiene allo stato, al potere e quindi all'impunità! Trovo ingeneroso utilizzarla per liquidare l'esperienza di persone che - come diceva Enzensberger: "Due razze di uomini, una è disposta ad uccidere e paga di persona, l'altra riceve onori per i crimini commessi".
salud
Sono Manolo Morlacchi. Leggo con piacere che si è aperto un minimo di dibattito intorno al libro. Intervengo unicamente per ribadire quanto ho già avuto modo di scrivere su Carmilla, stimolato dalla recensione di Wu Ming 1. Visto che si richiamano con forza le questioni politiche e non le rivolte esistenziali, vorrei osservare che le brutture, efferatezze e contributi negativi che Wu Ming 1 rimprovera alle Brigate Rosse sono in realtà riscontrabili in tutti i movimenti rivoluzionari. E' come se ora io per descrivere l'orrore del movimento extraparlamentare, incollassi, dopo questa virgola, la foto dei fratelli Mattei bruciati o quella di qualche fascista semiminorenne ucciso a sprangate e pistolettate. Come se il culto della personalità non dimorasse ampiamente in gruppi politici (vedi Lotta Comunista) che imponevano estenuanti ed eterne letture eterodirette dei testi sacri e imponevano la divisa "giacca e cravatta" come segno distintivo del proprio essere leninisti. E' come se io utilizzassi siffatte argomentazioni per descrivere vent'anni di lotte. E' un modo di approcciarsi a questi argomenti, simile a quello che utilizza Pansa quando parla della resistenza. La ricerca del sangue e della violenza nel campo avverso per giustificare una tesi tutta ideologica. Lo stalinismo centra ben poco (i partigiani, ad esempio, erano a stragrande maggioranza stalinisti. E allora?).
Torno a dire che ciò che rende assai povera la pubblicistica su anni '70 e, più in specifico sulle BR, è proprio la sua necessità di fare un iniziale atto di abiura. E, si badi bene, questa abiura può assumere varie forme, anche la presa di distanza che precede sempre e comunque il dibattito. Prendiamo i contributi negativi citati da Wu Ming 1 a carico delle BR. Applichiamo questi contributi negativi a uno a caso dei movimenti rivoluzionari del secolo scorso. Ed ecco il miracolo. Sono validi per tutti. L'ideologia trionfa sulla politica. E questa è l'unica vera e propria ideologia controrivoluzionaria.
Un saluto a tutti.
Manolo
Già, Manolo, e quando uno si trova di fronte ad un libro come il tuo, che non è un saggio ma è ben altro, torna con la mente a quegli anni.
E cosa dovrebbe fare?
Cosa avresti dovuto fare? Riconsiderare la memoria e i ricordi alla luce fredda di un'analisi postuma.
Cosa ci si dovrebbe raccontare? Che ad esempio quando le br sequestrarono Sossi eravamo tutti tristi (per non parlare della morte di Calabresi!) perché poi ci sarebbe stata la deriva che avrebbe portato a questo e a quello.... i processi ai traditori e le esecuzioni in carcere!!???
Come se non fosse l'uomo a spiegare la scimmia, e non viceversa!
salud
Ho l’impressione che si scambi per esistenziale il semplice fatto di incavolarsi personalmente tutti i giorni per l’abuso che si vive.
Ed è questa condizione quotidiana che obbliga ad una presa di posizione contro la logica del profitto assurta a società, ad unica relazione possibile: ambiguità non è data.
La violenza, oggi come allora, non è una scelta di chi reagisce, ma è presente sul lavoro, nei cortei, nella cultura…La gente è costretta.
Forse c’è chi crede di poter lottare il capitalismo a chiacchiere costruttive, a colpi di pensate mediatiche, ma la coerenza non si misura sulle parole.
Il fatto di individuare nella strategia comunicativa delle BR uno dei suoi errori più gravi, tra i primi tre, la dice lunga sul livello del discorso: quello del caffè intellettuale.
Poi, la critica di culto dell’avanguardia fa il paio con quella di stalinismo: mistificazioni pretestuose false ed infatti poco argomentate, se non ricorrendo al populismo movimentista che ha dato il massimo sfoggio di sé negli anni '80.
A distanza di svariati mesi, mi ha colto la sensazione di esser stato tra i pochissimi ad aver avuto il coraggio di recensire e consigliare questo libro.
Ho fatto qualche verifica, ed è così. Sul sito di Agenzia X sono catalogate soltanto 4 recensioni. Quattro.
Constatato il fatto, mi è tornata in mente questa discussione.
L'ho ritrovata, l'ho riletta con più distacco. L'impressione, leggendo qui, è che io con la mia recensione mi sia conformisticamente alleato un coro di stronzi tipo Pansa che hanno attaccato il povero Manolo e demonizzato il suo libro. E via le accuse di essere un borghese che pensa alla rivoluzione dal caffè di intellettuali col culo al caldo etc. (sono figlio di operai e ho sempre lavorato, ma lasciamo perdere)
Che dire, Franco, forse quella recensione dovreste rileggerla, e paragonarla alle altre che (non) ci sono state.
Forse vi rendereste conto di averla letta con lenti incrostate di non so bene che cosa.
Un saluto,
WM1
Che dirti? Che sul libro sia avvenuto una sorta di embargo, e che tu abbia avuto il merito di consigliarne la lettura, non ci piove, né mai ho inteso contestarti un simile merito. Ritengo che il merito del vostro collettivo di consigliare libri che altrimenti, per molti, me compreso, rimarrebbero nell'ombra, be'... nemmeno su questo ci piove. Ritengo altresì che si debba sempre tirare fuori quel che non torna, quando qualcosa non torna, anche quando sia dovuto a qualche "incrostazione" sulle lenti. E so benissimo di averne, di simili incrostazioni. Rimane il fatto, che quaggiù dentro, su questo blog, e non certo per merito mio, ha avuto luogo una buona discussione. E sono convinto che non sia stato un male.
salud
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