Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
martedì 19 dicembre 2006
uomini
La foto in copertina è bella. Un uomo e un bambino, presumibilmente il padre e il figlio, che mimano un incontro di boxe. Sembra essere proprio questa, la cifra del libro su cui ho messo le mani e gli occhi, e che sto leggendo! “Gli uomini eguali”, edizioni Bietti. L'autore è Maurice Bignami. Solo che, stavolta, non si tratta del “solito” libro di memorie dell'ex-”lottarmatista” di turno. Mi verrebbe da definirlo come il tentativo di pagare un debito. Il debito che il Bignami (Maurice) figlio ha, o crede di avere, con il Bignami (Torquato) padre. Già, Torquato Bignami. Nato nel 1910, e morto nel 2000; e in mezzo l'iscrizione al partito comunista, nel 1926, a 16 anni, e la tessera strappata pubblicamente nel 1977, fino alla condanna per 'partecipazione a banda armata', comminatagli nel 1980. Partecipazione alla banda armata del figlio! E forse, quella “partecipazione”, era un modo in cui il padre pagava il debito che aveva, o credeva di avere, col figlio. Chissà se è riusto a farcela, prima di morire? E chissà se il figlio è riuscito a “riportare a terra” quel 'cotanto' padre? A riportarlo all'altezza dei suoi propri occhi.
Per farlo, ha messo mano al manoscritto di memorie, lasciato incompleto dal padre, e ha scritto la storia di un uomo fra le due guerre.
No, non credo. Non credo sia possibile, quando si ha bisogno di scrivere al libro un'appendice in cui definirsi, descriversi. Per dire le differenze. Quali differenze?
“Le idee erano buone, gli uomini sbagliano” - sintetizza il padre.
“Le idee erano pessime, anche se alcuni uomini hanno dato comunque il meglio” - obietta il figlio.
Maurice, per dirla con una metafora che andava di moda in quegli anni, è uno che ha buttato via il bambino insiema all'acqua sporca. L'abiura, dalla lotta armata, si è estesa anche al “comunismo”. E' arrivato, perfino, a co-dirigere il periodico fascista “Area” , nel tentativo di legittimare il diritto di tutti a esprimere le proprie idee, sposato al tentativo di dimostrare che tutti gli “estremismi” si equivalgono. Eterno divenire ed eterno ritorno, una volta astratti dal contesto della lotta di classe, si equivalgono. E il gioco è fatto. E infatti il peggior epitteto, l'insulto più terribile, diventa “amico dei sionisti", nella querelle col padre, e col comunismo. Già, amico dei sionisti. E non già amico dei padroni. Ché, dei padroni, nemici sembrano non essercene più.
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