giovedì 16 novembre 2023

Pensare l’economia…

Robert Kurz (1943-2012): Rileggere Marx
- di Guillaume Fondu -
( In "100 penseurs de l'économie" (2020), pages 279 à 280 )

Attivista tedesco, Robert Kurz partecipa al movimento studentesco negli anni '60, per poi unirsi gradualmente alla sinistra comunista, dalla quale si separa alla fine degli anni '70. A partire dagli anni '80, ha iniziato a teorizzare la sua rottura con il marxismo tradizionale, al quale rimproverava una certa forma di manicheismo tra lavoro e capitale. R. Kurz è stato il fondatore del movimento Wertkritik ("critica del valore"), su cui attraverso varie pubblicazioni, tra cui la rivista Krisis, è riuscito a richiamare l'attenzione. Alcuni movimenti politici recenti hanno ripreso le sue analisi e i suoi slogan anti-lavoro. Le analisi di Kurz prendono le mosse da una rilettura di Marx, e in particolare dei primi paragrafi del Capitale, che rivelano la struttura fondamentale del capitalismo. Quest'ultimo non è fondamentalmente caratterizzato dal conflitto di classe, che il più delle volte è solo un conflitto relativo alla distribuzione del valore creato, ma dal modo in cui le attività umane vengono ridotte a un'unica dimensione: quella del lavoro che produce valore. La vulgata marxista, affermando la dignità e la centralità del lavoro contro il capitale (identificato con l'ozio e la rendita), sbaglia, secondo R. Kurz, quando pretende di brandire una categoria capitalistica – il lavoro – come vettore di emancipazione.

Una teoria allargata dello sfruttamento
Per superare questo errore del marxismo classico, è necessario non fare una critica in nome del lavoro, ma una critica del lavoro stesso, che R. Kurz definisce come qualsiasi attività umana volta a produrre valore, cioè ricchezza astratta e accumulabile (in forma monetaria, in particolare). Questo lavoro è quindi definito dalla diversità delle attività umane, che quando non sono soggetti a questa logica producono oggetti e servizi utili: cucinare, cucire, fare giardinaggio, teatro, ecc. Le economie socialiste – specialmente quelle sovietiche – hanno dimostrato, secondo Kurz, che il lavoro e il valore esistevano al di fuori del capitalismo, poiché anche lì i lavoratori venivano sfruttati, non a beneficio del capitale privato, ma a beneficio di una burocrazia statale. Il crollo del socialismo è quindi, in realtà la crisi di una certa forma di capitalismo, un preludio al crollo del capitalismo in generale, che dagli anni '80 è entrato in una sentenza finale di degenerazione: l'accumulazione di valore, e l'aumento della produttività del lavoro che l'accompagna, sono diventati tali che il lavoro vivo, cioè l'attività umana, è diventato tale che l'attività umana, è diventato quasi superfluo. Di conseguenza, siamo arrivati a un modo di produzione il cui problema politico centrale non è lo sfruttamento, ma l'esistenza e la crescita continua di una frangia della popolazione che è semplicemente inutile al capitalismo.

- Guillame Fondu – Pubblicato su Cairn.info il 12/04/2023

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