venerdì 8 febbraio 2019

La traiettoria del saccheggio

Bolsonarismo e "Capitalismo di Frontiera"
- di Daniel Cunha -

«Il percorso [il significato] dell'evoluzione del Brasile... lo si può trovare nel carattere iniziale della colonizzazione.» (Caio Prado Júnior)

L'ascesa di Jair Bolsonaro e la sua agenda politica - una miscela di ultraliberismo economico con inclinazioni razziste, misogine, omofobe, xenofobe e militariste (che include anche l'apologia della dittatura e della tortura) - ha provocato sia fermento politico che impotenza teorica. Da un lato, sono state fatte tutte le denunce necessarie, insieme ai dovuti tentativi di mobilitazioni antifasciste e la necessaria campagna #elenão (#luino) portata avanti dalle donne; dall'altro lato, sono stati fatti paragoni con il fascismo storico e con altre figure politiche contemporanee come Trump, Viktor Orbán, Recep Tayyip Erdogan, e, forse quello più riuscito, con Rodrigo Duterte.  Tuttavia, queste approssimazioni rimangono vaghe. La «coscienza democratica» è chiara riguardo al fatto che «lui» era inaccettabile, ma a questa consapevolezza manca ancora un'approfondita elaborazione concettuale. Per andare oltre la superficialità, è necessario che un fenomeno come quello di Bolsonaro venga visto in prospettiva, collocandolo nella traiettoria storico-globale della modernità capitalista, oltre che all'interno del suo luogo periferico brasiliano.
Farò uso qui di un concetto socio-storico che chiamo «capitalismo di frontiera», ispirato al concetto di «frontiera della merce» di Jason W. Moore [*1]. Le frontiere della merce prime sono la conseguenza dell'incorporazione di aree e settori precedentemente «esterni» all'economia capitalista globale. Quest'incorporazione viene di solito motivata a partire dalla presenza di risorse (minerali, terreni naturalmente fertili, ecc.) che, dal momento che si trovano alla frontiera, sono naturalmente prive di forza lavoro, che deve essere portata lì da altrove. Da qui la relazione esistente fra tali frontiere ed il lavoro schiavistico, o svolto in condizioni di schiavitù. Il caso brasiliano rientra in questo; infatti, questa configurazione è costitutiva del Brasile in quanto società moderna, il «significato e la traiettoria della colonizzazione», come è stato ben argomentato dallo storico e geografo brasiliano Caio Prado Júnior: ecco che in tal modo abbiamo le piantagioni di canna da zucchero, che possono essere viste come uno dei capitoli dell'espansione del capitale mercantile europeo, con una produzione basata sull'appropriazione della fertilità naturale del suolo (massapé) per il mercato mondiale; una produzione basata sul lavoro schiavistico razializzato, che ha come prerequisito l'espulsione (o lo sterminio) dei precedenti abitanti la zona di frontiera (popolazione indigena, flora, fauna) [*2]. Il Brasile nacque come impresa commerciale di schiavismo e di sterminio. Il modello è stato poi ripetuto nei cicli dell'oro e del caffè. Da questo, si può già vedere come, nella configurazione brasiliana del «capitalismo di frontiera»,  il razzismo e il genocidio siano strutturali e fondativi. Con un'indipendenza che ha passato il testimone del potere agli eredi dei colonizzatori, nella quale l'ultima Abolizione sul continente, con le repubbliche oligarchiche e con l'amnistia ai dittatori e ai torturatori, non ha contribuito a cambiare radicalmente quelle che sono le sue fondamenta.
Man mano che l'industrializzazione si diffondeva a partire dall'Europa, nel momento in cui il sistema capitalista globale cominciava a funzionare a partire dalla propria base (produzione industriale basata sul plusvalore relativo), il ruolo sistemico della frontiera è stato sempre più rafforzato. La tendenza a crescere della composizione organica del capitale (in sostanza, la sostituzione dei lavoratori con le macchine) porta alla caduta tendenziale del saggio di profitto, come è stato dimostrato da Marx. Il capitale mette in atto diverse strategie per contrastare la tendenza a crollare del saggio di profitto, delle quali la più immediata è l'aumento del tasso di sfruttamento del lavoro. È l'espansione del sistema stesso a promuovere l'assorbimento di nuovi lavoratori. Un altro meccanismo - che generalmente non viene menzionato - è il ribasso del capitale circolante (materie prime) [*3]. In questo, la frontiera ha un ruolo cruciale: le materie prime a buon mercato vengono prodotte attraverso l'appropriazione della natura «vergine», preferibilmente usando lavoro schiavistico, o in condizioni di schiavitù: terreno naturalmente fertile che non richiede alcuna fertilizzazione artificiale, nuove miniere con minerali di alta qualità che riducono al minimo la necessità di lavorazione, e così via. La frontiera è mobile, è una zona di appropriazione in espansione costante, che gioca il ruolo di «smorzare» la tendenza a cadere che ha il saggio di profitto.

Oggi, nel XXI secolo, viviamo sotto quello che Moishe Postone ha chiamato l'«anacronismo del valore» [*4]. Come è stato anticipato da Marx nel "frammento sulle macchine" nei Grundrisse, la composizione organica del capitale - il rapporto percentuale fra il valore dei macchinari e le materie prime da lavorare che vengono impiegate nella produzione - è diventato talmente alto da rendere il valore - il tempo necessario per la produzione - una «base miserabile« per misurare la ricchezza materiale [*5]. Il modo di produzione capitalistico si sta avvicinando al suo stesso limite, che viene vissuto come un processo di crisi che include disoccupazione strutturale, un pianeta fatto di baraccopoli, finanziarizzazione, l'inselvaggimento del patriarcato, il rafforzamento del razzismo strutturale, e l'intensificazione della crisi ecologica [*6]. Robert Kurz ha individuato il «punto di non ritorno», negli anni '70, all'interno della crisi che coincide con l'inizio della «rivoluzione microelettronica», quando la razionalizzazione del sistema produttivo (automazione computerizzata, ecc.) aveva cominciato ad eliminare più lavoro vivente di quanto ne fosse generato dall'espansione del sistema [*7]. Questo «punto di non ritorno» è stato segnato da una costellazione di eventi - il collasso di Bretton Woods, il crollo del muro di Berlino  e dei regimi dell'Est, la crisi del debito dei paesi del Terzo Mondo. Se Kurz ha ragione per quanto riguarda i tempi, tutto questo è successo quando la «modernizzazione» brasiliana (e quella dei paesi del Terzo Mondo in generale) era ancora «incompleta». Come affermato da Kurz, la crisi ha comportato il «collasso della modernizzazione», la fine dei progetti della «modernizzazione di recupero» portati avanti dalle dittature che guidavano con mano di ferro lo sviluppo delle forze produttive. A partire da allora, abbiamo avuto una società «post-catastrofica» che si trova all'interno di un'economia globale malfunzionante [*8]. Un paese, ora «post-catastrofico», come il Brasile rimane «modernizzato» solo parzialmente, con una formazione di classe, con istituzioni governative, e una democrazia di massa che appaiono essere incomplete rispetto ai paesi centrali; non sono stati pienamente sviluppati né il «proletariato» né il «cittadino».  Razzismo, violenza genocida, autoritarismo, e arbitrio anti-repubblicano (soprattutto in strutture come la magistratura) rimangono, non come meri «pregiudizi» idiosincratici o come «privilegi», ma come elementi strutturanti di una società di frontiera basata sulla schiavitù solo parzialmente superata.
In questo contesto, il bisogno di materie prime a basso costo per compensare la crescente composizione organica di capitale a livello di economia globale diventava sempre più intenso di quanto fosse mai stato. Ora, l'espansione della frontiera della merce diventava vitale per il proseguimento dell'accumulazione. Il «collasso della modernizzazione», unito a questa necessità sistemica, produceva per il Brasile un suo ruolo specifico in quella che era la divisione internazionale del lavoro: quello di un'immensa frontiera delle merci, progressivamente deindustrializzata. Si tratta di un ruolo periferico e subalterno, ma tuttavia cruciale. La frontiera della soia è la chiave per l'economicità della produzione di cibo destinato alla forza lavoro cinese; la produzione cinese orientata all'esportazione, a sua volta, è strettamente intrecciata al debito americano, in un «circuito del debito» (frase di Robert Kurz) nel quale la Cina compra obbligazioni americane per finanziare l'esportazione delle proprie merci. Il minerale di ferro è cruciale per l'espansione urbana cinese, anche se finisce nel cemento delle città fantasma (e causa una catastrofe creando un montagna di rifiuti di ferro in Brasile, a seguito dei tagli ai costi legati alle fluttuazioni dei prezzi). Questo circuito Cina-USA-Brasile - che articola le frontiere brasiliane della merce il lavoro cinese a basso costo, e il debito americano - che è centrale per il mantenimento  della «normalità» capitalistica in questi ultimi vent'anni,  in ultima analisi si basa sulla bolla di aria calda del capitale fittizio (montagne di debiti e di carta) [*9]. È stato grazie a questo boom che il governo del Partito Brasiliano dei Lavoratori (PT) ha potuto applicare politiche sociali di redistribuzione senza apportare alcun cambiamento strutturale nella società brasiliana, spinto dal capitale cinese e alleandosi al «agri-business», al settore finanziario, e perfino al blocco politico evangelico. Non appena tutto questo è diventato chiaro, questo sistema di «gestione della crisi» non poteva altro che rivelarsi precario e provvisorio [*10].

Lo scoppio della bolla immobiliare avvenuta nel 2008, ha messo fine alla festa. L'indebitamento cinese sarebbe stato ancora in grado di prolungare per un po' il boom delle materie prime, ma l'inevitabile declino era arrivato. La conseguenza è stata l'instabilità politica in Brasile, dove, nel 2013, la classe media, esclusa dagli accordi del governo del Partito dei Lavoratori, è scesa in piazza chiedendo l'impeachment, sostenuta da dei media in mano agli oligopoli e da una magistratura partigiana non soggetta ad alcun controllo popolare [*11]. Non molto tempo prima, il sindaco di São Paulo, Fernando Haddad (PT), dopo una sfortunata candidatura presidenziale, ha reagito in maniera tecnocratica a queste proteste, le quali all'inizio erano progressiste (richiedendo, ad esempio, il trasporto pubblico gratuito), gettandole fra le braccia dei conservatori [*12]. La legittimità del governo Rousseff (PT), anche agli occhi di coloro che avrebbero potuto difenderlo, è rimasta gravemente danneggiata dalle sue castrofiche decisioni di applicare, dopo le elezioni del 2014, il programma neoliberista promosso dal «ragazzo di Chicago» Joacquim Levy. L'inizio dell'infondato processo di impeachment contro di lei (il «colpo di stato soft») ha coinciso con quello che è stato il minimo dell'indice dei prezzi delle materie prime (dicembre 2015). L'eliminazione della Rousseff da parte del potere, avvenuta nell'agosto del 2016, ha significato un'intensificazione ed un'accelerazione del processo di saccheggio, ormai libero da ogni accordo di conciliazione. Il nuovo presidente, Michel Temer, è riuscito a rendere ancora più a buon mercato il prezzo della forza lavoro, a privatizzare il petrolio brasiliano, e a tagliare i servizi pubblici.
Questo contesto di crisi economica e di bassa legittimità del governo del Partito dei Lavoratori (identificato con la sinistra in generale), ha amplificato gli  «scandali della corruzione» alimentati da una «collaborazione remunerata», senza alcuna presunzione di innocenza, dal sabotaggio politico dell'opposizione, coordinato dal bombardamento dei media, dall'agitazione condotta da centri studi giovanili e da ideologhi paranoidi (come Olavo de Carvalho, un ex astrologo e anticomunista che ha raccomandato almeno due dei ministri di Bolsonaro), ed ha costituito il terreno di coltura ideale in cui avrebbe potuto crescere il bolsonarismo [*13].  Bolsonaro ha mobilitato i tipici slogan dei politici di estrema destra in tempo di crisi: razzismo, militarismo, misoginia, omofobia, anticomunismo, anti-intellettualismo (ivi compreso un previsto divieto del marxismo e delle di Paulo Freire dalle scuole e dalle università), che sono tutti punti fondamentali per i leader fascisti [*14].  Se l'antisemitismo può sembrare residuale, le teorie cospirative evocano piani stravaganti di un «dominio comunista» sotto il comando dei liberali morbidi che fanno parte del Partito dei Lavoratori; il cancelliere Ernesto Araújo (messo al suo posto da Olavo de Carvalho), nelle sue teorie cospirazioniste ha incluso anche la negazione del cambiamento climatico [*15]. Ancora più atipica appare essere la combinazione di ultra-liberismo del ministri dell'economia Paulo Guedes con l'autoritarismo militarista del vicepresidente Generale Hamilton Mourão.  Ma in tutto     questo non c'è incoerenza: si tratta della soluzione ideale per il capitalismo di crisi in una paese periferico che si trova ad essere relegato in una condizione di frontiera della merce del mercato globale, mentre immense ed esplosive masse di persone «superflue» accumulate nelle favelas, dove devono essere contenute: il malcelato significato della crescente militarizzazione delle forze di sicurezza degli ultimi anni è una «guerra ai vagabondi» [*16]. A sua volta, l'apoteosi della della guerra legalitaria rappresentata da Sérgio Moro, ora ministro della giustizia, che aveva incarcerato il leader del PT e candidato presidenziale Lula durante la campagna elettorale 2018, si occuperà dell'opposizione politica organizzata. Non è un caso che frazioni della borghesia abbiano supportato il candidato Bolsonaro, senza alcun riguardo per le apparenze civili; sono gli eredi storici dei moderni schiavisti, sono quelli che hanno generato la moderna ideologia liberale dei proprietari di schiavi (come mostrato da Roberto Schwarz ed altri) [*17]. Ma qui appare un'importante differenza relativamente al fascismo storico: mentre quest'ultimo aveva un ruolo di modernizzazione in quanto «sistema di mobilitazione totale per il lavoro industriale», un fenomeno come quello del bolsonarismo rappresenta piuttosto la mobilitazione per il saccheggio delle frontiere delle materie prime, e la mobilitazione per il contenimento militarizzato dei «superflui». Non esiste più alcuna pretesa di irreggimentazione del lavoro di massa [*18].

In un simile contesto di «aspettative decrescenti», come dice il filosofo brasiliano Paulo Arantes, crescono i tradizionali meccanismi per disumanizzare l'«altro», il «superfluo», l'abitante delle favelas, l'escluso dal sistema del welfare: razzismo, elitarismo, e sentimenti reazionari [*19]. In tutto questo entra una componente ideologica specifica, così come viene sottolineato da alcuni ricercatori: l'emergere di un'ideologia suprematista anti-indigena e anti-quilombola (anti-schiavi fuggiti dalle piantagioni). «Quilombola, popolazioni indigene, gay, lesbiche, tutta questa feccia», ha detto Luis Carlos Heinze, un membro del Congresso, in un incontro pubblico con i proprietari terrieri agrari, e Bolsonaro ha dichiarato che «i quilombolas sono inutili, anche per procreare» [*20]. Ha promesso ( e ha cominciato a metterlo in atto durante il suo primo giorno di mandato) che le terre delle popolazioni indigene non verranno più demarcate, mentre il candidato alla vicepresidenza Mourão ha lamentato l'«indolenza» e la «cattiveria» dei neri e degli indigeni [*21]. Avviene che molte delle terre degli indigeni e dei quilolomba siano di intralcio alla frontiera della soia e delle miniera  [*22]. Più che essere un ostacolo per gli affari particolari delle imprese agrarie e minerarie, sono un ostacolo per quello che è un importante mezzo per attenuare l'incrementarsi della crescente composizione organica del capitale, e quindi della continuazione dell'accumulazione globale del capitale. Lungi dall'essere un mero «pregiudizio» soggettivo nei confronti delle popolazioni indigene, questi atteggiamenti rappresentano una coagulazione ideologica degli interessi immediati di coloro che sono coinvolti nell'attuale configurazione del capitalismo di crisi, e di un'eredità storica consolidata fatta di violenza e di sterminio. Qui, l'infame sostegno alle armi da fuoco da parte di Bolsonaro, ci ricorda non solo la dittatura militare, ma anche i "bainderantes", coloro che nel XVII e XVIII secolo espansero le frontiere brasiliane verso occidente,  schiavizzando e uccidendo le popolazioni indigene. Nel 2017, 207 persone sono state uccise nelle campagne, nel contesto delle lotte legate alla terra e all'ambiente. Insieme a quello svolto nelle favelas, dove in migliaia vengono uccisi ogni giorno, è questo il ruolo delle milizie nel «capitalismo di frontiere». Anche in questo, il bolsonarismo differisce dalla versione brasiliana del fascismo storico (integralismo), il quale, nel suo progetto di costruzione della nazione, intendeva includere i neri e le popolazioni indigene (doverosamente «evangelizzate»), e infatti usava come saluto ufficiale quella che era un'espressione linguistica indigena: «anauê» [*24].
Il bolsonarismo ha degli elementi in comune con il fascismo storico, ma è qualcosa di diverso. Il passaggio dalla slogan nazista «Il lavoro rende liberi», a «Un bandito morto è un buon bandito» ed a «Tutta questa feccia», è lo specchio ideologico della transizione che porta dall'ascesa al declino dell'economia capitalista globale. La sua forza, come ideologia, sembra dipendere dal fatto che combini le esigenze del contemporaneo capitalismo di crisi, sia nel riferirsi all'accumulazione stessa sia ai processi ideologici, insieme a quegli elementi profondamente radicati costitutivi del carattere sociale, così come della costituzione del soggetto nel «capitalismo di frontiera» brasiliano; elementi che non sono mai stati del tutto soppiantati nel corso di quella che è rimasta una modernizzazione tronca. Il bolsonarismo rompe con la «gestione della crisi» attuata dal Partito dei Lavoratori, assumendo in tal modo una certa aria di sfida, ma in sostanza non propone altro che saccheggio e repressione. Nella sua configurazione storica - in cui manca un rapido inatteso collasso - il bolsonarismo, in Brasile, come ideologia politica (che trascende l'individuo eponimo) sembra aprire un nuovo periodo storico, ponendo fine al breve intervallo della Nuova Repubblica che era cominciato nel 1985.

- Daniel Cunha - Pubblicato su The Brooklyn Rail il 5 gebbraio 2019 -

NOTE:

[*1] - Jason W. Moore, “Sugar and the expansion of the early modern world-economy: commodity frontiers, ecological transformations, and industrialization,” Review 23 (2000) 409-433. Il concetto di «frontiera della merce» è un derivato proveniente dal concetto di riproduzione allargata del capitale, elaborato da Marx e discusso da Rosa Luxemburg. Si veda: Karl Marx, Il Capitale volume II [1885], e Rosa Luxemburg, L'accumulazione del capitale [1913].
[*2] - Caio Prado Júnior, The colonial background of modern Brazil [1942]. Si noti che l'espressione originale portoghese usata da Prado Jr. - «sentido da colonização» - può essere tradotta sia come «significato dell colonizzazione», che come «traiettoria (o sentiero, o direzione) della colonizzazione». Prado Jr. probabilmente ha giocato con questa polisemia per puntare allo stesso tempo sia al carattere costitutivo che al carattere direzionale - che va dal centro alla periferia - della colonizzazione. La razializzazione della schiavitù è stata una conseguenza della traiettoria storica dell'economia globale, la quale aveva disegnato il lavoro a partire da un'area allora «esterna» rispetto all'economia globale capitalista (Africa) per poi andare verso le piantagioni di zucchero, prima nel Mediterraneo, poi nelle isole dell'Atlantico e nelle Americhe. Si veda: Immanuel Wallerstein, The modern world-system I: capitalist agriculture and the origins of the European world-economy in the sixteenth century (Berkeley: University of California Press, 2011 [1974]) 88-9.
[*3] - Va ricordato che la composizione organica del capitale è data dal rapporto fra capitale costante e capitale variabile (lavoro vivente). Il capitale costante si divide in capitale fisso (macchinari, edifici) e capitale circolante (materie prime). Nell'analisi della crescente composizione organica del capitale, i marxisti si fissano un po' troppo spesso sul capitale fisso, ignorando il capitale circolante. Si veda: Jason W. Moore, “Nature in the limits to capital (and vice versa),” Radical Philosophy 193 (2015) 9-19.
[*4] - Moishe Postone, “The current crisis and the anachronism of value,” Continental Thought & Theory1 (2017) 38-54.
[*5] - Nel famoso "frammento sulle macchine". Si veda: Karl Marx, Grundrisse.
[*6] - Sull'inselvaggimento del patriarcato, elemento essenziale del bolsonarismo, si veda Scholz (2017).
[*7] - La crisi del valore di scambio. La scienza come forza produttiva, lavoro produttivo e riproduzione capitalista, di Robert Kurz. (1986) .
[*8] - Robert Kurz : Il collasso della modernizzazione. Dal crollo del socialismo da caserma alla crisi dell'economia mondiale (Mimesis edizioni, 2017).
[*9] - Sul circuito del debito fra gli Usa e la Cina, si veda: Robert Kurz, “World power and world money: the economic function of the U. S. military machine within global capitalism and the background of the new financial crisis,” in Marxism and the Critique of Value, ed. N. Larsen, M. Nilges, J. Robinson and N. Brown(Chicago: MCM’, 2014) 187-200.
[*10] - Sul Partito dei Lavoratori, visto come «gestore della crisi», si veda Menegat e Sinal de Menos (2018),  “Entrevista,” Sinal de Menos 12.2 (2018): 8-19.
[*11] - Sulla crisi del «patto sociale» brasiliano si veda Barreira e Botelho) (2015): http://www.krisis.org/2016/a-imploso-do-pacto-social-brasileiro/
[*12] - Sull'ascesa del conservatorismo, già visibile a partire dal 2013, si veda Duarte (2013), Marques (2013), e Behrens e Sinal de Menos (2013).
[*13] - Sorprendentemente, il sabotaggio del PSDB (Partito della Social Democrazia Brasiliana) è stato ammesso da Tasso Geiressati in un'intervista al quotidiano O Estado de São Paulo, disponibile su https://politica.estadao.com.br/noticias/eleicoes,nosso-grande-erro-foi-ter-entrado-no-governo-temer,70002500097
[*14] - Carla Jiménez, “‘Anti-marxista’ indicado por Olavo de Carvalho será ministro da Educação.” El País Nov 23 2018:  https://brasil.elpais.com/brasil/2018/11/22/politica/1542910509_576428.html
[*15] - Ernesto H. F. Araújo, “Trump e o Ocidente,” Cadernos de Política Exterior 3 (2017) 323-357. Per una critica marxiana: Daniel Cunha, “Nacionalismo e comunidade na era da crise do va lor,” Blog da Consequência (2018).: https://blogdaconsequencia.com/2018/11/27/comunidade-e-nacionalismo-na-era-da-crise-do-valor/
[*16] - Maurilio Lima Botelho, “Guerra aos ‘vagabundos’: sobre os fundamentos sociais da militarização em curso,” Blog da Boitempo (2018). : https://blogdaboitempo.com.br/2018/03/12/guerra-aos-vagabundos-sobre-os-fundamentos-sociais-da-militarizacao-em-curso/
[*17] - Sui liberali proprietari di schiavi, si veda Alfredo Bosi, “Slavery between two liberalisms”, in Brazil and the dialectic of colonization, Alfredo Bosi, trans. R. P. Newcomb (Champaign: University of Illinois Press, 2015 [1988]) 163-208; Roberto Schwarz, “Misplaced ideas: literature and society in late-nineteenth century Brazil,” in Misplaced ideas, Roberto Schwarz, trans. (New York: Verso, 1992 [1977]) 19-32.
[*18] - Sul ruolo di modernizzazione svolto dal nazismo, si veda Robert Kurz, "Die Demokratie frisst ihre Kinder: Bemerkungen zum neuen rechts Rechtsradikalismus" (1993). : https://exit-online.org/textanz1.php?tabelle=autoren&index=29&posnr=49&backtext1=text1.php
[*19] - Sull'«era delle aspettative decrescenti», si veda Paulo Antares, "O novo tempo do mundo e outros estudos sobre a era da emergência"(São Paulo: Boitempo, 2014). Sui «modi di vita» e «circolazione degli affetti» nell'odierno processo di crisi politica, si veda: Vladimir Safatle, “Há um golpe militar em curso no Brasil hoje,” TV Boitempo (2018). : https://www.youtube.com/watch?v=BwLg13hSkRk
[*20] - Si veda il sito web https://deolhonosruralistas.com.br/
[*21] - Mostrato in un rapporto sul quotidiano "O Estado de São Paulo": https://politica.estadao.com.br/noticias/eleicoes,mourao-liga-indio-a-indolencia-e-negro-a-malandragem,70002434689
[*22] - Si veda la mappa delle aree minerarie previste sovrapposte alla terre degli indigeni:  https://www.nexojornal.com.br/grafico/2017/04/19/Quais-%C3%A1reas-ind%C3%ADgenas-as-mineradoras-querem-explorar
Un'importante conseguenza di questa ricerca di espansione della frontiera. sarà una pressione sulla foresta amazzonica, che metterà a rischio la biodiversità, rischiando il collasso della foresta nel momento in cui venga superato un punto di non ritorno, con una conseguente conversione in savana, e relativo rilascio di enormi quantità di anidride carbonica. Sarebbe, in quanto tale, un ulteriore pressione sui cicli bio-geo-chimici che si trovano già fuori controllo. Si veda: Thomas E. Lovejoy and Carlos Nobre, “Amazon tipping point,” Science Advances 5.2 (2018); e Daniel Cunha, “The Anthropocene as fetishism,” Mediations 28.2 (2015) 65-77.
[*23] - Si veda il rapporto della BBC: https://www.bbc.com/portuguese/brasil-44933382
[*24] - Rogério S. Silva, “A política como espetáculo: a reinvenção da história brasileira e a consolidação dos discursos e das imagens integralistas na revista Anauê!” Revista Brasileira de História 25 (2005): 61-95.

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