Un passo via l'altro, nella Crisi
- Con la sua politica tariffaria protezionistica, la nuova amministrazione statunitense sta inaugurando l'addio all'era della globalizzazione neoliberista -
di Tomasz Konicz
È probabile che il protezionismo diventi la nuova normalità. Il primo riflesso della nuova amministrazione statunitense, sulla politica estera, è stato quello quello di fomentare dei conflitti commerciali. All'inizio di febbraio, pochi giorni dopo il suo insediamento, il presidente Donald Trump ha imposto dei dazi punitivi sulle merci provenienti da Cina, Canada e Messico. L'aumento dei prezzi all'importazione di beni provenienti da Messico e Canada, pari al 25%, è stato molto più elevato rispetto a quello sulla Cina, i cui beni sono stati soggetti a dazi doganali aggiuntivi del 10%. Per tutti e tre i paesi, con i quali registrano surplus commerciali, gli Stati Uniti sono di gran lunga il partner commerciale più importante. Ma mentre i dazi contro la Cina sono entrati effettivamente in vigore il 3 febbraio, Trump ha invece sospeso per 30 giorni l'attuazione delle misure protezionistiche nei confronti dei paesi confinanti a nord e a sud degli Stati Uniti. Contemporaneamente, il governo degli Stati Uniti ha avviato trattative con Messico e Canada, nel corso delle quali continua a permanere la minaccia di tariffe punitive. In realtà, Trump è già riuscito a ottenere delle concessioni significative: sia il Canada che il Messico hanno accettato di rafforzare i controlli alle loro frontiere con gli Stati Uniti. Il Messico prevede di mobilitare circa 10.000 soldati per proteggere il suo confine, in modo da non mettere così a repentaglio la sua posizione economica di regione di confine settentrionale, quasi come se fosse un'estensione degli Stati Uniti. In realtà, il presunto protezionismo economico di Trump costituisce uno strumento di potere geopolitico che può essere utilizzato per estorcere concessioni. Nel caso del Messico, che è particolarmente sensibile alla pressione economica degli Stati Uniti - avendo sviluppato una crescente dipendenza economica dagli USA a seguito della strategia di nearshoring statunitense - l'obiettivo è quello di isolarsi meglio rispetto ai movimenti migratori. Mentre il Canada, da parte sua, appare costretto a una maggiore integrazione nell'economia statunitense: la prevedibile lotta per le risorse e per le rotte commerciali dell'Artico, in rapido scioglimento, rende quantomeno comprensibili le bizzarre richieste di annessione fatte da Trump riguardo Canada e Groenlandia.
La Cina invece, da parte sua, ha immediatamente annunciato delle misure di ritorsione: ora, gli aumenti tariffari introdotti includono il 15% sulle fonti energetiche e il 10% sui macchinari agricoli, sui pezzi di ricambio per camion e altri prodotti simili provenienti dagli USA. Ma in queste guerre commerciali, il governo cinese si ritrova in mano la parte più corta del bastone. Nel 2024, il deficit commerciale degli Stati Uniti ha raggiunto la cifra esorbitante di 918,4 miliardi di dollari, dei quali 295,4 miliardi di dollari appartengono alla sola Cina. E anche se inizialmente entrambe le parti subirebbero degli svantaggi economici in un conflitto commerciale, soprattutto se visto nell'attuale fase di crisi stagflazionistica - ad esempio sotto forma di un'inflazione più elevata - bisogna dire che un'escalation finirebbe per colpire sempre più duramente proprio quell'economia che ha un surplus di esportazione, rispetto al paese in deficit, il quale può quanto meno sperare di riuscire a sostituire le importazioni gravate da dazi, grazie a un aumento della produzione interna. L'Unione Europea si trova in una situazione simile, questo perché, dopo la crisi dell'euro, si è orientata verso il modello economico tedesco incentrato sulle esportazioni, e arrivando così, nel 2024, ad avere un surplus commerciale di 235,5 miliardi di euro con gli Stati Uniti. Circa il 20% di tutte le esportazioni dell'UE è destinato agli USA, che rappresentano così il mercato di vendita più importante per l'Europa. I dazi speciali del 25%, su acciaio e alluminio imposti da Trump a metà febbraio, sono stati immediatamente definiti illegali dall'UE. La Commissione europea ha sostenuto di non vedere «alcuna giustificazione per l'imposizione di tariffe sulle esportazioni», e ha minacciato delle contromisure per poter «proteggere gli interessi delle aziende, dei lavoratori e dei consumatori europei, da misure ingiustificate».
Questa costituisce solo la prima salva sparata da Trump, in quella che sarà la futura guerra commerciale transatlantica, poiché saranno solo pochi produttori dell'UE a esserne sostanzialmente colpiti. Il surplus commerciale dell'UE è dovuto principalmente alle automobili prodotte in Germania, ai macchinari e ai prodotti farmaceutici: così, il 18 febbraio Trump ha minacciato tariffe punitive del 25% su automobili, semiconduttori e prodotti farmaceutici. Inoltre, il settore agricolo dell'UE ha attirato l'ira del governo USA, a causa di alcune restrizioni commerciali imposte dall'UE, come quelle contro il famigerato pollo al cloro degli Stati Uniti. Il settore agricolo dell'UE sa esattamente cosa lo aspetta. A cavallo dell'anno, le esportazioni agricole dell'UE verso gli Stati Uniti hanno raggiunto il livello più alto mai raggiunto negli ultimi 15 anni. In previsione delle prossime barriere commerciali, attualmente stiamo creando «montagne di burro, piramidi di formaggio e laghi di latte» per l’esportazione, ha riferito l’Austrian Standard. Trump, ha già lasciato intendere ai rappresentanti dei media che la sua amministrazione sta lavorando a un'offensiva protezionistica su vasta scala, la quale probabilmente colpirà duramente l'UE. In linea di principio, i prossimi dazi statunitensi dovrebbero essere imposti contro i singoli paesi dell'UE, e non contro l'intera area economica, con il fine di promuovere tendenze divisive all'interno dell'UE, in modo da rendere così più difficile all'UE sviluppare una controstrategia comune, e per premiare con delle esenzioni quei paesi governati dagli alleati ideologici di Trump, come l'Ungheria. Attualmente, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti sta compilando un elenco di paesi che hanno adottato «pratiche commerciali sleali» con l'obiettivo di imporre loro delle "tariffe reciproche”. È quasi certo che le case automobilistiche tedesche in difficoltà dovranno affrontare dei nuovi oneri, dal momento che i dazi sulle importazioni di automobili nell'UE sono pari al 10%, e sono di gran lunga più elevati di quelli degli USA (2,5%). Il panico crescente risultava già evidente nell'annuncio pubblico fatto dal CEO della VW, Oliver Blume, che aveva dichiarato di voler avviare dei colloqui diretti con il governo degli Stati Uniti. Probabilmente anche l'industria meccanica tedesca dovrà fare i conti con degli aumenti tariffari. Nel caso il conflitto commerciale con gli Stati Uniti dovesse intensificarsi, le previsioni indicano, soprattutto per la Germania, un'ulteriore recessione economica, fino all'1,5% del prodotto interno lordo.
Per l'Unione Europea, quali misure di ritorsione rimangono?
Bourbon, jeans, Harley-Davidson, e noccioline: sono queste, per l'Unione Europea, le misure di ritorsione che rimangono? A Bruxelles e a Berlino sono di certo consapevoli del fatto che l'Unione Europea è svantaggiata, per quel che riguarda i conflitti commerciali, a causa del suo surplus nelle esportazioni. Finora, all'orizzonte si vedono, segnalate, solo una proposta di compromesso e una contro-minaccia fatta al governo degli Stati Uniti. L'UE sembra intenzionata ad acquistare maggiori quantità di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, oltre a ridurre le tariffe sui veicoli statunitensi, in modo che così si possa ridurre anche il deficit statunitense. Sulla base dell'esperienza protezionista maturata durante la prima presidenza Trump, l'UE aveva già adottato, alla fine del 2023, un regolamento che consentisse rapide misure di ritorsione nel caso in cui, contro l'area monetaria europea, venisse utilizzata l'arma della "coercizione economica". Ma stavolta non si tratta solo dell'importazione di beni, ma anche di servizi. Ciò potrebbe causare dei problemi ai giganti informatici statunitensi, come Alphabet, Meta o Amazon, i quali si sono immediatamente adeguati alle aspirazioni autoritarie di Trump. Tuttavia, in termini di politica economica, difficilmente si può parlare di un'inversione di tendenza nella politica statunitense. Si tratta piuttosto di un'ulteriore intensificazione di quelle che erano state tutte le precedenti tendenze restrittive al commercio, dal momento che l'amministrazione di Joe Biden aveva anche prorogato, in forma modificata, le medesime misure protezionistiche del primo mandato di Trump, soprattutto sotto forma di programmi di stimolo economico, de quali hanno beneficiato in particolar modo i produttori nazionali. Ed è proprio nel crescente protezionismo che appare sempre più evidente il processo di crisi. La lotta per i surplus commerciali, è un'espressione concreta delle barriere interne a un Capitale sempre più soffocato dalla sua propria stessa produttività, finora superate solo nel quadro delle economie deficitarie neoliberiste, soprattutto negli Stati Uniti. Ora, Trump sembra stia dando inizio a una rottura definitiva con quella che è stata l'era della globalizzazione neoliberista, la quale aveva finora prodotto dei giganteschi cicli di deficit, alimentati dalla formazione di bolle speculative. Gli Stati Uniti - con il dollaro in quanto valuta leader a livello mondiale - si trovano al centro di questa bolla economica finanziaria, nella quale i deficit commerciali statunitensi fungono da programma di stimolo economico globale, fino a quando la conseguente deindustrializzazione non ha portato a un diffuso sconvolgimento sociale, e a un'instabilità politica in quegli Stati Uniti, che ora hanno portato alla Casa Bianca le forze populiste di destra. Adesso, al loro secondo tentativo, sembrano più determinate che mai, non solo a promuovere il fascismo in patria, ma anche a far rivivere nella politica economica il devastante protezionismo degli anni '30, che all'epoca riuscì a esacerbare la Crisi.
- Tomasz Konicz - Pubblicato il 27/2/2025 su Jungle World -
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