mercoledì 9 febbraio 2022

«lentamente, lentamente correte, cavalli della notte»…

Inquietante, Faust muore e rinasce. Mimetizzato in Cipriano, che evoca i demoni ma poi, innamorato di Giustina, si fa cristiano e va al rogo, Faust appare durante lo scontro tra Riforma e Controriforma. Elaborazione protestante antipapalina, dannato per il suo patto con il diavolo, è protagonista prima dei teatri di marionette, poi di testi anonimi. È la leggenda che Marlowe fa diventare mito, con uno sguardo al pensiero scientifico e a quello magico. Calderón de la Barca recupererà Cipriano e Giustina come risposta cattolica in difesa del libero arbitrio: Cipriano così è salvo e annulla il patto scellerato. Le tensioni si stemperano, e con l’Illuminismo Faust e soprattutto il diavolo perdono consistenza. Quando approda a Goethe, alla fine si salva per amore: del resto, poco interessano ora i conflitti di religione e un nuovo orizzonte culturale va investendo l’Europa. Heine recupera la dannazione di Faust, ma intanto fa di Mefistofele una diavolessa, Mefistofela. Quando infine arriva a Valéry, Faust è l’uomo contemporaneo, disincantato, mentre il diavolo è fuori moda, a conferma della profezia di Cipriano.

( dal risvolto di copertina di: "Faust dalla leggenda al mito: Eudocia, Spies. Marlowe, Calderón de la Barca, Goethe, Heine, Valéry", A cura di Paolo Scarpi, Marsilio, € 18)

DIAVOLO DI UN FAUST
- Tutti parlano di te. La fortuna del personaggio. Studioso, negromante e mago, ha ispirato scrittori di ogni epoca, da Marlowe a Calderón de la Barca, da Goethe a Valéry. Ma le sue radici affondano nei testi cristiani del V secolo -
di Piero Boitani

L'abbazia cistercense di Maulbronn, in Germania, fu fondata nel 1147 e si sviluppò poi in un vero e proprio monastero dall’ampia cinta muraria e pieno di edifici separati. Vi studiarono per qualche tempo Hölderlin e Hesse. All’interno delle mura si erge una torre antica a due corpi da sempre chiamata Faustturm, la Torre di Faust: dove, secondo la leggenda, il grande studioso, negromante e mago sarebbe vissuto (ma alcuni lo insediano a Wittenberg, luogo di Lutero e di Amleto studente). Quando visitai il monastero quarant’anni fa (vi comprai la mia prima, antica copia della Bibbia di Lutero), cercai di immaginarmi Faust che, nel suo studio, lamenta: «Ahimè, ho studiato a fondo filosofia, giurisprudenza e medicina e, purtroppo, anche teologia». Passa poi a cercar di tradurre il Prologo di Giovanni, «In principio era il Verbo», scartando una dopo l’altra le alternative «parola», «senso» e «forza» per fermarsi infine su die Tat, «l’azione». Sono le memorabili scene d’apertura del Faust di Goethe. Ma per concatenamento di idee, poiché la prima di esse è presente anche nell’assai più antico Doctor Faustus di Marlowe, mi risuonavano in testa i versi magnifici che Faustus in quello studio pronuncia, sapendo ormai che il suo tempo è finito e tra poco dovrà morire: «Ah, Faustus, / Now hast thou but one bare hour to live, / And then thou must be damned perpetually»: «un’ora sola ti resta da vivere, / poi per sempre sarai dannato». Implora, allora, le sfere celesti di fermare il proprio moto, la notte di arrestarsi (le parole di Ovidio cambiano di poco): «O lente, lente currite noctis equi!»: «lentamente, lentamente correte, cavalli della notte».

Salvato da Goethe, dannato da Marlowe, come insegnava il Friedrich Ohly dello straordinario Il dannato e l’eletto, la vicenda di Faust, che diviene a poco a poco uno dei miti moderni più importanti, ha radici che affondano nel terreno dei primordi cristiani, nel V secolo, quando l’imperatrice bizantina Eudocia compone in versi una Storia di san Cipriano nella quale, prima di convertirsi ed essere santificato, Cipriano, grazie a un patto col diavolo, diviene mago potentissimo. La trama, questa volta col nome di Faust, è ripresa nel tardo Cinquecento nella Historia di Johann Spiess. Poi, dilaga: da Marlowe a Goethe, e gli artisti che la frequentano, oltre a quelli antologizzati in questo libro, comprendono Novalis e Lenau, Ibsen e Bulgakov, Schumann e Gounod, Wagner e Busoni, Murnau e René Clair - sino a uno dei capolavori di Thomas Mann, quel Doktor Faustus in cui Faust è proprio un musicista, Adrian Leverkühn, e il colloquio con il demonio ha luogo a Palestrina. È una storia, poi, che s’interseca e influisce su altri miti: preceduta, nell’antichità e nel Medioevo, da quelle di Prometeo, Icaro e Ulisse (quello di Dante, che Ernst Bloch definiva un «gotico Faust del mare»), ecco lo streben faustiano confinare con quello di Prospero, di Don Giovanni e di Frankenstein, col Manfred di Byron e l’Achab di Moby Dick.

Insomma, Faust è un intero universo tematico: sottoposto, per di più, alle pressioni della storia, della politica, dell'ideologia, della filosofia. Il Faustus di Marlowe, per esempio, dichiara di aver frequentato (come fa Amleto assumendoli alternativi) l’on kai me on, l’essere e il non essere, il problema che risale agli inizi del pensiero occidentale. E Ines Hedges ha mostrato, nel suo Framing Faust, come il mito sia condizionato dalle battaglie per il terreno squisitamente culturale delle forze politiche, per esempio nella Germania nazista o nell’America del conformismo e della Guerra Fredda, le due istanze a dimostrazione essendo il Doktor Faustus di Mann e il Dr. Sax di Jack Kerouac. Paolo Scarpi, per parte sua, accenna alla composizione del Mon Faust di Valéry nel pieno della lotta contro il Maresciallo Pétain negli anni della Seconda Guerra Mondiale; e lega la Historia di Spiess e il Faustus di Marlowe alla nascita e agli sviluppi della Riforma protestante.
Scarpi premette alla scelta dei testi primari un’ampia, splendida introduzione: dove, usando come guida il più bel libro scritto da Pietro Citati, Goethe, segue con passione, intelligenza e sapienza l’evoluzione della trama faustiana dall’epoca di Eudocia sino a quelle di Heine e, appunto, di Valéry, ma entrando con impegno senza precedenti nei percorsi laterali: del patto col diavolo, della magia e della rivoluzione scientifica, dell’occulto, delle epifanie. Un saggio formidabile di storia delle idee, della religione e della letteratura. L’attenzione che egli presta a tutti i suoi testi, e in maniera particolare a Marlowe, a Goethe, e a Valéry, basterebbe a rendere la sua introduzione un modello di comparativismo. Tuttavia, sono sorprendenti anche le pagine che Scarpi dedica a Calderón e a Heine, due dei testi meno generalmente conosciuti della sua antologia. Scelgo il primo. L’autore del Gran teatro del mundo e della Vida es sueño riprende in pieno Seicento - quando Marlowe e Shakespeare, per capirsi, sono già scomparsi - la storia antica di Eudocia, organizzandola in tre Giorni e in ventisette scene complessive, ambientate ad Antiochia.
Sembra un ritorno al passato, con i vecchi personaggi - Cipriano, Giustina, il Demonio - di nuovo sul palcoscenico. Ma l’ampiezza del Mágico prodigioso è davvero inusitata, poiché comprende personaggi, scene e humour che paiono discendere dalla commedia classica, e altri che preludono invece al Faust di Goethe. Inoltre, se il Faustus di Marlowe è ineludibilmente dannato secondo la logica stringente della Riforma, il Cipriano di Calderón è salvato da quella della Controriforma, cioè dalla dottrina cattolica tradizionale. A Cipriano che domanda a Giustina come potrà mai essere perdonato, se ha dato l’anima al demonio «in cambio della [di lei] bellezza», Giustina replica con un balzo teologico-biblico-poetico: «Egli sa perdonare tanti peccati quante sono le stelle in cielo, i granelli di sabbia nel mare, le scintille nel fuoco, gli atomi in un raggio di sole e le piume nel vento». Cosa potrà mai fare Goethe, dopo, col suo opus immenso, che comincia in Cielo con i cori angelici e Mefistofele, e finisce in una foresta alla presenza dei Santi Anacoreti, dei fanciulli beati e degli angeli nuovi, dove una delle Penitenti «già chiamata Margherita» accoglie Faust salvato?

- Piero Boitani - Pubblicato su La Domenica del 16/1/2022 -

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