Capire JD Vance
- Perché il processo di globalizzazione si sta trasformando in protezionismo e in deglobalizzazione? -
di Tomasz Konicz [***]
Olaf Scholz si è commosso fino alle lacrime. Die Tageszeitung ha pubblicato una recensione entusiastica. Netflix ne ha fatto un film. Stiamo parlando dell'Elegia Hillbilly del vicepresidente in carica degli Stati Uniti, J.D. Vance.[*1] Il libro, autobiografico, descrive la disgregazione sociale che, nel corso delle ondate di deindustrializzazione degli ultimi decenni, molte regioni periferiche degli Stati Uniti hanno subito da una prospettiva socialmente conservatrice e culturalista: la tossicodipendenza in famiglia, la violenza familiare, l'approvazione per l'adozione, così come la fortuna di avere una costosa laurea in legge finanziata, per un ragazzo campagnolo, sono state tutte le stazioni della sua carriera di vicepresidente. JD Vance è stato incredibilmente fortunato, visto che negli Stati Uniti, gli ostacoli sociali per salire dalla classe inferiore sono simili a quelli che ci sono in Germania. Poi, dopo di ciò, subentrano i soliti riflessi di demarcazione, con i quali spesso i nuovi arrivati provenienti dalla classe inferiore cercano di distinguersi dalla propria classe di origine. I deficit culturali dei montanari, ossia la mancanza di etica del lavoro e l'abuso dello stato sociale, sono stati elencati da Vance nella sua "Hillbilly Elegy" in modo da poter elaborare ideologicamente quel processo di crisi capitalista che, a partire dagli anni '80, aveva deindustrializzato vaste regioni degli Stati Uniti; ed è stata proprio questa prospettiva di destra ad aver reso il libro un bestseller del tardo neoliberismo, che è stato applaudito dal Frankfurter Allgemeine Zeitung al Tageszeitung. Ma la disgregazione sociale che ha avuto luogo nelle regioni di crisi degli Stati Uniti e che Vance ha descritto - e che lo ha plasmato - si è oramai radicata e ha creato così delle vere e proprie città fantasma nella cosiddetta "cintura della ruggine", o nel sud-est degli Stati Uniti. Nel frattempo, su YouTube è emerso un nuovo genere, in cui gli Youtuber rendono popolare il fascino morboso degli insediamenti in decadenza. Nella Georgia [*2], nella Carolina del Sud [*3], in Oklahoma [*4] o in Arkansas [*5], il decadimento è visibile ovunque. L'origine sociale del vicepresidente della classe inferiore, che in tute queste regioni di crisi viene in gran parte lasciata a sé stessa, emerge sempre più. Il suo impulsivo rimprovero pubblico al presidente ucraino Zelensky, per non aver mai ringraziato Trump, può essere compreso solo se visto sullo sfondo dell'improbabile ascesa di un carattere autoritario che si eleva al di sopra di tutte le barriere sociali, nel corso della quale, il vicepresidente entrante ha sicuramente dovuto ringraziare innumerevoli volte per la grazia ricevuta di non aver dovuto sprofondare nella miseria. In quei momenti del pubblico scambio di colpi tra Trump e Zelensky, nello Studio Ovale, il riflesso autoritario irrompe apertamente: Zelensky dovrebbe essere docile quanto ha dovuto essere Vance. Jackson, Kentucky [*6], la città dove JD Vance è cresciuto, con un tasso di povertà del 20%, è stata fortunata quando invece in molte regioni la povertà di massa e lo spopolamento sono diventati ormai da tempo la normalità. Molti insediamenti e molte piccole città, evocano ricordi simili a quelli delle famose terre desolate post-sovietiche; con la differenza che negli Stati Uniti, fare un esame indisturbato delle rovine, come venne fatto in Russia [*7], è quasi impossibile, visto che qui, sebbene in decadenza, viene ancora spesso gelosamente custodita quella che è la "proprietà privata".
La deindustrializzazione degli Stati Uniti e la barriera interna del capitale
La causa di questa onnipresente decadenza, la quale, per decenni, è stata a malapena notata, attualmente sta guidando quell'amministrazione di destra degli Stati Uniti, di cui JD Vance è membro. Da oltre 40 anni [*8], l'occupazione nel settore industriale degli Stati Uniti è in calo, ed è passata da poco meno di 20 milioni di lavoratori industriali, nel 1978, ai circa 13 milioni nel 2023 [*9]. Tra il 2002 e il 2022, il numero di aziende industriali negli Stati Uniti è diminuito di 45.000 unità, con un calo, in due decenni, di circa il 14%. Negli anni '80 e '90, la forza lavoro industriale degli Stati Uniti si è ridotta solo lentamente, punteggiata da dei periodi di occupazione stagnante. Gran parte delle perdite dei posti di lavoro nel settore industriale degli Stati Uniti, del resto, si sono verificate nel 21° secolo. Lo scoppio della bolla azionaria nel settore high-tech statunitense, nel 2000, ha segnato i primi massicci tagli di posti di lavoro, di modo che nel 2003 il numero di dipendenti industriali è passato da oltre 17 milioni a circa 14 milioni. La deflazione della grande bolla immobiliare transatlantica [*10], insieme alla successiva recessione, a partire dal 2009 ha innescato la seconda massiccia ondata di licenziamenti, a seguito della quale la forza lavoro industriale si è sciolta fino a 11,5 milioni, per poi risalire a quasi 13 milioni negli anni successivi, grazie a delle misure di stimolo economico; rimanendo, da allora, stagnante. Pertanto, il processo di crisi del capitale ha lasciato per decenni una chiara traccia empirica, la quale però è stata finora ignorata dall'opinione pubblicata. Ciò ha reso visibile come la barriera interna del capitale (Robert Kurz), in un processo di crisi feticistico, si libera della propria sostanza: il lavoro creatore di valore nella produzione di merci; facendolo a causa delle spinte razionalizzanti mediate dalla concorrenza [*11]. Questa contraddizione interna, processuale, del capitale, che esteriormente appare come una "crisi di sovrapproduzione" [*12], costituisce piuttosto la contraddizione decisiva e centrale del modo di produzione capitalistico [*13]. Il capitale deve, a causa di questo, trasformarsi, per cercare di fuggire dalla sua contraddizione interna, verso mercati e rami di produzione sempre nuovi, nei quali il lavoro salariato possa essere valorizzato su larga scala; cosa che viene percepita dall'economia borghese come un cambiamento strutturale industriale. La disgregazione sociale degli Stati Uniti, le cinture di ruggine, le città fantasma e i punti caldi sociali in cui J.D. Vance è cresciuto, sono tutte espressioni del fallimento di un simile "cambiamento strutturale industriale" avvenuto a causa degli enormi scatti di razionalizzazione, nella produzione industriale, innescati dalla rivoluzione informatica. L'ascesa dell'industria informatica ha anche creato dei posti di lavoro, ma allo stesso tempo ogni nuovo ramo dell'industria interagisce con l'economia nel suo complesso, e l'effetto dell'industria dei computer e delle telecomunicazioni ha costituito un'enorme ondata di razionalizzazione, la quale ha a sua volta portato a una massiccia fusione del lavoro salariato nella produzione di merci: cosa che ha minato le fondamenta della società del lavoro capitalista. Ciò risulta chiaramente anche dai dati sull'occupazione succitati. La barriera interna del capitale è assai più che una semplice "crisi di sovrapproduzione", la quale potrebbe anche essere superata con solo la "distruzione creativa" (Schumpeter) delle sovracapacità. Ma il capitale è ora diventato, per così dire, troppo produttivo per sé stesso, e questo a causa dell'alto livello globale di produttività raggiunto. Non stanno emergendo dei nuovi campi di valorizzazione/mercati ad alta intensità di lavoro, in modo che non ci possano più così essere "crisi di pulizia": ed è questo dispiegarsi interno delle contraddizioni del capitale a lasciare dietro di sé terra bruciata, socialmente ed ecologicamente. È questo processo di crisi che ha portato Trump alla Casa Bianca, e lo ha aiutato ad arrivare alla sua seconda presidenza, dopo che i democratici statunitensi non sono riusciti a farlo [*14]. Una risposta all'impoverimento [*15] e alla deindustrializzazione degli Stati Uniti. I sostenitori del protezionismo di Trump amano fare riferimento a economisti come David Autor, i cui calcoli mostrano come siano andati a finire in Cina, tra il 1999 e il 2013 [*16], i circa 2,5 milioni di posti di lavoro dell'industria americana. Tuttavia, la relazione tra la perdita di posti di lavoro nel settore industriale e l'effettiva produzione dell'industria, rende chiaro che non è stata soltanto la delocalizzazione dei posti di lavoro industriali all'estero, a portare alla deindustrializzazione degli Stati Uniti. Tra il 1980 e il 2000, in quello stesso periodo in cui la forza lavoro industriale negli Stati Uniti è scesa da poco meno di 19 milioni a 17 milioni [*17], la produzione nell'industria statunitense è quasi raddoppiata (dati della Federal Reserve, entrambi corretti secondo l'inflazione del 2017) [*18]. Con il declino dell'occupazione nel settore industriale, l'aumento della produzione industriale rappresenta perciò un'espressione delle spinte razionalizzatrici nella produzione di merci avvenuta nel corso della rivoluzione informatica, dagli anni '80 in poi. Questa è la conseguenza empiricamente verificabile della suddetta barriera interna del capitale. Anche nel 21° secolo, quando la forza lavoro industriale degli Stati Uniti stava diminuendo in modo massiccio (da 17 milioni a poco meno di 13 milioni), la produzione di questa forza lavoro industriale in contrazione ristagnava [*19], pur senza registrare un corrispondente calo (i crolli dei prodotti industriali legati alla crisi nel 2009 e nel 2020 sono stati rapidamente rivisti). Secondo l'Associazione Nazionale dei Produttori (NAM) [*20], nel 2024, il plusvalore negli Stati Uniti è stato di circa 2,93 trilioni di dollari (corretto, a causa dell''inflazione, adeguandolo ai prezzi del 2017, quando era di 2,4 trilioni di dollari); secondo cui, gli Stati Uniti paradossalmente crescono, soprattutto nel commercio estero. Negli ultimi vent'anni, le esportazioni del settore manifatturiero sono più che raddoppiate, passando dai 622,3 miliardi del 2002 a 1,63 trilioni nel 2024. A causa di cosa, sono allora arrabbiati Trump e i suoi seguaci? Ebbene, in quello stesso periodo – il periodo d'oro della globalizzazione – il volume del commercio mondiale era più che triplicato, passando da 4,9 trilioni nel 2000, a 9,8 trilioni nel 2010, e fino a 15,7 trilioni nel 2023. Pertanto, la quota degli Stati Uniti relativa al commercio mondiale è diminuita, scendendo al 7,9% nel 2023. Inoltre, nell'era della globalizzazione neoliberista, accompagnata dalla finanziarizzazione del capitalismo e dalla formazione di un'economia della bolla finanziaria guidata proprio dal credito negli Stati Uniti, il peso economico dell'industria si è rapidamente dissolto. La quota riservata all'industria, nel prodotto interno lordo degli Stati Uniti, è scesa, passando dal 15% nel 2000 a poco più del 10% nel 2021 [*21]. Le tendenze contrapposte della produzione capitalistica di merci – la perdita di posti di lavoro insieme all'aumento della produzione – sono state percepite e affrontate anche dalla politica monetaria degli Stati Uniti. Già nel 2014, la Federal Reserve statunitense ha osservato [*22] che la produzione industriale negli Stati Uniti continua a crescere (a eccezione dei crolli a breve termine legati alla crisi), mentre l'occupazione invece no; di modo che «la crescita industriale non è sinonimo di crescita dei posti di lavoro nell'industria» La Fed ha offerto come spiegazione il fatto che la "crescita della produttività" rappresenta uno spostamento dell'attenzione settoriale verso "computer ed elettronica". In tal modo, il progresso scientifico e tecnologico continua a dare origine a nuovi settori industriali, come quello delle energie rinnovabili, ma tuttavia, a causa del livello generale di produttività [*23], queste nuove industrie non sono più in grado di assorbire la forza lavoro superflua proveniente da dei settori industriali obsoleti La precarizzazione della vita lavorativa, l'emergere di posti di lavoro miserabili nel settore dei servizi, l'erosione della classe media, l'emergere di un'industria carceraria statunitense finalizzata alla gestione repressiva delle crisi, il disaccoppiamento socio-economico di intere regioni degli Stati Uniti, menzionate all'inizio, sono il risultato di quella che è ora una manifesta barriera interna al capitale, che ora sta ormai raggiungendo i suoi limiti di sviluppo, sia socialmente che ecologicamente.
La risposta protezionista di Trump alla crisi
Ed è questa crisi che cova sotto la cenere da decenni, e che da decenni viene ignorata o normalizzata dal mainstream neoliberista, quella che l'amministrazione Trump deve in qualche modo alleviare o superare, proprio avendo attraversato il Rubicone verso il fascismo. In molti settori politici, la Casa Bianca sta già operando al di là dello Stato di diritto, al fine di consolidare le strutture autoritarie e apportare nuovi metodi di repressione; come la deportazione illegale di persone nelle carceri di massima sicurezza dell'America centrale. Lo stesso vale per le accuse di corruzione e per i possibili accordi privilegiati attuati nel contesto delle caotiche controversie riguardo la politica doganale e commerciale degli Stati Uniti [*24]. In un certo senso, gran parte dell'amministrazione Trump non si può più permettere di essere destituita, dal momento che si troverebbe ben presto in tribunale,dopo aver rapidamente perso il potere a causa delle massicce violazioni della legge. Al fine di consolidare il proprio percorso post-democratico già intrapreso, e stabilire così un regime autoritario stabile, la destra statunitense deve in qualche modo, e in primo luogo, affrontare la crisi che ha portato Trump alla Casa Bianca. Storicamente, tutti i regimi fascisti sono sempre stati in grado di consolidare il proprio potere, solo trovando delle risposte repressive, o espansive, alle crisi del capitale, che in tal modo li hanno portati al potere senza tuttavia toccare le basi del sistema; e questo vale anche per i nazisti, con il loro Servizio del Lavoro del Reich e la loro politica degli armamenti che ha inevitabilmente portato alla Seconda Guerra Mondiale. È probabile che tra quattro anni verranno ancora svolte delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, e che malgrado tutte le possibilità di manipolazione, la destra autoritaria post-democratica dovrà godere di un certo grado di sostegno per poter vincere anche delle elezioni truccate, e completare così la fascistizzazione degli Stati Uniti. In altre parole, l'amministrazione Trump deve fornire sollievo sociale alla propria base elettorale in modo da evitare così che tra quattro anni finisca in prigione. A Trump potrebbe persino essere risparmiato un simile destino, grazie a una sentenza della Corte Suprema, la quale di fatto ha garantito al presidente in carica l'impunità. Ma gli altri membri del governo, come JD Vance, non possono però fare affidamento su questo. Per la più parte degli affaristi, dei racket e delle cordate che sulla scia di Trump si stanno dando da fare all'interno dell'apparato governativo statunitense, non esiste una via d'uscita [*25]. Per completare il percorso autoritario intrapreso, devono cercare di realizzare l'opzione fascista, ed è proprio questo a rendere la situazione negli Stati Uniti tanto pericolosa. Dato che per la destra post-democratica statunitense una politica di redistribuzione, come quella predicata da Bernie Sanders [*26], è per il momento fuori discussione, l'unica opzione rimasta è quella rappresentata dalla guerra commerciale e dal protezionismo. Dal punto di vista nazionale, le conseguenze appaiono evidenti: nell'era della globalizzazione, la deindustrializzazione degli Stati Uniti è andata di pari passo con lo sviluppo dei massicci disavanzi commerciali con la Cina e con l'Europa tedesca. L'anno scorso, gli Stati Uniti hanno registrato un nuovo deficit record nel commercio di merci prodotte, pari a 1211 miliardi di dollari (il deficit totale di beni e servizi è stato di 918,4 miliardi) [*27], di gran lunga superiore ai valori massimi raggiunti durante la bolla immobiliare americana del 2006 (786 miliardi) e nell'era post-Covid nel 2022 (971 miliardi) [*28] L'anno scorso, gli Stati Uniti hanno registrato un deficit di 295 miliardi di dollari, solo con la Repubblica Popolare Cinese [*29], mentre, per l'UE, la cifra è stata di 235 miliardi di dollari, dei quali 84 miliardi in Germania [*30]. L'ampio deficit degli Stati Uniti nei confronti del Messico è, a sua volta, la conseguenza della strategia di “nearshoring” attuata da Washington sotto la presidenza di Biden [*31], con la quale il vicino meridionale degli Stati Uniti è stato trasformato in un esteso laboratorio industriale, al fine di ridurre la dipendenza dalla Cina. In tal modo, le eccedenze commerciali vengono utilizzate per esportare la deindustrializzazione e il debito; il che, al culmine della globalizzazione, era anche il fulcro del modello economico tedesco del "beggar-thy-neighbor" [*32] Questa correlazione si manifesta anche nella percentuale della produzione industriale rispetto al PIL totale [*33], la quale, nel 2023, in Cina era di circa il 26%, il 18,5% in Germania, e solo il 10% circa negli USA (negli anni '70 era poco meno del 25%) [*34]. Tutto ciò, visto dalla ristretta prospettiva nazionale della destra statunitense, che nella sua cecità ideologica non riesce a percepire il processo di crisi sopra delineato, sembra essere invece solo una semplice frode: la Cina, così come i presunti "partner" dell'Europa occidentale, permetterebbero alla loro industria di espandersi a spese degli Stati Uniti. L'odio puro per l'UE che JD Vance ha espresso durante la sua scandalosa apparizione alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco [*35], con la sua aperta ostilità nei confronti degli europei, che si è manifestata anche nelle discussioni trapelate dall'amministrazione Trump che comunica in maniera dilettantesca [*36], ora possono essere spiegati assai bene: basta dare un'occhiata alla bilancia commerciale tra l'UE e gli Stati Uniti. La miseria, l'abbandono sociale che Vance ha sperimentato nella sua giovinezza, ora possono essere proiettati su un'immagine del nemico; ed è proprio questa socializzazione nella classe inferiore, che ora, nei suoi attacchi contro i "truffatori commerciali" europei, gli fa dimenticare ogni etichetta diplomatica. Gli sforzi fatti dalle aziende, per ristrutturare la propria industria durante la crisi, per mezzo di eccedenze commerciali a spese dei loro concorrenti sono solamente logici: finché non appare un'alternativa sistemica, nella logica della crisi, tutto questo è davvero inevitabile. È la logica "Last Man Standing" [*37]! Il semplice fatto economico che i surplus commerciali devono portare alla deindustrializzazione e alla formazione di ulteriore deficit nei paesi in deficit, venne sollevato anni fa contro la Germania (il campione mondiale dei surplus di esportazioni), per esempio, dall'amministrazione Obama, o dalla Francia, che durante la crisi dell'Euro ha criticato i surplus di esportazioni della Germania. A quel tempo, nel 2017, l'allora ministro dell'Economia Zypries proibiva qualsiasi critica: non c'era bisogno di "scusarsi" per il fatto che l'economia tedesca era «una delle più forti del mondo» [*38]. Ma ora che Trump vuole porre fine ad anni di politica tedesca del "beggar-thy-neighbor", facendolo con la mazza del puro protezionismo, la gente a Berlino è diventata invece improvvisamente mite. L'Europa è a corto di soldi, ha titolato la Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), reagendo ai "dazi" di Trump all'inizio di aprile. Un conflitto tariffario non è un braccio di ferro, e gli europei farebbero bene a non reagire istintivamente alle nuove barriere commerciali di Washington con delle contro-tariffe [*39]. La differenza rispetto all'atteggiamento di Berlino nella crisi dell'Euro, ad esempio nei confronti dei paesi in deficit come la Grecia, è quasi da cartone animato: che differenza possono fare poche migliaia di testate nucleari. Per cui il giornalismo tedesco di punta, così come lo pratica la FAZ, è caratterizzato dal fatto che non menziona nemmeno i surplus commerciali tedeschi, anche se sono essi la base dell'imminente conflitto commerciale. È esattamente questo il motivo per cui Trump ha effettivamente il sopravvento: perché nel corso di una guerra commerciale, le bilance commerciali tenderanno a bilanciarsi, cosa che ridurrebbe i surplus della Germania e i deficit dell'America. Ma perché ci è voluto così tanto tempo per un escalation? La deindustrializzazione, di cui ora ci si lamenta, ha avuto luogo per decenni – anche nel primo mandato di Trump, la sua spinta protezionistica poteva essere contenuta – ma questa volta non sarà più così. Protezionismo, i dazi sono qui per restare. E, soprattutto, perché Trump continua a manovrare, perché sembra fare marcia indietro per imporre nuovamente nuovi dazi dopo qualche settimana? Dentro le patate, fuori le patate! Qual è il punto? Sebbene si tenda a erigere barriere commerciali sempre più alte, questo avviene in un contesto di dispute apparentemente caotiche che sono semplicemente il risultato delle contraddizioni sistemiche che ne stanno alla base.
L'era della crisi neoliberale ritardata
È stata proprio la finanziarizzazione del capitalismo, e il corrispondente processo di globalizzazione che sono sono riusciti a prolungare questa contraddizione interna del capitale nell'era neoliberista, e hanno permesso al sistema mondiale tardo-capitalista di funzionare a credito, per così dire. Fino al XXI secolo, l'opinione prevalente nei centri capitalistici, era quella secondo cui una società industriale era una obsoleta reliquia del XX secolo, e che nel frattempo il capitalismo si fosse ormai sviluppato in quella che era una società di servizi, o di servizi finanziari, se non addirittura in una società dell'informazione. Questi discorsi, che nel corso delle crisi degli ultimi anni si sono completamente disonorati, si basavano sulle economie deficitarie dell'era neoliberista. Dall'imposizione del neoliberismo, il debito globale è aumentato più velocemente di quanto abbia fatto la produzione economica mondiale, principalmente nel contesto dell'aumento delle bolle finanziarie. I numeri parlano chiaro [*40]: negli anni '70, il debito globale ammontava a circa il 110% della produzione economica globale. Alla fine dell'era neoliberista, quando è scoppiata la grande bolla della liquidità, e dopo lo scoppio della pandemia nel 2020, l'onere del debito globale ammontava al 258% della produzione economica globale. Oltre a una serie di speculazioni regionali e di crolli finanziari, il capitalismo globalizzato, guidato dai mercati finanziari dell'era neoliberista, ha prodotto tre enormi formazioni di bolle: la bolla delle dot-com, scoppiata all'inizio del millennio, quando la speranza di in nuovo regime di accumulazione ("società dell'informazione") ha portato a una febbrile speculazione sui titoli high-tech; la grande bolla immobiliare transatlantica, in Europa e negli Stati Uniti [*41], la quale ha esaurito l'aria speculativa dal 2007/08 in poi; e infine la gigantesca bolla di liquidità delle banche centrali [*42], interrotta solo dalla pandemia e dall'impennata dell'inflazione che c'è stata nel 2020 [*43]. Finché la bolla delle dot-com continuava a essere in aumento, e finché gli Stati Uniti erano preda dalla febbre immobiliare, i processi di erosione nell'industria venivano a malapena notati: l'economia andava bene, il settore delle costruzioni era in piena espansione, il denaro a buon mercato inondava la sfera finanziaria, e la grande ondata della finanza teneva a galla tutte le barche. Così, negli USA, le cinture arrugginite delle ex regioni industriali, dei salariati abbandonati e dei precari, potevano perciò essere facilmente ignorate dall'opinione pubblicata delle società centrali. Il resto lo ha fatto la amministrazione repressiva di crisi. Gli Stati Uniti erano al centro di questa bolla finanziaria globalizzata: il suo mercato finanziario inflazionato ha prodotto le suddette economie in deficit guidate dalla bolla, mentre simultaneamente i deficit commerciali di Washington continuavano a raggiungere sempre nuovi livelli record, passando dai 77 miliardi nel 1990, ai 381 miliardi nel 2000, ai 740 miliardi nell'anno della crisi del 2008, fino al picco di 951 miliardi del 2022. L'anno scorso, nel 2024, il deficit commerciale degli Stati Uniti è stato di 918 miliardi di dollari (dati relativi a beni e servizi) [*44]. Sono così emersi i cosiddetti cicli del deficit: paesi industrializzati che si basavano sulle esportazioni, come la Cina [*45], Il Giappone, o la Repubblica Federale Tedesca esportavano le loro eccedenze negli Stati Uniti, mentre in direzione opposta ebbe inzio un flusso spettrale di titoli americani e di titoli di debito verso Pechino o Tokyo. Il Giappone e la Cina, che hanno dei grandi surplus rispetto agli Stati Uniti, diventano così di conseguenza anche i maggiori creditori degli Stati Uniti. La globalizzazione, si basa infatti su questi cicli di deficit globale [*46]. Le aree economiche orientate all'esportazione, diventano così mercati di vendita, mentre gli Stati Uniti sperimentano economie deficitarie. (Per inciso, un ciclo di deficit simile si era sviluppato in Europa dopo l'introduzione dell'euro, quando la Repubblica Federale di Germania è stata in grado di vendere le proprie eccedenze di esportazione; e questo fino allo scoppio della bolla del debito europeo) [*47]. Il dollaro, nel suo ruolo di valuta di riserva mondiale, ha consentito a Washington di contrarre prestiti a dei costi molto bassi, e praticamente senza restrizioni; ed è stato questo il motivo per cui la spesa per i consumi oggi rappresenta una parte consistente del PIL statunitense (68% del PIL nel 2023!) [*48]. Anche i dati qui riportati , come illustrato dall'andamento a lungo termine dei rendimenti obbligazionari statunitensi decennali [*49], sono chiari. Il tasso di interesse su questi titoli del Tesoro è sceso da circa l'8% - all'inizio degli anni '90 - a oltre il 5% all'inizio del millennio, arrivando a volte a meno del 2% nel secondo decennio del 21° secolo. Nell'anno di crisi 2020, gli ingenti acquisti della banca centrale, per un breve periodo, sono stati in grado di spingere il tasso di interesse su questi titoli di Stato fino alla soglia dell'1 per mille. Per visualizzare la portata del successo di questa bolla finanziaria economica, è sufficiente confrontarla con il debito pubblico degli Stati Uniti, che nello stesso periodo è passato da 3,5 trilioni (nel 1990), a 5,6 trilioni (nel 2020) arrivando fino a 36,2 trilioni nel quarto trimestre del 2024 [*50]. L'apparente magia dell'economia della bolla finanziaria globale, che funziona con il credito, qui diventa palesemente evidente: le condizioni del credito di Washington sono diventate sempre più favorevoli, mentre le montagne di debito potevano essere spinte sempre più in alto. Gli Stati Uniti - come centro finanziario mondiale - assomigliano pertanto a una sorta di buco nero dell'economia mondiale, che ora, attraverso la sua formazione di deficit, assorbe gran parte della produzione globale in eccesso, per mezzo di deficit commerciali; e che quindi ha un effetto stabilizzante sull'economia mondiale, la quale soffre di sovrapproduzione strutturale. Questa bolla finanziaria economica, che stava aumentando, sia in dimensioni che in instabilità, ha così prodotto le suddette economie in deficit, le quali, a loro volta, hanno anche semplicemente creato delle opportunità di vendita per l'industria produttrice di merci grazie alla domanda generata dal credito. Ma non appena è scoppiata una bolla speculativa, ecco che gli Stati hanno dovuto stabilizzare il sistema per mezzo di interventi e di programmi di stimolo economico, i quali hanno incoraggiato un'ulteriore formazione di deficit, portando alla formazione di nuove economie in deficit e di nuove bolle finanziarie. Simultaneamente, le misure di politica economica, che erano servite ad alleviare le conseguenze della crisi, hanno dato origine a nuove speculazioni: il fuoco speculativo è stato spento con la benzina!
La bolla della liquidità e l'imminente transizione verso il protezionismo
Con lo scoppio di ogni bolla [*51], la spesa per stabilizzare questa gigantesca sfera finanziaria ha continuato ad aumentare. Ed è proprio qui che si trova la causa della fine di questa bolla economica finanziaria globale. Lo scoppio dell'ultima bolla, avvenuta durante l'ondata di crisi legata alla pandemia, ha costretto la politica dell'amministrazione di crisi a interrompere l'offerta di moneta nei confronti dell'economia globale in deficit. Nel 2000, quando scoppiava la bolla delle dot-com, la breve recessione era stata rapidamente superata grazie a un periodo di tassi di interesse di riferimento molto bassi, i quali a loro volta hanno reso i mutui attraenti, fornendo così la scintilla iniziale per la bolla immobiliare [*52]. Nel 2008, con l'impennata della crisi in cui le grandi bolle immobiliari sono scoppiate in Europa e in America, facendo precipitare gli Stati Uniti nella peggiore recessione della storia del dopoguerra, i tassi di interesse a zero non erano più sufficienti. La politica monetaria ha così iniziato a comprare tutta la spazzatura dei titoli, mettendo così la sfera finanziaria, dopo il fallimento di Lehman Brothers, in una situazione di shock. Questa misura di emergenza, utilizzata al fine di poter acquistare le famigerate cartolarizzazioni ipotecarie, si è trasformata in una politica monetaria permanente [*53], che alla fine hanno equivalso a pura stampa di denaro. Le banche centrali hanno acquistato titoli per poter così iniettare ulteriore liquidità nella sfera finanziaria, e stabilizzarla. Questo assurdo capitalismo finanziario della banca centrale [*54] è stato però in grado di mantenere la bolla di liquidità per un periodo di circa un decennio. Tutto questo è chiaramente visibile nei bilanci delle banche centrali, in particolare in quello della Federal Reserve statunitense [*55]. Nel 2007 – alla vigilia della crisi immobiliare – la Fed deteneva titoli per un valore inferiore a 880 miliardi di dollari. Solo due anni dopo, nel 2009, erano arrivati 2,2 trilioni, che poi sono saliti fino a 4,4 trilioni nel 2014. Un simile elevato livello, è stato mantenuto - i titoli in scadenza venivano sostituiti da dei nuovi acquisti - arrivando poi quasi a raddoppiare il totale di bilancio portandolo a poco meno di nove trilioni di dollari, dopo lo scoppio della pandemia, attraverso la "stampa estrema" di denaro. E questa stampa estrema di denaro non ha innescato un'impennata dell'inflazione soprattutto perché la liquidità che aveva generato è rimasta nella sovrastruttura finanziaria – i prezzi dei beni del mercato finanziario sono schizzati a dei livelli sempre più alti nel quadro della bolla della liquidità, la quale ha formato una vera e propria "Bolla di Tutto Quanto", nella cui fase finale sono diventati comuni persino gli eccessi speculativi con dei meme stock come quello di Gamespot [*56]. Bassi rendimenti obbligazionari = bassi tassi d'interesse di riferimento [*57]. L'aumento dei bilanci delle banche centrali, insieme a una montagna di debito globale che potrebbe crescere più velocemente della produzione economica mondiale, per sempre: l'ondata di crisi del 2020, ha però messo fine a questo capitalismo delle banche centrali guidato dai mercati finanziari. L'impennata dell'inflazione iniziata sulla scia della lotta alla pandemia, ha costretto le banche centrali a una drastica inversione di rotta, e la politica monetaria espansiva ha dovuto essere fermata: i tassi di interesse di riferimento sono saliti alle stelle (da quasi zero, fino a oltre il cinque%) [*58]. I programmi di acquisto delle obbligazioni sono stati interrotti, o drasticamente ridotti, di modo che così i bilanci delle banche centrali si stanno ora nuovamente dissolvendo (da poco meno di nove trilioni nel 2022, a 6,7 trilioni all'inizio del 2025, nel caso della Fed). Il prezzo di questa inversione di tendenza, che ha quantomeno frenato l'inflazione a due cifre: proprio perché alimentata non solo dal dispiegarsi delle contraddizioni economiche, ma anche dalla crisi ecologica del capitale, dalla crisi climatica e dalla crescente distruzione delle fondamenta ecologiche del processo di civilizzazione; quello che è effettivamente tornato, a un livello di crisi superiore, è il periodo di stagflazione degli anni Settanta [*59]. Difficilmente, la politica monetaria potrà combattere questa inflazione alimentata dalla crisi climatica capitalista [*60] [*61]. L'aumento vertiginoso dei tassi d'interesse ha fatto crollare anche il mercato obbligazionario statunitense, ovvero le fondamenta del castello di carte della finanza globale [*62]. Il trend decennale di rendimenti obbligazionari sempre più bassi, che dal 2021 ha permesso lo scoppio delle bolle del debito negli Stati Uniti, come detto è stato rivisto [*63] I rendimenti obbligazionari sono saliti a oltre il 4% e da allora sono rimasti a un livello relativamente alto, cosa che rende il servizio del debito la più grande voce di bilancio negli Stati Uniti [*64] Gli USA hanno perciò già parzialmente perso il loro vantaggio finanziario strategico derivante dall'egemonia del dollaro; il loro livello di tasso di interesse corrisponde a quello dell'inizio del 21° secolo, con la differenza però che ora il debito è assai più alto. Oggi, lo straordinario privilegio di Washington si applica solo in misura limitata. Questa importante inversione di tendenza della politica monetaria da parte delle banche centrali - cosa a cui sono state costrette dall'inflazione - ha portato a una fine de facto dell'economia globale in deficit. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, il debito globale se visto in rapporto alla produzione economica, è in calo da tre anni. Dopo aver raggiunto il picco del 258% del PIL globale, nell'anno pandemico 2020, quando è stato necessario avviare gigantesche misure di stimolo, l'onere del debito è sceso al 237%, nel 2023 [*65]. Questa fine dell'economia in deficit, si riflette nel corrispondente rallentamento congiunturale in molti settori economici; in particolare nell'economia dipendente dalle esportazioni [*66], [*67]. Ed è proprio la fine dell'economia del deficit globale – che ora sta crescendo più velocemente della produzione economica globale – che deve portare a dei riflessi protezionistici, dal momento che questo aumenta le tensioni e le contraddizioni all'interno dei cicli del deficit globale, portandole a dei livelli insopportabili, rendendoli politicamente insostenibili semplicemente a causa delle loro ricadute sociali. La lentezza economica ,in molte regioni e aree economiche, sta intensificando gli sforzi delle élite funzionali capitaliste, che ora si concentrano maggiormente sulle esportazioni. È questo il motivo per cui i deficit commerciali degli Stati Uniti continuano a raggiungere sempre nuovi massimi, in quella che è una fase di crisi in cui il peso degli interessi di Washington sta aumentando, e l'economia in deficit negli USA difficilmente può essere sostenuta, a causa dell'impennata dei costi del servizio del debito. Pertanto la costellazione globale può essere quindi vista come abbastanza paragonabile alla crisi dell'euro: fino allo scoppio delle bolle del debito europeo, l'Europa si considerava una grande famiglia felice che dopo lo scoppio della crisi ha cominciato ad attaccarsi vicendevolmente, con il ministro delle finanze tedesco Schäuble, in particolare, che si distingueva per la sua disordinata austerità nei confronti dell'Europa meridionale [*68]; cosa che in Germania lo ha reso come uno dei politici più popolari.
Trump e Vance in veste di illusi gestori della crisi
Vedendola da una prospettiva nazionalista dovuta alla mentalità ristretta [*69] dei fascisti e dei semi-fascisti che sono alla Casa Bianca [*70], l'inversione di tendenza protezionistica – unita allo spietato programma di taglio netto con cui Musk ha cercato di ridurre il deficit – sembra pertanto perfettamente sensata. L'obiettivo di Washington è chiaro: la de-industrializzazione verrà fermata e sarà rivista, i Dazi procureranno delle Entrate, la situazione sociale del loro elettorato verrà stabilizzata, e la macchina militare statunitense garantirà il passaggio dall'Egemonia all'Impero [*71] - il quale, infatti, vuole esigere dei Tributi grazie a delle Tariffe - non subirà gravi perdite di potenza. In realtà, Trump non vuole più pagare quelli che sono i costi sempre più crescenti dell'Egemonia Statunitense. La posizione egemonica degli Stati Uniti, nel dopoguerra, si basava sul boom fordista, su quella prosperità che portò a un buon sviluppo economico per tutti i paesi centrali. Dagli anni '80 in poi, allorché ha prevalso il neoliberismo, in quanto risposta al periodo di stagflazione degli anni '70, l'egemonia degli Stati Uniti si è dovuta basare sui cicli globali del deficit. Cina, Giappone ed Europa tedesca [*72] hanno accettato l'egemonia degli Stati Uniti dal momento che essi potevano anche trarne dei vantaggi economici, in particolare sotto forma di surplus commerciali che hanno raggiunto grazie agli Stati Uniti. Sullo sfondo della crisi mondiale del capitale sopra delineata, ora l'egemonia di Washington deve però includere anche la deindustrializzazione di quello che un tempo era stato il primo paese industrializzato. Solo ora, JD Vance, che nel 2016 aveva criticato Trump per le sue tendenze protezionistiche, può essere compreso: il vicepresidente sembra infatti credere che il protezionismo possa essere utilizzato per migliorare la situazione delle fasce economicamente svantaggiate della popolazione, nelle quali lui ha sperimentato la sua prima socializzazione. In risposta al divieto temporaneo del tribunale a tutta una serie di tariffe della fine di maggio del 2025, il vicepresidente ha ribadito la linea di argomentazione nazionalista secondo la quale la politica tariffaria della Casa Bianca risponderà in gran parte a quella che è un'emergenza socio-economica degli Stati Uniti [*73]. Anche durante le sue fugaci incursioni nelle regioni di crisi socio-economica degli Stati Uniti – tra cui il Minnesota [*74], lo Iowa [*75], o il Dakota del Nord [*76] – una tale descrizione dello Stato delle Cose non può essere semplicemente liquidata a priori. A differenza degli Stati meridionali dell'euro – dove ci sono simili terre desolate sociali – gli Stati Uniti hanno a disposizione dei mezzi di potere che consentono di contrastare la crisi interna attraverso l'aggressione esterna. A volte, il vicepresidente americano dice abbastanza apertamente che mantenere la posizione del dollaro USA, in quanto valuta di riserva mondiale, per Washington non è più una priorità politica [*77]. In questo momento, Vance vuole un dollaro debole, dal momento che così incoraggerebbe le esportazioni e la reindustrializzazione degli Stati Uniti. Chiaramente, in un a tale discussione, i modelli economici basati sulle esportazioni della Cina, del Giappone e della Repubblica Federale Tedesca fungono da modelli. I passati successi della Germania, nei mercati di vendita extraeuropei, si spiegano proprio con il fatto che l'euro viene strutturalmente sottovalutato rispetto a quella che è la produzione economica della Repubblica Federale Tedesca. I vantaggi del biglietto verde, in quanto valuta di riserva mondiale, si stanno dissolvendo con l'aumento dei rendimenti obbligazionari e con l'esorbitante servizio del debito di Washington, che nel bilancio degli Stati Uniti ora ha superato le spese militari. Allo stesso tempo, dopo la pandemia, i disavanzi commerciali stanno raggiungendo dei nuovi massimi [*78 ]; e questo proprio perché l'indebitamento globale al di fuori degli Stati Uniti sta rallentando. Agli occhi del "negoziatore" andato alla Casa Bianca, la posizione egemonica di Washington si sta lentamente trasformando in un cattivo affare. Per il nazionalismo americano – che è altrettanto cieco alla crisi quanto lo sono tutte le altre varietà di ideologia tardo-borghese – questa intensificazione della crisi deve apparirgli come un tradimento dell'America da parte dei malvagi paesi stranieri. Praticamente, la destra post-democratica degli Stati Uniti fornisce solo l'ideologia per quella che sarà la nuova fase di crisi [*79], nella quale l'era della globalizzazione si trasformerà in deglobalizzazione e in protezionismo. In risposta alle battute d'arresto legali subite dal regime tariffario di Trump – il quale è stato effettivamente applicato legislazione di emergenza – alla fine di maggio 2025, la Casa Bianca ha reagito cercando nuove scappatoie legali nelle diverse leggi, alcune delle quali sono vecchie di decenni [*80], e lo ha fatto al fine di ottenere ulteriori opzioni per l'erezione di barriere commerciali. Trump ha anche aumentato al 50% le tariffe sull'acciaio degli Stati Uniti [*81]. Pertanto, i conflitti tra libero scambio e protezionismo formano già un nuovo fronte in quella che è la gestione della crisi capitalistica interna, simile all'eterno e noioso gioco di ombre tra i keynesiani orientati alla domanda e i feticisti neoliberali dell'austerità. Trump e Vance sperano perciò di usare il protezionismo per poter delocalizzare la produzione industriale negli Stati Uniti; ma in realtà vogliono avere di nuovo solo una fetta più grande della torta. È questo il vero motivo del nuovo protezionismo Made in USA. Ed è proprio qui che si manifesta il loro errore di calcolo derivante dall'ignoranza della crisi: la torta della produzione globale di valore non è statica, non rappresenta una quantità fissa. E' stata l'economia deficitaria degli ultimi decenni neoliberisti, quella che è stata in grado di gonfiare a tal punto la "torta" globale della produzione industriale di valore, per rimanere nella metafora dell'immagine. Il protezionismo non farà altro che accelerare la fine di questa economia in deficit, e renderà così possibile un'ondata di crisi di intensità senza precedenti. Infatti, i nazionalisti bianchi alla Casa Bianca, non stanno facendo altro che rovesciare ciò che sta già cadendo. L'emergenza socio-economica in cui è cresciuto, e a cui si riferisce JD Vance, è una conseguenza della crisi mondiale del capitale, la cui barriera interna sta diventando manifesta proprio nel momento in cui l'era della crisi neoliberista ritardata, guidata dai mercati finanziari, crolla a causa delle proprie contraddizioni. Tuttavia, questa emergenza socio-economica, derivante dalla crisi sistemica, potrebbe essere superata solamente nel quadro di una trasformazione emancipatoria del sistema [*82]. Il protezionismo nazionalista su cui Washington fa affidamento, da parte sua, sta agendo proprio come motore della crisi. In realtà, Trump sta solo eseguendo quelle che sono le dinamiche della crisi. E le manovre della Casa Bianca riguardo la politica commerciale - con i suoi progressi e le sue ritirate protezionistiche permanenti - sono dovuti proprio alle contraddizioni dell'attuale fase finale della globalizzazione sopra delineate: di fatto, l'estremo deficit commerciale, e l'avanzata della deindustrializzazione, costringono i nazionalisti di Washington al protezionismo. E questo proprio mentre, simultaneamente, le misure protezionistiche sono assolutamente fuori questione, proprio a causa delle turbolenze sui mercati obbligazionari [*83] , laddove i tassi d'interesse sui titoli di Stato salgono alle stelle dopo ogni tornata di dazi di Trump; il che è anche una conseguenza dell'indebolimento dell'egemonia statunitense, dal momento che Paesi e aree economiche come la Cina, il Giappone e l'UE non vedono quasi più alcun vantaggio economico nell'accettare il ruolo del dollaro USA come valuta di riserva mondiale. Svendere semplicemente quei titoli di Stato che negli ultimi anni sono stati acquistati in cambio di surplus commerciali: è questa l'opzione nucleare economica, la minaccia di un reciproco annientamento economico, come sta venendo attualmente apertamente espressa nei conflitti protezionistici. Il Giappone, il più grande creditore degli Stati Uniti, ha già minacciato di vendere in massa i suoi titoli del Tesoro [*84]. Ciò farebbe precipitare Washington in una crisi finanziaria in piena regola, e gli Stati Uniti si trasformerebbero in una Grecia armata di armi nucleari e, simultaneamente, i paesi esportatori, i quali attualmente esportano ancora le proprie eccedenze negli Stati Uniti, sprofonderebbero anch'essi in gravi crisi economiche, che costituirebbero solo il preludio a ulteriori conflitti geopolitici e militari. Gli anni '30 protezionisti e fascisti, sarebbero praticamente tornati sotto quelle che sono le condizioni di crisi del XXI secolo.
L'era della globalizzazione, guidata dai mercati finanziari, sta inevitabilmente volgendo al termine. La trasformazione è inevitabile. Ciò che verrà dopo sarà una questione aperta, oggetto di una lotta per la trasformazione [*85] .
- Tomasz Konicz [***] - 1° Giugno 2025 - su Tomasz Konicz.Wertkritik, Krise, Antifa -
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NOTE:
1 https://en.wikipedia.org/wiki/Hillbilly_Elegy
2 https://www.youtube.com/watch?v=OfhPAHTOkJE
3 https://www.youtube.com/watch?v=wiCNLVy7aKw&t=1s
4 https://www.youtube.com/watch?v=5XQUmVjjrZw
5 https://www.youtube.com/watch?v=J5pU6M8yrpw
6 https://www.youtube.com/watch?v=5hoq6gNVrAo&t=1s
7 https://www.youtube.com/watch?v=2i3aS6T6Nng
8 https://www.bls.gov/opub/btn/volume-9/forty-years-of-falling-manufacturing-employment.htm
9 https://www.visualcapitalist.com/the-decline-of-u-s-manufacturing-by-sector/
10 https://www.konicz.info/2006/11/30/keine-weiche-landung/
11 https://www.konicz.info/2022/10/02/die-subjektlose-herrschaft-des-kapitals-2/
12 https://www.nd-aktuell.de/artikel/1190139.welthandel-worum-es-in-trumps-zollkrieg-geht.html
13 Le lotte per una distribuzione feticizzata dal vecchio marxismo e dall'opportunismo di sinistra come lotta di classe, rappresentano invece solo un fenomeno interno alla superficie capitalistica, in cui il capitale variabile (proletariato) lotta all'interno del processo di valorizzazione per avere la propria parte.
14 https://www.konicz.info/2025/01/22/a-countryfor-old-men/
15 Circa il 68% dei cittadini statunitensi ha dichiarato che nel 2024 non sarà più in grado di accumulare riserve e dovrà arrangiarsi di assegno in assegno. Vedi: https://www.cnbc.com/2024/04/09/most-of-americans-are-living-paycheck-to-paycheck-heres-why.html
16 https://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/wie-donald-trump-den-handel-gefaehrdet-110414669.html
17 https://fred.stlouisfed.org/series/MANEMP
18 https://fred.stlouisfed.org/series/IPMAN
19 https://fred.stlouisfed.org/series/OUTMS
20 https://nam.org/mfgdata/facts-about-manufacturing-expanded/
21 https://www.macrotrends.net/global-metrics/countries/USA/united-states/manufacturing-output
23 https://www.konicz.info/2011/07/05/die-okologischen-grenzen-des-kapitals/
25 https://www.konicz.info/2025/03/18/a-country-for-old-men-2/
26 Questo non significa che le ricette politiche socialdemocratiche di Sanders siano in grado di superare la crisi sistemica, ma che avrebbero potuto stabilire una nuova dinamica che avrebbe permesso un corso emancipatorio dell'inevitabile trasformazione sistemica.
27 https://www.bea.gov/news/2025/us-international-trade-goods-and-services-december-and-annual-2024 https://www.fool.com/research/us-trade-balance/
28 https://www.macrotrends.net/global-metrics/countries/USA/united-states/trade-balance-deficit
29 https://ustr.gov/countries-regions/china-mongolia-taiwan/peoples-republic-china
30 https://www.fool.com/research/us-trade-balance/
31 https://www.konicz.info/2023/11/20/neue-kapitalistische-naehe-2-0/
32 https://www.konicz.info/2012/12/21/der-exportuberschussweltmeister/
33 https://ourworldindata.org/grapher/manufacturing-value-added-to-gdp
34 https://fred.stlouisfed.org/series/USAPEFANA
35 https://www.youtube.com/watch?v=urXXIQMzUoY
36 https://www.bbc.com/news/articles/c204vl27n2qo
37 https://www.konicz.info/2011/11/20/gerangel-auf-der-titanic/
38 https://www.diepresse.com/5203733/deutsche-handelsueberschuesse-muessen-uns-nicht-entschuldigen
40 https://www.imf.org/en/Blogs/Articles/2023/09/13/global-debt-is-returning-to-its-rising-trend
41 https://www.konicz.info/2006/11/30/keine-weiche-landung/
43 https://www.konicz.info/2024/02/05/krise-jenseits-der-blase/ https://www.konicz.info/2023/09/07/geldpolitische-schizophrenie/
44 https://www.macrotrends.net/global-metrics/countries/USA/united-states/trade-balance-deficit https://www.bea.gov/news/2025/us-international-trade-goods-and-services-december-and-annual-2024
45 https://www.konicz.info/2010/09/18/zerbricht-chimerica/
46 https://www.konicz.info/2022/05/24/eine-neue-krisenqualitaet/
47 https://www.konicz.info/2015/10/05/aufstieg-und-zerfall-des-deutschen-europa-2/
48 https://fred.stlouisfed.org/series/DPCERE1Q156NBEA/
49 https://www.macrotrends.net/2016/10-year-treasury-bond-rate-yield-chart
50 https://fred.stlouisfed.org/series/GFDEBTN/
51 https://www.konicz.info/2020/10/27/vergleich-der-krisen-2020-vs-2008/
52 https://www.konicz.info/2007/03/05/vor-dem-tsunami/
53 https://www.konicz.info/2023/03/19/krisenkeynesianismus-der-blinden-tat-2/
54 https://www.konicz.info/2022/12/09/geldpolitik-vor-dem-bankrott/
55 https://www.federalreserve.gov/monetarypolicy/bst_recenttrends.htm
57 https://fred.stlouisfed.org/series/fedfunds
58 https://fred.stlouisfed.org/series/fedfunds
59 https://www.konicz.info/2021/11/16/zurueck-zur-stagflation/
60 https://www.konicz.info/2022/01/14/die-klimakrise-und-die-aeusseren-grenzen-des-kapitals/
61 https://www.konicz.info/2021/08/08/dreierlei-inflation/
62 https://www.konicz.info/2022/07/22/schuldenberge-in-bewegung/
63 https://www.macrotrends.net/2016/10-year-treasury-bond-rate-yield-chart
64 https://budget.house.gov/press-release/interest-costs-surpass-national-defense-and-medicare-spending
66 https://jungle.world/artikel/2022/29/schluss-mit-ueberschuss
67 https://jungle.world/artikel/2025/14/autoland-ist-abgebrannt
68 https://www.buecher.de/artikel/buch/aufstieg-und-zerfall-des-deutschen-europa/42973311/
69 https://www.konicz.info/2017/08/07/politische-oekonomie-des-krisennationalismus/
70 https://www.konicz.info/2025/01/22/a-countryfor-old-men/
71 https://www.konicz.info/2025/03/15/alles-muss-in-flammen-stehen/
72 https://unrast-verlag.de/produkt/aufstieg-und-zerfall-des-deutschen-europa/
74 https://www.youtube.com/watch?v=qdl1S_Da_hU
75 https://www.youtube.com/watch?v=L883pwCPOwE
76 https://www.youtube.com/watch?v=59hzueQkmok
77 https://nymag.com/intelligencer/article/why-jd-vance-wants-a-weak-dollar-is-that-a-good-idea.html
78 https://www.bea.gov/news/2025/us-international-trade-goods-and-services-december-and-annual-2024
79 https://www.konicz.info/2017/08/09/zur-wiederkehr-der-nationalistischen-ideologie/
81 https://www.youtube.com/watch?v=IpKiZOS6ADU
82 https://www.untergrund-blättle.ch/politik/theorie/emanzipation-in-der-krise-7306.html
85 https://arranca.org/ausgaben/nichts-zu-verlieren/den-transformationskampf-aufnehmen
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