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sabato 8 marzo 2025

Inutile negarlo, il tema è interessante “"!!

Esiste un “romanzo futurista”? Questo saggio intende rispondere alla domanda adottando un punto di vista particolare, quello dei rapporti tra avanguardia e pubblico. La produzione narrativa del movimento viene qui suddivisa in tre categorie, ordinate per gradi di complessità formale: dai romanzi più sperimentali a quelli più accessibili, dalla contaminazione verbo-visiva al feuilleton. In un viaggio attraverso le opere di Filippo Tommaso Marinetti, Benedetta Cappa, Paolo Buzzi, Mario Carli, Bruno Corra, Fillia (Luigi Colombo) e altri, emergerà un quadro sorprendente e caleidoscopico della letteratura futurista, a torto ridotta alle sole parole in libertà. Protagonisti di queste pagine sono invece i racconti intermediali, la prosa lirica, generi quali l’erotica e la fantascienza. Ne risulterà un futurismo che, attraverso i romanzi, ha inteso rivolgersi ora a pochi, ora a molti, potenzialmente a ciascuna fascia di lettori. Un’avanguardia per tutti.

(dal risvolto di copertina di: Vincenzo Pernice, "I romanzi del futurismo.. L’avanguardia per tutti". Prefazione di Antonio Scurati, Mimesis, pagg. 292, € 25)

Futurismo avventuroso ed erotico
- di Bruno Pischedda -

Al fondo delle nostre conoscenze circa le avanguardie del primo Novecento sta una questione sin qui troppo elusa, o sottostimata. Possiamo renderla con una domanda: è mai esistito un romanzo futurista, riconoscibile nei tratti e magari anche letto fuori dalle ristrette cerchie di seguaci? Prova a schiarirci le cose un promettente studioso milanese, Vincenzo Pernice, in un volume dal titolo, appunto: I romanzi del futurismo, appena edito da Mimesis. Due sono i maestri che sembrano assistere l’autore nella ricerca: per un verso lo storico dell’arte Maurizio Calvesi, a cui è attribuibile sul finire degli anni 70 un concetto come avanguardia di massa; per altro verso, metodologicamente, Vittorio Spinazzola e la sua idea di un sistema letterario stratificato dove convivono tipologie testuali e pubblici diversi: livello alto, o sperimentale; medio o istituzionale, medio-basso o di intrattenimento. A ciascuno di essi, Pernice fa corrispondere un gruppo di romanzi ispirati al futurismo italiano: da quelli più inclini all’innovatività tipografica e al paro-liberismo, all’ibridismo drammaturgico e filmico; sino a quelli più chiaramente debitori delle poetiche già invalse, finendo con un corpo di narrazioni a sfondo sensazionale e consumistico. Gli incroci, le sovrapposizioni sono frequenti. E il fatto stesso che i  medesimi autori partecipino con più testi in tutte le griglie già suggerisce l’aspetto sperimentale della proposta: su questo terreno i futuristi andavano un po’ a tastoni, saggiavano i vari segmenti del mercato, non rifiutandosi a nulla in termini di principio. C’è d’altronde un problema di comunicazione, giacché dedicarsi a un pulviscolo d’opere spesso di trascurabile valore impedisce una preconoscenza comune tra studioso e lettore (quand’anche a sua volta studioso). Di certi titoli non conoscevamo neppure l’esistenza, altri li abbiamo appena sentiti menzionare da esperti e collezionisti: eppure hanno avuto vita, osserva Pernice, si sono avvalsi di una estesa rete editoriale, in casi non rari hanno anche avuto successo (con punte tutt’altro che trascurabili tra le 20mila e le 50mila copie vendute).
Inutile negarlo, il tema è interessante. Il primo e unico documento che il movimento dedica al genere cardine della narrativa moderna è alquanto tardo, risale alla fine del 1939 e al romanzo sintetico. Manifesto futurista. Tardo e poco incisivo: qui Marinetti, con Luigi Scrivo e Piero Bellanova batte genericamente su caratteri come sintesi, simultaneità, attualismo avvenirista; depreca i suoi stessi tentativi precedenti e si lancia con foga in avanti. Eppure fin da subito noi possiamo contare su opere significative:Mafarke le futuristeè del 1909, Il codice di Perelà risale al 1911, e seguono poi testimoni a dozzine. Il fatto è che «Marinetti e sodali preferiscono comporre romanzi piuttosto che discuterne». Pertanto, se a rigore, per carenza di teorizzazioni e applicazioni conseguenti, non esiste un romanzo propriamente futurista; esiste però una consolidata e diffusa prassi a sfondo narrativo a cui sinora si è posta troppo scarsa attenzione. Il vero è – dice Pernice con Calvesi – che «rispetto alla separatezza del da-da e del surrealismo, il gruppo di Marinetti sarebbe democraticamente e funzionalmente aperto alle masse». E che insomma nel romanzo i futuristi sperimentarono una non maggioritaria ma significativa penetrazione del mercato librario. Basterebbe un occhio attento ai generi più frequentati per avere una visione chiara del fenomeno. In dominante salirebbero allora le narrazioni a sfondo erotico, neo-libertino, dove per programma si aggredisce il sentimentalismo borghese, svalutando matrimonio, famiglia, verginità a favore della lussuria e dell’amore libero. Ossia Marinetti-Corra con L’isola dei baci, 1918 (Capri, ambiente omosessuale); il bestseller del solo Bruno Corra: Io ti amo. Il romanzo dell’amore moderno, 1918, cui seguono Perché ho ucciso mia moglie, dello stesso 1918, Santa Messalina, del 1921; quindi Fillia con L’ultimo sentimentale e L’uomo senza sesso, 1927, relativamente alla sconsacrazione dell’eros e alla ricerca di un nuovo equilibrio tra i sessi. E ancora possiamo reperire forme primordiali di fantascienza in volumi come Una donna con tre anime di Rosa Rosà, 1918; La fine del mondo di Volt, 1921; Viaggio al pianeta Marte di Enzo Benedetto, 1926. Infine ecco il grande romanzo di avventure, con risvolti politici e spionistici: Lo Zar non è morto, del 1928, un romanzo a cui misero mano ben dieci autori, tra i più diversi e noti del periodo (Marinetti, Bontempelli, Zuccoli, ecc.). Generi insomma a forte statuto fattuale, imprevedibile, che rimandano a più lontani assetti narrativi. E dice bene Pernice, confermandosi acuto osservatore: laddove gli storici della letteratura tendono «a considerare il romanzo modernista la naturale evoluzione del "novel" sette-ottocentesco, viceversa i romanzi delle avanguardie appaiono, per molti aspetti, procedere sul binario parallelo del romance». Un’acquisizione di non poco conto, magari di per sé non sufficiente a ridisegnare i quadri entro cui si manifestò il romanzo italiano primonovecentesco, però necessario punto di aggiornamento, giusta escavazione da cui ripartire: sia riguardo all’esclusivismo elitarista, che solitamente si annette al concetto stesso di avanguardia; sia riguardo allo scarso interesse che un movimento apologetico della modernità come il futurismo avrebbe mostrato rispetto al genere fondamentale tramite cui in letteratura si è espresso il moderno.

- Bruno Pischedda - Pubblicato su Domenica del 19/5/2024 -

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