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martedì 24 settembre 2024

Astrazione Reale !!

Semplice ed essenziale: la critica della dissociazione del valore ***(Episodio 1): Il capitalismo come astrazione reale

In attesa della pubblicazione nel 2025 del libro di Ernst Schmitter, L'economia come catastrofe. Un'introduzione alla Critica della Dissociazione del Valore, che costituirà il primo lavoro in francese di un primo approccio a questa corrente, vi proponiamo di seguito una guida alla lettura.
Non esiste altra modernità se non quella capitalistica. Un tale fatto evidente, sfugge alla coscienza allorché abbiamo a che fare con processi di modernizzazione visti sotto forma di industrializzazione, di globalizzazione, di individualizzazione e di autonomia. A rimanere inosservato – ma poi tacitamente ammesso senza rifletterci – è il rapporto di dominio inseparabile dalla modernità. Ovviamente, la modernità, se messa in relazione alla società feudale-ecclesiale medievale, si presenta come liberazione dai rapporti personali di dipendenza e di sottomissione. Tuttavia, essa stabilisce però un nuova relazione di dominio - non personale ma oggettivo - ossia, il dominio astratto e interclassista della valorizzazione del capitale. Ciò va di pari passo con la dissociazione della riproduzione, la quale ha delle connotazioni femminili. E la dissociazione diventa la condizione muta della sottomissione alla legge oggettiva della valorizzazione del capitale.
➡ Karl Marx, ha riassunto la legge oggettiva della valorizzazione del capitale nella formula sintetica D-M-D'. Il denaro (D) è usato, attraverso il dispendio di lavoro, come capitale per produrre merci (M). Il valore rappresentato dalle merci – misurato dal tempo medio di lavoro socialmente necessario per la loro produzione – viene riconvertito in denaro sul mercato in quella sfera di circolazione, o di scambio. In ragione della forza-lavoro umana spesa, il denaro investito (D) si trasforma in plusvalore, in più denaro. Parte di questo denaro viene poi costantemente reimmesso nel processo apparentemente infinito di D-M-D'. L'obiettivo del processo è quello di trasformare il denaro in più denaro. Ed è precisamente questo l'astratto fine in sé della produzione capitalistica.
➡ Il fatto che si tratti di un fine astratto in sé non è un caso. Le merci possono essere scambiate, vale a dire, riconvertite in denaro, solo perché esse hanno sempre - nonostante tutte le loro differenze materiali - qualcosa in comune: l'energia bruciata nel lavoro che si manifesta in esse. Le merci vengono prodotte solo in vista dello scambio, e pertanto della loro scambiabilità. È per questo che esse necessitano di materialità, di un valore d'uso concreto. Tuttavia, questa materialità è importante solo in quanto supporto per qualcosa di astratto: il valore di scambio. Il valore d'uso del cemento corrisponde al lavoro concreto. E tuttavia, questo lavoro concreto è significativo anche in quanto supporto per il lavoro astratto. Ciò che conta nel capitalismo non è la ricchezza materiale, quanto piuttosto la forma astratta della ricchezza, ossia la ricchezza che può essere espressa in denaro. Di conseguenza, quando non può più essere riconvertita in denaro, la ricchezza materiale viene distrutta. Così facendo, la forma astratta della ricchezza sacrifica la propria vita concreta (i bisogni umani fondamentali del cibo e del vestiario, di avere un tetto sopra la testa, ecc., e in definitiva l'essere umano stesso) a questo fine in sé - astratto e irrazionale della moltiplicazione del denaro - come espressione della ricchezza astratta.
➡ Nel processo di trasformazione del denaro in merce (produzione), e di trasformazione della merce nuovamente in denaro (circolazione), la merce e il denaro appaiono come manifestazioni diverse di quello che è il valore rappresentato nella merce. Il valore «passa continuamente da una forma all'altra senza perdersi in questo movimento, e si trasforma così in un soggetto automatico» [Marx: Il Capitale, Libro I]. Per mezzo del concetto paradossale di «soggetto automatico», Marx descrive la realtà contraddittoria dei rapporti sociali soggetti alla legge della valorizzazione del capitale, e pertanto alla forma della ricchezza astratta. Tali rapporti, sono espressione di un automatismo cieco, il quale però richiede un supporto dotato di coscienza. Dato che le merci non si producono da sole, ma sono prodotte dalle azioni dei produttori, i quali sono i supporti dell'azione, gli “agenti” del lavoro astratto,  Marx parla di essi anche in quanto «maschere di carattere» del processo capitalistico della moltiplicazione del denaro. E allo stesso modo, le merci non vanno sul mercato di loro spontanea volontà: devono essere "portate" da degli attori coscienti. Tuttavia, la coscienza dei soggetti - in quanto attori del processo di valorizzazione - non include la consapevolezza del quadro sociale in cui tali attori agiscono. Ciò non costituisce oggetto di riflessione critica. Il soggetto agente opera in quello che è il quadro predefinito di un automatismo cieco, e che pertanto rimane limitato alla razionalità interna del processo di valorizzazione. In tal modo, il «"soggetto automatico" non è altro che l'auto-movimento delle categorie reali del capitalismo, create inconsciamente dagli uomini, e che si muovono autonomamente proprio perché gli individui svolgono la loro vita attraverso queste categorie» [Robert Kurz: La sostanza del Capitale].
La riproduzione del rapporto capitalistico - in quanto esecuzione dell'astratto fine in sé della moltiplicazione del denaro - costituisce una pratica sociale globale. Questa pratica costituisce un'azione feticcio immediata, che attraversa sia l'azione sociale produttiva sia tutte le sfere sociali differenziate delle società capitaliste (politica, istruzione, sanità, ecc.). Questa azione è fondamentalmente preformata dalla matrice aprioristica e trans-classe della relazione di moltiplicazione del denaro. Questo agire è un agire feticcio immediato, nel senso che gli esseri umani agiscono, come dice Marx, «ancor prima di cercare di rendersene conto». In questo agire - relativamente a quelli che sono i propri legami sociali e il proprio «metabolismo con la natura» - gli esseri umani non sono architetti (il pensiero non precede l'azione), ma sono «praticamente api», come dice Marx. Si tratta di un'azione inconscia, ma che però passa attraverso la nostra coscienza, la quale esegue attivamente la relazione e la dissociazione capitalista; che così facendo, in relazione all'involucro presupposto a priori che costituisce in relazione al funzionamento sociale-animale all'interno dell'alveare, ci fa assomigliare alle api. E generazione dopo generazione - da due secoli a questa parte - sono esistite generazioni di esseri viventi che sono state socializzate fin dall'infanzia a questa relazione a priori con l'involucro; e che ora realizzano quasi automaticamente attraverso sia le loro azioni che la loro coscienza.
➡ La forma-valore e la forma-soggetto (l'individuo astratto in quanto portatore del movimento di valorizzazione) appaiono come determinazioni universali, e quasi monistiche, dei rapporti sociali. Tuttavia, ciò che viene occultato è il dominio dissociato, e connotato al femminile, della riproduzione. Senza tale ambito, il sistema del lavoro astratto non potrebbe funzionare: dopo tutto, dobbiamo occuparci dei bambini, educare i giovani, curare gli anziani e svolgere le mansioni domestiche. Se questa area dissociata venisse ignorata dal nostro pensiero, la totalità sociale potrebbe essere affrontata solo in modo positivista e riduttivo. Inoltre, questo rende invisibile il fatto che il soggetto è definito come maschio, bianco e occidentale.

*** La critica del valore (in tedesco Wertkritik) e poi, a partire dagli anni 2000, critica della dissociazione del valore (Wert-Abspaltungskritik), è una corrente teorica marxiana di origine tedesca emersa negli anni Ottanta che elabora una critica radicale della società capitalista-patriarcale, al di là del tradizionale punto di vista marxista, del post-strutturalismo, del femminismo materialista e dei concetti tronchi di razzismo presenti nei movimenti post-coloniali, de-coloniali, intersezionali incentrati sulla “biologia razziale”. La Critica della dissociazione del valore si basa su una reinterpretazione della critica di Marx al capitalismo, prendendo spunto da questo autore ma superandone i limiti - il materialismo storico identificato come risultato dell'ideologia borghese. Il capitalismo viene pertanto compreso sia nella sua essenza 1.) attraverso le sue categorie fondamentali quali “valore”, “merce” e “lavoro”, 2.) come una «contraddizione in processo», cosa che indica che esso si dispiega solo attraverso la sua crisi strutturale e l'esaurimento delle sue controtendenze nella forma di un processo di autodistruzione economica, ecologica e sociale indiscriminata 3.) al di là del perimetro stesso del capitalismo. Oltre il perimetro della vecchia critica dell'economia politica, in quanto forma di patriarcato produttore di merci, e attraverso l'evidenziazione di una fondamentale relazione asimmetrica tra i sessi propria della forma di vita capitalista, la “dissociazione”.

fonte: @Palim Psao

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