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sabato 22 giugno 2024

La Critica del Valore riduce tutto ai primi capitoli del I Libro de Il Capitale ?!!???

Non è la prima volta che viene mossa una critica di questo tipo. L' ipotesi secondo cui la Critica del Valore limiterebbe la sua analisi del capitalismo solo ai primi capitoli del Capitale è falsa. Essa " regge" in alcuni ambienti, facendolo solo per il fatto che nessuno sa veramente cosa sia la Critica del Valore, e in virtù del fatto che ciò permette ai “critici” di eludere le esigenze di un dibattito teorico più "profondo". Anziché mediare, a partire dall'analisi del reale le categorie fondamentali del capitalismo, ivi comprese quelle della circolazione e della "politica" - procedimento che viene seguito tanto da Moishe Postone quanto da Robert Kurz, seppure ciascuno in maniera differente – vediamo come questa tesi di una presunta riduzione della teoria di Marx al "Libro I" intenda semplicemente continuare a "leggere" il reale a partire dalle sue forme più immediate.

Infatti, Postone dimostra in maniera assai rigorosa che, in generale e nonostante le differenze interne - che sono molte - tutte le letture tradizionali di Marx hanno in comune il fatto di interpretare le categorie del Capitale in termini di immediatezza e vedendole tutte vincolate alla circolazione. Nella lettura che Postone fa di queste categorie, non troviamo una riduzione, bensì una mediazione. Egli qui si preoccupa dei diversi livelli di analisi e dei diversi piani di esposizione. Il suo libro mostra infatti qual è la differenza tra i rapporti di produzione, in senso stretto, e i rapporti di distribuzione; cosa importante - come dice Postone - «per comprendere LA RELAZIONE esistente tra le categorie del Libro I - come il valore, il plusvalore, il processo di valorizzazione e l'accumulazione - e quelle del Libro III, come il prezzo, il profitto e il reddito». Mentre invece, dove c'è una relazione, il "critico"  vede solo una riduzione. Tanto meno, ha senso pretendere dallo studio di Postone un'analisi immediata del mercato globale ( ivi compreso il sistema politico-statale ). Il suo approccio si sviluppa a un livello teorico assai più astratto - il che non rappresenta una negazione o una "riduzione" dell'"analisi concreta", quanto piuttosto costituisce un prerequisito per fondare teoricamente l'analisi stessa. Se da un lato, egli si interessa delle "forme fondamentali" che strutturano la società capitalistica, indipendentemente dalle particolari configurazioni storiche; dall'altro, si interessa invece della relazione tra queste forme - considerate a livello logico - e le "leggi dei movimenti" così come vengono poi descritte sulla base della dinamica storica del capitalismo [ad esempio, le varie tendenze descritte nel Libro III].

Questi due momenti della teoria non sono separati: l'analisi di Marx mostra che esiste una "relazione sistematica" tra le "forme fondamentali e l'azione sociale". Senza un immediato contesto sociale, non c'è alcun modo di pensare a tali "forme fondamentali", così come non c'è alcun modo di analizzare tale contesto sociale senza le forme soggiacenti. Tuttavia, secondo Postone, l'atteggiamento più comune è invece proprio quest'ultimo: pensare i contesti storici e l'azione sociale solo "sulla base del carattere immediato delle forme manifeste".  L'idea alla base di una "riduzione" - già sbagliata quando si riferisce all'elaborazione fatta da Postone in un'opera di "chiarimento teorico fondamentale" - diventa insensata quando si riferisce alla stessa Critica del Valore e alla sua teoria della crisi. Gli è che, a differenza del libro di Postone, il quale si pone principalmente il problema di una "reinterpretazione della critica marxiana", e non di una teoria sviluppata del capitalismo contemporaneo ( sebbene in altri suoi scritti vi siano dei "momenti" non sistematici di questa teoria ), la Critica del Valore affronta fin da subito proprio il problema della socializzazione capitalistica per come è attualmente e della sua dinamica di crisi. Negli anni '90, invece, la "moda" che ha caratterizzato la ricezione brasiliana di questa posizione consisteva in una critica opposta: Kurz veniva denunciato (ad esempio da Ruy Fausto) come colui che si sarebbe limitato a considerare solo i movimenti superficiali del mercato globale. D'altra parte, già nel saggio fondativo della Critica del Valore, "La crisi del valore di scambio", del 1986, Kurz si concentra soprattutto sulle tendenze strutturali e sulle contraddizioni annunciate nel Libro III ( tendenza alla riduzione del tempo di lavoro sociale totale, tendenza alla diminuzione della massa di plusvalore, formazione di lavoro sociale immediato, ecc.

Lo stesso si può dire riguardo alla polemica intrapresa dalla Critica del Valore nei confronti della "Nuova Lettura" [si veda, ad esempio, il dibattito tra Norbert Trenkle e Michael Heinrich], che ruota anch'essa intorno all'interpretazione di queste tendenze del capitalismo sviluppato, come quella al "capitale fittizio" e tutto ciò che nel III libro Marx designa come la «barriera reale alla produzione capitalistica». Nell'opera di Kurz, un'esposizione più sistematica della "teoria del valore" è apparsa solo DOPO la sua teoria della crisi, la quale, tuttavia, contiene già un'analisi della dinamica della crisi mediata da categorie marxiane che non erano ancora state sistematizzate. Pertanto, già il fatto di attribuire a Kurz la medesima posizione di Postone - laddove essi seguono invece percorsi assai diversi - dimostra una totale mancanza di dimestichezza con l'argomento. In sostanza, si tratta di "ridurre" gli approcci che si discostano dalle eterne ruminazioni delle letture "politiche" di Marx - già completamente fuori dalla realtà (non correrei molti rischi se scommettessi sul fatto che questo "critico" è anche un negazionista della crisi...) - a una sorta di massa indifferenziata, per poi liquidarli tutti, senza alcun criterio, in quanto "regressione". Mentre invece è proprio questa a essere di per sé una regressione.

« Ora voglio arrivare a un ultimo punto, che potrebbe forse sembrare un po'strano: la "fittiziazione" Questo termine va riferito al concetto di capitale fittizio, il quale, ancora una volta deriva  dal buon vecchio Karl Marx e dal suo famoso "Capitale". Ma lo si trova però solo alla fine, nel III volume, quello a cui tuttavia ben pochi marxisti sono arrivati, per quanto oggi le parti più interessanti siano proprio quelle».  (Robert Kurz, 1994 )

fonte: @Marcos Barreira

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