Pagine

venerdì 14 giugno 2024

Infastiditi !!

DAL SITUAZIONISMO ALL'ABISSO
- Grupo Alfa 20 - Testo del 2014, aggiornato a novembre 2023 -

«La brevità piace ed è utile: guadagna con la cortesia quel che perde in brevità. Il buono - se breve - è due volte più buono; anche il cattivo, quand'è piccolo, non è poi così male. Rispetto alla farraginosità, si ottiene più quintessenza (…) Una cosa ben detta è una cosa immediata.» - Baltasar Gracián -

Innanzitutto, bisogna avvertire il lettore che, a volte, criticare l'ideologia di un gruppo di sinistra potrebbe concedere a quel gruppo una coerenza, una consistenza, e un livello teorico che in realtà tale gruppo è ben lontano dal raggiungere. Per dirlo in maniera chiara, bisogna che il livello reale che possiede va elevato, in modo da dargli sufficiente sostanza - che non possiede - per poterlo criticare. Come nel caso in questione. Il gruppo post-situazionista parigino della"Enyclopédie des nuisances" (EdN), o "Enciclopedia dei fenomeni nocivi", è nato dalle rovine del movimento rivoluzionario del maggio 1968. L'autoscioglimento dell'Internazionale Situazionista (IS) avvenne nel 1972, con la pubblicazione del suo ultimo testo: "La vera scissione dell'Internazionale", firmato da Guy Debord e Gianfranco Sanguinetti. In quel testo si affermava che la teoria critica dell'attuale società avrebbe dovuto poggiare su due pilastri: l'inquinamento e il proletariato (dalla tesi 14 alla tesi 19 di quel testo). È su tali pilastri che sarebbe sorto il gruppo che nel 1984 fondò la rivista della "EdN".

Dal 1974 al 1984, ci sono stati dieci anni di rabbioso attivismo di sinistra, che può essere seguito leggendo rivista L'Assommoir [L'Assommoir (1978-1985): Rivista fondata da Roger Langlais e Bernard Pécheur. Sette numeri.] e in alcuni opuscoli e volantini pubblicati in spagnolo sotto la firma di "Los Incontrolados" o “Trabajadores por la autonomía y la revolución social”. Nel 1984, con la fondazione della rivista EdN, gli enciclopedisti constatarono - nei primi due numeri della rivista - il fallimento di tutte le politiche precedentemente sviluppate dal gruppo. La "rivoluzione" portoghese del 1974, che era stata analizzata da Jaime Semprún come l'estensione della rivolta di maggio a tutta l'Europa, e l'inizio della rivoluzione mondiale dei consigli operai portoghesi, che in pratica erano inesistenti; e l'analogo fiasco della successiva analisi degli scioperi scatenati durante la Transizione spagnola, confermò nel 1984 al gruppo EdN la sua certezza circa la sconfitta definitiva del movimento rivoluzionario, il quale si identificava SOLO con il movimento situazionista (poiché ogni altra corrente politica, marxista o libertaria, veniva disprezzata ed etichettata come "di sinistra", vale a dire, ignorata in quanto dogmatica, stagnante e superata). Allo stesso modo in cui la problematica politica rivoluzionaria si riduceva al situazionismo, al di fuori del quale non c'era niente e nessuno; l'ambito geografico di tutto quanto esisteva veniva limitato alla Francia, al Portogallo, alla Spagna, all'Italia e alla Polonia, visto che nulla veniva detto - né se ne curavano - di qualsiasi lotta internazionale che si svolgesse al di fuori di questi cinque paesi.

In tal modo, fin dalle sue origini, l'Enciclopedia mise in atto due riduzioni del movimento sociale rivoluzionario: solo il movimento situazionista e solo l'ambito geografico della penisola iberica, della Francia, dell'Italia e della Polonia. (Molto tardi, nel 2001, avrebbero aggiunto un nuovo paese: l'Algeria). Questo riduzionismo, accresciuto dalla ferma convinzione che il gruppo dell'Enciclopedia fosse destinato a rinnovare la teoria critica della fine del millennio, facilitò una conclusione piuttosto sorprendente: il fallimento del movimento rivoluzionario era dovuto agli errori originali dell'I.S.. Da questo, per arrivare a decidere che l'errore risiedeva proprio nello stesso concetto teorico della "rivoluzione" dell'I.S., retava solo un passo; quello fatto nell'articolo "Abregé" ["Compendio"], pubblicato nel numero 15 dell'EdN.

Al passato delle lotte del vecchio movimento operaio si aggiunsero - negli articoli dell'EdN - nuovi temi e concetti critici propri della nuova rivolta nata spontaneamente nell'attuale "società dello spettacolo": le critiche situazioniste del lavoro, della merce e della vita alienata. L'EdN non trasse alcuna lezione dal fallimento del maggio '68, né soprattutto dall'inefficacia organizzativa dell'I.S. negli anni immediatamente successivi. Si limitò a constatare la "scomparsa" del movimento operaio, che considerava a volte schiacciato o sconfitto, e altre volte integrato nel sistema capitalista. E fece ricorso a miti politici del cambiamento, visto come idilliaco e idealistico ritorno alla natura, e all'annuncio millenario della grande catastrofe ecologica, tecnologica e sociale. Nei confronti della storia delle rivoluzioni, venne adottata una rassegnata contemplazione, senza mai comprendere quali fossero i compiti pratici da assolvere nelle rivoluzioni future. L'EdN non era emersa per trovare un nuovo punto di partenza dopo il fallimento del maggio '68, ma per scagliarsi contro ogni nuovo tentativo rivoluzionario, rendendola così l'unica ed esclusiva proprietaria e custode della critica sociale. La rivista (e il gruppo) erano nati nel 1984 (in seguito all'assassinio del direttore Gérard Lebovici e a una forte campagna diffamatoria sulla stampa contro Guy Debord), in un clima di una certa paranoia persecutoria (più o meno giustificata, ma che li avrebbe segnati irrimediabilmente), che indusse il gruppo ad abbandonare ogni prospettiva rivoluzionaria, fatta a partire dalla conclusione che si era già verificata una svolta storica, la quale rendeva impossibile qualsiasi tentativo di superare il capitalismo. Il gruppo non arrivò mai a fare l'apologia del mondo esistente, e non era ancora sprofondato (non lo avrebbe fatto fino al 1997) in una mera contemplazione passiva della catastrofe, cosa che tuttavia evocava incessantemente. L'EdN aveva scartato l'idea stessa di rivoluzione, non offrendo altra alternativa se non quella di un mito anti-industriale e anti-tecnologico, che confermava costantemente quanto fosse inevitabile il "grande" disastro. Dopo un breve iniziale periodo di sporadica collaborazione da parte di Debord alla rivista EdN (pare sia stato l'ispiratore o il principale redattore degli articoli "Abat-faim" ["Morire di fame"] e "Ab irato"), a partire dal 1987, in seguito a un'aspra polemica tra Jean-François Martos (che difendeva le posizioni di Guy Debord) e Chistian Sebastiani (che difendeva le posizioni di Jaime Semprún) sull'occupazione della Sorbona da parte degli studenti liceali nel dicembre 1986, Guy Debord si allontanò dall'EdN. Questa presa di distanza si tradusse in una rottura definitiva, confermata allorché l'EdN rese nota ed esagerò la presunta influenza esercitata da Günther Anders su Debord. Nel 1956 Anders aveva pubblicato "L'uomo è antiquato" che, secondo gli enciclopedisti, non solo anticipava di oltre dieci anni le tesi sviluppate da Debord ne "La società dello spettacolo", ma le diceva anche meglio e più chiaramente. Nondimeno, nel 1988 Jaime Semprún ha dato una valutazione assai favorevole sul delirio persecutorio dei Commentari alla società dello spettacolo di Debord.

Il concetto di "fastidio" (nocività, o fenomeno nocivo) divenne così la bacchetta magica di un pensiero confuso, nel quale il capitalismo cessò di essere un'accumulazione di mezzi di produzione per ottenere un profitto, e cominciò a essere visto come un accumulo infinito di mezzi per inquinare (nocività). Ora, la ragion d'essere del sistema di produzione capitalistico sarebbe diventata quella di produrre fenomeni nocivi, così come quella di una fabbrica sarebbe la produzione di fumi, e non più l'arricchimento del suo proprietario attraverso la produzione di merci da vendere sul mercato a scopo di lucro. Vale a dire, il fenomeno dell'inquinamento cessò di essere un prodotto marginale e indesiderabile della produzione capitalistica - che non veniva considerato finché non impediva l'ottenimento di plusvalore - per diventare, secondo il pensiero enciclopedico, lo scopo fondamentale e distruttivo di un capitalismo già caratterizzato come industrialismo. Allo stesso modo in cui il segno caratteristico dell'I.S. era stato lo SPETTACOLO, il marchio di fabbrica dell'EdN era la NOCIVITÀ. Nel 1972, l'inquinamento e il proletariato erano le due gambe su cui si basava la critica teorica sociale che l'EdN traeva dall'ultimo testo pubblicato dall'I.S., "La vera scissione nell'Internazionale". Ma ben presto, senza il proletariato - che l'EdN arrivò subito a considerare socialmente morto - la sua critica rimase zoppa, basandosi solo sulla gamba dei fenomeni dannosi. E senza alcuna prospettiva rivoluzionaria, dal momento che per gli enciclopedisti il proletariato non esisteva più, e senza avergli fino a oggi trovato un sostituto che agisse come soggetto rivoluzionario, il gruppo di Semprún, dal 1984 al 1992, si è dedicato ai seguenti compiti:

1. - Elaborare un dizionario dei fenomeni nocivi, senza altro orizzonte se non quello dell'inevitabile catastrofe del pianeta. Per otto anni l'EdN si è dedicata esclusivamente alla scrittura e alla vendita dei fascicoli di un'enciclopedia che non è andata oltre la lettera A. Negli anni Ottanta, i rabbiosi rivoluzionari situazionisti del maggio 1968 erano già diventati i venditori dei fascicoli di un'enciclopedia incompleta, monotematica e infinita!
2.- La critica contro-giornalistica, già provata sulla rivista L'Assommoir, che attraverso un'avida lettura della stampa quotidiana metteva in evidenza, rivelava, raccoglieva e moltiplicava all'infinito tutti i fenomeni nocivi del nostro mondo che, per mezzo di una sensibilità malsana e ripetitiva, aristocratica ed elitaria, venivano presentati come esempi della barbarie della società in cui viviamo, fino all'annuncio della catastrofe imminente. La ripetizione monotona e l'enumerazione dei fenomeni nocivi divennero una sorta di argomentazione teorica che accumulava le prove dell'esistenza della nocività, e che allo stesso tempo finì per sostituire l'elaborazione di una teoria critica che invece avrebbe dovuto spiegarla e la comprenderla nella sua interezza, finendo per limitarsi ad elaborare una fenomenologia della nocività.
3. - La piena e consapevole scissione tra teoria e pratica ha segnato così l'impotenza dell'EdN ad assumere una prospettiva rivoluzionaria che potesse comprendere e capire la totalità, a partire dalla somma dei particolari fenomeni dannosi.

L'essenza dell'EdN si spostò così definitivamente verso la sua realizzazione letteraria, filosofica ed editoriale fine a sé stessa, e quindi in quanto obiettivo separato dal movimento sociale e storico reale del movimento operaio, che ben presto lo avrebbe portato a schierarsi apertamente contro quel movimento. L'assenza di una reale prospettiva storica e politica avrebbe reso illusoria qualsiasi posizione critica degna del nome di teoria. Pertanto, l'EdN manca di un corpus teorico degno di questo nome. Le tesi che sostiene sono state tratte dal pensiero marxista (in particolare dalla versione reazionaria e universitaria della Scuola di Francoforte); o ereditate dal situazionismo (tra le tante, il concetto fondamentale, per l'EdN, di nocività); altre provengono dall'idealismo hegeliano (essenzialmente dai concetti hegeliani della fine della storia e dell'Idea assoluta), e alcune di quelle tesi più utilizzate non solo accettano, ma continuano e aggiornano il pensiero anti-tecnologico, anti-industriale e reazionario di Heidegger. Ma gli enciclopedisti, avidi lettori in cerca di autorità su cui basare i loro deliri, le loro fobie e le loro fantasie, non esitano a prendere citazioni e argomentazioni dagli autori più diversi e ideologicamente opposti, a volte riconoscendolo anche, e a volte nascondendolo, come Mumford, Noble, Rifkin, Adorno, Bernanos, Gorz, Traven, Anders, Marcuse, Horkheimer, Orwell, Zerzan e molti altri. Questo "corpus teorico" (si fa per dire) dalle molteplici origini manca di originalità propria, così come di un'unità teorica che amalgami un conglomerato così eterogeneo, preso in prestito da così tante fonti diverse. Manca anche una radice teorica costante che resista al passare del tempo, dal momento che l'evoluzione senza precedenti di Jaime Semprún, dall'attivismo consiliarista di sinistra del 1974 alla passività reazionaria del giardiniere, lo ha trasformato in una notevole e capricciosa banderuola teorica, assolutamente sradicata.

- Grupo Alfa 20 - Pubblicato il 22/11/2023 su Ser Historico -

Nessun commento:

Posta un commento