Una mattina qualunque di fine secolo, in una strada di Milano, Giulio Bontempi, «un vecchio decoroso», viene fermato da un signore esuberante, suo coetaneo, che grida entusiasta di essere stato suo commilitone sul fronte greco-albanese, 1941 e seguenti. «Nella notte della memoria» a Giulio sembra di intravedere un nome: «Bordoni Oscar!». È un momento, due Campari soda al bar e si trova rapito in una girandola di ricordi e richieste inevitabili. Un’intrusione duratura dentro la sua vita che lo strappa dalla routine. Ma chi è Bordoni Oscar, è veramente lui o un impostore, un simpatico scroccone, o è un truffatore? Questo a Giulio inconsciamente poco importa, finché il sedicente Oscar «gli restaura la memoria». Oppure, più che restaurarla, gliela costruisce? Così a poco a poco, oltre agli esborsi crescenti di denaro, oltre alle verità dimenticate, si fanno lentamente avanti anche verità che si preferirebbe lasciare sepolte per sempre: «la vergogna non si racconta». Quotidianità e inquietudine, fragilità e fame di vita, astuzia e pietà umana, spensieratezza e malinconia sono mescolate in questi personaggi e in questo intreccio. Furio Scarpelli, assieme ad Agenore Incrocci, ha firmato come Age&Scarpelli le più memorabili sceneggiature dell’epoca d’oro del cinema italiano. E nei suoi libri l’ammaliante realismo si congiunge alla commedia.
(dal risvolto di copertina di: Furio Scarpelli, "Si ricorda di me, signor tenente?", Sellerio, pagg. 176, €14)
Tra le carte di Scarpelli
- Il figlio del grande sceneggiatore ha trovato un racconto nel cassetto del padre. Praticamente un film. Mai realizzato -
dì Alberto Anile
Si ricorda di me, signor tenente? Il romanzo fino a ieri inedito di Furio Scarpelli, comincia come uno dei cento film scritti con Age, "La marcia su Roma" (regia Dino Risi, annata 1962): un veterano di guerra riconosce un passante per un commilitone e attacca bottone in cerca di pecunia. Lo stesso capita a Giulio Bontempi, abbordato in una via milanese da Oscar Bordoni, entusiasta di avere ritrovato quello che definisce «un fratello». Ma chi è Oscar? Un premio del destino? Un qualsiasi millantatore? Un provvidenziale psicoanalista? Una nemesi del destino? Edito da Sellerio, questo svelto e gustoso romanzo breve è una piccola porzione di quanto giace fra le carte lasciate dal grande sceneggiatore, centosettantasei pagine fra le quali invano si cercherebbero notizie sulla loro origine. Chi sa tutto è Giacomo Scarpelli, figlio di Furio, già suo complice nelle sceneggiature dell'ultimo scorcio di vita e oggi professore di filosofia; è lui ad avere recuperato il manoscritto, ad averlo proposto a Sellerio e ad averlo curato per la pubblicazione. Da lui sappiamo che "Si ricorda di me, signor tenente?" recava questa nota autografa: «Storia inventata sulla base di una testimonianza di Claudio Bonivento e di ricordi personali di guerra dell'autore - ottobre 1999». Claudio Bonivento è il produttore di "Sapore di mare" e di "Mery per sempre",e la testimonianza riguardava il padre Mario, che come il Giulio Bontempi del libro subì traumi di guerra e sposò la sua infermiera. Bonivento figlio raccontò la storia di Bonivento padre a Scarpelli, chiedendogli di prepararci un film. Scarpelli ci mise dentro anche alcuni ricordi personali, situazioni vissute e personaggi conosciuti ma, com'era suo solito, anziché scrivere un semplice trattamento da cui trarre immagini vergò in bell'italiano un racconto che si potesse leggere a prescindere. «Scriviamo bene questo film», diceva spesso al figlio, «e poi speriamo che non lo facciano, tanto poi lo fanno male».
Si ricorda di me, signor tenente? si gode infatti senza il retro-pensiero del film mancato, e senza i tecnicismi stilistici del copione che deve farsi fotogramma. Quando gli serve, l'autore riassume il pregresso dei personaggi, scherza col lettore, e si permette per inciso osservazioni laterali, sull'istupidimento televisivo («tre figure assistono alla chiassosa trasmissione con occhi e mente spenti dall'entusiasmo. Lo si sarà notato, certe fragorose trasmissioni producono un fervore disattivato, piatto come una lastra funebre»), oppure sul difficile rapporto padre-figlio («di questi tempi ciò che dovrebbe costituire una drammatica eccezione è diventata consuetudine sociale, ironizzabile ormai come il tradizionale conflitto tra suocera e genero»). Oppure questa, bellissima, che sembra paradossalmente negare la grandezza del cinema e invece la celebra: «I fratelli Lumière e il fonico Movietone possono andare a farsi fottere, la televisione buttala nel cassonetto. Come diceva Chaplin? Il prodigio è qui», dice Oscar battendosi il dito sulla testa. «Osserva a occhi aperti, medita e immagina a occhi chiusi. Non a caso Omero era cieco». Il tema del libro è la memoria (compresi gli scherzi che fa), sia privata sia collettiva, e il modo in cui quella privata dovrebbe toccare quella collettiva, col coraggio di considerarla dal proprio punto di vista. «Le cose che ci stiamo dicendo sono sui libri», dice Oscar a Giulio, «sulle cronache, sulle memorie stampate; ma noi stiamo percorrendo un itinerario sotterraneo ala storia. Occulto, intimo, l'itinerario dello spirito, percorso carponi, strisciando sotto gli avvenimenti noti, non stando seduti alla scrivania, non riesumandolo alla televisione con il microfono in mano».
Come già in "Amori nel fragore della metropoli", la raccolta di racconti pubblicati da Sellerio nel 2019, colpisce la lingua sapida e insieme colta, dove la ricercatezza e l'esattezza di alcuni termini si unisce al calembour e all'espressione popolare, e dove l'apparizione della parolaccia è talmente dosata e padroneggiata da apparire anch'essa aulica. Nel toccare temi complessi come l'8 settembre e i traumi donati dalla guerra c'è il rigore morale dell'umorista di razza, che in tutta la sua carriera, dai disegnini per il Marc'Aurelio ai copioni per Scola e Monicelli, ha capito che il dramma della realtà va letto con sfrontata ironia. Non per consolare ma perché, come scrisse in occasione della scomparsa di Alberto Sordi, «sottraendo l'ironia al reale, si commette atto di falsità. Siate soltanto seri e sarete poco seri». Pare che Bonivento sogni ancora di girare il film dalla storia di suo padre. Intanto in casa Scarpelli dormono altri soggetti, altre storie, altre carte, che ci auguriamo escano anch'essi fuori dai cassetti, a farsi leggere da chi magari all'epoca della loro stesura non era neanche nato.
- Alberto Anile - Pubblicato su Robinson del 19/11/2023
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