mercoledì 27 giugno 2018

Poeti civili

orwell

Per un'ecologia del pensiero e della scrittura secondo George Orwell
- di Marguerite de Soos -

Scrivere un articolo, o esporre il proprio pensiero, non è un compito facile. Utilizzare le parole non è un atto neutro. Nel suo saggio "Politics and English Language", George Orwell ricorda l'importanza della scrittura ed i suoi problemi nascosti.  Propone quindi un nuovo metodo di scrittura, prodigandosi in consigli ed avvertimenti, a partire dai quali, sotto molti aspetti, numerosi giornalisti ed intellettuali potrebbero trarre ispirazione. Al momento della stesura del saggio di George Orwell, il contesto politico non era solo quello della fine del nazismo, della vittoria del liberalismo e del consumo, dell'avvio della decolonizzazione. o dell'inizio di un disinibito multiculturalismo. Ma era anche quello in cui si assisteva ad un avvenimento linguistico: era l'inizio dell'epoca di una post-verità industriale. Era il 1946, quando George Orwell decise di interessarsi nel dettaglio alla relazione esistente fra la politica ed il linguaggio. Linguistica e politica non sono affatto dei domini separati. I grammatici erano dei funzionari del Regno che lavoravano all'unificazione nazionale attraverso l'istituzione di un'Accademia (nel 1634, Richelieu aveva fondato l'Académie française), di un dizionario e di una letteratura (Joachim du Bellay scriveva nel 1549 "La Défense et illustration de la langue française"). Non è perciò sorprendente vedere George Orwell reagire alle qualità ortografiche e redazionali dei suoi contemporanei.
Orwell ritiene che ci siano troppi testi scritti male: secondo lui, l'uomo del mondo libero è libero di scrivere ciò che vuole, ma la quantità della sua produzione non ne garantisce affatto la qualità; anzi, è il contrario. In questo vede il segno di un'epoca "decadente". La debolezza del pensiero rende la scrittura uno sforzo mentale e fisico. Nel suo saggio, svolge in quattro punti una diagnosi di quelli che sono i mali inglesi: «parole senza significato», «ampollosità», «Operatori, o gambe di legno verbali» e «metafore spompate»...
Rigorosamente, egli basa la sua denuncia su delle prove e degli esempi giornalistici, politici ed accademici.
Orwell ritiene che la lingua sia ormai entrata nel registro della «parodia». Per iscritto, dà numerosi consigli al fine di chiarire e strutturare un proposito: la preferenza per le parole corte, la soppressione di ciò che è superfluo, la punteggiatura precisa... Teorizza quindi un'economia della scrittura, se non una vera e propria ecologia del pensiero. Ma prima di essere un ecologista, Orwell è un linguista antimoderno, convinto e militante: «Come ho cercato di mostrare, lo scrivere moderno nella forma peggiore non consiste nello scegliere le parole per quello che significano  e inventare immagini per renderne il significato più chiaro. Consiste nell’appiccicare insieme lunghi nastri di parole che qualcun altro ha già messo in fila e rendere il risultato adeguato grazie alla pura malafede.» Per lui, la modernità cerca la rapidità e la facilità a spese della verità.
La lingua inglese moderna è per natura una lingua capitalista: le parole fanno esperienza dell'inflazione, la grammatica è soggetta ad una ristrutturazione, la punteggiatura alla scomparsa. Essa crea solamente un discorso "svalutato", svuotato del suo valore.
Secondo lui, «Lo  stile  pomposo  è  di  per  sé  una  sorta  di  eufemismo.» Ecco perché è tempo di dedicarsi ad una decrescita dell'attività intellettuale e giornalistica, al fine di rivoluzionare la scrittura. A tal proposito, George Orwell si richiama a Simone Weil.

Una decadenza che ha origini politiche
«Ogni argomento è argomento politico e la politica stessa è una montagna di bugie, scantonamenti, stupidità, repulsione e schizofrenia. Quando l’atmosfera  generale è cattiva, il linguaggio soffre per forza. Mi aspetterei di scoprire – è un’ipotesi che le mie conoscenze non mi permettono di verificare – che il tedesco, il russo e l’italiano si siano tutti alterati negli ultimi dieci o quindici anni, come risultato della dittatura. Ma se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero». Per George Orwell, i suoi contemporanei, vittime di un'ideologia linguistica, sono sotto molti aspetti delle "marionette", "senza occhi" in quanto senza visione. Gli intellettuali sono ciechi e bugiardi. La loro professione consiste nel trasmettere il reale, ma si rivelano incapaci di vederlo. Quella che opera è una mistica della scrittura: lo scrittore ideologizzato cerca di imporre la sua parola, mentre dovrebbe essere la parola che si impone allo scrittore.
Il pensiero di George Orwell segue il conflitto moderno fra artista ed artigiano. E propone all'intellettuale un ritorno all'umiltà: Orwell è un giornalista che ha vissuto col popolo, e che trae da questo una filosofia, la famosa decenza comune. Secondo lui, il giornalista deve smettere di imporre le sue parole al popolo ed accettare di fare da semplice ripetitore delle parole del popolo, poiché in realtà non svolge una professione; egli non produce niente. Il giornalismo è un sacerdozio - direbbe George Bernanos - vale a dire un servizio, una cancellazione del sé a favore dell'altro. George Orwell non è altro che l'inviato della miseria popolare nei lussuosi ambienti londinesi. È questo il motivo per cui la letteratura può essere solo letteratura impegnata.
Tuttavia, egli ci mette anche in guardia contro una forma di ortodossia che toglie la vita alle parole. Orwell si oppone allo «stile imitativo». Propone uno stile quasi ecologico: delle parole fatte in casa, fresche e vive, e che non escono dalle industrie giornalistiche o editoriali. Avvenne durante la stesura di questo saggio che George Orwell ebbe l'intuizione che più tardi avrebbe chiamato neolingua, la quale rimandava al discorso totalitario. Secondo lui, la riflessione non è un riflesso, bensì un atto di "volontà". Si è convinto, a furia di combattere su quel terreno, che l'uomo non è un robot e che lo scrittore non è una macchina da scrivere. Il pensiero e la verità hanno una vita, e l'intellettuale deve rispettarla.
George Orwell desidera perciò consigliare i suoi colleghi e attraverso domande e consigli dare inizio ad una nuova generazione di giornalisti. «Che cosa sto cercando di dire? Con quali parole lo esprimerò? Quale immagine o modo di dire lo renderà più chiaro? Questa immagine è abbastanza fresca da avere un qualche effetto? Potrei dirlo più brevemente? Ho scritto qualcosa di bruttezza non necessaria?», sono domande utili per ciò che Baudelaire avrebbe chiamato un'igiene mentale. George Orwell mostra di essere particolarmente attento alla bellezza della lingua. È ciò che Bertrand Vergely chiamerebbe un "poeta civile", vale a dire un uomo che libera l'energia poetica di un'epoca. Pier Paolo Pasolini portava avanti questa stessa lotta contro la lingua pubblicitaria fatta di slogan. Sulla sua isola, Orwell si batte contro la lingua dei robot e degli uomini ideologizzati.

Alla ricerca di un pensiero incarnato
George Orwell preferisce lo stile dell'immagine e dell'analogia a quello delle lunghe descrizioni, cliniche e astratte: «Quando pensate a qualcosa di astratto siete più propensi ad usare le parole fin da principio e, a meno che non facciate uno sforzo consapevole per evitarlo, il gergo esistente irromperà a fare il lavoro per voi, offuscando o perfino mutando il vostro significato. Probabilmente è preferibile evitare di usare le parole più a lungo possibile e chiarirsi quanto più si può il significato attraverso immagini e sensazioni. In seguito uno può scegliere – non semplicemente accettare  – le frasi che meglio esprimono il significato e infine cambiare ruolo e stabilire quale impressione le parole scelte probabilmente faranno ad un’altra persona.
Quest’ultimo sforzo mentale taglia via tutte le immagini stantie o promiscue, tutte le frasi prefabbricate, le ripetizioni inutili, malafede e vaghezza in  genere.
»
La pretesa "scrittura pura" ispirata e spontanea, archetipo dell'uomo moderno e talentuoso, deriva da una visione romantica del pensatore che in realtà lascia spazio a degli errori e a delle derive ideologiche. Per l'uomo, scrivere è un processo lungo, laborioso, ma naturale: è per questo che Orwell vuole mettere a confronto il lettore e lo scrittore. Il pensiero viene scritto, e quindi completato, quando è fresco, breve e bello. Orwell utilizza un linguaggio colorito che parla da solo: «Un uomo può cominciare a bere perché si sente un fallito e così fallire sempre di più per il fatto che beve. È più  o meno quello che sta accadendo alla lingua inglese.» Poeta, parla per metafora al fine di illuminare gli spiriti. San Tommaso consigliava: «E' meglio illuminare gli altri che brillare solo per se stessi». Questo è senza dubbio un precetto che George Orwell si è sforzato di seguire, assumendo di essere solo l'umile corriere di una conoscenza che va al di là di lui.
È pieno di ottimismo quando continua: «[La scrittura] diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono stupidi, ma la trascuratezza della nostra lingua ci rende più facile avere pensieri stupidi. Il punto è che il processo è reversibile.» Sta a noi essere «l'azione consapevole di una minoranza». Contrariamente a Simone Weil, che si dice pronta ad instaurare un Tribunale di verità e menzogne, Orwell propone un'autocorrezione ed una correzione fraterna per chiarire e fondare il pensiero. Ecco quali sono i cinque consigli che dà ai giornalisti ed ai politici dei suoi tempi per "de-ideologizzare" i loro discorsi:

« 1. Mai usare una metafora, similitudine o altra figura retorica che siete soliti vedere sulla stampa.
   2. Mai usare una parola lunga quando una corta va bene altrettanto. 
   3. Se è possibile tagliar via una parola, tagliatela sempre. 
  4. Mai usare il passivo quando potete usare l’attivo. 
  5. Mai usare una locuzione straniera, un termine scientifico, una parola di qualunque gergo se riuscite a        pensare all’equivalente in comune inglese. 
   6. Violare qualunque delle regole precedenti piuttosto che scrivere qualcosa di barbaro.»

- Marguerite de Soos - Pubblicato il 24 maggio 2017 su Philitt -

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