venerdì 20 aprile 2018

Catastrofico

jehu faro

Note su una chiacchierata a proposito di comunismo e tempo libero
- di Jehu -

Il testo che segue vuole servire come spunto per una discussione sul comunismo ed il tempo libero nella teoria marxiana del valore. Tratto per lo più dai Grundrisse, e nello specifico dal cosiddetto frammento sulle macchine, non ha una forma compiuta, e vorrebbe servire da base per una discussione. Non offre alcuna prova riguardo l'argomentazione di Marx. Niente di quello che viene detto presuppone che Marx avesse ragione, ma dice soltanto che sono queste le sue argomentazioni, così come vengono svolte nei Grundrisse.
L'approccio assume che il comunismo può essere definito in nessun altro modo che non sia tempo libero. Inseguendo questa logica, il capitalismo viene concepito come la creazione delle basi materiali per il non-lavoro della maggioranza della società.
A titolo di introduzione, va notato che questo testo di Marx proviene da una collezione di quaderni che erano per lo più rimasti sconosciuti fino a circa il 1973. Come lo si può vedere dal sommario, Marx ha predetto che la fine della produzione basata sulla moneta-merce [moneta, basata sull'oro, come mezzo per regolare gli scambi] era inevitabile. Tuttavia, tale predizione non era mai stata resa nota, visto che il "Gold standard" era già collassato nel 1971. Di conseguenza, la predizione di Marx non è mai stata adeguatamente integrata nel modello teorici di Marx da parte degli accademici e degli economisti marxisti. Quindi i Grundisse offrono una prospettiva differente per quanto riguarda gli eventi del XX secolo, dalle due guerre mondiali alla Grande Depressione, fino al crollo del sistema monetaria di Bretton Woods avvenuto nel 1971, e che riguarda anche molti eventi verificatisi da allora in poi nel mercato mondiale.

1. - Lavoro necessario ed automazione
Secondo Marx, l'acquisto e la vendita di forza lavoro in cambio di denaro (vale a dire, lavoro salariato) è lo sviluppo finale della produzione basata sul valore di scambio. Nei testi, la produzione basata sul valore di scambio viene definita anche come "produzione di merci semplice", una produzione basata sullo scambio, o sulla produzione di mercato.
Produzione basata sul valore di scambio, significa, fra le altre cose, che la produzione viene svolta in maniera separata da individui o gruppi all'interno della comunità di produttori, ed i prodotti di tale lavoro vengono successivamente scambiati fra di essi. La produzione pienamente sviluppata basata sullo scambio, implica il ruolo necessario del denaro come mezzo per la circolazione delle merci. I prezzi delle merci, espresse in una qualche forma di denaro, equivalgono più o meno al tempo di lavoro impiegato per la loro produzione.
Nel modo di produzione basato sul valore di scambio, il fattore determinante nella produzione di ricchezza è la massa di tempo di lavoro diretto che viene impiegato nella produzione. Tuttavia, con l'emergere del capitalismo ed il susseguente emergere della grande industria, la produzione di ricchezza reale (esempi: scarpe, case) dipende sempre meno dal tempo di lavoro diretto. Invece, la produzione si basa sempre più sull'applicazione della scienza e della tecnologia ai fini della produzione. Nella produzione, le macchine prendono il posto dell'essere umano.
La quantità di ricchezza materiale creata dall'applicazione della scienza e della tecnologia, cresce in maniera drammatica, rispetto a quella che è l'applicazione, relativamente piccola, del lavoro vivente nella sua produzione. Col tempo, la produzione di ricchezza materiale (scarpe, case) viene sempre più a dipendere dall'applicazione della scienza e della tecnologia nella produzione, piuttosto che dal lavoro umano vivente.
La sempre maggior dipendenza della produzione dalla scienza e dalla tecnologia, risulta allo stesso tempo nello svilupparsi di qualcosa di assai simile a quello che oggi chiamiamo Intelligenza Artificiale Generale:
«Lo sviluppo del capitale fisso mostra fino a quale grado il sapere sociale generale, knowledge, è diventato forza produttiva immediata, e quindi le condizioni del processo vitale stesso sono passate sotto il controllo del general intellect, e rimodellate in conformità a esso. Fino a quale grado le forze produttive sociali sono prodotte, non solo nella forma del sapere, ma come organi immediati della prassi sociale, del processo di vita reale.»

Marx sta quindi predicendo che c'è un punto in cui la produzione di merci richiederà così poco lavoro umano, e diverrà così dipendente dalla scienza e dalla tecnologia, che il dispendio di lavoro umano non servirà più per misurare il valore delle merci. Le macchine, e non il lavoro vivente, diverranno gli organismi immediati di produzione. Queste macchine incorporeranno essenzialmente, direttamente nel processo di produzione, la nostra conoscenza scientifica delle leggi fisiche.
Con il trasferimento della produzione, dall'applicazione diretta del lavoro umano all'applicazione della scienza e della tecnologia, la produzione basata sul valore di scambio (sull'applicazione del lavoro umano vivente sulla produzione) si rompe (collassa), Vale a dire, i prezzi pagati per le merci non esprimono più il tempo di lavoro socialmente necessario richiesto per la loro produzione.
Anche se Marx viene generalmente associato all'idea che il prezzo della merce sia un'espressione del suo valore, la maggior parte delle persone non realizza che Marx aveva previsto che l'uguaglianza fra prezzi e valori alla fine si sarebbe spezzata. Superato quel punto, i prezzi non avrebbero più riflesso i valori delle merci. All'inizio del XX secolo, i marxisti erano profondamente divisi sul fatto che la teoria di Marx avrebbe predetto che questa fondamentale premessa del modo capitalistico di produzione avrebbe collassato. Il dibattito aveva contrapposto i cosiddetti catastrofisti (i quali credevano che il capitalismo si dirigeva verso il collasso) ai non-catastrofisti (quelli che credevano che il capitalismo sarebbe gradualmente evoluto in comunismo). Solo con la pubblicazione dei Grundrisse, la questione poteva essere risolta: Marx era un catastrofista!

2. - L'automazione e la creazione del tempo di lavoro disponibile
Marx sostiene che il capitalismo, oltre a sostituire progressivamente il lavoro vivente nella produzione di ricchezza materiale attraverso la conoscenza scientifica ed i macchinari, converte progressivamente una quantità sempre più grande di tempo di lavoro necessario in quello che egli chiama "tempo di lavoro disponibile", o "tempo libero", mettendolo a disposizione di un piccolo strato di sfruttatori.
Mentre il tempo libero per pochi esiste in tutte le società primitive in cui c'era una classe, o delle classi sfruttatrici, nel modo di produzione capitalista, lo scopo immediato della produzione è l'appropriazione di massa sempre più grande di tempo di lavoro in surplus. Il capitalista trae un profitto dal ridurre progressivamente (ed aggressivamente) l'utilizzo del lavoro vivente nella produzione.
Allo stesso tempo, la riduzione del lavoro vivente nella produzione di scarpe, case, ecc. non viene perseguito dal capitalista, in modo che la società possa sì essere liberata dal tempo di lavoro necessario, ma per potere così incrementare il surplus (non retribuito) di tempo di lavoro.
È importante scoprire cosa questo significhi per il comunismo! L'epoca del capitalismo è caratterizzata dalla riduzione progressiva del lavoro necessario in modo da incrementare il tempo di lavoro in eccesso. Perciò bisogna che il tempo di lavoro necessario venga ridotto  in maniera tale che venga incrementato il tempo di lavoro in eccesso.
Realizzarlo non è facile. E neanche essere un capitalista è facile. Come spiega Marx, convertire il tempo di lavoro necessario in tempo di lavoro in eccesso di questi tempi comincia ad essere piuttosto caotico e lo diventa sempre di più. Se il capitale ci riesce troppo bene nel farlo, ecco che allora comincia a soffrire di sovrapproduzione. La produzione viene interrotta, dal momento che non può essere realizzato nessun surplus di lavoro.
Quanto può arrivare ad essere caotico il sistema di produzione? Precedentemente abbiamo visto che Marx aveva previsto che la produzione basata sul valore di scambio avrebbe collassato - ecco fino a che punto può essere caotico! Alla fine, le crisi periodiche - in cui la produzione per il profitto si interrompe perché il plusvalore non può essere realizzato - diventano uno stato permanente del modo di produzione.

3. - La creazione del tempo di lavoro disponibile ed il collasso del gold standard
Concentriamoci sulla categoria-chiave utilizzata da Marx, la «Produzione basata sul valore di scambio».
Cosa intende Marx con questa frase? Nella teoria marxiana, il "valore di scambio" viene definito nel I volume del Capitale, per cui il valore di scambio è l'espressione del valore della merce espressa nei termini della sua relazione di scambio con un'altra merce.
Il valore della merce è il tempo di lavoro socialmente necessario richiesto per produrre la merce stessa; mentre, il valore di scambio di una merce è il tempo di lavoro socialmente necessario richiesto per produrre una merce espressa secondo i termini del materiale contenuto in un'altra merce.
Così, ad esempio, il valore di scambio della forza lavoro viene indicato in termini dell'oro pagato per ottenerlo sul mercato. Se un giorno di forza lavoro può essere acquistata per due etti di oro, questo significa che la forza lavoro di un giorno è uguale al tempo di lavoro socialmente necessario richiesto per poter produrre i due etti d'oro.
Con una simile dimostrazione, il problema empirico, ovviamente, consiste nel fatto che nessuno sa quanto sia il tempo di lavoro socialmente necessario a produrre qualsiasi cosa - che sia oro, forza lavoro, gadget, un crack di cocaina, qualsiasi cosa. Ma per ora lasciamo stare. Per quanto ho detto sopra, la cosa importante è che Marx sostiene che alla fine questa relazione fra il valore di una merce e la sua relazione di scambio con un'altra merce, nel modo di produzione capitalista collasserebbe. Ad un qualche punto dell'evoluzione del capitale, la relazione di scambio fra forza lavoro ed oro avrebbe smesso di riflettere comparativamente il loro tempo di lavoro socialmente necessario.
Un'altra strada potrebbe seguire quella di dire che ad un certo punto il prezzo della forza lavoro in oro (vale a dire, i salari) avrebbe smesso di riflettere il valore della forza lavoro. I prezzi di tutte le merci. inclusa la forza lavoro, non esprimono più il loro valore in termini di lavoro. Ciò si verificherebbe in quanto la produzione della ricchezza materiale (scarpe, case) riflette l'applicazione della scienza e la tecnologia, più di quanto rifletterebbe il lavoro umano. Perciò, Marx ha previsto che la fine della produzione basata sul denaro era inevitabile. La pubblicazione dei Grundrisse quindi getta luce sulle forze che alla fine, nel 1971, hanno portato al collasso del sistema monetario a Bretton Woods.

4. - La sovrabbondanza relativa contro la sovrabbondanza assoluta della forza lavoro e del capitale
Secondo Marx, la creazione del profitto si ottiene convertendo il tempo di lavoro necessario in tempo di lavoro eccedente. Il capitale si basa sulla relativa sovrabbondanza, sia di capitale che di forza lavoro, rispetto ai bisogni immediati della società che possono essere rivolti alla produzione di plusvalore. Il plusvalore, dice Marx, richiede che, «una gran parte della ricchezza già creata possa essere sottratta, sia al consumo immediato sia alla produzione finalizzata al consumo immediato, in modo da poter impiegare questa parte per il lavoro che non è immediatamente produttivo all'interno del processo stesso di produzione materiale.»
Il capitale crea quindi profitti creando una relativa sovrabbondanza di lavoratori e di capitale, che possano essere impiegati per la produzione di plusvalore. Marx definisce la sovrabbondanza relativa di forza lavoro e di capitale nel seguente modo:
«Nella misura in cui, l'ampiezza della relativa eccedenza di lavoro dipende dalla produttività del lavoro necessario, anche l'ampiezza del tempo di lavoro - con l'obiettivo di vivere bene - impiegato per la produzione di capitale fisso dipende dalla produttività del tempo di lavoro impiegato per la produzione diretta di prodotti. La popolazione in eccedenza (da questo punto di vista), così come l'eccedenza di produzione, è una condizione per questo. Vale a dire, la quantità di tempo speso nella produzione diretta dev'essere maggiore, relativamente, di quello richiesto per la riproduzione del capitale impiegato in questo settore dell'industria.»
Qui l'argomentazione di Marx è critica, dal momento che implica che quando il tasso di profitto cade permanentemente a zero, la popolazione superflua di lavoratori e la massa superflua di capitale che vengono creati durante la produzione materiale non sono più relativamente sovrabbondanti, ma lo sono assolutamente.
Il capitale si basa sulla sovrabbondanza relativa di capitale e lavoro per poter creare plusvalore. Quando il plusvalore non può più essere realizzato sotto forma di profitto, ecco che questo suggerisce che la sovrabbondanza non è più relativa rispetto al consumo immediato da parte della società, ma è assolutamente sovrabbondante, assolutamente non necessaria alla produzione di ricchezza materiale.
Naturalmente resta da dimostrare che gli eventi del XX secolo siano collegati al collasso finale del tasso di profitto a zero, come ho detto qui, ma se lo fosse, implicherebbe che il processo per mezzo del quale viene creato il plusvalore, ora si trova ad essere ostacolato dall'assoluta sovrabbondanza sia di forza lavoro che di capitale.

5. - Sovrabbondanza assoluta di forza lavoro e di capitale
Ecco che, nel punto in cui la produzione basata sul valore di scambio collassa - cioè, quanda collassa il gold standard - dal modo di produzione capitalista viene creato troppo plusvalore. Ma nel momento in cui la produzione basata sul valore di scambio collassa, quanta parte del plusvalore è di troppo? Tutta! Ogni singola particella di plusvalore è di troppo! Che è come dire che ogni più piccola parte di plusvalore che è stato creato a partire da dopo il 1971, è di troppo per il capitale che lo vuole realizzare! Cosa succede quando il capitale alla fine produce troppo plusvalore da realizzare e collassa la produzione basata sul valore di scambio? Sparsa per i suoi scritti, Marx ne ha fatto una lista sorprendentemente completa:

* - Innanzi tutti, il tasso di profitto scende a zero, o diventa addirittura negativo.
* In secondo luogo,la massa totale della capitale impiegato produttivamente smette di crescere, e addirittura comincia a ridursi. Il nuovo capitale creato può essere messo al lavoro solo in maniera produttiva, nel caso che venga ritirata una massa di capitale esistente uguale o più grande.
* Terzo, i capitali esistenti vengono coinvolti in un conflitto competitivo per decidere quali devono essere impiegati in maniera produttiva e e quali verranno costretti a rimanere inattivi. Ciò include anche le guerre mondiali fra capitali nazionali.
* Quarto, i capitali cominciano a uccidersi a vicenda, e la proprietà si concentra nelle mani di pochi e sempre più grandi capitali. Il monopolio continua, fino ad arrivare al punto in cui diventa incompatibile con la stessa produzione. I capitalisti vengono espropriati - se non dai lavoratori stessi, dagli stati esistenti.

Riassumendo le argomentazioni di Marx, alla fine il tasso di profitto va a zero, o diventa addirittura negativo. A questo fa seguito un conflitto globale fra i capitalisti che porta al completo deprezzamento e alla distruzione di tutti i capitali. Lo Stato è costretto ad intervenire e ad assumere il controllo dell'economia, mentre i capitalisti vengono resi superflui per la produzione.

In tutto questo, c'è qualcosa che fa suonare un campanello d'allarme in qualcuno?
Assomiglia forse a quello che è avvenuto negli anni che vanno dal 1914 al 1971?
Sorprendentemente, fra i "marxisti accademici", esiste tutta una fabbrica sotterranea che sostiene che il frammento dei Grundrisse sia stato un tentativo abortito da parte di Marx, il quale alla fine egli abbandonò.

- Jehu - Pubblicato su The real movement

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