giovedì 22 marzo 2018

Limiti

marcia

Dalla superstizione alla fede scientifica
- La nuova "Marcia per la Scienza" mostra come nel capitalismo tardivo stia crescendo anche la regressione sociale -
- di Tomasz Konicz -

«il sapere che è potere non conosce limiti né nell'asservimento delle creature né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo.» ("Dialettica dell'Illuminismo")

Alla fine di aprile, c'è stata un'ondata di proteste da parte della comunità scientifica mondiale, rivolta principalmente contro le politiche anti-scienza del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Gli scienziati hanno dovuto confrontarsi con un'ostilità sempre più crescente nei confronti della scienza. Come nel caso, soprattutto, di quello che è stato l'attacco portato avanti dai nuovi movimenti populisti di destra. Tuttavia, in queste proteste è presente un ben noto errore di fondo che attiene all'assenza di qualsiasi auto-riflessione critica da parte della scienza. Le critiche relative alla ricerca e all'insegnamento, hanno riguardato solamente le condizioni lavorative nella comunità scientifica - dal momento che è stata completamente ignorata la contraddittoria funzione sociale della scienza nel capitalismo.
La nuova "Marcia per la Scienza" rientra, quindi, in una concezione acritica della scienza, che era popolare nel XIX secolo. Anche quelli che sono i classici della letteratura critica della scienza, sembra non aver lasciato alcuna traccia nella comunità scientifica. E, in effetti, il mondo può essere così meravigliosamente semplice... se hai sufficientemente fede nella scienza!
Da un lato, abbiamo gli scienziati illuminati che vogliono impegnarsi oggettivamente nella ricerca e nell'insegnamento, in quella che è la forma della comunità scientifica mondiale. Mentre l'altro lato verrà ad essere dominato dalle forze irrazionali dell'oscurità, dalla stupidità, dalla superstizione e dagli interessi privati.
Sembra quasi che il dominio nel capitalismo sia ancora basato su delle rozze superstizioni, o sul terrore dell'Inquisizione. E, in realtà, non è frutto di immaginazione il fatto che la scienza, anche nelle metropoli, deve far fronte ad uno scetticismo sempre più crescente, e a volte perfino ad un'aperta ostilità. C'è un ampio movimento barbaro, globale, che si immerge nei miti ed in idee deliranti, i cui esponenti rientrano in vari gradi di militanza e di ideologia concreta: dalla lobby economica dei negazionisti del cambiamento climatico ai militanti di "Alternative für Deutschland", da Donald Trump ai Talebani, da Boko Haram allo Stato Islamico.
E tuttavia questa descrizione della situazione non spiega niente. Da dove proviene quest'odio rabbioso per la scienza, che sta prendendo piede, perfino nei centri del sistema globale capitalistico tardivo? I gruppi delle lobby ed i politici populisti che polemizzano contro la scienza a proposito della questione climatica, ad esempio, trovano corrispondenza con uno stato d'animo ampiamente presente nella popolazione. L'ostilità nei confronti della scienza, il populismo e l'estremismo fioriscono non solo nella periferia "sottosviluppata" (come quella del mondo arabo), ma soprattutto nei centri (specialmente negli Stati Uniti), che sono stati sottomessi ad un processo a lungo termine di razionalizzazione.
Come avviene che l'illuminismo scientifico, la quasi completa razionalizzazione capitalistica delle società metropolitane, si trasformi, improvvisamente, in irrazionalità, e che questo avvenga proprio negli attuali tempi di crisi? Questa non è una domanda nuova. L'ha già formulata la Teoria critica, in relazione alle conseguenze barbare dell'ultima grande crisi del sistema capitalista degli anni '30. Come ha potuto - nella forma della Germania nazista - trionfare nel cuore dell'Europa "civilizzata" e razionalizzata, nella patria dell'illuminismo, la barbarie ed il mito? La risposta a questa domanda, che presenta una nuova urgenza, di fronte all'attuale dinamica populista, riguarda il processo stesso dell'Illuminismo propriamente detto.
È il processo unilaterale dei Lumi, dell'Illuminismo, cieco in rapporto a sé stesso, che diventa mito - l'hanno constatato Adorno ed Horkheimer nella loro famosa Dialettica dell'Illuminismo. Il mondo capitalista "totalmente illuminato" continuerebbe a risplendere sotto il «segno di una calamità trionfante», anche se l'illuminismo riuscisse a liberare gli esseri umani dalla paura, e collocarli «nella posizione dei signori». viene detto nel classico della Teoria Critica, pubblicato nel 1944. La situazione di impotenza e di paura del capitalismo tardivo, dove il mito cresce nel susseguirsi delle esplosioni di crisi, è dovuta proprio alla razionalità strumentale, cieca e positivista, stabilita dal processo dell'illuminismo:
«Il felice connubio fra l'intelletto umano e la natura delle cose... è di tipo patriarcale: l'intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il sapere, che è potere non conosce limiti, né nell'asservimento delle creature, né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo. Esso è a disposizione, come di tutti gli scopi dell'economia borghese, nella fabbrica e sul campo di battaglia, così di tutti gli operatori senza riguardo alla loro origine. I re non dispongono della tecnica più direttamente di quanto ne dispongano i mercanti: essa è democratica come il sistema economico in cui si sviluppa. La tecnica è l'essenza di questo sapere. Esso non tende a concetti e ad immagini, alla felicità della conoscenza, ma al metodo, allo sfruttamento del lavoro altrui, al capitale... Ciò che gli uomini vogliono apprendere dalla natura, come utilizzarla ai fini del dominio integrale della natura e degli uomini. Non c'è altro che tenga. Privo di riguardi verso se stesso, l'illuminismo ha bruciato anche l'ultimo resto della propria autocoscienza. Solo il pensiero che fa violenza a se stesso è abbastanza duro per infrangere i miti.» (Dialettica dell'Illuminismo)

Il metodo scientifico prodotto dal processo dell'illuminismo è quindi vuoto, provo di qualsiasi contenuto al di là dell'oggetto dello studio. È un metodo puro, un mezzo puro, cieco ai fini che persegue - ed è questo ciò di cui lo scienziato è così tanto orgoglioso, nell'immagine della sua oggettività scientifica. La conoscenza che vuole essere solo un mezzo, diventa uno strumento di dominio, su un mondo che viene percepito come un oggetto. Questa cecità del metodo scientifico nei riguardi di sé stesso è, pertanto, inerente al processo capitalisticamente deformato dell'illuminismo. Ed è a questo che è stata applicata tutta la successiva barbarie. A partire dall'irruzione dell'illuminismo, gli obiettivi più irrazionali e folli possono essere raggiunti per mezzo dei metodi razionali. Finora, il culmine di questo sviluppo è la fabbrica dello sterminio di Auschwitz, messa all'opera in maniera scientifica. Il pensiero "vuoto" dell'illuminismo rivolto al dominio, che è solo un mezzo, predica il positivismo estremo. Qui, nelle parole di Adorno ed Horkheimer, l'illuminismo è "totalitario":
« Lungo l'itinerario verso la nuova scienza gli uomini rinunciano al significato. Essi sostituiscono il concetto con la formula, la causa con la regola e la probabilità... D'ora in poi la materia dev'essere dominata al di fuori di ogni illusione di forze ad essa superiori o in essa immanenti, di qualità occulte. Ciò che non si piega al criterio del calcolo e dell'utilità, è, agli occhi dell'illuminismo, sospetto.» (Dialettica dell'Illuminismo)
Non c'è niente che non possa essere misurato, che non possa essere contato - è questa la tendenza del positivismo scientifico. Solamente i fatti contano. In ultima analisi, il pensiero illuminista si decompone in un culto assoluto e desolato dei fatti e dei numeri, espressione della reificazione della coscienza capitalistica tardiva. Le recenti discussioni intorno alla parola chiave della "post-verità" rappresentano per l'appunto tutta la miseria del positivismo capitalistico tardivo, che minaccia di trasformarsi in pensiero mitico.
Qui, il positivismo è solo il risultato del movimento reale, e in definitiva irrazionale, del movimento di riproduzione delle società capitaliste, del fine in sé dell'accumulazione illimitata di quantità sempre maggiori di capitale - ossia, di valore astratto. La vicinanza tra positivismo illuminista ed ideologia è evidente. Anche su questo, la Dialettica dell'Illuminismo:
«La società borghese è dominata dall'equivalente. Rende comparabile ciò che è eterogeneo, riducendolo ad una grandezza astratta. Per l'illuminismo, quello che non può essere ridotto a numeri e, alla fine, a uno, passa per essere un'illusione: il positivismo moderno rimanda alla letteratura.» (Dialettica dell'Illuminismo).
L'apparente varietà delle società capitaliste inganna: nel capitalismo tutto è merce, e qualsiasi merce ha importanza solo in quanto portatrice di valore astratto, il quale dev'essere accumulato. Nel capitale, non viene riconosciuto nient'altro se non il valore - per cui, in tempo di crisi, prevale la tendenza a rendere omogenea tutta la società, in modo da regolarla per mezzo dell'astrazione del valore che è entrata in crisi (quindi, come razza omogenea, come nazione omogenea, come religione omogenea, ecc.).
In realtà, l'illuminismo ha sperimentato la sua irruzione storica - il sapere-potere che non conosce limiti nella sua «compiacenza di fronte ai signori del mondo» - a causa della collaborazione con il dominio dell'assolutismo, nel momento in cui il mondo feudale è entrato in piena dissoluzione ed il capitalismo si è messo in marcia. I signori assolutisti "illuminati" del XVIII secolo, i trafficanti di schiavi del tardo feudalesimo, che cercavano di spremere i propri sudditi in maniera sempre più efficiente, si erano resi conto dei benefici che derivavano da un dominio illuminato e "razionale" che dava loro un vantaggio competitivo nell'eterna guerra europea.
A partire dall'assolutismo, il dominio si è sviluppato sempre più a partire dalla base della ragione strumentale, facendo sì che lo sfruttamento ed il controllo del materiale umano fosse sempre più perfezionato. Nell'era della costrizione oggettiva, questo processo è arrivato in un certo qual modo alla sua logica fine. Pertanto, il dominio si trova ora di fronte i prigionieri del capitalismo tardivo, i quali sono stati degradati in oggetti, che indossano la maschera della ragione strumentale. E come hanno osservato Adorno ed Horkheimer, anche in questo degrado c'è una sorta di metodo scientifico oggettivo:
«L'illuminismo si rapporta alle cose come il dittatore agli uomini: che conosce in quanto è in grado di manipolarli: Lo scienziato conosce le cose in quanto è in grado di farle. Così il loro in-sé diventa per-lui. In questa metamorfosi, l'essenza delle cose si rivela ogni volta come la stessa: come sostrato del dominio.» (Dialettica dell'Illuminismo).

Allora, nel capitalismo qual è la natura del dominio? Non ci sono più i signori assolutisti, le cui macchine militari, con la loro insaziabile fame di denaro, hanno fornito un importante innesco iniziale per il decollo del capitale. Nel capitalismo, prevale la relazione di capitale in quanto reale astrazione sociale - perciò, nel capitalismo tardivo, il dominio è senza soggetto.
Con il capitale, quello che prevale è una dinamica sociale globale, generata in maniera inconsapevole dai soggetti del mercato, che sta di fronte a loro nella forma di un potere estraneo, quasi "naturale" e cieco per la rabbia. Denaro che vuole diventare più denaro - questo processo contraddittorio di accumulazione illimitata di valore monetario astratto distrugge il mondo assai concreto, E questo avviene con precisione scientifica. La rete di dominio senza soggetto e mediata, che si sta chiudendo sempre più strettamente sul capitalismo tardivo, è stata tessuta applicando metodi scientifici - e non contro di essi. Il fine in sé irrazionale di un'accumulazione illimitata e cieca di capitale, si è perfezionato per mezzo della scienza cieca dell'illuminismo. La ragione illuminista è un mezzo di dominio.
È chiaro, pertanto, che cosa sia a scatenare il risentimento capitalistico tardivo contro la scienza. È una ribellione reazionaria e opportunista contro i mezzi scientifici del dominio capitalista, dal momento che è proibito criticare il fine in sé irrazionale. Infatti, il capitale ormai non può più essere messo in discussione. La relazione di capitale è da tempo che si è oramai sedimentata ideologicamente come "ordine naturale", la cui imposizione è stata diffusa dall'illuminismo - mentre le sue contraddizioni vengono esternalizzate o personificate in maniera credibile. E questo avviene principalmente attraverso delle rappresentazioni di capri espiatori.
L'odio, da parte di molti sostenitori di Trump, nei confronti dell'attività scientifica non viene semplicemente suggerito da parte delle giuste lobby economiche - come quella dei negazionisti del clima. Ma è anche il prodotto delle esperienze quotidiane non comprese, come quando, per esempio, le innovazioni scientifiche distruggono posti di lavoro. L'assurdità di una formazione sociale anacronistica, in cui l'aumento dell'efficienza porta ad una miseria sempre più crescente, non viene riconosciuta dai seguaci populisti di Trump. Al contrario, si viene a creare e si insinua una sorta di mentalità postmoderna di distruttori delle macchine, dove l'odio per la scienza corrisponde al desiderio reazionario della reindustrializzazione, al desiderio di tornare alla buona vecchia società industriale.
L'odio per la scienza è, in ultima analisi, l'odio nei confronti di un progresso scientifico deformato dal capitalismo, che trasforma l'essere umano in una mera appendice di un processo di riproduzione capitalistica resosi autonomo, contraddittorio ed irrazionale. Quanto più la rivoluzione scientifica spinge il processo di razionalizzazione capitalista, tanto più l'essere umano diventa sacrificabile nella sfera economica.
Ed è proprio dalla crescente soppressione della forza lavoro nella sfera della produzione di merci che nasce il carattere contraddittorio del progresso scientifico nel capitalismo: da un lato, come potenziale di emancipazione post-capitalistico e, dall'altro lato, come una fatalità concreta del capitalismo tardivo, che deindustrializza intere regioni degli Stati Uniti. Un'attività scientifica mutilata dal capitalismo, che è incapace di riflettere in maniera critica su quella che è la propria posizione nel processo di riproduzione capitalistica, e contribuisce alla nascita di forze irrazionali che si rivoltano contro la scienza in quanto tale.
Ma fino a quando non verrà tentata l'evasione dalla prigione concettuale capitalista, qualsiasi innovazione scientifica in un'industria può portare solamente al timore della perdita del proprio posto di lavoro. Nel risentimento contro la scienza, che si concentra in particolare nei seguaci dei movimenti populisti, come quelli di Trump, si esprime, in ultima analisi, il presentimento irriflesso della propria superfluità nel capitalismo tardivo.

- Tomasz Konicz - Pubblicato su EXIT! il 7 maggio 2017 -

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