mercoledì 6 dicembre 2017

Strade, vicoli e sentieri

fascismo

Anche il fascismo porta al comunismo?
- di Jehu -

Uno di quelli che mi seguono mi ha fatto questa domanda:
«Come vedi il fascismo in quanto percorso alternativo che porta al comunismo?»

In più di un'occasione ho asserito che il fascismo - o quello che, a partire da Rosa Luxemburg, i marxisti hanno chiamato barbarie - finisce nel comunismo, proprio come il socialismo. Questa, dal punto di vista della maggior parte dei marxisti, è per ammissione un'eresia. Ad ogni modo, la base di quest'affermazione è presa direttamente da Marx, che nel III volume, capitolo 15, del capitale ha scritto:
«Lo sviluppo delle forze produttive del lavoro sociale costituisce la missione storica e la ragione d’essere del capitale: è appunto mediante tale sviluppo che inconsciamente esso crea le condizioni materiali di una forma più elevata di produzione.»

Per raffrontare l'accumulazione capitalista con il socialismo, dobbiamo porci una domanda: qual è lo scopo del socialismo? Lo scopo del socialismo è quello di creare in maniera consapevole i requisiti materiali di una forma più elevata di produzione. In altre parole, quello che il socialismo fa consciamente, il capitale lo sta già facendo inconsciamente; su questo punto, non c'è nessun'altra differenza fra i due modi di produzione.
Il fascismo, o barbarie, è una forma del capitale ed il capitale è caratterizzato da un'accumulazione incessante. Secondo Marx, il capitale è «un modo di produzione storico, corrispondente ad una certa, limitata epoca di sviluppo delle condizioni materiali di produzione.»
Naturalmente, il capitale nel periodo del fascismo, o barbarie, differisce in una maniera che già comprendiamo rispetto al periodo precedente il fascismo. Di solito la gente definisce la differenza in questo modo: c'è stato un periodo nel quale la gestione della produzione avveniva privatamente, libera dall'intervento del governo, seguito poi da un periodo caratterizzato da una crescente regolamentazione statale.
Come la maggior parte dei concetti che riguardano l'economia, questo è espresso male. Infatti, il XIX secolo ha visto forme successive di una sempre maggior gestione sociale della produzione capitalista, che si sono susseguite. Nella misura in cui crescevano le forze produttive, la gestione della produzione veniva estesa ad unità sempre più grandi che coinvolgevano molti capitalisti che avevano solamente la proprietà formale dei mezzi di produzione. Marx ed Engels aveva proposto che questo trend sarebbe proseguito fino al punto in cui solo lo Stato avrebbe potuto gestire il processo di produzione sociale.
Difatti non c'erano due periodi veloci e fissi, il laissez-faire ed il fascismo, ma c'era il progressivo emergere di forme sempre più socializzate di gestione delle forze produttive del capitale. Il capitalista cercava di resistere a questo, certo, ma la società era costretta a riconoscere il carattere sociale della produzione capitalista. Al capitale sarebbe stata imposta la necessità di un management sociale delle forze produttive della società, non importa quanta resistenza avrebbe fatto.

Questa management sociale avrebbe potuto prendere una delle due forme: la prima forma la conosciamo già: il socialismo, ovvero la fase più bassa del comunismo. La classe operaia avrebbe rovesciato lo Stato borghese, lo avrebbe sostituito con la sua propria associazione e si sarebbe assunta il compito di creare i requisiti materiali per il pieno comunismo.
Il socialismo differiva dal capitalismo in quanto rafforzava la regola secondo cui allargava il «chi non lavora, non mangia» anche alle classi sfruttatrici. Ma il socialismo è una forma cruda di comunismo, il comunismo della povertà e del lavoro. L'intera società diventa una casa di lavoro ed il lavoro viene meramente generalizzato, non abolito. È un miglioramento relativo per il capitale in quanto nessuno è costretto a lavorare per un altro e nessuno può vivere del lavoro degli altri.
Un miglioramento, sì, ma ancora un brutto crudo modo di produzione fondato sulla scarsità, La giustificazione storica per il socialismo è quella secondo cui tale periodo è necessario ai fini di un ulteriore sviluppo delle forze produttive per soddisfare i requisiti materiali del pieno comunismo. La classe operaia, essendosi organizzata come classe dirigente della società, si impegna in questa cruda forma di comunismo per poter mettere fine completamente al lavoro.

Supponiamo, diversamente, che la classe operaia non abbia preso le redini della società nel punto in cui lo Stato è stato costretto ad assumere la gestione del processo di produzione sociale? Cosa succederebbe allora? Anziché il socialismo, avremmo il fascismo: il management del processo di produzione sociale da parte dello Stato borghese.
Al posto del proprietario capitalista che gestisce la produzione - o addirittura un team di manager assunti dai capitalisti - ora in carica avremo lo Stato. Come avviene nel caso dei manager assunti privatamente, lo Stato agirebbe al posto dei capitalisti e svolgerebbe le loro funzioni. Come avviene nel caso dei manager privati, in effetti lo Stato funzionerebbe come il capitalista e deverrebbe sempre più capitalista nella misura in cui gestisce la più parte della produzione.
Ciò sarebbe vero anche se la proprietà formale rimarrebbe nelle mani del capitalista individuale. Lo Stato gestirebbe la produzione ed i capitalisti staccherebbero i coupon - raccogliendo i dividendi come loro quota dei profitti.
Naturalmente, nel periodo precedente (il cosiddetto laissez-faire) lo Stato era ben lontano dal metterci le mani - ad esempio, non si può ottenere un interventismo maggiore dell'abolizione della schiavitù. Ma il periodo fascista si distingue in quanto solo lo Stato può attuare ciò che dev'essere fatto: se lo Stato non si assume il management della produzione, il modo di produzione collassa. Quel che differisce non è l'intervento di Stato, ma il fatto che, con l'assenza di tale intervento, il capitalismo finisce.

In ogni caso, ad un certo punto nello sviluppo del modo di produzione questa sarebbe la situazione in cui come ha visto Marx (penso): Ad un certo punto dell'evoluzione del capitale una qualche forma di gestione direttamente sociale avrebbe dovuto emergere. Che dovesse prendere la forma del socialismo, un'associazione di lavoratori, o quella del fascismo, lo Stato esistente, sarebbe ormai del tutto al di là di quel punto. Ci interesserebbe, ovviamente, ma non nei termini della traiettoria storica della produzione sociale. In entrambi i casi, la produzione sociale avrebbe già completamente trionfato su tutto il pianeta in quanto è molto più produttiva di ricchezza materiale di quanto lo sia la produzione di merci individuali e la produzione sociale ha creato i requisiti materiali per il comunismo.
Se il mio ragionamento è corretto, il comunismo sarebbe inevitabile, non importa che il periodo sia attraversato dal ruolo della borghesia o da quello del proletariato. Il fascismo non pone fine all'accumulazione capitalistica in alcun modo e l'accumulazione capitalistica è il modo in cui il capitale crea inconsciamente i requisiti materiali per un modo di produzione più elevato.
Penso che non ci possa essere nessun'altra conclusione alla quale si possa arrivare, sulla base della teoria di Marx, se non quella che vede il fascismo soltanto come un'altra strada che porta al comunismo.

- Jehu - Pubblicato su The Real Movement, il 21 agosto 2017 -

Fonte: The Real Movement

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