giovedì 26 ottobre 2017

L'uomo che lavora

uomo

Ascesa e caduta dell'uomo lavoratore:
Per una critica della moderna mascolinità (2008)
- di Norbert Trenkle -

La crisi del lavoro è anche una crisi della moderna mascolinità. Dal momento che, nella sua identità, il moderno uomo borghese si è costituito e strutturato fondamentalmente come uomo lavoratore - come qualcuno che afferra e crea, orientato verso un bersaglio, razionale, efficiente, e pratico, e che vuole sempre vedere un risultato che sia misurabile. Questo risultato non deve essere ottenuto sempre "col sudore della fronte". A tal riguardo, la moderna identità maschile è molto flessibile. L'uomo adatto alla gestione, alla consulenza, o al governo vede sé stesso come un costruttore proprio come un lavoratore di un cantiere, di una linea di montaggio, o alla guida di un camion. Questi ultimi, in ogni caso, sono da tempo obsoleti come modelli maschili di orientamento professionale e vengono riservati a coloro che non riescono a saltare attraverso il cerchio di fuoco sociale che porta agli uffici dei piani alti. Ad ogni modo, servono come rappresentazione della vera mascolinità a livello simbolico. Uomini muscolosi mezzi nudi con in mano pesanti chiavi inglesi o con un mazzuolo, con qualche macchia decorativa di grasso, oppure, in maniera quasi asettica, messi contro lo sfondo estetizzato di una concessionaria di auto o una fornace, sono le icone della moderna mascolinità.
Quando questi uomini vengono usati nella pubblicità di abiti firmati o di cosmetici, l'obiettivo è quello di suscitare fantasie e desideri di identificazione che si trovano saldamente ancorati alla struttura profonda della costruzione dell'identità maschile. Anche il pallido impiegato dell'assicurazione o il corpulento, ansimante responsabile delle vendite di un'azienda di bibite gassate può identificarsi con gli uomini muscolosi. Sul piano corporeo, rimangono sogni irraggiungibili. Ma a livello psichico quel che è decisivo è qualcos'altro. Attraverso gli uomini muscolosi, i corpi statuari ed i muscoli temprati viene rappresentato il diritto ad esercitare potere - potere sugli altri, sul mondo, e su sé stessi. Ma si può trattare di un ben miserabile potere, come la possibilità di comandare pochi impiegati, di prevalere contro un rivale, sul mercato, con un nuovo tipo di bibita gassata, oppure ottenere un aumento dei profitti rispetto all'anno precedente. Questo potere è anche qualcosa di estremamente precario in quanto si trova ad essere costantemente minacciato e soggetto a revoca. Poiché esso dipende non solo dall'autodeterminazione nella competizione, che puo' venire a mancare in ogni momento, ma dipende anche, allo stesso tempo, dai cicli aziendali, che non possono essere influenzati dagli individui. Ma è proprio a causa di questa incertezza che si richiede una continua ed aggressiva fiducia in sé stessi.
L'uomo moderno non è quindi caratterizzato dalla fisicità muscolare in quanto tale. Piuttosto, questa simbolizza una durezza che in primo luogo attiene ad un'attitudine interiore e mentale (auto-)punitiva. Un "vero uomo" dev'essere duro con sé stesso e con gli altri. I bicipiti sporgenti sono il simbolo della padronanza di sé, della disciplina, e dell'autocontrollo, del potere della volontà sul corpo. Lo spirito è volenteroso, la carne è debole - e quindi un uomo dev'essere prima domato se si vuole avere qualcosa sotto controllo. Si trova lì la differenza rispetto all'antico concetto secondo cui uno spirito sano abita in un corpo sano. Sebbene quest'idea annunci già la separazione esterna in corpo e mente, l'obiettivo è quello della loro relazione equilibrata. Nella concezione moderna, al contrario, prevale il dominio ed il soggiogamento del corpo alla mente. Il "libero arbitrio" che ritiene falsamente sé stesso indipendente rispetto ad ogni sensualità, e che deve lottare in maniera permanente proprio perché la rinnega, e vive nella terribile paura di perdere questa lotta, costituisce il nucleo socio-psicologico dell'uomo borghese.

Il lavoro della desensualizzazione
È proprio in questo che la moderna identità maschile corrisponde esattamente al profilo della domanda di lavoro nella società capitalista che si basa sulla produzione universale di merce. Poiché il lavoro nel capitalismo è per sua natura una forma desensualizzata e desensualizzante di attività - in molti sensi. In primo luogo, il suo obiettivo non è la fabbricazione di concreti, utili oggetti, bensì la produzione di merci come di valorizzazione del valore o del capitale. Le cose che vengono prodotte in questo modo, in quanto tali non contano per la loro realtà materiale-sensuale, ma contano solo in quanto rappresentazioni del valore, ed in questa forma contribuiscono a fare più soldi dai soldi. Da questa prospettiva l'aspetto materiale di una merce è un male necessario dal quale purtroppo uno non può essere liberato, perché diversamente non sarebbe possibile trovare un acquirente. In secondo luogo, questo si accompagna ad una fondamentale indifferenza verso le basi naturali della vita che in ultima analisi contano soltanto in quanto materiale per la valorizzazione e anche allora vengono spietatamente esaurite, nonostante si sappia da tempo che questo costituisce una minaccia all'esistenza di miliardi di persone. In terzo luogo, il lavoro è anche un'attività desensualizzata nella misura in cui si svolge in una sfera speciale che è stata staccata da tutti gli altri contesti della vita, una sfera che è rivolta unicamente all'efficienza economica ed alla redditività, e nella quale non c'è semplicemente posto per altri obiettivi, bisogni, o sensibilità. In quarto ed ultimo luogo, comunque, il lavoro in questa forma non solo rappresenta uno specifico modo storico di produzione, ma determina anche l'intero contesto sociale in maniera fondamentale - e questo non solo quantitativamente, ma anche attraverso la trasformazione diretta di sempre più aree della vita in sezioni della produzione di merci ed in sfere di investimenti di capitale. Il lavoro nella società capitalista rappresenta piuttosto il principio centrale della mediazione delle relazioni sociali, una mediazione che per sua natura ha una forma oggettivata, alienata. Poiché le persone non creano consapevolmente il loro contesto per accordo o per comunicazione diretta, ma entrano in relazione gli uni con gli altri a causa di deviazione dei prodotti del lavoro, sia vendendo sé stessi in quanto forza lavoro sia producendo merci che vengono lanciate sul mercato per poter realizzare il loro valore. Vale a dire, in un certo modo, i prodotti del lavoro, anziché le persone, comunicano gli uni con gli altri. in un modo che li rende conformi con il codice oggettivato della logica della valorizzazione. La mediazione attraverso il lavoro significa sottomissione delle persone alle leggi presupposte della valorizzazione che segue una dinamica interna automatizzata e che le persone incontrano come leggi naturali inviolabili - anche sebbene siano la loro propria forma di relazioni sociali.

Il mondo, un oggetto estraneo
Il quasi totale stabilirsi di questa unica forma storica di attività sociale e di relazione non era possibile senza la creazione di un particolare tipo umano ad essa corrispondente e che ne garantisse adeguatamente il funzionamento. Poiché anche una forma oggettiva di relazione non produce sé stessa indipendentemente se non per mezzo di individui sociali che producono attivamente questa relazione, ancora e ancora. Ma questo tipo umano è il moderno soggetto maschile del lavoro e  delle merci, la cui essenziale caratteristica centrale è che il mondo intero diventa per lui un oggetto estraneo. La sua relazione con il suo contesto sociale e naturale, con le altre persone ed anche con il suo proprio corpo e con la sua sensualità, è quella di una relazione con le cose - cose che si suppone vengano processate, organizzate ed anche considerate come cose - come oggetti del suo volere. Il soggetto moderno vuole anche gestire i suoi sentimenti e regolare in maniera corrispondente le esigenze funzionali. Nonostante un'incredibile massa di letteratura sull'iniziativa individuale, questa fallisce regolarmente, ma anche in tal caso i propositi non vengono in alcun modo abbandonati.
Questa moderna forma di relazionarsi con il mondo e con sé stessi diventa più ovvia quando uno vende forza lavoro e rinuncia al potere di disporre di sé stesso e si sottomette immediatamente alla logica della valorizzazione. Ma chiunque lavori in maniera indipendente non sfugge in alcun modo a questa logica, ma rimane sotto la costrizione ad astrarre sé stesso rispetto ai suoi sensuali bisogni e rispetto alle caratteristiche concrete materiali di prodotti che gli sono indifferenti e che sono mezzi scambiabili per guadagnarsi da vivere - cose di valore. Quel che è decisivo, ad ogni modo, è che quel che è in gioco non è un atto di sottomissione passiva a causa di una mera costrizione esterna, ma il fatto che la soggettività moderna è strutturata intorno a questa costrizione. Solo in questo modo può avvenire che l'obbligo a funzionare senza riposo, l'obbligo all'oggettivazione ed all'auto-oggettivazione per la durata dell'intero processo lavorativo, possa essere svolto senza uno schiavista che brandisce la frusta. Alla pressione esterna corrisponde una pressione interna. Ed è proprio per tale ragione che il modello oggettivato di azione e comportamento non è in alcun modo ristretto alle sfere del lavoro e dell'economia, ma dà forma a tutta le rete di relazioni sociali. Ma dal momento che questo è intollerabile a lungo termine (in quanto agire in quel modo richiede uno sforzo ed una fatica costante, e minaccia continuamente di fallire). il soggetto moderno del lavoro e della merce coltiva un odio fondamentale per tutti coloro che si affannano sotto questa pressione o addirittura la rifiutano del tutto.

È l'uomo che fa la donna
L'etica protestante del lavoro innanzitutto eleva questo tipo umano, che si astrae dalla sua sensualità e fa di sé stesso un mezzo per conseguire un successo oggettivato, un ideale. In un tempo in cui il modo capitalista di produzione stava cominciando solo a stabilirsi su poche isole nell'oceano della società feudale, aveva già anticipato nella storia delle idee il profilarsi di quei requisiti pertinenti ad un contesto sociale mediato per mezzo del lavoro e della forma merce, ed aveva quindi dato un contributo decisivo alla sua stabilizzazione generale. Nella storia attualmente esistente, era secoli prima del tipo umano che corrispondeva a questi requisiti che avevano formato e che erano diventati il caso normale. L'intera storia del primo capitalismo ed il suo imporsi è la storia dell'imposizione violenta e dell'auto-imporsi delle persone in quanto soggetti del lavoro e della merce. Una storia che è anche una storia di ostinata resistenza a questa formazione, che comunque in ultima analisi, non poteva essere impedita.
Che, in questo processo, la forma del soggetto moderno fosse allo stesso tempo iscritta in termini di genere, con il risultato che ciò corrisponde al tempo della moderna identità maschile, può essere spiegato innanzitutto storicamente a causa della lunga preistoria del dominio patriarcale sul quale si basa la società capitalista, ed in cui si re-inscrive e si trasforma secondo un suo modo proprio. L'identificazione dell'uomo con le ragioni astratte e quella della donna con la sensualità, che allo stesso tempo viene svalutata, desiderata, e combattuta al suo interno, ha una lunga tradizione che risale almeno all'antichità greca, e che è stata adottata dalla cristianità ed è stata reinterpretata ed ulteriormente sviluppata secondo le sue esigenze. Tuttavia, nella società capitalista questa costruzione acquista un nuovo e centrale significato nella misura in cui la relazione astratta e oggettivata con il mondo diventa il modo generale di socializzazione. Per questa ragione si combina con la struttura sociale di base in un modo più fondamentale. La trasformazione degli uomini in agenti di oggettivazione può attingere ad una varietà di elementi del modello precedente della mascolinità patriarcale; insieme all'identificazione con la ragione, questo significa innanzitutto identificazione con il guerriero, il soggiogatore violento. Ad ogni modo, con la reificazione di tutte le relazioni sociali, essi vengono ricomposti all'interno di un'identità di "uomo" largamente coerente ed autosufficiente.
Comunque, questo non poteva avere successo senza la creazione di una contro-identificazione femminile che unisse tutte queste caratteristiche che il soggetto moderno non avrebbe potuto sopportare se non si fossero inserite nel sistema delle coordinate della costruzione dell'identità maschile, ed in cui il soggetto dev'essere pertanto suddiviso proiettivamente. Questa è la base per la creazione di un "altro" femminile, la sensuale, emozionale ed impulsiva donna che non può pensare logicamente  o prendere a martellate un chiodo sul muro e che quindi viene caricata con la cura dei figli, della casa, e del benessere del "suo" uomo. L'invenzione di questo "altro" non solo porta alla stabilizzazione dell'identità del soggetto maschile - allo stesso tempo, installa e legittima una divisione di genere del lavoro che è completamente funzionale all'impresa capitalista, in quanto si assume il peso dell'uomo che lavora, permettendogli di realizzarsi pienamente nella sfera del lavoro e della produzione di merce che è stata dissociata dal contesto della vita quotidiana.

L'uomo che lavora in crisi
Ora, mentre questo costrutto di femminilità da una parte è stato messo in discussione dall'ampia inclusione della donna nel processo lavorativo capitalista, e dall'altra dal movimento delle donne, esso non di meno sorprendentemente persiste in maniera ostinata e continua fino al giorno d'oggi a mantenere il suo nucleo. Nella misura in cui le donne hanno avuto successo nel guadagnare posizioni di potere sociale, ciò è sempre avvenuto al costo di soddisfare alle richiese delle norme maschili di lavoro, competizione, e successo astratto. Allo stesso tempo, visto nella società nel suo complesso, la loro responsabilità primaria per la casa e per i bambini rimane preservata, e l'oggettivazione del corpo femminile per le fantasie sessuali maschili è pervasiva, come dimostra al primo sguardo la visione di qualsiasi edicola.
Questa tenacia delle identità di genere capitaliste polarizzate, a prima vista può sembrare sorprendente. Ma fintanto che il contesto sociale continua ad essere prodotto nelle forme reificate delle relazioni di merce, denaro, e lavoro, sopravvive il maschile iscritto nella forma del soggetto che gli è proprio. Anche l'attuale processo di crisi, che su larga scala catapulta le persone fuori dal processo lavorativo o li costringe sempre più in condizioni di lavoro precario, non rimuove in alcun modo le identità di genere. Mentre è vero che il processo di crisi mina uno dei pilastri fondamentali dell'identità maschile, non di meno, allo stesso tempo porta ad un'identificazione della competizione a tutti i livelli della vita quotidiana. Tuttavia, in queste condizioni le qualità classiche della mascolinità moderna, come la durezza, l'assertività, e la spietatezza sono più richieste che mai. Non sorprende quindi che il culto della mascolinità - ivi inclusa la violenza sessista e razzista - oggi fiorisce nuovamente. Per questa ragione, è proprio nelle condizioni del processo estensivo di crisi che una fondamentale critica del soggetto moderno, maschilmente strutturato, è necessaria per poter aprire una nuova prospettiva di emancipazione sociale.

- Norbert Trenkle - Pubblicato su: Mediations: Journal of the Marxist Literary Group, Volume 27, Nos. 1-2: Dossier: Marxism and the Critique of Value -

fonte: Mediations, Journal of the Marxist Literary Group

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