venerdì 28 luglio 2017

Gli schiaffi sulle orecchie

orecchie

Wittgenstein confidava nella sua formazione, consolidata soprattutto grazie al suo orecchio ben allenato. Dopo la prima guerra mondiale, tornando dal campo di prigionia in cui era stato in Italia, decise di insegnare ai bambini in Austria, facendo a tal fine un corso per insegnanti della durata di un anno. L'esperienza, tuttavia, non andò come aveva sperato: Wittgenstein non riesce a trovare la grande illuminazione spirituale che cerca, ma ottiene solamente frustrazione a causa delle limitate capacità intellettuali dei bambini e dei loro genitori.
L'ironia sta nel fatto che, al culmine della rabbia e della frustrazione, Wittgenstein attaccava proprio le orecchie degli alunni - quel ricettacolo privilegiato che per lui era stato così fondamentale. Il professore aveva l'abitudine di dare schiaffi sulle orecchie degli alunni che non sapevano rispondere alle sue domande ("Ohrfeige" è il termine in tedesco che viene citato dal suo biografo Ray Monk), oltre al fatto di tirare loro i capelli.
Nello stesso anno in cui Wittgenstein si prepara all'insegnamento - è il 1919 - Freud pubblica il saggio "Ein Kind wird geschlagen (Beitrag zur Kenntnis der Entstehung sexueller Perversionen)", ossia "Un bambino viene picchiato (Contributo alla conoscenza dell'origine delle perversioni sessuali)".
È interessante notare che Freud sottolinei come la prima serie di scene di sculacciamenti, un insieme che riguarda qualcosa che appartiene alla prima infanzia, si riferisca proprio al contesto scolastico dei primi anni, ossia quelli in cui operava Wittgenstein. Scrive Freud:
«Alla fine si constata che le prime fantasie di questo genere sono state coltivate ben presto, precocemente, prima dell'eta scolare. A scuola, quando il bambino vede il professore picchiare altri bambini, tale esperienza suscita nuovamente delle fantasie, qualora fossero assopite; le rafforza, qualora erano già presenti, e modifica notevolmente il loro contenuto. A partire da allora, "molti bambini sono stati picchiati. L'influenza della scuola è stata talmente evidente che i pazienti in questione erano inizialmente tentati di collegare le fantasie di essere battuti solo a tali impressioni del periodo della scuola, successive ai sei anni di età. Ma non era possibile sostenere questo; esse esistevano già prima.»

La storia di Wittgenstein come insegnante primario ed i suoi episodi di violenza contro alcuni alunni viene segnalata anche da Paul Auster nel suo romanzo "Follie di Brooklin". «Mi sono trovato dinanzi ad un libro coinvolgente e molto ben scritto», dice il narratore del romanzo, e continua: «ma c'è una storia che si distingue da tutte le altre e di essa non me ne sono mai scordato. Secondo il racconto di Ray Monk - l'autore della biografia - dopo che Wittgenstein scrisse il suo Tractatus, come combattente della prima guerra mondiale, ritenne di aver risolto tutti i problemi di filosofia, e di aver finito per sempre con quel tema».
La riabilitazione di Auster avviene per mezzo dell'uso di ellissi che servono per dare un effetto drammatico alla "ricerca del perdono" di Wittgenstein che avverrà qualche anno più tardi. Ma Auster, per comporne la riscrittura, fa uso anche di elementi di altri momenti della biografia - l'idea di poter risolvere tutti i problemi della filosofia per Wittgenstein è sempre presente, ma non lo è mai come una certezza, e di sicuro non è tale certezza a fargli abbandonare la filosofia dopo la guerra (Monk parla più della disperazione e della mancanza di orientamento vissuta da parte di Wittgenstein dopo la guerra - ivi inclusa la mancanza che la guerra gli causava, dal momento che, dopo la fine della guerra, aveva usato per mesi l'uniforme).
E Auster prosegue: «Subito dopo, aveva assunto il ruolo di professore primario in un remoto villaggio sulle montagne austriache, si era rivelato incapace di insegnare. Severo, scontroso, perfino brutale, era per tutto il tempo arrabbiato con i bambini e li picchiava quando non riuscivano ad imparare le lezioni. E non si trattava di punizioni meramente rituali, erano colpi inferti sulla testa e sul viso, percosse piene d'ira che provocarono gravi lesioni in diversi alunni.»
"Incapace di insegnare", è certamente un'esagerazione. Alcuni alunni rispondevano bene al metodo "incisivo" di Wittgenstein, ed egli dedicava ore complementari di lezioni individuali a questi bambini, in particolare ad un bimbo di nome Karl Gruber. Scrive Monk:
«l'unico lato positivo nella vita di Wittgenstein nel periodo estivo del 1921 è stato il suo rapporto con uno dei suoi alunni, il figlio di una delle famiglie più povere del villaggio, di nome Karl Gruber. Gruber era un ragazzo dotato che rispondeva bene ai metodi di Wittgenstein».
E continua Auster: «Non passò molto tempo che cominciassero a circolare voci su questa sua condotta vergognosa e Wittgenstein fu costretto a rinunciare al posto. Passarono molti anni, almeno venti, se non mi inganno, ed in quel periodo il filosofo viveva a Cambridge, di nuovo alle prese con la filosofia, ed era allora un uomo famoso e rispettato. Per motivi che ora mi sfuggono,» - È la seconda volta in poche righe che la narrazione di Auster chiama in causa la sua cappacità di riferirsi in maniera precisa a quello che viene narrato da Ray Monk - «egli aveva attraversato una crisi spirituale ed aveva sofferto di un esaurimento nervoso. Quando aveva cominciato a recuperare, decise che l'unico modo per riacquistare la salute fosse quello di ritornare al passato e, in tutta umiltà, chiedere scusa a ciascuna delle persone che aveva offeso o con cui era stato ingiusto. Voleva espiare una colpa che dentro di lui stava diventanto una piaga infetta, voleva ripulirsi la coscienza e ricominciare daccapo.»
L'immagine della piaga è esagerata.
«E questa strada, ovviamente, lo condusse di nuovo al piccolo villaggio sulle montagne dell'Austria. Tutti i suoi vecchi alunni erano già adulti, uomini e donne di venti e più anni. Tuttavia, con il passare degli anni, il ricordo del professore violento non si era cancellato. Wittgenstein bussò alle porte dei suo vecchi alunni, uno ad uno, e chiese loro che lo perdonassero per l'intollerabile crudeltà di vent'anni fa. Davanti ad alcuni di essi, egli si mise letteralmente in ginocchio e implorò di essere assolto dai peccati che aveva commesso. C'è da immaginarsi che qualsiasi persona, di fronte ad una dimostrazione di pentimento così sincero avrebbe provato pietà per il pellegrino che soffriva. Ma di tutti i vecchi alunni di Wittgenstein, nessuno, uomo o donna, si dispose a perdonarlo. Il dolore che egli aveva causato era sceso molto in profondità e l'odio che provavano per il professore trascendeva ogni e qualsiasi possibilità di misericordia». (Paul Auster, Follie di Brooklyn).
Nella biografia di Monk, non si fa alcun riferimento alle ginocchia di Wittgenstein. Essa riferisce solo che Wittgenstein «aveva visitato almento quattro di quei bambini (forse di più)» e che «alcuni avevano avuto una risposta generosa»:
«Wittgenstein aveva sbalordito gli abitanti di Otterthal apparendo alla loro porta per chiedere personalmente scusa ai bambini che aveva ferito fisicamente. Aveva visitato almento quattro di quei bambini ( e forse anche di più), implorando il loro perdono per il suo cattivo comportamento nei loro confronti. Alcuni di loro avevano risposto con generosità, come ricorda George Stangel, abitante di Ottenthal.»

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