lunedì 3 ottobre 2016

Determinismo climatico

climate

Crisi globale (società e raffreddamento climatico nel 18° secolo)
- di G.D. -

Dal regno polacco-lituano alla Cina passando per l'impero ottomano, Geoffrey Parker disegna in quasi 900 pagine una tavola sinottica del mondo colpito dalla "piccola era glaciale": un'era che si estende dal 14° al 19° secolo, ma che raggiunge il suo culmine fra il 1570 e il 1730, il cui picco si situa intorno al 1560-1600 [*1]. Una variazione intorno ad un decimo di grado che anticipa o ritarda la maturazione dei raccolti. Nelle zone temperate, dopo il 1690, il raffreddamento ritarda la mietitura mediamente di due settimane. Il freddo non è l'unico flagello: nel 1645-1646, in Sicilia piove quasi ininterrottamente tutto l'anno.
Nel corso del 17° secolo, sarebbe morto, direttamente o indirettamente, un terzo dell'umanità. In Francia, fra il 1691 ed il 1701, su 20 milioni di abitanti, "l'eccesso di mortalità" raggiunge il milione, di cui 600 mila nel "Grande Inverno" del 1708-1709. I sopravvissuti non ne escono indenni: si abbassa la taglia media dei soldati di Luigi XVI. Nel 1622, un cronista tedesco scrive: «Per gli scambi non si usava più il denaro, si barattava», ma a Shangai nel 1642, secondo Geoffrey Parker, «l'unica moneta con la quale si poteva acquistare del riso, erano i bambini».

Tuttavia, il cataclisma non colpisce nella stessa misura tutti i paesi: l'India del Moghul, l'Iran, il Giappone evitano il peggio. La Lombardia viene risparmiata, Napoli e la Sicilia sono poco coinvolte. Dopo il 1680, anche se la piccola era glaciale continua, i conflitti politici e sociali si calmano. «La sinergia fatale si è spezzata», constata Parker. Il fattore decisivo non è il clima e le sue conseguenze, bensì la capacità delle società e degli Stati di adattarvisi.
Se probabilmente è l'impero ottomano il paese che soffre di più, questo è dovuto alla situazione geopolitca e alle sue debolezze strutturali. Inversamente, il Giappone, unificato all'inizio del 17° secolo dal clan Tokugawa, istituisce un catasto, un sistena fiscale e delle linee di comunicazione impensabili allora in Europa. Per più di due secoli, l'equilibrio politico si baserà su un "compromesso sociale" fra la nobiltà, la classe mercantile e i contadini proprietari terrieri. Quando si verifica la carestia (1641-1642), il regime ha già fatto delle scorte che ora distribuisce, obbliga a coltivare riso, modera le imposte, spinge alla sobrietà contro il lusso, riduce il commercio con l'estero al minimo, e approfitta dell'isolamento geografico del paese al fine di evitare spese militari. Questa politica limita gli effetti della crisi e serve a controllare eventuali disordini.

L'attuale 21° secolo differisce dal 17°: il sistema capitalista è diventato una forza in grado di stravolgere gli equilibri necessari alle condizioni materiali della vita sulla Terra nel modo in cui la conosciamo, e non solo a causa dell'inquinamento nucleare. La "crisi globale" nella quale siamo entrati sarà di un'ampiezza diversa da quella analizzata da Parker [*2].
Tuttavia, non più di quanto lo sia stato nel 17° secolo, il cambiamento climatico non è un nuovo agente storico che sostituisce l'azione umana in quanto fattore decisivo. Raffreddamento e riscaldamento fanno soltanto parte di una sinergia i cui elementi convergono nella crisi. Ciò che noi chiamiamo "natura" gioca un ruolo solamente in delle dinamiche fatte di situazioni e di contraddizioni sociali. Non esiste un determinismo climatico.

- G.D. - Agosto 2016 -

NOTE:

[*1] - Geoffrey Parker, "Global Crisis : War, Climate Change & Catastrophe in the 17th Century", Yale University Press, 2013.

[*2] -  Agnès Sinaï, « Aux origines climatiques des conflits », Le Monde Diplomatique., avril 2015.

fonte: DDT21 Douter de tout…

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