venerdì 20 maggio 2016

Superlativi

Braudel

La dinamica del capitalismo
- Fernand Braudel -
(Conferenza tenuta all'Università John Hopkins nel 1976)

I Capitolo: Pensando alla vita materiale ed alla vita economica
Questo capitolo è dedicato alla spiegazione dell'interesse per la storia economica, in rapporto alla storia "nobile". Oggetto di questo studio è il periodo che va dal 15° al 18° secolo e che vede il considerevole sviluppo degli scambi e delle città, non solo in Europa, ma anche in altre parti del mondo.

II Capitolo: Il gioco dello scambio
È bene distinguere fra economia di mercato e capitalismo, senza dimenticare che fino al 18° secolo le azioni degli uomini rimangono per lo più parte circoscritte alla vita materiale.
L'economia di mercato assicura il collegamento fra la produzione ed il consumo. Fra il 15° ed il 18° secolo, si verifica un allargamento della sfera dell'economia di mercato, come si evidenzia a partire dalle variazioni dei prezzi di mercato, e questo non avviene soltanto in Europa, ma in tutto il mondo. I diversi mercati del mondo sono collegati fra loro attraverso lo scambio di alcune merci rare e di metallo prezioso. Ma il mercato ancora non si auto-regola: "Possiamo dimenticare tutte quelle volte in cui il mercato è stato pilotato o falsato, i prezzi fissati in maniera arbitraria da monopoli di fatto o di diritto? E soprattutto, assumendo le virtù concorrenziali del mercato (...) va segnalato quanto meno che il mercato, fra produzione e consumo, non è altro che un collegamento imperfetto, anche solo nella misura in cui rimane parziale".

Il capitalismo, da parte sua, si lascia definire solo dall'interazione fra capitale e capitalista. Non ci sono società senza capitale, ma la figura del capitalista non compare fino al tardo Medioevo.
Si possono distinguere due forme di economia di mercato:

- La forma A comprende "gli scambi quotidiani di mercato, il traffico locale o a breve distanza: come il grano, il legname, che si muovono verso la città più vicina, ed anche il commercio a più largo raggio. quand'è regolato, prevedibile, di routine, aperto tanto ai piccoli quanto ai grandi commercianti (...) - penso a quelle "flotte" di carri tedeschi che venivano a cercare, ogni anno, il vino bianco dell'Istria".
 
- La forma B è caratterizzata dal suo carattere aleatorio, "che sfugge alla trasparenza ed al controllo". Si può assumere come esempio il "mercato privato" delle campagne inglesi, la cui importanza rispetto al mercato tradizionale e controllato ("mercato pubblico") si accresce a partire dal 15° secolo: il commerciante acquista direttamente dal produttore, e si fanno perfino contratti a termine, si tratta di uno scambio ineguale, in quanto il mercante è il solo a conoscere il mercato su entrambi i fronti. Quanto più si accresce questo mercato, tanto più i prezzi sfuggono alle regole ed ai controlli abituali, al punto che si può parlare di un "contro-mercato". Questa forma B è riservata ad un classe di mercanti e di commercianti che si ritrovano sotto nomi diversi in tutto il mondo e che possono essere chiamati capitalisti, caratterizzati dalla massa di capitale che detengono e che possono investire a lungo termine.

Quindi, ci sono fra i partecipanti allo scambio due grandi categorie gerarchizzate e compartimentate. I partecipanti alla forma A vengono ben presto colpiti dalla divisione del lavoro: la loro attività viene limitata ad un solo settore. Al contrario, i capitalisti, fino al 20 secolo, non sono quasi mai specializzati (se non nel commercio esclusivo del denaro, ma senza un duraturo successo).
Questa mancanza di specializzazione dei capitalisti non appare dovuta ad una volontà di diversificazione volta a limitare i rischi, ma piuttosto alla limitazione ed al carattere fluttuante degli affari su cui poter investire un capitale eccedente. "Ma è significativo il fatto che, salvo eccezioni, non ci si interessi al processo di produzione, e ci si accontenti, attraverso il sistema di lavoro a domicilio, di controllare la produzione artigianale al fine di garantire la commercializzazione".
Per questi motivi, il capitalismo, nella società dell'Ancien Régime non è il motore dello sviluppo economico, il quale si basa piuttosto "sulle grandi spalle della vita materiale". La figura centrale del capitalista in quell'epoca non è quella dell'imprenditore schumpeteriano.
Al contrario, è un fatto che il capitalismo non poteva apparire e prosperare se non grazie al potere. La piccola élite dei mercanti capitalisti ha saputo utilizzare a suo profitto le proprie relazioni privilegiate con i governanti: "il capitalismo trionfa nel momento in cui si identifica con lo Stato, nel momento in cui è lo Stato". In realtà, per i suoi sviluppi, il capitalismo dipenderà dalle condizioni sociali, ma non quelle che pensa Max Weber quando fa del puritanesimo protestante un veicolo della sua diffusione: "Alla fine, l'errore di Max Weber mi sembra sia derivato essenzialmente, in partenza, da un'esagerazione del ruolo del capitalismo come promotore del mondo moderno".
In Europa ed in Giappone, il capitalismo si costruisce e si afferma per mezzo di uno sforzo continuamente rinnovato ad ogni generazione da parte delle "grandi famiglie" di commercianti parassite del feudalesimo fino ad assumere il loro ruolo di classe dominante, a beneficio della quale lo Stato organizza i rapporti sociali. Queste strategie familiari a lungo termine, sulla scala di più generazioni, possono emergere solo grazie ad un contesto di grande stabilità delle gerarchie sociali.
Contrariamente a questo, nei paesi dell'Islam e della Cina, dove lo Stato organizza l'instabilità delle élite e non permette la costituzione di un feudalesimo ereditario, non si osserva alcuna dinastia capitalista, tanto più che il Principe mostra volentieri di essere sospettoso nei confronti di quelli che hanno troppo successo, ed è spesso ben felice di provocarne la caduta.
L'ascesa del capitalismo, in definitiva dipende da due fattori: la stabilità dell'ordine sociale e la compiacenza ( o almeno la neutralità) dello Stato.

III Capitolo: I tempi del mondo

L'obiettivo di questo capitolo è quello di "legare il capitalismo, la sua evoluzione ed i suoi mezzi, ad una storia generale del mondo". Infatti, l'economia è in gran parte aperta al mondo; inoltre si osserva come le divisioni del 15° secolo fra paesi privilegiati e paesi poveri, riproducessero le gerarchia esistente all'interno di ogni società.
L'economia mondiale, secondo la formula di Sismondi, è "il mercato di tutto l'universo".
L'economia-mondo, può essere essa stessa definita come "l'economia di una porzione soltanto del nostro pianeta, nella misura in cui essa forma un tutto economico":
- Essa occupa uno spazio geografico determinato: si possono quindi tracciare le sue frontiere, anche se sono suscettibili di evolvere nel tempo;
- Essa possiede un centro, che è la citta che domina gli scambi economici e commerciali;
- Essa è gerarchizzata: si può distinguere un cuore, nella città-centro, delle zone intermedie e dei margini, ampi e subordinati.

Più economie-mondi possono coesistere simultaneamente su territori differenti. le quali intrattengono fra di loro solo scambi superficiali.
Dopo la fine del 14° secolo, l'economia-mondo occidentale ha conosciuto cinque cambiamenti di centro:
- Verso il 1500, in seguito alla scoperta del Nuovo Mondo, il Mediterraneo perde la sua influenza in favore dell'Atlantico: Venezia deve cedere il ruolo dominante, esercitato per più di un secolo, in favore di Anversa.
- Verso il 1550-1560, l'argento delle miniere dell'America passa da Genova, che lo distribuisce in tutta l'Europa.
- All'inizio del 17° secolo, è Amsterdam che arriva ad eclissare definitivamente il bacino mediterraneo, dopo che i mercanti nordici hanno inondato il mercato con merci di infima qualità e contraffazioni grossolane
- Sarà solo due secoli dopo che avrà luogo un nuovo progressivo trasferimento verso Londra.
- Infine, la crisi del 1929 trasferisce il centro a New York.

Ogni volta, il cambiamento di centro è il risultato di una crisi economica. Ma ciò non significa naturalmente che tutte le crisi portano ad un tale trasferimento: più spesso, al contrario, la metropoli è sufficientemente potente per ritorcere gli effetti verso l'esterno, e alla fine trarne profitto.
Infatti, l'economia-mondo si divide in zone concentriche, e lo scarto di sviluppo fra il cuore ed i suoi margini più lontani è considerevole: "In breve, l'economia-mondo europea, nel 1650, è la giustapposizione, la coesistenza di società che vanno dalla società ormai capitalistica, quella olandese, alle società servili e schiaviste, a livello più basso della scala".
Insomma, osserviamo non un modello diacronico di sviluppo, segnato dalla successione dalla schiavitù, al servaggio ed al capitalismo, bensì una coesistenza di questi differenti modi di produzione in senso ad una stessa economia-mondo, in cui i primi assicurano la soddisfazione dei bisogni dell'ultimo, il quale, da parte sua, organizza le zone periferiche in funzione di questi bisogni.
D'altronde, i capitalisti controllano il commercio, debole ma prestigioso, fra le diverse economie-mondi, ed in questo sono impegnati in una concorrenza accanita che non rientra per niente nelle relazioni fra i pretendenti a questo ruolo centrale.
Sul piano qualitativo, fino al Settecento il centro dell'economia-mondo europeo è sempre stata una città, ed il suo splendore si è riflesso assai poco sull'ambiente circostante.

Nel 13° secolo, l'Europa è divisa fra due poli che si neutralizzano a vicenda: l'Italia a sud e i Paesi Bassi a nord. Il centro di gravità del continente si situa a metà strada, a Parigi, che beneficia della sua vicinanza alle grandi fiere di Champagne e di Brie.
I cambiamenti che intervengono alla fine del secolo per quel che riguarda le principali vie commerciali, lo sviluppo dell'industria tessile in Italia e gli effetti della Peste Nera consacrano la supremazia della penisola, e soprattutto di Venezia, la cui supremazia militare le assicura il controllo del commercio del Levante. Anversa ne prende il posto nel 14° secolo, basandosi sul commercio del pepe, poi Genova, approfittando dell'instabilità venutasi a creare a causa della guerra fra gli spagnoli e le loro ex province, fonda le proprie fortune sugli scambi con il Nuovo Mondo. Infine le succede Amsterdam, grazie al commercio del Baltico e soprattutto al suo controllo di tutte le fonti di approvvigionamento di "fini spezie" dell'Estremo Oriente.

Il dominio di Londra negli ultimi decenni del 18° secolo segna una tappa importante, in quanto per la prima volta la città-centro dell'economia-mondo europea si basa sullo sviluppo del proprio mercato interno.
"Un'economia nazionale, è uno spazio politico trasformato dallo Stato, a partire dalle necessità e dalle innovazioni della vita materiale, in uno spazio economico coerente, unificato, le cui attività possono essere dirette in una stessa direzione". Il territorio delle Province Unite dei Paesi Bassi era troppo esiguo per poter rappresentare un interessa reale per i capitalisti di Amsterdam; quello della Francia, vista la situazione dei trasporti dell'epoca, era troppo grande e troppo diversificato, tanto che a causa della preminenza politica di Parigi soffriva la superiorità economica della capitale. L'Inghilterra, di contro, disponeva di un territorio sufficientemente esteso e di un centro unico fin dal 15° secolo. Inoltre, la sua posizione insulare le permetteva di fare più facilmente ricorso al protezionismo.
Il passaggio da una città-centro ad un'economia nazionale permette a Londra di candidarsi alla supremazia universale, aiutata in questo dal successo della rivoluzione industriale.
In realtà, quest'ultima si è installata piuttosto lentamente. Quel che è sorprendente, è che sia riuscita ad imporsi in maniera durevole, a superare tutte le crisi e le difficoltà, quando invece tanti tentativi di innovazioni tecniche precedenti si erano rivelati fallimentari. C'è senza dubbio il fatto che all'inizio si trattava di piccole unità a basso capitale installate nelle campagne, lontano dal grande capitale londinese, basate sull'innovazione, ma soprattutto sulla soddisfazione dei bisogni della vita materiale. Inoltre, la conquista incessante di nuovi mercati ha permesso di evitare il collo di bottiglia e di far fronte al reorientamento degli investimenti nel momento in cui un settore di attività entrava in crisi.

Quando si osserva il capitalismo di oggi alla luce del capitalismo di ieri, si vede che ha incontestabilmente cambiato di scala, ma indubbiamente non ha cambiato di natura:
- Resta più che mai rivolto verso lo scambio internazionale;
- Si basa sempre su dei monopoli, di fatto o di diritto;
- Infine, contrariamente all'idea generale, il capitalismo non occupa sempre tutto lo spazio sociale, perfino nei paesi industrializzati.
La tripartizione vita materiale-economia di mercato-economia capitalista rimane attuale.
Il capitalismo rimane un superlativo: il mondo della finanza d'alto bordo e dei grandi profitti. Non va sempre confuso con l'economia di mercato.

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