lunedì 8 febbraio 2016

Il collasso dell’identità

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I Mujahedin del valore
Bombe a difesa del feticcio della merce: la sinistra illuminista nella fase finale della ragione borghese
- di Robert Kurz -

Se fosse ancora necessario produrre la prova che la fine del 20° secolo coincide con la fine della storia della modernizzazione, sarebbe sufficiente prestare attenzione al galoppante decadimento intellettuale della sinistra. La coscienza critica dispera davanti all'impresa della critica, dal momento che da sempre ha costituito parte integrante del medesimo mondo del moderno sistema di produzione delle merci, il quale ora comincia via via a disintegrarsi. Ormai non rimane nessun ciclo di sviluppo capitalista che possa ancora meritare la designazione di "progressivo". Questo quadro sembra suggerire, come unica soluzione, di rispondere alla minaccia della distruzione dei principi fondamentali che stanno alla base degli affari comuni abbracciando il capitalismo in maniera incondizionata. Ad ogni nuova giravolta di sviluppi ed avvenimenti catastrofici, assistiamo ad un altro sbandamento di quel che rimane della sinistra che va ad unirsi alle armate dei guardiani del sistema.

Dopo i barbari attentati contro gli Stati Uniti, in un coro di miseria e lutto, come non si era mai visto nei decenni in cui le bombe occidentali piovevano su parti considerevoli del pianeta, viene invocata - dal governo federale tedesco rosso-verde, già rafforzato dalla guerra, fino alle pagine delle pubblicazioni che fino a poco tempo fa erano connotate come di estrema sinistra - una civiltà borghese umanitaria che non è mai esistita.

Il modello alla base di quest'interpretazione ideologica del mondo, condiviso dalla sinistra illuminista e dalla ragione democratica ufficiale e utilizzato fino ai limiti del sopportabile, consiste nel riproporre fino allo sfinimento la costellazione della seconda guerra mondiale, come un disco incantato. La ragione di questo è facile da spiegare. Contrariamente a quanto è avvenuto nella prima guerra mondiale, nel corso della quale gli Stati pirata dell'anti-civiltà borghese andarono a massacrarsi l'un l'altro in una concorrenza letteralmente lacerante, la lotta contro il sinistro impero dei nazisti costituì il primo ed unico caso in cui una posizione di concorrenza all'interno del capitalismo ebbe l'effetto collaterale pratico di fermare temporaneamente l'impulso di morte inerente alla socializzazione del valore. Soltanto in questa situazione unica avvenne che si rese necessario lottare insieme al capitalismo al fine di salvare la mera possibilità di emancipazione.

La stessa ragione borghese non fu in grado di prendere coscienza di questa costellazione, né della sua singolarità. Prima, esternalizzò ideologicamente i nazisti, trasformandoli in una mostruosità aliena, irrazionale e non-capitalista, rispetto ai quali, invece, "l'economia di mercato e la democrazia" venivano presentate come l'impero del bene nella tradizione illuminista. Questo modello venne in seguito applicato ai grandi conflitti successivi al fine di legittimarsi. La storia post-1945 ha dato alla coscienza borghese le sembianze di una farsa sempre più insopportabile, che seguiva alla tragedia; bastava solo definire "impero del male" quello che era esterno a tutto ciò che è democratico e razionale.

Dal momento che il blocco capitalista di Stato non può più assumere questo ruolo per mancanza di esistenza, nella crisi mondiale che ha cominciato a prendere forma a partire dall'inizio degli anni novanta, figure sempre più improbabili devono fare da "Hitler" al fine delle legittimazione mondiale e democratica: prima, con Saddam Hussein, un dittatore modernizzatore caduto in disgrazia, poi, con Milosevic, il sovrano di crisi tipico di un'economia in via di dissoluzione e, infine, con Osama bin Laden, un mitizzato esponente delle strutture tribali e settarie post-politiche inerenti alla società del valore dove il valore viene prodotto in una forma puramente negativa.

Se il pensiero borghese, nella costellazione reale della seconda guerra mondiale, si è dimostrato incapace di comprendere i nazisti come discendenti legittimi del suo stesso modo di raziocinare. nelle ripetizioni meramente illusorie si vede costretto ad equiparare delle cose incomparabili in una maniera sempre più forzata, finendo così per relativizzare la dimensione dei crimini commessi dal nazionalsocialismo.

L'etno-nazionalismo ed il fanatismo religioso nelle regioni che per il mercato mondiale sono bruciate in termini di economica politica, non sono identici alla visione del mondo antisemita e alla dottrina razziale dei nazisti; le società rovinate e in via di disintegrazione della periferia non costituiscono una base uguale a quella fornita dalla società uniformata di una potenza del centro capitalista che aspira all'egemonia mondiale e che ha la capacità per ottenerla; e le avventure militari dei regimi degenerati di una "modernizzazione a posteriori" non riuscita oppure gli attentati suicidi da parte di sette religiose, ed altre aberrazioni relative ai feticci in vigore su scala globale, non hanno la stessa qualità dell'attacco generale all'umanità perpetrato dalla Germania nazista, una potenza industriale mondiale armata fino ai denti.

Nella stessa misura in cui gli Hitler supplenti che vanno alternandosi in rapida successione sono localizzati in regioni sempre più remote del Sud e dell'Est globale, la costruzione ideologica va diventando sempre meno convincente. L'imperialismo democratico unito, securitario ed esclusionista, nel contesto della crisi mondiale matura non riesce a ripetere l'impresa di fermare l'impulso di morte inerente ai soggetti coinvolti nella relazione del valore, ancora una volta, nell'ambito di tale relazione, e ad esternalizzarlo, come avvenne quando si trattò di sconfiggere i nazisti. La maturità dell'auto-contraddizione capitalista si evidenzia anche nel fatto per cui il desiderio di distruzione e di autodistruzione, che è un prodotto della concorrenza globale di crisi, si diffonde nella stessa forma molecolare con cui si diffonde l'economia industriale globalizzata. Per questo è inutile il tentativo da parte del centro capitalista di circoscrivere le zone di orrore, da esso stesso prodotte, "alla barbarie là fuori nel terzo mondo", mantenendo sé stesso libero da essa.

Gli uomini che hanno perpetrato gli attentati suicidi di New York e di Washington erano cosmopoliti negativi ed esistenze ibride postmoderne che sarebbero stati in gradi di far carriera negli Stati Uniti. La loro mentalità non si distingue in maniera significativa da quella dell'autore dell'attentato di Oklahoma City o di quel tranquillo svizzero che giorni fa ha abbattuto un intero parlamento cantonale. D'oa in poi, dobbiamo chiederci si il viaggiatore anonimo che indossa la divisa unitaria globale di Boss o di Adidas non stia per caso passeggiando con dentro la valigia una bomba nucleare portatile. Queste manifestazioni della pulsione di morte che proviene dall'interno della società mondiale negativa universale non può più essere identificata con un contropotere esterno, né può essere repressa per mezzo di concentrazioni di dispositivi navali e piogge di bombe.

Dal momento che il pensiero della Sinistra illuminista è rimasto così prigioniero del loop temporale della costellazione della seconda guerra mondiale sbobinata nuovamente per innumerevoli volte come ideologia ufficiale del capitalismo, il tentativo teorico proposto nella "Dialettica dell'Illuminismo" non ha potuto essere portato fino in fondo. Adorno e Horkheimer, sebbene nella loro rivendicazione della critica radicale non erano riusciti, sotto molti aspetti, a superare il modo di pensare dell'Illuminismo, pur così avevano avuto la forza teorica sufficiente a comprendere i nazisti come un risultato di questo stesso Illuminismo, anziché affrontarli come un "impero del male" esterno. Allo stesso tempo, hanno dimostrato che lo sviluppo delle strutture sociali, tanto nel capitalismo di Stato di tipo sovietico così come, ugualmente, nei paesi nucleari dell'Occidente, conteneva elementi di quella stessa tendenza che, in Germania, aveva portato ai nazisti. Dal momento che, a causa del loro inquadramento temporale, condividevano ancora la riduzione marxista della critica dell'economia politica, propria del movimento operaio, parlavano di un "annullamento negativo del capitalismo" anziché di un livello evolutivo e di una manifestazione del capitalismo stesso.

I nipotini della teoria critica in seno alla Sinistra radicale non hanno sviluppato la concezione teorica della "Dialettica dell'Illuminismo", anzi l'hanno resa più superficiale. Nello stesso tempo in cui hanno coltivato un'ortodossia idolatra di Adorno, gli adepti hanno distorto il concetto di un presunto "annullamento negativo del capitalismo", applicando questa formula, al contrario di quanto avevano fatto Horkheimer e Adorno, esclusivamente alla Germania nazista. In questo modo si è reso possibile rivendicare la questione dell'emancipazione dalla relazione del valore in maniera astratta e del tutto indefinita per poi, in realtà, metterla da parte ed orientarsi verso una lotta eternamente ripetuta, fianco a fianco con il capitalismo (occidentale) e contro il capitalismo (tedesco) supposto come "negativamente annullato".

Questa costruzione, come variante di estrema sinistra dell'ideologia borghese generale del dopoguerra, ha offerto, al di là dei suoi protagonisti, punti di partenza a tutto uno spettro della sinistra, dal momento che con essa sembrava si fosse trovata, anche dopo la fine del marxismo del movimento operaio, una nicchia intellettuale nel contesto della socializzazione del valore. Il fatto che quest'approccio non si conciliasse minimamente con la verità della Storia successiva al 1945 dev'essere apparso ancora più attraente per un pensiero intra-ideologico in grado di resistere a qualsiasi tipo di realtà.

Questo atteggiamento poteva essere immaginato soltanto come rappresentante dell'opposizione radicale in rapporto alla ragione ufficiale della NATO, che attribuiva in modo diverso il ruolo previsto per i nazisti, vale a dire nella forma allucinata di un presunto resuscitato vecchio imperialismo nazionale tedesco di un "quarto reich" che ha di tornare ad essere una potenza su scala mondiale.

Ai dotti analfabeti che popolano la critica dell'economia politica, è sfuggito sia il carattere della terza rivoluzione industriale che l'apparente limite interno del sistema così come il processo di globalizzazione economico-industriale che ne deriva. Quindi non sono riusciti nemmeno a rendersi conto che la lotta nazional-imperialista per le annessioni territoriali è diventata obsoleta. Mentre il potere capitalista, sotto gli auspici della Pax Americana ed in seno all'organizzazione politico-militare della NATO, si è dato configurato come un "imperialismo collettivo ideale" che oggi, unitamente alla sua macchina militare ad alta tecnologia, si rivela incapace a costringere con la forza i demoni che la sua stessa crisi mondiale ha liberato sotto forma di guerrieri di Dio, Stati canaglia e banditi etnici a ritornare all'interno delle loro rispettive bottiglie, una teoria critica distorta fa sì che la Repubblica Federale Tedesca si configuri come concorrente degli Stati Uniti in una lotta per ottenere lo status di potenza mondiale che si svolge in tutti quei luoghi dove prima, in realtà, il suo esercito operava, insieme agli altri e, preferibilmente, con ambulanze.

Così, il dibattito circa la "ideologia tedesca", il cui nazionalismo dà un particolare rilievo ai legami di sangue, e la costituzione antisemita dello stato nazionale tedesco, senza nessun serio riferimento che analizzasse seriamente le mutate condizioni mondiali, è stato posto in un contesto del tutto irreale e, in questo modo, ha perso il contatto con la realtà. Anche le due guerre di ordinamento mondiale degli anni 90 sono state percepite da parte degli spaventa-spiriti antitedeschi dell'epoca delle guerre mondiali esclusivamente attraverso il prisma della loro costruzione anacronistica.

Così, la guerra del Golfo contro l'Iraq è stata appoggiata unicamente per il fatto che la Germania non vi partecipava in forma diretta (ma solo in forma finanziaria), per cui oggi è stata ritirata l'illazione originale secondo la quale il governo di Kohl si preparava, sotto la guida ideologica del movimento pacifista, a ripetere Auschwitz per mezzo del suo fantoccio Saddam Hussein. In questo modo si è ottenuto, con una sicurezza degna di un sonnambulo, che anche la critica del nazionalismo di sinistra, che ha effettivamente cominciato a germogliare, del pensiero etnocentrico e dell'antisemitismo inconfessato in senso al movimento pacifista venisse slegata dalla realtà in un modo grottesco. Si distingueva dalla versione ufficiale e democratica del gioco degli Hitler solo per il suo insistere sul presunto mentore nazional-imperialista tedesco.

Come contropartita, la partecipazione militare subalterna della Repubblica Federale Tedesca alla guerra del Kosovo è stata sufficiente non solo per tornare, improvvisamente, a giocare ai nemici in guerra, ma anche per fare di Milosevic, padrino della mafia capitalista di Stato, un uomo di Stato difensore della Pace contro l'imperialismo germanico e, come molti neonazisti, ad inneggiare, ispirati dall'euforia da birra, ai fascisti cetnici. Quest'assoluta cecità ha portato ad accusare con la massima serietà gli Stati Uniti di star facendo la guerra dalla parte sbagliata. Non vale nemmeno la pena avvalersi delle affabulazioni delle varie teorie del complotto, il cui punto culminante consiste nel localizzare nelle valli inospitali del sud dei Balcani lo scontro strategico finale fra quella "superpotenza" etnocentrica che sarebbe la Germania ed i poveri ed ingannati Stati Uniti che rappresenterebbero gli ideali illuministi.

Procedimenti interpretativi di una simile assurdità, provenienti da persone che di solito passano per essere intelligenti, sono la conseguenza di una sorta di errore di categorie: dal momento che non hanno nemmeno il concetto della costituzione feticistica della società, si dividono invariabilmente fra oggettivizzazione cieca e rappresentazione soggettiva e ideologica, confondono la realtà delle tradizioni, delle regole e delle riduzioni ideologiche che fa ancora sentire i suoi effetti, con l'altra realtà, anche se relazionata a quella precedente, dei processi oggettivizzati a livello della struttura capitalista e del suo "soggetto automatico". Lo stereotipo antisemita nelle teste degli adepti del movimento pacifista tedesco viene allora associato allo sviluppo del capitalismo, nella misura in cui lo sviluppo dello stato del mondo viene dedotto, in modo esattamente inverso, dalle "creazioni di ideologie" (cosicché la propria presunta critica delle ideologie viene trasformata in ideologia). Dietro questo errore di raziocinio si cela, tuttavia, un determinato riflesso, vale a dire la ritirata in preda al panico verso il territorio dell'ontologia capitalista e della sua estremamente ipocrita legittimazione illuminista, non appena la situazione diventa confusa e pericolosa.

La perdita del rapporto con la realtà, da parte di questo pensiero maturato simultaneamente alla crisi mondiale, ora, con gli avvenimenti dell'11 settembre 2001, ha l'opportunità di rivelare la sua vera natura. La fantasia in vigore fino a quella data, ora prosegue solo sullo sfondo. Secondo tale fantasia, com'è ovvio, i terroristi kamikaze islamici sono stati solamente organi esecutivi dell'imperialismo etnocentrico tedesco nella sua battaglia degli dei contro gli Stati Uniti, cosa dalla quale si deduce che questi ultimi avrebbero dovuto reagire con missili da crociera Amburgo-Harburg al fine di demolire l'Università lì situata in quanto covo del terrorismo germano-islamico.

In questo modo, tuttavia, tutta questa costruzione diventa così talmente spinta all'assurdo che scoppia come una bolla di sapone e, quasi nello stesso istante, si trova ad essere sostituita da un'altra versione, un po' meno assurda: improvvisamente, "L'Islam" ci viene presentato come il vero ritorno dell'impero nazista, il Corano si rivela essere la nuova variante del "Mein Kampf", l'azione di terrore suicida viene equiparata ad Auschwitz, e i tedeschi antisemiti si vedono ridotti, da unici autori principali possibili, a complici vacillanti o addirittura a meri simpatizzanti del nuovo "impero del male" (come si può leggere nelle eccentriche dichiarazioni della redazione di "Bahamas"). Nel frattempo, i franchi tiratori intellettuali cancellano dal loro hard disk ideologico tutto l'abbiccì finora in vigore circa la singolarità dei nazisti e dei loro crimini contro l'umanità. Seguendo l'iniziativa di Enzensberger, che ha creduto di vedere in Saddam Hussein la reincarnazione di Hitler, si poteva definitivamente trasportare la storia tedesca in Oriente.

Questo coincide con lo smettere di contemplare le cose alla luce della critica del capitalismo e, al contrario, con il cominciare a guardarle dal punto di vista della celebrazione attiva della modernità capitalista, in contrapposizione ad un allucinato stato "premoderno" dell'islamismo che è più o meno altrettanto medievale dei profeti della New Economy. In un fluire maleodorante, tutto il razzismo dell'uomo superiore di un Kant o di un Hegel scorre insieme all'odio irrazionale dei feticisti postmoderni del consumo contro il fantasma di una povertà rurale, al fine di proiettare la peste genuinamente capitalista e moderna dell'antisemitismo su uno spazio premoderno immaginario. Mentre, a livello subordinato, si finge ancora di conoscere il carattere moderno del terrore nel mondo unificato del capitale, allo stesso tempo gli alunni esemplari del terrorismo che comunicano attraverso Internet si convertono in rappresentanti degli "scemi del villaggio" globale insorti, nelle cui teste l'idolo della merce deve ancora essere inculcato facendo ricorso a bombardamenti di alta precisione.

I simulatori della teoria critica si rivelano come mujaheddin del valore. Da un lato, agiscono come se in questo momento i talebani, a partire dalla montagne dell'Afghanistan, stessero per invadere l'Occidente e per costruire un impero globale del terrore simile a quello dei nazisti e - con gli eserciti islamici, con le loro scimitarre, nelle immediate vicinanze di Berlino - ci troviamo perciò di fronte alla risibile alternativa a partire dalla quale, a causa di queste bande, dobbiamo prendere urgentemente una decisione e scegliere fra la minaccia dell'entrata in vigore della Sharia ed il buon vecchio capitalismo; scelta che, con nostro sollievo, si risolve invariabilmente a favore di quest'ultimo. I terroristi guidati dalle allucinazioni vengono improvvisamente dichiarati come i suoi "nemici" principali, nel mentre che la leva più recente della sinistra illuminista NATO non si sente più così tanto "nemica del capitalismo".

Dall'altro lato, si scopre così che è necessario cominciare ad instillare modi capitalisti nelle anime dei premoderni che non si lavano e che, in realtà, sono stati attirati dal regime dei talebani per il fatto che il capitalismo non ha lasciato loro edificanti possibilità di scelta. Si vorrebbero mandare i critici del valore "in Afghanistan", a vedere quanto sia poco degno di essere vissuto un mondo senza la televisione. Al resto che ci pensi l'esercito degli Stati Uniti. Chi non è riuscito, più di mezzo secolo dopo la pubblicazione della "Dialettica dell'Illuminismo", ad andare avanti, deve essere lasciato indietro.

Mentre Adorno ed Horkheimer - in una situazione che esigeva realmente che la ragione critica indossasse un uniforme americana - nonostante tutto hanno dimostrato che le radici della follia mortifera risiedevano nell'ideologia illuminista, i secondari "scemi del villaggio" del feticcio della merce, non illuminati sull'Illuminismo, vogliono - nella situazione odierna che richiede tutto tranne che la ragione critica indossi un'uniforme americana - semplicemente salvare insieme alle illusioni borghesi del 18° secolo le loro proprie illusioni e, ancora una volta, celebrare l'infanzia di quell'Illuminismo che non è più altro che un cadavere maleodorante.

Alla fine della Storia della Modernizzazione, il progresso e la reazione, l'illuminismo ed il contro-illuminismo coincidono immediatamente nella forma comune ed in via di collasso della socializzazione del valore. E diventa evidente che la "ricerca della felicità" ("pursuit of happiness") non significa nient'altro che dare sfogo all'istinto di autoconservazione in seno alla concorrenza distruttiva del capitalismo, "la pura forma a priori" di Kant non ha mai designato altra cosa che non fosse un programma per la distruzione del mondo, e la sua "pace eterna" parla solamente del silenzio del cimitero di un mondo distrutto dal valore. Il soggetto trascendentale studia ad Amburgo-Harburg ed altrove l'alta tecnologia ed il Corano oppure legge "Bahamas"; il suo imperativo categorico è l'attentato suicida reale o intellettuale.

Con la proiezione di un Islam che nella sua reincarnazione dei nazisti non è mai presumibilmente arrivato alla meravigliosa modernità, il revival ideologico, da parte dell'estrema sinistra, della coalizione contro Hitler, sebbene non sia diventato più intelligente, ha finito per essere congruo con la versione democratica comune. Permane una certa differenza solo nell'intensità della volontà di passare all'attacco, determinata dalla rimozione delle proprie contraddizioni: la posizione della critica ridotta è diventata la posizione della linea dura, Hutington elevati alla terza potenza che accusano l'Occidente di una "politica di appeasement" e di avere imperdonabili scrupoli verso "l'impero del male" che, secondo loro, comprende la totalità dell'Islam. Nel continuare ad accusare i tedeschi ed il loro governo rosso e verde di un'esitazione che deriva dal loro antisemitismo, già si intravvede come - nei bombardamenti degli slum musulmani in un arco di crisi che va dall'Indonesia alla Mauritania - potrebbero eventualmente liberarsi di Auschwitz.

Senza ammetterlo, la presunta critica ideologica ha finito in questo modo per essere molto intima con lo stato attuale della "ideologia tedesca". Gli è che, nella coscienza dei cosmopoliti etnocentrici tedeschi, il momento dell'antisemitismo aperto o nascosto ha già da tempo formato un amalgama contraddittorio con un razzismo anti-arabo. Da una parte, com'è noto, i tedeschi non hanno mai perdonato Auschwitz agli ebrei (antisemitismo secondario). Lungi dal simpatizzare, a causa di questo, con qualsiasi islamismo, la coscienza automobilistica tedesca, dall'altro lato, al momento della crisi del petrolio è andata a coltivare la sua rabbia "per gli sceicchi"; ed ora riconosce in qualsiasi contemporaneo che abbia un aspetto minimamente orientale un potenziale tagliatore di gole, senza tuttavia accorgersi  di trovarsi essa stessa sull'orlo di una crisi di nervi. Anche la voce del popolo è contraria a qualsiasi "appeasement". La cosa migliore sarebbe dar loro addosso con la bomba nucleare, per vedere se così quelli che stanno in basso smettono finalmente di agitarsi e continuano a fornire combustibile a buon mercato per la macchina del mondo capitalista.

La coscienza della "economia di mercato e democrazia", innanzitutto della classe media ed intellettuale, al contrario, esita, non tanto a causa del suo risentimento antisemita, che è ben presente, quanto per paura di una escalation incontrollabile dei processi di crisi. Sebbene noi stessi, con l'orientamento radicalmente economico di tutte le aree della vita, abbiamo da tempo oltrepassato il limite della paranoia, quello che più ci piacerebbe sarebbe fare scomparire il quadro di follia dilagante della società mondiale negativa e ricostruire una normalità ben borghese che non esiste più. La crudele realtà deve tornare a trasformarsi in un "film" che possiamo vedere o no; l'esistenza reale della miseria, odio e desiderio di morte, deve continuare ad essere un oggetto di studio folklorico per i seminari universitari e competenza delle truppe di Pace della NATO, e fare a meno di abbattersi sul mondo in cui viviamo come se fosse una bomba volante. Il sistema di valorizzazione del valore, distruttore del mondo ed irrazionale in sé stesso, deve essere mantenuto a qualsiasi prezzo, però dobbiamo comprendere tutte le preoccupazioni e necessità, e le "culture". E' la mancanza di discernimento stessa che chiama alla "moderazione".

Quello che ascoltiamo dagli illuministi guerrafondai tardivi di sinistra tuttavia costituisce, più o meno, la più stupida ed ottusa reazione ideologica alla barbarie mondiale che attualmente configura una grance minaccia. Già in passato, avevano impedito la riformulazione della teoria marxista della crisi, a partire dall'aver consapevolmente malinteso, in maniera generale, la critica conseguente del valore come se fosse una sorta di "specializzazione economicista", per poter così mantenere intatto il loro proprio preconcetto teorico circa la forma soggettiva del feticcio della merce ed il suo collegamento irrazionale alla metafisica storica illuminista che ad essa si trova associata. Qualsiasi critica della forma capitalista della ricchezza, veniva denunciata ed equiparata ad una propaganda della rinuncia conservatrice al consumo. Ora, il collasso drammatico del modello borghese del soggetto e della politica si va ad aggiungere ad una critica che è stata svolta sempre a metà e, per questo, manca di accuratezza.

Pochissimi fra coloro che venivano trascinati dalla corrente lungo questo piano inclinato di un collasso d'identità hanno avuto coscienza del fatto di essersi dimessi dalla critica. Tutti quelli che ora votano a favore della guerra contro i presunti "barbari premoderni ed esterni al capitalismo" non possono mai assumere un atteggiamento genuino contro la politica di asilo per gli stranieri brutalizzata dall'imperialismo democratico securitario ed esclusionista.

Per una critica radicale, quel che ora conta è di non lasciarsi convertire in guerrafondaia a causa della sua paura irriflessa. Fin dall'inizio l'opzione giusta è stata quella di rifiutare, nelle guerre di ordinamento mondiale che si sono succedute a partire dagli anni 90, qualsiasi prender partito in maniera positiva. Anche se la possibilità di un'efficienza sul piano sociale appare remota, anche così bisogna affermare e sviluppare, contro le false alternative di questo mondo della "economia di mercato e democrazia" che va soccombendo alle sue contraddizioni interne, una posizione autonoma della critica del valore.

Una ragione critica sa da molto tempo che gli umiliati e gli offesi non sono persone migliori, e che il "soggetto automatico" della modernità non va confuso con i suoi rappresentanti personali. Ed ancor meglio sa che non ci può essere un ritorno ai tempi precedenti alla modernità produttrice di merci, ma solamente la sua trasformazione oltre il suo rispettivo modo distruttivo. E' proprio perché siamo i prodotti dell'ideologia illuminista  che, di fronte alle conseguenze devastanti dell'ideologia illuminista, dobbiamo portare fino in fondo la critica emancipatrice di tale ideologia. Per questo: tutte le vittime meritano la nostra compassione senza alcun risentimento; questo vale tanto per il broker rimasto sotto le macerie del World Trade Center quanto per le persone anonime fatte a pezzi dalle bombe della NATO. E senza fare nemmeno la più piccola concessione a questo sistema.

- Robert KurzPubblicato su "Jungle World" nº 42/2001, del 10/10/2001 -

fonte: EXIT!

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