venerdì 1 gennaio 2016

Sapere le cose in anticipo?

exit

Rivista EXIT! n°13, gennaio 2016
- Sommario ed Editoriale -

"Tempi d'oro per i teorici della crisi!" si potrebbe pensare, dal momento che dopo tutto si dispone di qualcosa che somiglia all'avere i mezzi teorici per valutare la situazione sociale, o persino con il "sapere le cose in anticipo". In ultima analisi, tuttavia, a fronte della violenza delle circostanze della decadenza, si rimane più o meno altrettanto impotenti di quanto lo sono tutte le altre persone. Eppure, il potere analitico di una teoria critica della società insieme all'intenzione irriconciliabile di rivoluzionare questa società, che a tale critica attiene, forse può aiutare a mantenere una visione "realistica", nel senso migliore del termine, delle attuali distorsioni; visione che, di fatto, non sia determinata né dai termini pratici delle situazioni, percepite in maniera giustificativa come minaccia o coercizione, né dalle illusioni di strategie volte a ridurre il superamento.
Fin dall'inizio della crisi del mercato ipotecario e finanziario, nel 2007, lo stock della ricchezza capitalistica si trova chiaramente in pericolo, facendo in tal modo apparire in tutta la sua chiarezza il processo della sua desustanzializzazione, che ormai dura da decenni. Gli Stati, nella misura in cui hanno potuto, sono intervenuti sulla situazione del mercato più del solito, e lo hanno fatto guidati dal puro panico, al fine di frenare il pocesso di svalorizzazione che si era venuto improvvisamente a verificare negli stessi capitali nazionali, e di deviarlo verso i loro concorrenti. Oltre ai salvataggi bancari, nella politica di crisi della Repubblica Federale Tedesca si sono viste misure quali l'allargamento della riduzione del tempo di lavoro e gli "incentivi alla rottamazione" delle automobili. In questo modo, i "crediti inesigibili", nei quali diventa evidente il carattere meramente virtuale dell'accumullazione degli ultimi decenni, viene dislocato verso i bilanci statali, e la concorrenza di crisi si rivela un boomerang anche per i vincitori, quanto meno nell'Unione Europea. Dal momento che non è possibile semplicemente spostare la pressione della svalorizzazione altrove, sul capitale straniero, in quanto questo è già diventato capitale proprio, attraverso il successo nella concorrenza (cf. Justin Monday, in Konkret, 4/2015). Come risultato delle interconnessioni e delle dipendenze dei capitali fra di loro - che sono generalizzate e coprono gli spazi di tutte le economie nazionali - e dell'importanza assunta da molto tempo dai titoli del debito sovrano, in quanto opportunità di investimento per l'eccesso di capitale monetario, ora nell'Eurozona bisogna "salvare" i bilanci dello Stato allo stesso modo in cui prima sono state "salvate" le banche. Le montagne di debiti sovrani della periferia europea sono solamente l'altra faccia dei profitti generati nel centro proprio grazie al debito. La pressione che spinge ad onorare il debito si trova in chiara e manifesta contraddizione con l'assoluta impossibilità a farlo. L'accumulazione necessaria per farlo, auto-sostenibile e non indotta dal credito, ormai, all'attuale livello di produttività, non è più possibile. D'altra parte, un taglio del debito porterebbe a svalorizzare la ricchezza accumulata sulla base dell'indebitamento e ad aggravare la crisi."

SOMMARIO:

Daniel Cunha: L'antropocene come feticismo.
Scientificamente, viene chiamato "antropocene" il periodo della storia della Terra dominato dall'uomo, dove l'uomo esercita un controllo sempre più grande sui cicli naturali.  Daniel Cunha, nel saggio "L'antropocene come feticismo", dimostra l'insostenibilità di tale concetto: non è l'uomo in sé, bensì il capitalismo, nella sua dinamica distruttiva che porta alla distruzione dell'ambiente su scala planetaria. Quindi non si può parlare in alcun modo di controllo, in quanto la dinamica cieca della valorizzazione capitalista è esattamente il contrario di un controllo sociale cosciente. E' nella "geo-ingegneria" che diventa particolarmente chiara la follia della "razionalità" capitalista, o il moderno dominio della natura, il quale intende la natura sempre come un substrato per la valorizzazione del capitale (almeno nel senso della scienza applicata all'economia di impresa) e vuole ipotecare un ambiente abitabile domani agli interessi lucrativi oggi. L'autore mostra le perturbazioni del cicli globali del capitalismo e delinea diverse "contromisure" ormai inutili (come il regime di controllo delle emissioni) che, di fatto, hanno fallito completamente, in quanto non affrontano il problema reale né le sue cause. E' proprio questo fine in sé della valorizzazione del capitale che bisogna far saltare, se l'umanità vuole vivere un futuro in termini di ambiente naturale degno di esser vissuto.

Roswitha Scholz: Cristoforo Colombo forever? - Per una critica delle attuali teorie della colonizzazione nel contesto del "Collasso della modernità" -
Roswitha Scholz, nell'articolo "Cristoforo Colombo forever?", discute le recenti teorie della colonizzazione nel contesto del "Collasso della modernità". Tali teorie hanno guadagnato slancio nel dibattito della sinistra, quanto meno a partire dal crash del 2007/2008. Secondo Klaus Dörre, il presupposto di base, nonostante tutte le differenze in ciascun approccio, è che il capitalismo ha bisogno di un esterno per continuare ad esistere. Spesso viene presupposta una "accumulazione primitiva" che si ripete continuamente. Non viene considerata come limitata ai primordi del capitalismo, ma viene dichiarata come la legge centrale eterna del capitalismo. Scholz, in questo saggio, contrappone al teorema della colonizzazione, e alle corrispondenti ipotesi di una "accumulazione primitiva" permanente, la dinamica nucleare del capitale in quanto "contraddizione in processo". Al fine di evidenziare le differenze relative alla critica della dissociazione-valore, Scholz si focalizza sul concetto di colonizzazione di Klaus Dörre e Silvia Federici, egemone non solo in Germania, dal momento che si può attribuire a Dörre un orientamento più sindacale, e a Silvia Federici un orientamento più femminista-operaista. In tale contesto, l'articolo procede ad affrontare anche una dimensione trascurata da Dörre e Federici rispetto alle guerre civili mondiali attuali. Ma Scholze mostra anche come non sia sufficiente mettere al centro la "contraddizione in processo" ma che, al contrario, la dissociazione-valore va intesa come contesto dinamico di base. Per poter, fra le altre cose, fare giustizia delle differenti disparità sociali (economiche, razziali, antisemite, ecc.) secondo le loro proprie qualità, Scholz tiene conto della dialettica negativa di Adorno, la quale, senza formalismi, si trova conforme alla logica del non identico della critica della dissociazione-valore.

Gerd Bedszent: Nigeria - Dal paradiso del petrolio allo Stato in disfacimento
Gerd Bedszent, nel suo articolo sulla Nigeria, continua la descrizione - che aveva già cominciato con l'antologia "Zusammenbruch der Peripherie" (Il collasso della periferia) - degli orribili scenari della dissoluzione nelle zone periferiche della modernità capitalista. Questo paese dell'Africa Occidentale di fatto è estremamente ricco di risorse naturali, soprattutto petrolio. Tuttavia, i ricavi dovuti alle esportazioni di materie prime non hanno portato ad un qualche programma di modernizzazione dello Stato-nazione, ma sono completamenti spariti nelle tasche di un'élite che si arricchisce in maniera criminale. Quel che ancora rimaneva dei progetti di modernizzazione, spuntati dal giorno alla notte nel decennio 1970, è stato sempre più smantellato sotto la pressione delle riforme strutturali neoliberiste. Bedszent constata, come risultato di questo sviluppo e del simultaneo declino della tradizionale produzione agricola, una base crescente e non riducibile di povertà strutturale e di disoccupazione di massa. Come conseguenza, menziona i sanguinosi conflitti fra le élite dei diversi gruppi etnici per la distribuzione della maggior parte possibile dei profitti dovuti all'esportazione, così come il sorgere di gruppi e movimenti ideologici oscuri. L'attuale furiosa guerra civile nel nord della Nigeria e nelle regioni vicine, fra esercito e militanti islamici, è in ultima analisi una lotta fra gang di taglieggiatori armati che saccheggiano con successo quel che rimane del fallito progetto di modernizzazione. Alla popolazione non rimane altro che la fuga da una regione diventata inabitabile.

Robert Kurz: Imperialismo di esclusione e Stato di eccezione
Nel momento in cui la crisi fondamentale si va sempre più acutizzando, in crack finanziari, bancarotte nazionali, conflitti armati, movimenti di rifugiati, fame e miseria e non solo, pubblichiamo nuovamente in questo numero alcune parti del libro di Robert Kurz, ormai esaurito, "Weltordnungskrieg" (La guerra per l'ordinamento mondiale). Considerata la miseria dei rifugiati, nel contesto di un essere superflui generalizzato dentro il discorso per cui il lavoro astratto diventa obsoleto, cui corrisponde il terrore dell'esclusione ed un'espansione globale sempre più visibile dello stato di eccezione, intendiamo combattere una (nuova) mancanza di idee, che si esprime nella sua forma più aperta, più brutale e e più immediata, attraverso la costruzione di muri e di atti di violenza razzista, ma che che può assumere forme assai più sottili e più ipocrite (ad esempio, con la restrizione del diritto di asilo) ed esprimersi per mezzo di una sospetta e troppo "amichevole" cultura di accoglienza. Bisogna mostrare come lo stato di eccezione abbia una lunga storia, la quale è anche decisamente costitutiva del capitalismo fin dal suo sorgere, e che è necessaria una critica radicale e categoriale al fine di abolire le rispettive strutture. In tal senso, selezioniamo dal libro di Kurz capitoli e passaggi che hanno come tema "imperialismo di esclusione" e "stato di eccezione".

Richard Aabromeit: Valore senza crisi - Crisi senza valore? - Sulla mancanza di una teoria della crisi in Moishe Postone -
Il circolo di lettura della critica di dissociazione-valore di Dresda ha organizzato nel maggio del 2014 un seminario sul tema "Moishe Postone fra critica del valore e marxismo tradizionale". Come sintesi dei risultati, dovevano apparire su EXIT! in tutto tre articoli: ha cominciato Roswitha Scholz su EXIT! n°12 ("Dopo Postone"); sul numero attuale, Richard Aabromeit continua questa serie con il testo "Valore senza crisi - Crisi senza valore?", e nel prossimo numero è previsto un articolo di Bernd Czorny sul concetto di tempo in Postone. Richard Aabromeit affronta la questione di sapere perché Postone non formuli alcuna teoria della crisi e neppure ne tratteggi alcuna, né nella sua opera principale, "Tempo, lavoro e dominio sociale", né nei testi successivi. Aabromeit cerca di trovare una spiegazione a partire da quattro possibili cause. In primo luogo, fa notare come per Postone la dialettica di trasformazione (cioè, la trasformazione dei mezzi di produzione, forzata dalla concorrenza, ai fini una produttività sempre maggiore) e di ricostituzione (ossia, la forma del valore ricostituira alla fine di questo processo) rappresenti, nella nostra formazione sociale, una forma di movimento continuo, un movimento quasi senza fine, che è di fatto inadeguato come fondamento per una teoria della crisi. In secondo luogo, secondo Aabromeit, il concetto di "lavoro" in Postone non è percepito con sufficiente chiarezza, il che si riflette anche sul concetto di valore, senza il quale, a sua volta, non può funzionare una teoria della crisi. In terzo luogo, bisogna vedere nel fatto che Postone abbandoni quasi del tutto il livello diagnostico socialmente critico del presente, e la mediazione fra teoria ed empirismo storico, un altro ostacolo all'accesso ad una teoria della crisi. Un quarto problema è dovuto alla posizione di Postone, secondo la quale il valore è soltanto una relazione di mediazione sociale ed è, quindi, senza sostanza. A prescindere da queste osservazioni critiche, i meriti di Postone riguardo alla ricostruzione di un concetto di valore in Marx non devono essere negati; tuttavia, non gli si può risparmiare la critica per aver osato portare la sua ricostruzione di Marx fino alla riformulazione di una teoria radicale della crisi.

fonte: EXIT!

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