domenica 6 settembre 2015

La cucina dei poveri

food

Fame nell'abbondanza
- di Robert Kurz -

Non sono solo gli individui, ma anche gli Stati ed i sistemi sociali a tendere ad illudersi. Il record mondiale, su questo punto, è stato stabilito dal sistema produttore di merci della modernità, il quale ritiene di essere l'apogeo insuperabile della storia umana. Non vi è dubbio che lo sviluppo tecnico odierno sia inaudito, ma anche le maggiori - e le più assurde - scoperte tecniche non riflettono il benessere reale delle persone, e questo tanto al giorno d'oggi quanto al tempo delle piramidi.
C'è un metodo molto semplice per poter valutare la vera qualità di un'epoca: lo scenario dell'alimentazione. Cibo e bevande danno l'esatta misura del quotidiano delle persone. Sotto quest'aspetto, una cultura rivela la sua capacità più elementare di soddisfare le proprie necessità. La modernità, naturalmente, vede se stessa come il punto più alto del progresso anche quando si parla di alimentazione: in tutte le società precedenti, così dice la leggenda, le persone avrebbero vissuto di croste ammuffite di pane, sempre sull'orlo di una fame costante; soltanto la miracolosa economia di mercato sarebbe riuscita a dare una soluzione al problema dell'approvvigionamento di cibo, in abbondanza e di ottima qualità.
Un simile quadro ha ben poco a che fare con la realtà, dal momento che è proprio l'esatto contrario ad esser vero. Alla fine degli anni 1970, lo storico di economia Immanuel Wallerstein ed il suo gruppo pubblicarono, per il Centro di Studi Economici Fernand Braudel, alcuni saggi sulla storia della produzione agricola ed alimentare, la cui tesi principale era: "Il benessere del sistema mondiale e dell'insieme della forza lavoro, a lungo termine si è ridotto; al contrario di quanto ritenga una supposizione molto diffusa, esso non cresce". Una tale affermazione, che smentisce l'ideologia di mercato, è stata documentata in maniera esaustiva. Naturalmente, Wallerstein non intendeva glorificare le forme premoderne di dominio, come facevano 200 anni fa gli ideologhi conservatori e romantici.
In tutte le epoche, le persone umili hanno pagato care le meraviglie delle civiltà repressive. Dal momento la produttività era relativamente bassa e molte risorse venivano risucchiate dagli eserciti oppure per la costruzione di piramidi, templi ed altri obiettivi statali, nelle culture antiche il benessere era quasi sempre inferiore (e l'alimentazione, peggiore) di quanto lo era nelle comunità pre-statali. Se, da una parte, la civiltà moderna ha elevato la produttività oltre ogni limite immaginabile, dall'altro lato, ha sottomesso ad un'alimentazione miserabile, o perfino ai tormenti della fame, un numero senza precedenti di persone, sia in termini assoluti che relativi.
Una tale affermazione appare del tutto incredibile per la coscienza dominante, in quanto la visione ufficiale si limita a tre parametri: primo, il breve periodo della prosperità seguita alla seconda guerra mondiale; secondo, i pochi paesi industrializzati dell'Occidente; e, terzo, l'esiguo strato sociale dei vincitori dell'economia di mercato. Ma, se osserviamo la storia dei paesi e dei gruppi sociale a partire dal 16° secolo, vedremo facilmente che l'era moderna nel suo insieme ha provocato la più grande scarsità di alimenti mai vista, superando di molto gli stessi despoti orientali. E' evidente che l'economia di mercato sia disposta, ancora una volta, a peggiorare drammaticamente, alla fine del 20° secolo, la situazione alimentare ed a lasciare nella penuria, in forma costante o temporanea, quasi 6 miliardi di persone.
Questa non è affatto un'esagerazione. Il miglioramento dell'approvvigionamento mondiale di alimenti, negli anni 60 e 70, è stato un fenomeno passeggero; a partire dagli anni 80, la fame e la malnutrizione sono cresciute. E non è solo il continente africano a fornire immagini terrificanti di bambini pelle e ossa e di neonati che succhiano invano i seni emaciati delle loro madri. Il mondo del mercato si è abituato a simili scene, che hanno smesso di essere scioccanti. Ma il fantasma della fame ora riappare dove sembrava essere stato bandito per sempre.
Minatori con le loro famiglie, in Ucraina o in Siberia, pensionati a Mosca, bambini di strada in tutto l'Est europeo, patiscono tanta fame quanto ne patisce buona parte dell'America Latina e del sud dell'Asia. Secondo una rapporto dell'Unicef, ogni anno muoiono più di 7 milioni di bambini, vittime della malnutrizione. Ed il maggior "modello di successo" neoliberista consiste nell'universalizzazione della cucina dei poveri.

La fame è ritornata perfino nei centri industriali dell'Occidente. Sebbene almeno un membro della famiglia abbia un posto di lavoro, 30 milioni di nordamericani oggi si trovano, a causi di veri e propri "salari di fame", in una "situazione precaria di alimentazione"; fra questi, 26 milioni dipendono mensilmente dai refettori pubblici o dalle donazioni private, più di 4 milioni di adulti soffrono la fame in maniera sporadica o quotidiana, 11 milioni di bambini sono denutriti ed in quasi un milione di famiglie non c'è, molte volte, di che mangiare durante il giorno. Non si tratta - sia ben chiaro - di propaganda di terrore, ma di dati forniti dallo stesso Ministero dell'Agricoltura degli Stati Uniti o da enti di beneficenza come Second Harvest.
Il preteso capitalismo "sociale" tedesco permette anche, secondo i dati affidabili della Associazione Tedesca per la Difesa del Bambino, che le famiglie povere vedano aumentare sempre più l'indice di mortalità o di malattia dei loro figli, grazie ad un'alimentazione insufficiente. Alcuni insegnanti dei quartieri con un alto indice di disoccupazione, riferiscono che, alla fine del mese, non è raro che bambini della scuola materna siano deboli per mancanza di cibo, dal momento che i genitori non possono procurare loro la colazione o il pranzo. In molte scuole, è diventato normale che studenti affamati mendichino un panino dai loro compagni più fortunati.
Tutte queste atrocità non so riferiscono al fatto che un tasso di natalità molto elevato ha portato ad un "eccesso di popolazione" che, con le attuali possibilità tecnologiche, non è in grado di essere alimentata e deve in qualche modo essere neutralizzata, come si prevedeva all'inizio del 19° secolo da parte del famigerato ideologo liberale Thomas Malthus. Al contrario, dal 18° secolo ad oggi le forze produttive sono cresciuto ad una velocità infinitamente maggiore di quanto abbia fatto la popolazione mondiale. Se si trattasse di capacità produttiva, potrebbe essere tranquillamente ed abbondantemente alimentato il doppio della popolazione. Il limite sociale di produzione e di distribuzione di alimenti non è determinato da redimenti agricoli insufficienti relativamente alla dimensione della popolazione, ma dalla forma economica del moderni sistema produttore di merci.
La logica della redditività imprenditoriale esige una restrizione irrazionale delle risorse, che appare in forma più drastica sul piano elementare dell'alimentazione. In linea di principio, le persone hanno accesso agli alimenti soltanto a partire dal fatto che la loro forza lavoro venga usata in maniera redditizia. Se non soddisfano tale requisito, nel caso un cui la produttività "molto alta" renda superflua la loro forza lavoro, vengono messi a razioni da fame, nonostante la capacità di produzione alimentare sia cresciuta.
Ad essere decisiva non è la necessità vitale, ma raggiungere il prezzo più alto. Il carattere assurdo di un simile requisito diventa ben chiaro con la produzione agraria, dal momento che il risultato non dipende da quanto capitale è stato investito. Se per tutte le società premoderne, una vendemmia eccezionale veniva salutata con giubilo e garantiva a tutti per lo meno un'eccedenza temporanea, per il calcolo imprenditoriale dello "agrobusiness" rappresenta una sventura, poiché, con la "eccedenza", i prezzi si abbassano. E' parte della quotidianità di mercato, in caso di raccolti record, bruciare in massa i prodotti agricoli o denaturarli attraverso i processi industriali, per quanto dall'altra parte le persone muoiano di fame.
La medesima razionalità imprenditoriale comporta non solo la fame di massa, ma degrada anche la qualità degli alimenti, portandola a livello incredibilmente basso. Né la "cultura dell'imballaggio" è capace di illuderci, con tutti i suoi colori e la sua igiene superficiale. Anche coloro che, in apparenza, hanno abbastanza di che mangiare, soffrono per mancanza di nutrimenti vitali. Di fatto, la logica della riduzione dei costi fa sì che l'industria alimentare ritiri gli ingredienti di base dai suoi prodotti, esternamente così vistosi, al fine di renderli redditizi. "Fast food" e pasti istantanei simulano una qualità che non posseggono. Una confezione di "brodo di pollo" dell'azienda tedesca Knorr, valutata con 4 stelle, contiene solamente due grammi di "pollo disidratato".
In questo modo, si produce una sensazione permanente di fame, che comporta il consumo di sempre più alimenti a basso contenuto proteico. Il risultato sono persone malate, gonfie, che non vivono meglio di chi muore di fame. Alla stessa maniera perversa in cui il mercato produce il fenomeno della fame, esso stesso reagisce a questa situazione, per mezzo della sua industria supplementare di "integratori alimentari", sotto forma di vitamine, minerali, ecc., che dovrebbero esser contenute in un'alimentazione bilanciata.
Le grandi aziende di produzione alimentare fanno di tutto per massimizzare i profitti ed illudere i consumatori. Gamberoni congelati, talmente rosati, assai spesso non sono altro che carne di pesce di seconda scelta, tinti con colorante e compressi sotto forma di gambero. In Italia, è stato trovato materiale cancerogeno nelle confezioni di pasta. Nei trasporti di alimenti refrigerati, è stata constatata la temperatura di 25°, anziché quella dei 7° consentiti, e spesso i compartimenti non vengono puliti dopo lo scarico dei prodotti. La metà dei polli che viene comprata nell'Unione Europea è infettata da batteri. Tra il 1985 ed il 1992, i casi di salmonella in Germania si sono quintuplicati.
In generale, cresce il numero di malattie e di infezioni causate da alimenti industrializzati. Il famigerato morbo della "mucca pazza", trasmissibile, è nato con l'aggiunta di resti di pecore infette al foraggio. Tutto questo è economia di mercato.
Ma, anche quando gli ingredienti dell'alimentazione non vengono direttamente avvelenati o non sono nocivi per la salute, la loro qualità cala continuamente ed il loro sapore viene eliminato. A cominciare dalla riduzione della varietà dei sapori, dal momento che la distribuzione continentale e transcontinentale permette solo un spettro molto ridotto di prodotti di base, come quelli coltivati secondo gli "standard di confezionamento". Migliaia di frutti e verdure, centinaia di specie di animali commestibili vengono lasciati fuori, poiché, dal punto di vista del calcolo astratto dei costi, sono "superflui".
Così, l'economia di mercato sperpera l'eredità di secoli di cultura agraria. Con l'approvazione legale, sempre più materia prima agricola viene decomposta dalle nuove tecnologie, per poi essere arricchita, colorata e conservata industrialmente. La birra può contenere zoccoli polverizzati di animali, e la cioccolata, sangue disidratato. Con "sapori" sintetici, i prodotti hanno un costo assai minore di quello che avrebbero con vera frutta: biomasse denaturate ed insipide vengono "iniettate" con sostanze aromatiche (così, la struttura molecolare corrispondente al "sapore di gallina" è quasi identica al sapore di "fragola").
In Giappone, gli scienziati hanno creato un "hamburger-WC" che contiene come ingredienti carta igienica ed escrementi, sottoposti ad una temperatura estremamente elevata e con aggiunta di proteine di soia, ottenendo come prodotto un granulato che deve servire come sostituto della carne. Buon appetito! "Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei": mai quest'adagio è stato così attuale come ai tempi della produzione liberista e globalizzata di alimenti. Ma tutto è relativo, risponderebbe l'ideologia postmoderna. E perché l'uomo capitalista non dovrebbe essere privato del suo palato? Nei test fatti in una scuola tedesca, i bambini si sono dimostrati incapaci di identificare il sapore "amaro".
Consola poco il fatto che la stessa élite funzionale prenda parte alla miseria delle abitudini alimentari. Sono stati gli stessi amministratori postmoderni ad aver inventato l'abitudine di mangiare camminando ("food on the run") e magiare guidando ("food on the ride"). Ed essi stessi ingeriscono sostanze che un contadino del Medioevo non avrebbe dato neppure ai suoi maiali.
Chi è che dubita ancora che l'economia di mercato ci ha portato alla gloriosa "fine della storia"?

- Robert Kurz - Luglio 1998 -

fonte: EXIT!

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