mercoledì 6 maggio 2015

Cimiteri di elefanti

elefanti

Elefanti bianchi
di Robert Kurz

Nell'antico regno del Siam, quando un cortigiano cadeva in disgrazia, il monarca gli donava un elefante bianco; gli enormi costi per mantenere un animale così raro, significano la rovina sicura per chi riceveva un simile regalo. Oggi, sono gli ambiziosi progetti tecnici ed economici, di dubbia redditività (nel gergo degli economisti e dei teorici dello sviluppo), che ricevono simbolicamente il nome di elefanti bianchi. Lo storico tedesco Dirk van Laak ha pubblicato nel 1999 uno studio in cui descrive la storia di questi megaprogetti nel XIX e nel XX secolo.
La maggior parte di tali progetti, o ha fallito o si è dimostrato irrealizzabile fin dall'inizio. Fra di essi, van Laak include il colonialismo europeo e l'idea di uno sfruttamento economico dello spazio terrestre e dei pianeti più vicini del sistema solare, l'idea di una società guidata dalla tecnocrazia della "ingegneria sociale" ed il progetto dell'ingegnere tedesco Hermann Sörgel, noto negli anni 1930 col nome di "Atlantropa", ovvero l'idea di separare il Mediterraneo dall'Atlantico per mezzo di una diga attraverso lo stretto di Gibilterra.
Che siano di natura politica, e economica o tecnica, il tratto comune a simili progetti è quello della loro mania di grandezza. E' il vecchio sogno del dominio: intere società come materiale plastico per l'intervento di una divinità esterna; immensi eserciti di operai vengono mobilizzati per un'azione comune, di tipo economico e tecnologico. Estese regioni, continenti interi vengono trasformati a beneficio di progetti ambiziosi, i fiumi vedono il loro corso rettificato, nascono mari artificiali oppure riserve naturali di acqua dolce e salata. E, quando non si ha il potere sufficiente a farlo, il minimo è quello di erigere edifici monumentali, sovrumani.

Effetti travolgenti
Ben poche di queste opere comportano un relativo vantaggio sociale, ad averlo sono soprattutto i sistemi di trasporto che interessano vaste estensioni di territorio, come ad esempio la ferrovia Transiberiana, o quella Panamericana. La maggior parte dei progetti monumentali è assurda, molti di questi progetti vengono interrotti, tutti sono deficitari. Gli effetti che hanno sui paesaggi e sulla natura, spesso sono travolgenti, in quanto la pianificazione, autocratica, ignora le considerazioni ecologiche. Fino ad oggi, sono sempre stati i potentati dei paesi più miserabili a voler cercare di eternizzarsi per la posterità, con una sorta di mania faraonica. Stadi maestosi, la cui capacità non potrà mai essere riempita, oppure aeroporti come se fossero metropoli, per i quali il paese che li ospita è troppo piccolo, testimoniano la megalomania dei dittatori.
Come tutti sanno, anche i nazisti ed il fascismo italiano avevano una predilezione per le forme faraoniche. E non è senza ragione che viene attribuito al capitalismo di Stato dell'Unione Sovietica la responsabilità di essersi lasciato dietro un cimitero di elefanti bianchi - rovine della pianificazione burocratica, delle quali i vecchi Stati della repubblica socialista, letteralmente rovinati, sono pieni.
C'è chi ritiene che tali fenomeni siano dei tipici prodotti del passato, dell'economia statale e del totalitarismo politico, che non avrebbero più luogo nell'era neoliberista della deregolamentazione, delle riforme del mercato e della democratizzazione globale. Ma vuole il caso che sia esattamente il contrario. Il collasso in seguito al gigantismo è una caratteristica del capitalismo in generale, incluso quello liberal-democratico.
La mania di manipolare tutto, che abbassa l'uomo e la natura a semplici materiali, ed il desiderio di dominare un mondo di oggetti, sono inerenti sia al totalitarismo economico di mercato che al totalitarismo politico di Stato. Gli stesi magnati e mandarini della concorrenza di mercato creano tendenze faraoniche. Soprattutto negli Stato Uniti, le opere colossali dei sovrani del denaro hanno una lunga tradizione. Solo per fare un esempio, il ricco Donald Trump ha fatto erigere una replica, a grandezza naturale, del complesso di templi indiani del Taj Mahal. Ma l'amore che il capitalismo nutre per i progetti monumentali non si limita a questi capricci personali dei miliardari. Non c'è da meravigliarsi che Keynes illustri ironicamente la sua teoria di una politica economica anti-ciclica di "deficit spending", dicendo che lo Stato deve costruire piramidi per creare "occupazione". Anche se la politica keynesiana degli interventi statali era stata ufficialmente sepolta, e sostituita dal consenso neoliberista, è curioso notare che non è cambiato niente in questo senso.
A dispetto del cambiamento ideologico, il numero di rovine sorte nel capitalismo di Stato non è diminuito, ma è cresciuto, sotto l'egida neoliberista. Vi sono delle chiare ragioni strutturali per il fatto che, in regime di libera concorrenza, vengono creati ed allevati sempre più elefanti bianchi.
Laddove l'interesse capitalista si fa sentire come una sensazione di fame e di sete, lì l'ideologia tace, così come tace la morale e la religione. E' tutto un fascio di interessi quello che spinge da sé solo il monumentalismo deficitario. Come ha visto bene Keynes, è l'interesse socio-politico per il "posto di lavoro" capitalista che porta forzatamente a simili tendenze. Ed è, com'è noto, lo sviluppo del capitale produttivo stesso che libera contingenti sempre maggiori di disoccupati su scala mondiale e genera crisi sociali. Ufficialmente, l'ideologia neoliberista racconta che tali crisi non si superano per mezzo dell'investimento statale, bensì attraverso il gioco delle forze di mercato, riducendo i costi della mano d'opera, ossia, tagliando i salari, principalmente quelli del settore dei servizi. Ma cosa avviene se, a causa della stessa crisi di cui la disoccupazione è un risultato, sono molto pochi quelli che guadagnano bene, o a sufficienza, per poter "dare un lavoro" ai disoccupati come domestici, giardinieri, addetti alle pulizie, impacchettatori, ecc., ad un salario di fame? Ed è qui che tornano a venir fuori le opere faraoniche statali, o sovvenzionati dallo Stato, con propositi più o meno assurdi.
I vari progetti faraonici, con i loro salari pagati dallo Stato, non solo soddisfano agli stessi obiettivi economici di riduzione dei costi sul mercato della mano d'opera nel settore dei servizi, ma presentano anche il vantaggio di organizzare burocraticamente, e disciplinare materialmente, un materiale umano "inutile" (ossia, potenzialmente pericoloso), secondo criteri capitalisti. Fa parte dell'ultraliberismo degli Stati Uniti il fatto che i delitti minori, come i furti di alimenti destinati al consumo o la guida senza patente, vengono puniti con anni o decenni di prigione. Così come avveniva nell'Unione Sovietica stalinista, oggi negli Stati Uniti ci sono circa due milioni di persone nei penitenziari, dove vengono spesso umiliate con sadismo, dando loro da mangiare cibo ammuffito, facendo sì che si trascinino con le catene ai piedi, facendo loro svolgere lavori forzati per la costruzione di strade o altri progetti statali del genere. Cos'è questo se non una forma particolare di costruzione di piramidi capitaliste? Secondo i recenti studi di egittologia, i faraoni trattavano i loro schiavi molto meglio di quanto, oggi, gli Stati Uniti trattano i loro cittadini delinquenti.

Un ruolo decisivo
Ma c'è anche un altro interesse, direttamente economico, nelle piramidi e negli elefanti bianchi. In generale, questi progetti della "hubris" capitalista sono potenzialmente catastrofici - e pertanto assurdi secondo il manuale d'istruzioni dell'economia borghese.
Il loro utilizzo, se mai ce ne dovesse essere uno, non attiene quasi mai ad una produzione redditizia. Questo però non vale per le imprese coinvolte nella costruzione. Per quest'ultime la cosa è diversa: l'elefante bianco diventa la mucca da mungere del profitto. Non importa per tali imprese da dove provenga il denaro per il progetto faraonico, e quale sarà il risultato. L'importante è riempire le proprie casse. Soprattutto in tempi critici, un ordinativo statale è sempre motivo di gratitudine.
Non c'è da stupirsi, quindi, che anche in un'era di preteso liberismo del mercato, gli elefanti bianchi godano di un imbarazzante prestigio. Nella politica dello sviluppo, essi continuano a svolgere un ruolo decisivo, sempre sostenuto dalla Banca Mondiale. Prototipo di tali programmi è la costruzione di enormi dighe, che lascia come saldo l'inondazione di vaste regioni. In Brasile, è la diga di Itaipu, sul fiume  Paraná, considerato un progetto faraonico; in Argentina, la diga Yacyreta, che viene vista come un "monumento alla corruzione". Uno dei progetti centrali sovvenzionati dalla Banca Mondiale è la diga Sardar Sarovar, in India, "la più grande di un programma di costruzione che include 30 dighe di grande portata, 135 di portata media e 3.000 di piccola portata, così come opere di canalizzazione per un totale di 80mila chilometri. Il piano prevede il dislocamento di 14milioni (!) di indiani" (van Laak).
Sullo stile di Stalin, la cui industrializzazione terroristica si è guadagnata la fama in virtù del dislocamento di enormi gruppi della popolazione, gli abitanti delle regioni inondate sono stati espulsi dalle loro terre, le loro azioni di resistenza soffocate con la forza della polizia e dell'esercito. Anche in Cina, "l'apertura del mercato" è stata accompagnata da simili programmi faraonici.
Il più noto è la costruzione dell'imponente diga delle Tre Gole, sullo Yang-Tsé, da dove dovranno essere trasferite milioni di persone, e i cui danni ecologici sono imprevedibili. Analoghi progetti sono in corso in Africa. Solo a causa della pressione delle proteste mondiali, la Banca Mondiale ha proceduto con più cautela nel finanziamento di tali programmi, senza che tuttavia la sua linea politica sia fondamentalmente mutata.
Nei centri industriali dell'Occidente, gli elefanti bianchi sono spesso costituiti da prodotti di alta tecnologia sovradimensionati. Un esempio è il Transrapid, un treno ad alta velocità sviluppato in Germania, che si è dimostrato un insaziabile divoratore di risorse, e che non è mai stato posto in uso in forma redditizia, senza contare il fatto che i suoi relativi binari aprono dei solchi nel paesaggio, ed hanno già causato vive proteste da parte degli abitanti che risiedono nel tratto di prova, nel nord della Germania. Nonostante ciò, il Transrapid è una delle fantasie tecnologiche predilette dagli imprenditori tedeschi. Dopo che in Germania il progetto è fallito, per motivi di costo, la previsione è che ora sarà possibile salvarlo grazie ai possibili ordinativi della Cina e degli Stati Uniti.

La macchina militare
Il più grande ed il più grosso di tutti gli elefanti bianchi è naturalmente il complesso militare-industriale dell'Occidente, soprattutto quello degli Stati Uniti, l'ultima potenza mondiale. Anche nel settore dell'industria dell'armamento, i liberali adorano la sindrome economico-statale, anche se, in termini economici, la macchina militare è quanto di più improduttivo esista. Questo consumo armamentista improduttivo crea, ovviamente, una montagna di debiti, che pesano sulle generazioni future, e che, nel lungo periodo, rappresentano un fattore di rischio per il sistema finanziario, ma, come per i progetti di dighe o del Transrapid, equivalgono ad un'iniezione di moneta capace di rianimare il capitalismo finanziario.
La nuova economia, che nella realtà è stata un'economia di bolla, ha necessitato, come calcio di avvio, del keynesismo militare dell'era Reagan. E non è stato a caso che il governo del presidente Bush abbia ripreso il programma di armamento faraonico nella figura del sistema di difesa anti-missili.
Questo progetto non ha solamente delle ragioni strategico-militari, ma ha anche una funzione economica: tocca ad esso puntellare la caduta della nuova economia. Le possibilità di successo, però, sono più che dubbie, visto che la situazione non è così confortevole come ai tempi di Reagan. Anche nel breve termine, l'amministrazione Bush è intervenuta in maniera militar-keynesiana. Il rialzo delle Borse, nel primo semestre del 2001, è stato indotto dalle cifre di buon auspicio dell'industria automobilistica nordamericana, cifre che però non davano luogo ad un aumento dell'acquisto di autovetture, bensì di veicoli militari.
In un'era di economia speculativa, di cui siamo testimoni da più di un decennio, su scala mondiale, gli elefanti bianchi non vengono generati soltanto dalla spesa statale ma anche direttamente per la spinta economica del capitale finanziario. Il "capitale fittizio" delle bolle finanziarie non può essere immagazzinato eternamente nei mercati finanziari: ha sempre bisogno di cercare nuove possibilità di attività reali.
Ma, dal momento che non sono possibili investimenti reali redditizi, il capitale eccedente si apre dei percorsi inaspettati. Accanto ai progetti architettonici sontuosi, ogni bolla speculativa della storia economica moderna porta con sé ogni tipo di progetto fantasioso. Solo questo può spiegare perché, negli anno 1990, il Sudest asiatico è stato cosparso di grattacieli mostruosi, oggi per la più parte deserti, oppure perché i cartelli delle telecomunicazioni, nella foga del momento, abbiano pagato somme incredibili per la tecnologia emergente e di dubbio successo dell'Internet mobile.
La bolla economica neoliberista lascerà le sue rovine grottesche, così come hanno fatto le dittature del totalitarismo politico. Là, come qua, i cadaveri degli elefanti bianchi attestano la profonda irrazionalità di un modo di vita e di produzione che si è lasciato andare al fine in sé della "valorizzazione del valore".

- Robert Kurz - S.Paulo, Settembre del 2001 -

fonte: EXIT!

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