domenica 29 marzo 2015

Van!

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Il segretario tenace
di Juan Form

Jan Van Heijenoort possedeva un dono per la matematica: poteva risolvere, con un solo colpo d'occhio, equazioni a tre incognite. Per questa ragione, aveva ricevuto una borsa di studio per il Liceo St-Louis di Parigi, ma non fu certo questo il motivo per cui, all'età di vent'anni, divenne il segretario, il traduttore e la guardia del corpo di Leon Trotsky, sebbene la situazione in cui si trovava Trotsky, durante il suo esilio, fosse una somma di incognite quasi impossibile da risolvere per un cervello noemale. Com'è noto, Stalin aveva espulso dall'Unione Sovietica il suo acerrimo nemico, ma quasi immediatamente, dopo averlo fatto, decise di porre rimedio nel suo solito modo ad un simile errore: facendolo uccidere. Per riuscirci, gli ci vollero quasi dieci anni, e buona parte di un tale ritardo fu dovuto alla presenza, silenziosa e fedele, di Van Heijenoort accanto a Trotsky.
"Ragazzo, il suo cognome è impronunciabile. La chiameremo Van!", esclamò la moglie di Trotsky quando il robusto giovane arrivò sull'isola di Prinkipo, di fronte a Istanbul, nel 1932, senza altro bagaglio se non una macchina da scrivere con i caratteri cirillici. Le sue uniche referenze erano una conoscenza del russo (imparato da solo, per mezzo di un dizionario ed un libro di grammatica rubato in una biblioteca) e la sua provata fedeltà: figlio di un operaio e di una cameriera, Van aveva rinunciato alla borsa di studio ed aveva abbandonato gli studi, per dedicare la sua vita alla causa. La situazione dei Trotsky a Prinkipo era precartia: nessun paese li voleva accogliere, il governo turco aveva dato loro un rifugio, ma in incognito. Non avevano documenti, confinati in quell'isola, sotto la custodia della polizia, e privi di risorse: dovevano pagarsi tutte le loro spese. I diritti d'autore dei libri di Trotsky e gli articoli pubblicati sui giornali occidentali, pagavano a malapena le spese. In casa, l'attività era febbrile: sia di giorno che di notte si sentiva il rumore delle macchine da scrivere, mentre Trotsky andava da una stanza all'altra dando ordini, dettanto lettere, ricercando dati nei suoi archivi. Le donne di casa, oltre a battere a macchina, si occupavano della cucina e delle pulizie. Gli uomini, armati di pistole, di notte facevano i turni di guardia, e la mattina uscivano per andare a pescare il pranzo, oltre a fare il loro lavoro di dattilografi. Erano tutti perpetuamente esausti e continuava a non arrivare nessuna buona notizia.
Con l'ascesa al potere, in Germania, di Hitler, per Trostky si era aperto un nuovo fronte e si erano chiuse le entrate degli unici diritti d'autore più o meno sicuri che aveva ricevuto fino ad allora. Adesso, oltre a denunciare le manovre di Stalin, doveva mettere in guardia il mondo sul fatto che Hitler avrebbe trascinato l'Europa in guerra. Doveva anche andar via da Prinkipo, di nascosto: prima in Francia, poi in Norvegia, quindi in Messico. Sempre la medesima routine: scarsità di risorse, lavoro febbrile, vigilanza insonne, continue cattive notizie. I volontari dichiaravano forfait e dovevano essere rimpiazzati. Tutti tranne Van. Quando Trotsky si perse in un bosco in Norvegia, Van lo salvò dalla morte per congelamento. Quando a Guernavaca il cavallo di Trotsky si imbizzarrì, Van lo rincorse e lo salvò (anche se era la prina volta nella sua vita che montava a cavallo). Quando bisognava finire un lavoro, e Trotsky non aveva più la testa per farlo, c'era sempre Van, che si trattasse di un articolo per la stampa, di una lettera confidenziale o di una questione di donne (c'è chi dice che la storia d'amore di Van con Frida Kahlo servì a far sì che Trotsky si liberasse di lei). Quando la moglie di Van litigò, in cucina, con la signora Trotsky, Van la spedì a Parigi ( e dal momento che era incinta, Van potè conoscere sua fgli solamente qualche anno dopo). Quando Trotsky e signora ricevettero la notizia della morte dei loro figli (il suicidio di Zina, prima, quando stavano a Prinkipo, e l'avvelenamento di Liova quando già si trovavano in Messico), la reazione fu la stessa in entrambi i casi, quella di rinchiudersi nella loro camera da letto per tre giorni, e Van, l'unico autorizzato ad avvicinarsi, era incaricato di portar loro il tè, facendolo passare dalla porta socchiusa.
E così, nel novembre del 1939, Trotsky disse a Van. "Hai vissuto così tanti anni alla nostra ombra che ora è necessario che tu viva un po' per te stesso", e lo mandò a studiare la situazione interna del Socialist Workers Party, il partito trotskista nordamericano. Viveva in camere in affitto, faceva lavori da idraulico per pagarsi il trasferimento da una città all'altra, mentre preparava coscienziosamente la sua relazione. Si trovava per le strade di Baltimora, quando venne a conoscenza, dai titoli dei giornali, dell'assassinio di Trotsky. E crollò. "Solamente lo studio della matematica mi ha permesso di conservare il mio equilibrio interno", dirà in un libro che scriverà quarant'anni dopo. Il libro era su Trotsky, sebbene ora Van fosse professore emerito di Matematica e Logica ad Harvard e a Stanford, con un proprio ufficio su ciascuna delle due coste degli Stati Uniti.
All'età di 33 anni, dopo che era finita la guerra, era riuscito ad entrare nei corsi gratuiti dell'Università pubblica di New York. Si era laureato e poi aveva preso il dottorato, prima in matematica e poi in logica. Era stato l'unico in grado di mettere in ordine le carte lasciate da  Gödel, un compito che veniva considerato titanico, e decisivo per il mondo dei numeri. Aveva continuato a lavorare per venti ore al giorno, come ai tempi di Prinkipo, solo che adesso dedicava dodici ore alla matematica e soltanto otto ore a Trotsky. Mentre i suoi colleghi accademici si riposavano dalle fatiche quotidiane, lui si dedicava a rintracciare, classificare, tradurre ed ordinare tutte le carte di Trotsky disseminate nelle tappe accidentate dell'esilio. Ottenne che Harvard acquistasse quelle decine di migliaia di documenti e che aprisse un Archivio Trotsky, da cui poi si potesse passare a pubblicare ordinatamente tutta l'opera. Egli stesso viaggiva per portare dall'Europa e dal Messico vecchi bauli pieni di fogli, per poi leggerli fino a farsi bruciare gli occhi.
La cosa sorprendente è che tutto questo lo faceva avendo perso ogni fede nel bolscevismo: dopo la morte di Trotsky, Van era entrato in un maelstrom di interrogativi. "Mi disposi ad esaminare il passato, ruminando uno ad uno mille dubbi, a domandarmi se i bolscevichi, con lo stabilire un regime verticale e con l'annullare ogni opinione pubblica, non avessero preparato il terreno per quell'enorme fungo velenoso dello stalinismo. Era tutto in rovina. Mi dovevo costruire un'altra vita." Ma in quest'altra vita, aveva continuato a dare otto ore di veglia per la causa che aveva ormai abbandonato. "E' stata una delle macchine intellettuali più incredibili che abbia mai conosciuto", ha detto di lui lo storico Pierre Broué. Il suo unico lusso era quello di avere due uffici, uno ad Harvard e l'altro a Stanford. Viaggiava per tutto il mondo con una piccola valigia dentro cui portava tutti i suoi beni. Nessuno dei suoi quattro matrimoni era durato, ma tutti i suoi figli lo amavano. Nel 1986, lo chiamarono a Stanford per avvisarlo che la sua quarta moglie stava perdendo la ragione. Viaggiò a Città del Messico e si sistemò a casa dell'ex-moglie, la tranquillizzò. Ma quando si stese sul divano del soggiorno per un'ora di sonno, lei gli sparò tre pallottole in testa e poi si suicidò sparandosi in bocca.
Jan Van Heijenoort è sepolto in una tomba del Panteón Francés a Città del Messico, proprietà di una famiglia che non era la suia. La tomba di Trotsky, con il suo museo, non è lontana dalla sua, ma assai pochi dei pellegrini che vengono a visitarla in gruppo poi si avvicinano al Panteón Francés.

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Fonte: Pagina 12

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