mercoledì 12 novembre 2014

La miseria dell'imprenditore

stadio kurz

Lo stadio finale della classe media
- Dalla piccola borghesia al capitale umano universale -
di Robert Kurz

Dalla metà degli anni 1980, il discorso postmoderno ha prevalso nella discussione teorica globale per quasi due decenni, principalmente a sinistra. La critica dell'economia politica è stata sostituita dalla critica del linguaggio, e l'analisi delle relazioni materiali oggettive, dall'arbitrarietà dell'interpretazione soggettiva; in luogo del tradizionale economicismo di sinistra prevale un culturalismo di sinistra altrettanto riduttivo e, al posto del conflitto sociale, la simulazione mediatica. Allo stesso tempo, però, la situazione si altera radicalmente. La crisi economica colpisce ora, anche in Occidente, larghi strati sociali, che prima erano stati risparmiati. E' per questo motivo che la questione sociale si ripresenta nel discorso intellettuale.
Ma le interpretazioni conservano un notevole pallore e appaiono decisamente anacronistiche. La polarizzazione fra poveri e ricchi, esacerbandosi in maniera inarrestabile, non trova ancora un nuovo concetto. Se il concetto marxista tradizionale di "classe" incontra un'improvvisa circostanza favorevole, questo è piuttosto un segno d'impotenza. Nella comprensione tradizionale, la "classe operaia", che produce il plusvalore, veniva sfruttata dalla "classe dei capitalisti" per mezzo della "proprietà privata dei mezzi di produzione". Nessuno di questi concetti riesce a descrivere con esattezza i problemi attuali.
La nuova povertà non nasce dallo sfruttamento nella produzione, ma dall'esclusione dalla produzione. Quelli che ancora vengono impiegati nella produzione capitalista regolare fanno già parte dei relativamente privilegiati. La massa problematica e "pericolosa" della società non viene più definita dalla sua posizione nel "processo di produzione", ma dalla sua posizione negli ambiti secondari, derivati, della circolazione e della distribuzione. Si tratta di disoccupati permanenti, di beneficiari dell'assistenza sociale o di prestatori di servizi a basso costo nel dominio dell'esternalizzazione, fino ad arrivare agli imprenditori della miseria, i venditori di strada e i raccoglitori di immondizia. Queste forme di riproduzione sono, secondo criteri giuridici, sempre più irregolari, insicure e sovente illegali; l'occupazione è irregolare, e i redditi si trovano sulla soglia del minimo necessario per l'esistenza, o addirittura al di sotto.
Tanto meno, per contro, la "classe dei capitalisti" può ancora essere definita nel vecchio senso, secondo i parametri della classica "proprietà privata dei mezzi di produzione". Nell'immagine dell'apparato statale e delle infrastrutture, quanto nell'immagine delle grandi società per azioni (oggi transnazionali), il capitale appare in un certo qual modo come socializzato ed anonimizzato; si rivela come astratto, e non come la forma personalizzabile della società intera. "Il capitale" non è un gruppo di proprietari giuridici, ma il principio comune che determina la vita e l'azione di tutti i membri della società, non solo esteriormente ma anche nella loro propria soggettività.
Nella crisi, e per mezzo della crisi, avviene ancora una volta una mutazione strutturale della società capitalista, che dissolve le vecchie situazioni sociali, apparentemente chiare. Il nocciolo della crisi consiste proprio nel fatto che le nuove forze produttive della microelettronica dissolvono il lavoro, e con esso, la sostanza del capitale stesso. A causa della riduzione sempre maggiore della classe operaia industriale, si crea sempre meno plusvalore reale. Il capitale monetario fugge verso i mercati finanziari speculativi, visto che gli investimenti in nuove fabbriche diventano non redditizi. Mentre parti crescenti della società fuori dalla produzione si pauperizzano o addirittura cadono in miseria, dall'altro lato si realizza solamente un'accumulazione simulata del capitale per mezzo delle bolle finanziarie.
Logicamente, questo non è niente di nuovo, poiché questo sviluppo marchia da due decenni il capitalismo globale. Ma è nuovo che ora la classe media, nei paesi occidentali, venga anch'essa colpita. Barbara Ehrenreich aveva già pubblicato nel 1989 un libro riguardo "l'angoscia della classe media prima della caduta". Però il problema è stato ritardato per un decennio intero, giacché la congiuntura basata sulle bolle finanziarie degli anni novanta, insieme all'impulso dato dalla tecnologia dell'informazione e del commercio su Internet, era riuscita a scatenare ancora una volta nuovi sogni di florescenza. Il collasso della nuova economia e lo scoppio delle bolle finanziarie in Asia ed in Europa, ed in parte anche negli Stati Uniti, cominciano ora, a partire dagli anni 2000, a rendere effettiva in maniera brutale la caduta della classe media, già precedentemente temuta.
Ma cos'è questa classe media, e che ruolo svolge nella società? Nel XIX secolo, il mondo della classi sociali era ancora semplice e trasparente. Tra la classe dei capitalisti, cioè, dei proprietari privati dei mezzi di produzione sociale, e la classe dei lavoratori salariati, che non posseggono altro che la loro forza lavoro, si trovava la classe dei cosiddetti piccolo-borghesi. Quest'antica classe media si differenziava per il possesso di piccoli mezzi di produzione (laboratori, negozi, ecc.) nei quali impiegava principalmente la propria forza lavoro e quella della propria famiglia, per poi vendere i propri prodotti sul mercato. L'aspettativa dei marxisti ortodossi era che questi "piccolo-borghesi" sparissero a poco a poco a causa della concorrenza delle grandi imprese capitaliste, sprofondando nella classe dei lavoratori salariati industriali, finché la società non rimanesse polarizzata nelle due classi principali, la borghesia ed il proletariato.
Ma già all'inizio del XX secolo ebbe luogo nella socialdemocrazia tedesca il famoso dibattito fra Bernstein e Kautsky sulla "nuova classe media". Essi si riferivano a determinate funzioni tecniche, economiche e intellettuali che erano il risultato del processo di socializzazione capitalista. Con la scientificizzazione crescente della produzione e con la corrispondente espansione delle infrastrutture (amministrazione, ingegneria, formazione ed educazione, sistema sanitario, sistema delle comunicazioni, pubblicità mediatica, istituti di ricerca, ecc.) era sorta una nuova categoria sociale, che, secondo il vecchio schema, non era "né carne né pesce". Non si trattava di capitalisti, poiché non rappresentavano nessun grande capitale monetario; tanto meno si trattava di piccolo-borghesi classici, perché non possedevano i propri mezzi di produzione ed in gran parte era formata di salariati o di autonomi meramente formali; però non si trattava nemmeno di proletari, perché erano impiegati non come "produttori diretti" ma come funzionari dello sviluppo capitalista delle forze produttive in tutti gli ambiti della vita.
C'erano certamente, già nel XIX secolo, professori ed altri pubblici funzionari come quei funzionari dell'economia d'impresa che Marx avrebbe definito come "ufficiali e sottufficiali del capitale". Ma, numericamente, tali categorie sociali pesavano talmente poco che difficilmente potevano essere chiamate propriamente "classe". E' stato solamente con i nuovi requisiti del capitalismo del XX secolo che le funzioni corrispondenti sono diventate di massa, al punto da costituire una nuova classe media. Nel dibattito marxista legato all'inizio di quest'evoluzione, Kautsky cercò di infilare a forza le nuove classi medie nel vecchio schema, includendole in qualche maniera nel proletariato, mentre Bernstein voleva vedere in questo fenomeno sociale una stabilizzazione del capitalismo, che avrebbe consentito una politica riformista moderata.
Dapprima, Bernstein sembrò aver ragione per lungo tempo. La nuova classe media si era rivelata sempre più chiaramente una categoria sociale distinta dalla classe operaia tradizionale, non solo secondo il contenuto e il luogo delle attività ma anche sotto l'aspetto economico. Barbara Ehrenreich menziona come criterio il fatto che per queste persone il loro "status sociale si basava più sulla formazione che sul possesso di capitale o di altri valori materiali". Così come la sua costituzione richiede un lungo tempo, fino a 30 anni di vita o più, e divora grandi risorse, la qualifica superiore eleva il valore della forza lavoro ben oltre le altre variazioni medie.
E' stato in tale contesto che ha avuto origine un concetto ricco di conseguenze, ossia: quello del "capitale umano". Ingegneri impiegati, specialisti di marketing, pianificatori di risorse umani, medici autonomi, terapeuti, avvocati, professori pagati dallo Stato, scienziati ed assistenti sociali "sono", sotto un certo aspetto, doppiamente capitale. Da un lato, per mezzo della loro qualificazione si relazionano strategicamente col lavoro di altre persone, dirigendo ed organizzando nel senso della valorizzazione del capitale; dall'altro lato, si relazionano in parte (soprattutto in qualità di liberi professionisti o di funzionari dirigenti) con la loro stessa qualifica e, in tal modo, con loro stessi nella forma di "capitale umano", in quanto capitalisti nel senso di una "auto-valorizzazione". La nuova classe media non rappresenta il capitale sul piano dei mezzi di produzione di materiali esterni o del denaro, ma lo rappresenta sul piano della qualificazione organizzata ai fini del processo di valorizzazione, ad un alto livello di applicazione della scienza e della tecnologia.
Nel corso del XX secolo, si sono formate innumerevoli nuove funzioni di questo genere, e la nuova classe media è aumentata sempre più, in termini numerici. In particolare, lo sviluppo dopo la seconda guerra mondiale, insieme alle nuove forme di produzione fordista e all'industria del tempo libero, ha portato ad un'esplosione complementare in tale direzione; era evidente che nella maggioranza dei paesi la quota di studenti aumentava di generazione in generazione. Il movimento studentesco mondiale del 1968 ha mostrato l'accresciuta importanza di questo settore sociale; tuttavia esso è stato anche un primo segnale di crisi. Se fino ad allora la costituzione della nuova classe media aveva di fatto stabilizzato il capitalismo, nel senso di Bernstein, e si era legata alle riforme progressiste, ora cominciava un processo di destabilizzazione.
Di fatto, la nuova disoccupazione strutturale di massa, nella scia della terza rivoluzione industriale e della globalizzazione del capitale, aveva colpito all'inizio principalmente i produttori industriali diretti. Ma si vedeva già che anche la nuova classe media non sarebbe stata risparmiata. L'ascesa di questa classe si era accompagnata, sotto molti aspetti, all'espansione delle infrastrutture pubbliche, del sistema educativo e della burocrazia dello stato sociale. La crisi della valorizzazione industriale reale aveva portato ad una crisi finanziaria dello Stato sempre più grave. All'improvviso, molte aree che prima erano considerate superbe realizzazioni cominciarono ad apparire come un lusso inutile ed un peso morto.
Si diffuse la parola d'ordine dello "Stato magro"; i finanziamenti per l'educazione e la cultura, per il sistema sanitario e numerose altre istituzioni pubbliche vennero tagliati; si dava inizio alla demolizione dello stato sociale. Anche nelle grandi imprese, interi settori di attività qualificata furono vittime della razionalizzazione. Con il collasso della nuova economia, perfino le qualifiche di molti specialisti "high-tech" si videro svalorizzate. Oggi non possiamo più ignorare che l'ascesa della nuova classe media non aveva una base capitalista autonoma; al contrario, dipendeva dalla ridistribuzione sociale del plusvalore derivante dai settori industriali. Nella misura in cui la produzione sociale reale di plusvalore entra in una crisi strutturale a causa della terza rivoluzione industriale, gli ambiti secondari della nuova classe media vengono sempre più privati della loro base di sostentamento.
Il risultato non è solo una disoccupazione crescente di accademici. La privatizzazione e l'esternalizzazione svalorizzano il "capitale umano" a livello delle qualifiche che sono state incluse all'interno dell'occupazione e degradano il loro status. Intellettuali pagati a giornata, lavoratori a basso costo ed imprenditori della miseria nella figura dei freelancer dei media, università private, studi legali e cliniche private non sono più eccezioni, bensì la regola. Ciò nonostante, in fin dei conti anche Kautsky non aveva ragione. Poiché la nuova classe media è decaduta, questo è vero, ma non per diventare il proletariato industriale classico dei produttori diretti, diventati una minoranza in via d'estinzione. Paradossalmente, la "proletarizzazione" degli strati qualificati è legata ad una "de-proletarizzazione" della produzione.
In tutto questo la svalorizzazione delle qualifiche va di pari passo con un'espansione oggettiva del concetto di "capitale umano". Alla battuta d'arresto causata dalla decadenza della nuova classe media, corrisponde in un certo qual modo un nuovo tipo di "piccolo-imborghesimento" generale della società, quanto più le risorse industriali e le infrastrutture appaiono come megastrutture anonime. Il "mezzo di produzione indipendente" si riduce fino a coincidere con la pelle degli individui: ciascuno diventa il suo proprio "capitale umano", anche se si tratta semplicemente di un corpo nudo. Nasce una relazione immediata fra le persone atomizzate e l'economia del valore, la quale si limita a riprodursi in maniera simulata, per mezzo del debito e delle bolle finanziarie.
Quanto maggiori diventano le differenze di reddito tra il povero ed il ricco, tanto più spariscono le differenze strutturali di classe nella struttura della riproduzione capitalista. Per questo non ha il minimo senso che gli ideologhi della classe media, ieri nuova ed oggi in caduta, vogliano rivendicare a sé la ex-"lotta di classe del proletariato", non più esistente. L'emancipazione sociale richiede oggi il superamento della forma sociale comune a tutti.All'interno del sistema produttore di merci, esiste solo la differenza quantitativa di ricchezza astratta, che, se tocca esistenzialmente la questione della sopravvivenza, ciò nonostante rimane sterile in termini di emancipazione. Un Bill Gates è altrettanto piccolo-borghese che un imprenditore della miseria, entrambi hanno lo stesso atteggiamento verso il mondo ed usano le medesime frasi. Con sulla punta della lingua tali frasi a proposito di mercato universale e di "autovalorizzazione", attraversano insieme la porta che si apre sulla barbarie.

Robert Kurz - pubblicato su "Folha de São Paulo", 19 Settembre 2004

fonte: EXIT!

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