sabato 25 ottobre 2014

Un lotto di terreno sulla Luna

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Il disvalore dell'ignoranza
- "Critica del valore" tronca come ideologia di legittimazione di una nuova piccola borghesia digitale -
di Robert Kurz

*Nota precedente all'edizione stampata* 1. Dalla critica del valore all'ideologia del circolo digitale* 2. La sorella della merce e Internet come "macchina di emancipazione* 3. Forma del valore, sostanza del valore e riduzionismo della circolazione* 4. "Scambio giusto" e relazioni d'uso capitalistiche* 5. L'anima della merce in azione: dal "ben pagare il non serio" all'antisemitismo strutturale* 6. Produzione di contenuti, costi capitalistici e "riproduttività senza lavoro"* 7. Lavoro produttivo ed improduttivo nel contesto di riproduzione capitalistica* 8. Verso un'ontologia del lavoro secondaria* 9. Il carattere sociale totale della sostanza del valore e l'ideologia del capitale "produttivo" e "rapinante"* 10. Svalorizzazione universale e teoria degli stadi di un'emancipazione simulatrice* 11. Falso universalismo ed esclusione sociale. L'ideologia dell'alternativa digitale come eldorado degli uomini della classe media trasformati in casalinghe* 12. Il punto di vista degli idioti del consumo virtuale* 13. Autoamministrazione della miseria culturale* 14. L'esproprio dei produttori e delle produttrici dei contenuti come abnegazione sociale e risentimento* 15. Termiti e formiche blu. La biopolitica della "intelligenza del formicaio" digitale* 16. Realpolitik di pauperizzazione dei candidati a capo dell'amministrazione di crisi nella cultura*

3. Forma del valore, sostanza del valore e riduzionismo della circolazione

La fragilità delle argomentazioni di Lohoff e Meretz risulta evidente già per il fatto di dover ricorrere alla costruzione per cui affermano che il capitalismo costringe i "beni universali" digitali, che si suppone non obbediscano in termini oggettivi alla forma merce, ad acquisire lo statuto di merce che "in termini propri" sarebbe ad essi estraneo, facendo ricorso a macchinazioni giuridiche "improprie", configurando in tal modo il cosiddetto paradosso degli "artefatti universali privatizzati" (Lohoff, id.). Tutto ciò è una sciocchezza. Nessun bene od oggetto, quale che sia la sua qualità, è merce oppure non lo è "in sé". La merce è una determinata forma sociale che comporta sempre anche una definizione giuridica. Tutto quello che assume la forma di merce e, di conseguenza, realmente può assumerla, è di fatto una merce. Ed una transazione nell'ambito della sfera della circolazione è anche sempre una transazione giuridica. Non esistono merci "propriamente" né "propriamente dette". Quello che "in sé" non può assumere carattere di merce, a prescindere dal perché, non può essere incluso nella forma merce passando dalla porta sul retro.
Il costrutto di Lohoff (e, di conseguenza, anche l'attribuzione di sostanza del valore) si basa semplicemente su un imbastardimento, nei termini, della teoria della circolazione ed in ultima istanza dell'ideologia della circolazione, il cui approccio non va al di là dei capitoli iniziali del primo volume del Capitale. Se Marx lì analizza la genesi della forma valore e, facendolo, formula l'equazione "X merce a = y merce b" sulla base del lavoro astratto come "terzo comune", si tratta di merce come "forma cellulare", nel senso di una figura concettuale ai fini della ricostruzione teorica della logica sociale soggiacente; non, però, di una determinazione definitoria che possa essere applicata ciecamente a qualsiasi merce individuale empirica per poi, grazie agli attributi specifici di determinati beni, perdere la validità in determinate relazioni di merci. C'è qui anche un problema di esposizione nell'architettura teorica di Marx. La "forma cellulare" del primo capitolo si riferisce alla logica interna della riproduzione capitalista come sistema globale, le cui mediazioni diventano evidenti solo nel corso ulteriore dell'argomentazione (questo fatto venne anche ingegnosamente usato come argomento contro la critica del valore in generale, ma Lohoff si dimostra un "critico del valore" cui questo argomento sta a pennello).
Rimanendo bloccato nel capitolo iniziale e riferendosi, in tal modo, all'equivoco di una "definizione" positivista, per quanto riguarda la definizione data da Marx della forma oggetto, Lohoff retrocede verso un punto di vista che - nella riflessione sui fondamenti della teoria di Marx - è diventata obsoleta da molto tempo. Si tratta qui, soprattutto, del dibattito intorno alla critica di una "teoria del valore pre-monetaria" (Backhaus ed altri), del quale Lohoff sembra non avere la minima idea, e che quindi non affronta. Quest'approccio teorico aveva stabilito, a ragione, che la riproduzione capitalista, come socializzazione del valore, non si erge su un sistema di produzione di merci "semplici", ossia, su uno scambio immediato di beni, senza avere il denaro come presupposto logico, il quale storicamente non è mai esistito prima, ma che la forma sviluppata del denaro viene assunta sempre come presupposto. Ciò significa che, nel mercato capitalista reale, non si scambia mai "x merce a" con "y merce b" ma, da sempre, merce con denaro; cioè, solo nella forma del denaro il valore di scambio si presenta come prezzo. Questo significa anche che, nella circolazione, in cui la merce in generale può "presentarsi" come forma valore di scambio, la merce si definisce come un bene (qualsiasi siano le sue caratteristiche) che ha un prezzo sotto forma di denaro. Tutto quello che ha un prezzo e lo può realizzare, è merce.
Per la teoria del valore, questo significa che la forma valore come forma del capitale si muove da sempre nella forma del denaro, che il valore come sistema di valorizzazione del valore presuppone anche già da sempre la forma denaro e che questa non è solo dovuta ad un contesto deduttivo secondario, come potrebbe suggerire una lettura equivocata del primo capitolo. In questo caso, tuttavia, la questione che si pone riguarda la rilevanza dell'analisi della forma valore fatta da Marx nel contesto del sistema in cui avviene. L'equazione "x merce a = y merce b" non si riferisce all'apparenza superficiale degli atti di scambio individuali, né allo statuto delle merci empiriche individuali coinvolte, ma alla struttura della riproduzione sociale soggiacente al "sistema produttore di merci", con la sua logica intrinseca. La produzione e la circolazione o la realizzazione del valore costituiscono un tutto, ma non però un tutto immediato, ma un tutto mediato in maniera contraddittoria, che si stabilisce come tale solo per mezzo di frizioni, proprio perché l'unità della riproduzione sociale si manifesta solo indirettamente come unità costituita dalla forma feticista, attraverso la separazione fra produzione e circolazione. Questo significa che non si può pretendere che la questione della sostanza del valore come "terzo comune" attraversi, come una semplice determinazione definitoria a mo' di equazione matematica, tuttu gli atti di produzione e di scambio individuali, ma significa che essa è soggiacente alla relazione sociale totale.
La critica giustificata all'idea di una "teoria del valore pre-monetaria", nella quale un passaggio dell'esposizione di Marx viene malinteso come base fondamentale definitoria, ha ora, da parte sua, il fianco scoperto nei confronti del riduzionismo dell'ideologia della circolazione, nella misura in cui confonde la forma del prezzo del valore di scambio con il tutto, tentando di lasciar fuori il problema della sostanza del "terzo comune" come determinazione ontologica-transtorica, e/o eliminandolo in gran parte, come mera "astrazione di scambio" che coincide con la forma del prezzo e non rappresenta un qualsiasi problema nel contesto della riproduzione. Lohoff commette l'errore di vogare in senso precisamente inverso, pretendendo di ricollegare, in un esercizio di falsa immediatezza, la logica "sostanziale" della relazione totale con ogni e qualsiasi forma empirica di merce, e in ogni e qualsiasi transazione empirica di mercato. Ciò che egli rappresenta come "un'anomalia" assolutamente nuova ed inaudita, sotto la forma dei "beni di informazione" digitale, è da sempre qualcosa di realmente banale nel mercato universale. In quello che Lohoff dice riguardo alla mancanza di valore, designa anche la terra come la "più importante merce senza valore", ma senza debitamente riflettere sul problema connesso. Infatti, se prendiamo come presupposto il malinteso di un immediato "contenuto nella sostanza, ci troviamo di fronte ad una misteriosa massa di "merci senza valore" (ed ancora più merci senza "sostanza di plusvalore"), ma che hanno un prezzo. Questo fenomeno si deve al semplice fatto che la produzione, la circolazione e la realizzazione del valore (di plusvalore) non coincidono.
Relativamente alla società nel suo insieme, il capitalismo è praticabile solo in presenza di una sostanza di valore sufficientemente produttiva di capitale, ma questa relazione essenziale non è accessibile al senso comune quotidiano, proprio perché non si manifesta in forma immediata negli atti riproduttivi empirici. E' per questo che il capitalismo tende a convertire tutto ed ogni cosa in merce, anche se non riesce mai a riuscirci del tutto (soprattutto relativamente alle relazioni di scissione sessuale ed ai momenti riproduttivi che questi comportano). Eppure, tutto quello che si manifesta nel mercato sotto la forma di prezzo, e che è capace di realizzarlo, è merce; ed in questa misura i "beni di informazione" digitali non rappresentano in alcun modo una "sorella della merce" finora sconosciuta e non riconosciuta come tale. Il problema della sostanza sociale (non particolare) del valore o del plusvalore si fa notare solo "alle spalle" dei soggetti della transazione, sotto forma di crisi sociali, e non in presunte "anomalie" di forme particolari di merce.
Lohoff confonde sistematicamente il fatto, da molto tempo tematizzato nella teoria della crisi della critica del valore, che il cosiddetto "capitalismo della conoscenza" o "dell'informazione" non può generare una nuova era di accumulazione reale (o di creazione di plusvalore sostanziale) con un presunto carattere di non-merce dei suoi "artefatti dell'informazione". Meri simboli, come i logo delle marche o la copertina vuota del nome di un'impresa, possono assumere la forma del valore ed ottenere un prezzo reale, proprio come un lotto di terreno sulla Luna e mille altre supposte "anomalie" (che comprendono, per esempio, i prodotti della "industria finanziaria"). Il problema della sostanza del valore sufficiente o insufficiente, si inscrive in un piano completamente differente dal piano della manifestazione della forma merce nel mercato universale.

4 – segue -

Robert Kurz

fonte: EXIT!

 

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