venerdì 20 giugno 2014

Ciao proletariato!

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La differenza fra la critica del capitalismo moderno fatta da Debord e quella di Moishe Postone, ovvero: i limiti della critica di Guy Debord
di Michel Prigent

"I Commentari alla Società dello Spettacolo" di Guy Debord vennero pubblicati a Parigi nel maggio del 1988. Quando, più tardi, vennero pubblicati in Inghilterra, il titolo fu mal tradotto: Malcom Imrie non aveva rimarcato il riferimento a Giulio Cesare. Non si può pretendere tutto da cosiddetti esperti.
Alla fine degli anni 1980, la crisi prolungata nel blocco dei paesi dell'Est e altrove, aveva spinto Debord ad aggiornare la sua critica, ma purtroppo non aveva più l'ispirazione della Società dello spettacolo, nella quale, nel 1967, aveva scritto: "che lo spettacolo moderno era già essenzialmente il regno autocratico dell'economia di mercato pervenuto ad uno status di sovranità irresponsabile"; era stato più tagliente di quello che scriveva nei suoi Commentari, ossia: "il segreto domina questo mondo e per prima cosa come segreto del dominio". Debord aveva dimenticato di rileggere il "Marx esoterico" del Capitale e dei Grundrisse, dove Marx sviluppa la sua critica del valore, mentre Debord rimane fermo nel "Marx essoterico" della lotta di classe. Un errore fatale. Un altro errore è stato quello di dire che non aveva bisogno di cambiare una sola parola del suo libro del 1967, e quindi era insostituibile. In questo modo era arrivato a delle posizioni retrograde, aveva adottato un punto di vista molto "XIX secolo" della storia, che era stato quello di molte persone all'epoca - a sinistra come a destra - cioè a dire un punto di vista poliziesco della storia che poteva essere definita come teoria "complottista" della storia, per farla semplice. Quello che non poteva criticare, cambiare, era la lotta di classe in quanto soggetto. E tuttavia, egli era consapevole che le lotte a partire dal 1968, e probabilmente prima, erano state assimilate dai rappresentanti organizzati, vale a dire dai sindacati e dai partiti politici, con l'aiuto dello Stato. Ma la critica di Moishe Postone arriva al cuore del problema: "secondo la logica dell'analisi di Marx, la classe operaia, invece di portare in sé una possibile società futura, è la base necessaria del presente, sotto il quale essa soffre; essa è legata a l'ordine esistente in un modo che ne fa l'oggetto della storia".
Debord nei suoi Commentari ha continuato a portare avanti idee di un altro tempo. Parla di proprietari del mondo, quando si sa bene che si tratta di semplici servi della società delle merci. Anche loro devono inchinarsi davanti al valore. E in seguito Debord parla dell'americanizzazione del mondo, un'altra "triste banalità" che sembra piacere a molte persone, quando in realtà il capitale è internazionale, come la radioattività nucleare esso non conosce alcuna frontiera.
Alla fine degli anni ottanta, Debord era veramente rinchiuso nei suoi limiti quando ci diceva: "non esiste più un'agorà, una comunità generale; neppure delle comunità ristrette a degli organismi intermedi o a delle istituzioni autonome, a dei salotti o a dei caffè". E per coronare il tutto, aggiungeva: "la merce non può più essere criticata da nessuno: né in quanto sistema generale, né perfino come paccottiglia". Parlava anche della dissoluzione della logica. Parlava probabilmente di sé. Come abbiamo visto all'inizio di questo intervento, Debord non poteva sostituire il suo libro del 1967. "La società dello spettacolo". Non è riuscito a criticare l'ideologia della lotta di classe come soggetto. Ma nei fatti il Capitale è il soggetto, come Postone lo ha sviluppato e analizzato nel suo libro del 1993. "Tempo, lavoro e dominio sociale". Un libro che molte persone non vogliono nemmeno prendere in considerazione, ed ancor meno leggere, per non parlare di essere d'accordo.
Così Debord è stato immobilizzato. Incapace di avanzare, come abbiamo visto, non poteva fare altro che rinculare verso le peggiori posizioni. E' stato tragico. Ma sulla scacchiera, la miglior difesa è l'attacco. E lui lo ha dimenticato. Ha tagliato le sue proprie linee di approvvigionamento. Malgrado ciò, tutte queste persone continuano a fare i gargarismi con i "Commentari" di Debord, e con il suo "gioco di guerra". L'editore Verso ha perfino incluso questo libro fra i capolavori accanto a Louis Althusser e a qualcun altro. Alcuni mancano del senso del ridicolo. Ma finché si vende bene, è un capolavoro! Sembra anche che alcuni siano perfettamente soddisfatti della Società dello Spettacolo, e che non abbiano bisogno di qualcosa di più critico. Altri ripetono felici un marxismo ortodosso classista, nel quale includono una critica del valore, ma la loro base principale teorica è sempre una rigida analisi di classe (mi vengono in mente l'Aufheben, i diversi volti di Raya Dunayevskaya e Théorie Communiste en France).
Anche un futuro burocrate ed uomo di stato chiamato Lenin poteva dire prima del 1917: "non può esserci rivoluzione senza teoria." Senza dubbio il terribile Lenin non sarebbe stato d'accordo con quest'espressione dopo il 1917. Quando leggete i Commentari di Debord avete la sensazione che volesse dire qualcosa sui nuovi rapporti di produzione: "In circostanze differenti, credo che avrei potuto considerarmi molto soddisfatto del mio primo lavoro su questo soggetto, e avrei potuto lasciare ad altri di pensare al seguito. Ma, al momento in cui siamo, mi sembra che nessun altro lo avrebbe fatto." Infatti, il suo libro "La società dello spettacolo" era stato riformato dalla società capitalista. I suoi Commentari non corrispondono a ciò che era avvenuto e non erano così acuti come il suo testo del 1967. Cadevano a vuoto ... e sarebbe stato probabilmente meglio se non li avesse scritti.
Intorno al 1982, mi disse che il suo libro del 1967, La Società dello Spettacolo, sarebbe stato valido per i successivi cinquant'anni. Gli dissi a mia volta: "ne sei sicuro?". La sua risposta fu categorica, il suo libro sarebbe durato per tutto quel periodo. Ma non è stato così. Sei anni più tardi pubblicò i suoi Commentari, nei quali diceva: "la negazione è stata privata così perfettamente del suo pensiero, che si è persa da lungo tempo." Questa citazione sembra riassumere la sua posizione del 1988.
Senza teoria critica è difficile dare un senso a qualsiasi cosa. Debord è rimasto veramente intrappolato nel labirinto della sua costruzione. Se avesse letto "Addio al proletariato" di André Gorz (1980) - tendenziosamente tradotto come "Addio alla classe operaia" (1982, Pluto Press), avrebbe trovato delle idee sul modo di uscire dal feticcio della classe operaia/proletariato in quanto soggetto. Ma Debord non poteva prendere in considerazione Gorz, aveva delle idee definitive. Gorz era stato vicino a Sartre e a Beauvoir dopo la seconda guerra mondiale, aveva partecipato alla loro rivista "Tempi moderni". Debord non poteva digerire le spaventose posizioni politiche di Sartre e Beauvoir (il loro sostegno incondizionato ad ogni sorta di burocrazia come la Cuba di Castro o la Cina di Mao, ecc.). Alla fine, Gorz era riuscito ad uscire dalla palude di Sartre. Ma Debord non aveva prestato ulteriore attenzione alla critica di André Gorz. Lo aveva considerato definitivamente come un rottame. Brutta mossa!

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In "Addio al proletariato", c'è un capitolo intitolato: "Il proletario perfetto lavora perciò per la società; egli è un puro fornitore di lavoro generale astratto e, di conseguenza, puro consumatore di beni e servizi di mercato. La forma totalmente alienata del suo lavoro ha come reciproco la forma totalmente mercantile dell'espressione dei suoi bisogni materiali: questo sono bisogni di comprare, bisogni di denaro. Tutto ciò che il proletario consuma dev'essere comprato, tutto quel che produce dev'essere venduto. Tra consumo e produzione, acquisto di beni e prestazioni lavorative, non c'è alcun legame visibile. Quest'assenza di legame ha come corollario l'indifferenza del proletario verso il prodotto del suo lavoro, ovvero alla sua destinazione. Il capitale lo ha dispossessato di ogni capacità autonoma per ridurlo al funzionamento immutabile del grande automa. (...) E' il sistema meccanico che lavora; tu gli presti il tuo corpo, il tuo cervello e il tuo tempo affinché il lavoro si faccia". Anselm Jappe nel suo libro, "Le avventure della merce (per una nuova critica del valore)", afferma: "Marx esprime questo fatto nella formula per cui il valore è un "soggetto automatico" (Il Capitale, Libro I) o, come egli dice già nei Grundrisse: il valore si presenta come soggetto."
Debord ha trascurato la critica del valore, poiché ha sempre sostenuto un marxismo ortodosso riformulato che vede sempre la lotta di classe come motore della storia, quindi della sua inerzia. Moishe Postone, al contrario, ha cominciato a smantellare le strutture classiste dei marxismi ortodossi. I suoi sudi sulla Scuola di Francoforte e su Georg Lukacs lo hanno portato a questa critica. E' nel 1993 che è stato pubblicato il libro di Postone, "Lavoro, tempo e dominio sociale (una reinterpretazione critica di Marx)". E' questo tipo di libro che Guy Debord avrebbe dovuto scrivere invece dei suoi Commentari. Ma non si fa la storia con dei "se", come ha detto Hegel. Alla fine ciò non conta, perché non ha avuto luogo.
La posizione ostile di Debord rispetto ai computer, è stata un'altra aberrazione. Altri sono andati ancora più lontano in questa visione retrograda anti-tecnologica. Un primitivista come Ted Kacyinski - il suo terribile documento "Unabomber" lo ha trasformato in terrorista -, si è perfino disposto a mettere una bomba su un aereo. Kacyinski non ha potuto articolare una critica del capitalismo moderno e così è ricorso al terrorismo. E' tragico. Ci sono altri primitivisti, come John Zerzan e l'Encyclopédie des Nuisances, i quali hanno tradotto Kacyinski. I primitivisti fanno pensare a Pol Pot. E' un imperativo, criticare quest'ideologia che ci riporta indietro ad un passato orribile.
Una nuova società dove il valore sarà stato soppresso insieme al lavoro, potrà legare la tecnologia al valore d'uso invece che al valore di scambio. La produzione delle merci ed il lavoro astratto distruggeranno il pianeta. E quel che Postone dice del lavoro astratto consiste in questo: " sostengo che ciò che Marx voleva dire  è che il lavoro ha una funzione nella società capitalista in quanto attività socialmente mediatrice che differisce dalla funzione di attività penale in un'altra società, e che questo è un punto di partenza per la sua analisi completa del capitalismo."
Dave Wise, sul suo sito web, "revolt against an age of plenty", dice che sono passato dalla fedeltà a Guy Debord, alla fedeltà a Moishe Postone. Riferirsi a dei nomi, è semplicistico, per me sono più importanti le idee. Ho trovato di mio gusto la teoria critica di Moishe Postone, è una sorta di base a partire dalla quale si può costruire un nuovo mondo. A partire da essa, le agorà e le conversazioni non sono affatto morte, oggi ne abbiamo la prova. Aggiornare la sua teoria critica non è un lusso, ma una necessità.

- Michel Prigent -

fonte : Critique Radicale de la Valeur

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