domenica 29 giugno 2014

allegorie

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In una città senza nome, di sapore latino-americano, un povero cristo nudo e deriso, forse un ladro, penetra nell’altissima torre in cui vive un negromante da fantascienza detto l’Alchimista che trasforma in oro gli escrementi. Qui incontra nove persone, industriali, mercanti e poliziotti, che simbolizzano i volti più iniqui e perversi del potere. Rappresentano le sette facce di un prisma che racchiude in sé tutto il potere consumistico–politico-militare, votato alla più disumana oppressione delle masse. Inutile soffermarsi su ognuno di loro, basta rilevare che hanno in comune la depravazione sessuale, l’abuso del potere, le aberrazioni del consumismo, il condizionamento violento degli uomini per ridurli a macchine. Il vero problema per tutti loro è che, pur avendo tutto, nulla possono contro la morte; manca loro soltanto l’immortalità. Per conquistarla, i potenti si spogliano d’ogni avere e si mettono in marcia verso la montagna sacra in cima alla quale, secondo la leggenda, vivono nove saggi che hanno sconfitto la morte e posseggono la perfezione. Guidato dall’alchimista, il gruppo giunge alla meta dopo infinite peripezie. Ma qui li attende una sorpresa: i nove saggi sono dei fantocci. L’immortalità non esiste - spiega il mago - e qui siamo dentro un film: ciò che conta è la realtà. Impariamo ad usare questo bene prezioso.

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Era il 1973, quando in alcune sale d’Essai venne proiettato il film, "La Montagna Sacra" di Alejandro Jodorowsky: le allucinazioni che diventavano immagine sulla pellicola, la dissacrazione della retina. Visto da pochi fricchettoni, il film divenne subito leggenda. Verrà riproposto alla fine degli anni 70, nei cineforum; questa volta gli spettatori, educati dai fratelli maggiori, giungono preparati: imbottiti di LSD, chi fumato o fumante, così la visione diventa collettiva, lo spettatore vestito come tutti diventa l’uomo panico, il clown, proprio come le logiche non aristoteliche, come i quadrati di carta, hanno la possibilità di mutare, sono capaci di deformarsi, di far da struttura, di avere un pensiero multiplo.
Gran parte del terrore moderno nei film dell’orrore è rappresentata con immagini di cose informali. Il magma, la putredine, il misterioso non ha forma: e per gli uomini vestiti come tutti gli altri, il non aver forma è simbolo dell’orrido, della perdita di sé stessi. Viceversa, l’uomo panico tenta di liberarsi da tale educazione condizionata e cerca l’euforia come mezzo per uscire dalla prigione dove lo hanno rinchiuso i suoi genitori.
Il film è insieme una parodia dello spaghetti western, un lisergico romanzo di formazione, una feroce satira sociale, una straziante poesia per immagini, un manifesto avanguardista, un sogno contorto, un tentativo riuscito di scavalcare i confini di tutte le convenzioni cinematografiche, l’atto di fondazione di un nuovo misticismo iconoclasta e, soprattutto, una colossale presa per il culo.

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