mercoledì 16 aprile 2014

La fine

fine

"(...) La borghesia può concepire la propria fine imminente, soltanto come fine del mondo. Nella misura in cui essa vede ancora una salvezza, può vederla soltanto nel passato. Ciò che di questo passato è ancora presente, dev'essere conservato, serbato. In precedenti fasi della società borghese, questa nostalgia si era diretta verso forme di civiltà più antiche, su «valori» che in passato erano stati realmente in vigore, o che si pretendeva lo fossero stati. Con la progressiva liquidazione di tale «eredità» (ad esempio, religiosa) si radicalizza la ricerca dell'originario, che ora si suppone consista nei residui della «natura»; nella sua fase di decadenza la borghesia pretende dunque di tutelare ciò che essa ha distrutto. Davanti al mondo che ha creato a propria immagine, quando era ancora una classe rivoluzionaria, essa prende la fuga, e vorrebbe conservare quello che non è più presente. Come l'apprendista stregone, vorrebbe liberarsi dall'industrializzazione a cui deve il proprio dominio. Ma poiché il viaggio nel passato non è possibile, questo viene proiettato nel futuro: è un ritorno alla barbarie che viene dipinta come idillio preindustriale. La catastrofe imminente viene evocata con timore e insieme con piacere, viene attesa con angoscia e insieme con desiderio. Come nella società tedesca fra le due guerre mondiali Klages e Spendler davano il tono apocalittico, così oggi nei paesi anglosassoni le Cassandre ecologiche fungono da predicatori quaresimali di una classe che non crede più al proprio futuro; è cambiata soltanto l'estensione delle profezie: mentre Klages e Spengler consideravano soltanto la fine dell'Europa, oggi tutto il pianeta deve espiare per la nostra hybris; mentre allora la civiltà barbarica doveva conquistare micidiali vittorie sulla cultura di alto valore, oggi la civiltà è insieme carnefice e vittima; e secondo le profezie la catastrofe non deve lasciare dietro di sé un deserto interiore, ma fisico ... E così via."

- Hans Magnus Enzensberger - da "Una critica dell'ecologia politica" - 1974 -

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