venerdì 20 dicembre 2013

“Uomini efficaci”!!

taylor

Il padre fondatore del management moderno nell'industria pensava che la "limitazione della produzione" volontaria o la "pigrizia" fosse sempre stato il peccato originale della classe operaia. "La pigrizia naturale dell'uomo è importante" scriveva Frederick W. Taylor, "ma il più grande male di cui soffrono gli operai e gli impiegati è la pigrizia sistematica la quale è pressoché universale". La crociata di tutta una vita contro l'operaio "autonomo ed inefficace" è stata la cristallizzazione del sue esperienze personali in qualità di caporeparto alla Midvale Steel Company, a Filadelfia. Per tre anni, portò avanti una crociata incessante contro i macchinisti ed i lavoratori che accusava di ridurre collettivamente la produzione. Alla fine, riuscì a rompere la coesione del gruppo dei lavoratori e a ridurre "la pigrizia" dopo una serie di multe e di licenziamenti spietati. Per questa vittoria di Pirro ci vollero "tre anni di lavoro, duro, odioso, spregevole ... passato a cercare di guidare i miei amici a fare un lavoro corretto". Tutto ciò convinse Taylor che la sola repressione era una base inappropriata su cui costruire il controllo manageriale sulle condizioni di produzione. Dopo diversi anni di sperimentazione nell'industria dell'acciaio e nelle officine degli aggiustatori, e con l'aiuto occasionale dei principali leader del settore, di industrie come Bethlehem Steel ed altri grandi imprese, Taylor sistematizza le sue idee in una serie di libri. Fra tutti, la sua opera "The Principles of Scientific Management" è stata la più efficace ai fini della diffusione delle sue idee. Alla fine, il libro, in cui si proponevano delle soluzioni efficaci al problema della limitazione intenzionale della produzione e della pigrizia nel lavoro, venne tradotto in una dozzina di lingue, e divenne la bibbia degli "uomini efficaci" in tutto il mondo.
La base tradizionale della pigrizia nel lavoro - spiegava - è stato il grado di controllo esercitato dai lavoratori qualificati , grazie alla loro padronanza del processo di produzione. L'esclusività del mestiere, mantenuto attraverso il controllo dell'ingresso nella forza lavoro, e la monopolizzazione delle competenze usate pressoché come una forma artigianale di proprietà individuale, ha impedito alle forze del libero mercato di operare relativamente ai salari e all'occupazione.
Inoltre, Taylor era cosciente che la sottomissione degli occupati alla nuova disciplina della catena di montaggio non risolveva automaticamente i problemi summenzionati, fino a quando una minoranza del personale conservava il diritto di definire cosa fosse una "giornata di onesto lavoro". Taylor insisteva sul fatto che la condizione "sine qua non" per dare tutto il potere al management era che questi si doveva appropriare integralmente dei segreti del mestiere e delle tradizioni degli operai qualificati. Le tecniche di studio dei tempi e dei movimenti, sviluppata da Taylor, e poi perfezionate da altri, consistevano in dei metodi precisi volti ad analizzare le competenze degli operai qualificati, richieste dal processo di produzione. Tali studi "scientifici", condotti da una nuova categoria di ingegneri della produzione, e dai devoti di Taylor, diverranno lo standard per poter minare l'autonomia del lavoro qualificato. La conoscenza dei processi di produzione sarebbe stato monopolizzato dal management, tanto che i compiti qualificati sarebbero stati divisi in attività più semplici e compatibili.
Gli operai qualificati presero immediatamente coscienza della doppia minaccia portata dall'organizzazione scientifica del lavoro: la perdita del controllo sul mestiere e la polarizzazione radicale tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Nel 1916, un leader del sindacato dei fonditori analizza con perspicacia la situazione in via di degradazione degli operai qualificati americani: "La grande risorsa dei lavoratori è il loro saper fare. Il più grande colpo che potrebbe essere portato al sindacalismo ed ai lavoratori organizzati sarebbe il riuscire a separare le competenze ed il saper fare. Recentemente, tale separazione tra competenze e saper fare, è stata realizzata in settori sempre più numerosi e sempre più velocemente. Questo processo si riconosce dall'introduzione di macchine e dalla standardizzazione degli strumenti, delle materie prime, dei prodotti e dei processi che rendono possibile la produzione in grande scala. La seconda forma, più insidiosa e più pericolosa della prima, consiste nel raggruppamento sistematico nelle mani del padrone, di tutte le competenze sparse, il quale in seguito le ridistribuisce sotto forma di istruzioni minute, dando a ciascun lavoratore solo quella quantità di informazioni necessarie alla realizzazione meccanica di un'attività cronometrata. Questo processo - è evidente - separa la competenza ed il saper fare, anche quando queste due cose sono strettamente legate. Una volta realizzato questo processo, il lavoratore non è assolutamente più un operaio qualificato, ma una marionetta animata dalla direzione."

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